“Passaporto per Magonia”: dal folklore al mito alieno

Finalmente, dopo oltre mezzo secolo dalla sua uscita, grazie a Venexia Editrice è stato tradotto in italiano “Passport to Magonia: from Folklore to Flying Saucers” del ricercatore francese Jacques Vallée, il “Libro dei Dannati” della cosiddetta “ipotesi parafisica”.

di Marco Maculotti

Copertina: David Huggins, Coming Through

“L’Uomo così, che a noi sembra supremo,
Forse è il secondo d’una sfera ignota.
Muove una ruota, o tende a qualche fine:
Che in parte noi vediamo, e non in tutto.”

Alexander Pope, Essay on Man, 1733

Più di mezzo secolo, per essere precisi 52 anni: è quanto ha aspettato il pubblico italiano per poter leggere la traduzione di Passport to Magonia: from Folklore to Flying Saucers del ricercatore francese Jacques Vallée, testo fondamentale nel filone degli studi ufologici, iniziatore di quella che è stata definita “Ipotesi Parafisica”, di cui abbiamo già parlato sulle nostre pagine e anche in altre occasioni [1]. La pubblicazione, col titolo semplificato di Passaporto per Magonia, è stata messa in commercio qualche mese fa dalla Venexia Editrice, che negli ultimi anni aveva già (ri)proposto altri testi-chiave della corrente parafisica sia di Vallée (oggi ultraottantenne) che del suo collega statunitense John Keel [2], che fin dalla fine degli anni ’60 si schierò al fianco del primo per mettere in luce i punti di contatto fino ad allora ignorati tra incontri ravvicinati del terzo e del quarto tipo con sedicenti “extraterrestri” e l’antico folklore riguardante entità “altre” (aliene, per l’appunto, secondo l’originale etimologia latina).

È curioso che si sia dovuto aspettare tanto a lungo, soprattutto considerando il successo ormai mainstream di altri filoni di ricerca ufologica, come quello “classico” che vede nel fenomeno UFO la longa manus, almeno in parte, dei servizi segreti e dell’apparato militare statunitense, e quello “paleoastronautico“, diffuso da Sitchin e Von Daineken e recentemente ripreso da una schiera sempre più nutrita di “bigliniani”, sfruttando l’eco mediatico della trasmissione di «History Channel» Ancient Aliens [3]. La corrente parafisica, al contrario, non ha mai raggiunto il grande pubblico né nelle librerie né tantomeno sugli schermi televisivi, sebbene alcuni accenni del libro di Whitley Strieber Communion (bestseller alla sua uscita nel 1987, da cui qualche anno dopo fu tratto un film con Christopher Walken) siano piuttosto significativi in merito, e quasi sicuramente ispirati almeno in parte agli studi di Vallée e Keel [4].

Jacques Vallée

Maghi Tempestari, Silfi, Siddha e Sith

Il motivo per cui Passport to Magonia, pur senza vendere milioni di copie, divenne un’opera “di culto” (non solo in paesi occidentali come gli Stati Uniti, il Canada e la Francia, ma persino in Unione Sovietica dove una traduzione “pirata” circolò illegalmente) è evidente. Vallée non solo collazionò testimonianze di “incontri sovrannaturali” accaduti nei decenni precedenti al famigerato 1947 (a lungo considerato “l’Anno Zero” della storyline aliena a causa del sedicente UFO-crash di Roswell), spesso inquadrabili in una “zona grigia” compresa tra la nascente narrazione extraterrestre e la vecchia prospettiva folklorica; ma il ricercatore francese si spinse più indietro, analizzando anche alcuni casi assai più vetusti, tratti dal folklore fairy pre-moderno e dal grande calderone della stregoneria e della demonologia medievale.

Lo stesso titolo dell’opera si riferisce a una serie di misteriosi avvenimenti accaduti nella Francia del IX secolo, arrivatici grazie a un enigmatico resoconto dell’arcivescovo di Lione Agobardo, uno dei più importanti della sua epoca, morto nel 840 d.C.:

“Abbiamo, però, visto e sentito molti uomini sprofondati in una tale stupidità, persi in una tale follia, da credere che esista una certa regione, che chiamano Magonia, da cui partono vascelli che navigano tra le nuvole, per riportare in quella regione i frutti della terra che vengono distrutti dalla grandine e dalle tempeste; i marinai rendono omaggio ai maghi della tempesta e ricevono a loro volta grano e altri prodotti.”

Agobardo, Liber de Grandine et Tonitruis, XI [5]

Se da una parte è curioso e palese il corrispettivo con i moderni extraterrestri che viaggiano nei cieli sui cosiddetti flying saucers, da una prospettiva da storico delle religioni non si può non notare come tali enigmatici “maghi della tempesta” provenienti da “Magonia” appaiano indissolubilmente connessi ai culti agrari e alla magia meteorologica, e dunque la credenza nella loro presunta esistenza va in primo luogo correlata proprio a culti religiosi di questo tipo, del tipo di quello dei Benandanti friuliani studiati da Carlo Ginzburg, i quali combattevano in cielo contro le streghe e gli spiriti maligni, quattro notti all’anno, per la salvezza del raccolto o, per citare le parole precise di uno di loro, per amor delle biave.

Gli ermetisti, infatti, misero subito in relazione i “maghi tempestari” di Magonia con gli spiriti elementali, e precisamente con i Silfi (o, al femminile, le Silfidi), spiriti esotericamente connessi all’elemento aereo. Era di questo parere, tra gli altri, il noto cabalista Zedechia, che nell’VIII secolo escogitò un piano per mostrare le entità alle folle: «Quegli esseri furono visti nel cielo in forma umana, a volte schierati in battaglia, marciando in buon ordine, o reggendo le armi […]. A volte su navi aeree meravigliosamente costruite, le cui squadriglie volanti viaggiavano per volontà degli Zefiri» [6]. Durante l’epoca rinascimentale, ebbero “negozi” con loro con tutta probabilità Paracelso e senza ombra di dubbio Girolamo Cardano, che descrisse il suo incontro con sette strani visitatori “elementali” in termini che anticipano di cinque secoli il moderno mito extraterrestre:

“[…] risposero che erano uomini composti, per così dire, di aria, e soggetti alla nascita e alla morte. Tuttavia, la loro vita era molto più lunga della nostra, e poteva arrivare anche a trecento anni. Interrogati sull’immortalità della nostra anima hanno affermato che non sopravvive nulla che sia peculiare dell’individuo. […] Quando mio padre chiese loro perché non rivelassero tesori agli uomini se sapevano dove si trovavano, risposero che era proibito da una legge particolare, sotto le pene più pesanti, di comunicare questa conoscenza agli uomini.”

G. Cardano, De Subtilitate, XIX [7]

Vallée li mise in relazione anche con i Siddha e i Vidyahara, «uomini perfetti» e «possessori della conoscenza» di cui si trova menzione, tra le altre fonti, nell’antico trattato indiano di astronomia Surya Siddhanta del IV-V secolo d.C., ma le cui dottrine con tutta probabilità sono molto più antiche; nel testo si dice anche che Siddha e Vidyahara «ruotano sotto la Luna e sopra le nuvole». Secondo la tradizione induista, i Siddha potevano diventare «a loro volontà molto pesanti o leggeri come una piuma, viaggiare nello spazio e sparire alla vista» [8].

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A Vallée, tuttavia, sfugge un’assonanza quantomeno curiosa: quella esistente tra i Siddha indiani e i Sidh della tradizione celtica, entità che hanno molto in comune con i primi e che in epoca pre-cristiana erano associati ai gloriosi Tuatha De Danann. Così come i Siddha, gli «uomini perfetti» della tradizione indiana, detengono poteri supernaturali denominati Siddhi, specularmente in quella scozzese con il termine Sidh si intendono sia i membri del “popolo segreto” sia i poteri superumani che questi ultimi detengono, e che talvolta possono trasferire temporaneamente a un individuo umano, sotto il giuramento di non raccontare in giro di questa elezione.


Fate e Demoni

Le predette peculiarità, infatti, avvicinano i moderni extraterrestri, come Vallée intuì, pure ai fairies della tradizione delle isole britanniche, e più in generale alle sterminate schiere di fate, elfi, folletti e altre entità “sottili” ben conosciute dal folklore di tutto il mondo. L’autore francese cita in particolar modo, per dimostrare la fondatezza delle sue ipotesi, due testi-chiave della cosiddetta Fairy-Faith: quello del reverendo scozzese del XVII secolo Robert Kirk (The Secret Commonwealth) e quello di Evans-Wentz uscito a inizio ‘900 (The Fairy Faith in Celtic Countries).

Particolarmente nette sono le corrispondenze tra i mitici rapimenti dei fairies ai danni degli esseri umani e le moderne abductions aliene, con un occhio di riguardo al fenomeno, ben conosciuto dal folklore e che ritroviamo nel moderno mito alieno, del cosiddetto Missing Time (“tempo perduto” o “dimenticato”) e della diffusa amnesia post-esperienza [9]:

“Ma spesso si verifica uno strano fenomeno: le persone che hanno trascorso una giornata a Elfland tornano in questo mondo invecchiate di un anno o più! […] Lì, il tempo non passa come da noi. […] la disimmetria dell’elemento temporale tra Elfland e il nostro mondo è presente nei racconti di tutti i paesi.”

“La convinzione generale era che le fate fossero spiriti che potevano farsi vedere o non farsi vedere a volontà. E quando prendevano le persone, prendevano corpo e anima insieme.”

“La mente di una persona che esce da Fairyland di solito è svuotata da ciò che è stato visto e fatto lì.”

W. Evans-Wentz, The Fairy Faith in Celtic Countries [10]

Un’altra sezione del saggio di Vallée analizza alcuni parallelismi tra i moderni rapimenti alieni e le torture, talvolta anche erotiche, attribuite in epoca medievale a demoni, succubi e incubi. Se infatti Betty Hill, celeberrima addotta in uno dei primi casi “da manuale” dell’ufologia, risalente ai primi anni ’50, «sotto ipnosi, riferì che le era stato inserito un lungo ago nell’ombelico» da parte dei rapitori extraterrestri, cosa che le causò un atroce dolore, specularmente «un calendario francese del XV secolo […] mostra le torture inflitte dai demoni alle persone da loro rapite […] raffigurati mentre trafiggono gli addomi delle loro vittime con lunghi aghi» [11]. La corrispondenza è stata in seguito approfondita da Graham Hancock nel suo saggio Supernatural (trad. it.: Sciamani).

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Puntuale anche la menzione, da parte di Vallée, del De Dæmonialitate, et Incubis, et Succubis, opera secentesca del francescano Ludovico Maria Sinistrari, che ispira al ricercatore francese una succosa analisi di una dozzina di pagine, incentrata soprattutto sulla questione della copulazione con le entità trascendentali (“demoniache” o “aliene” che siano) e, conseguentemente, su quella dell’ibridazione tra la specie umana e quella “extra-umana”, topos che peraltro si ritrova, come abbiamo ampiamente dimostrato in altra sede, nel folklore fairy. Tuttavia, con riguardo all’ipotesi che i moderni alieni possano essere visti alla stregua di entità diaboliche, l’autore precisa [12]:

“Un punto intrigò molto Sinistrari: tali demoni non obbediscono agli esorcisti. Non hanno paura delle reliquie e di altri oggetti sacri, e quindi non rientrano nella stessa categoria dei diavoli da cui le persone sono possedute […]. Ma allora, sono davvero creature del diavolo? Non dovremmo metterli in una categoria a parte, con le fate e gli Elementali a cui assomigliano così tanto?”


Un “Libro dei Dannati”

Comunque, a parte l’impostazione assolutamente accattivante, che va di pari passo all’ipotesi avanzata in termini di originalità e intuizione — complice anche una scrittura più coerente e sistematica di quella del collega Keel — in questa prima opera del “ciclo parafisico” di Vallée si trovano collazionati e disseminati anche molteplici episodi inspiegabili o quantomeno bizzarri, che non avrebbero sfigurato nel Libro dei Dannati di Charles Fort, tratti dalle cronache antiche o dalle biografie di personaggi storici di importanza primaria: si passa dalle mutilazioni del bestiame [13] alle «piccole luci brillanti, disposte a gradini l’una sull’altra» che apparvero una sera del 1768 a Lipsia al giovane Goethe, all’interno di un burrone, abbagliandolo mentre saltavano «in ogni direzione» (il poeta ne parlò nel libro VI della sua Autobiografia, e la scoperta si deve, per esplicita ammissione di Vallée, a Kenneth Anger, personaggio “di culto” della Hollywood Babylon degli anni ’60!) [14].

Si va dagli “anelli delle fate”, che «nei primi tempi del Razionalismo, si è cercato di spiegare […] come fenomeni elettrici, conseguenza degli effetti atmosferici» [15] al semi-leggendario Springheel Jack, il bizzarro “assalitore volante” della Londra degli anni ’30 dell’800 (e in seguito riapparso nel 1877 nell’Hampshire), dotato di «dita ossute di immensa potenza che assomigliavano ad artigli», orecchie «tagliate o appuntite come quelle di un animale» e occhi che «assomigliavano a palle di fuoco iridescenti» [16]. Si fa riferimento al passaggio dei Discorsi a tavola di Martin Lutero in cui si diceva convinto che «una certa persona, a suo parere, [fosse] un changeling — o killcrop, come venivano chiamate in Germania» le persone “sostituite” dalle fate [17].

Si parla dei Moon-Eyed People del folklore dei Cherokee [18] e degli Ikhals di quello dei nativi messicani, umanoidi neri alti meno di un metro che «volano, attaccano la gente e, nei resoconti moderni, portano una specie di razzo sulla schiena e rapiscono gli indiani», dopo averli paralizzati, per condurli nelle cavità sotterranee in cui dimorano [19]; dei transalpini Korrigan e Farfadet; di Troll e Nix, di Dames Blanches e Sleagh Maith; e chi più ne ha più ne metta.

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Addirittura Vallée (forse primo fra tutti gli studiosi del fenomeno, anticipando di una ventina di anni Las Apariciones Marianas dell’eclettico gesuita Salvador Freixedo) avanzò l’ipotesi che persino le celeberrime Apparizioni Mariane di Guadalupe, Knock, Lourdes e Fatima [20] si potessero ascrivere, mutatis mutandis, allo stesso reame invisibile «di un’essenza semi-materica elastica, abbastanza eterea da non essere rilevata dalla vista fisica» e che può «cambiare forma secondo certi leggi» [21]; «una sorta di universo parallelo, che coesiste con il nostro; diviene visibile e tangibile solo per persone selezionate, e le “porte” che lo attraversano sono punti di tangenza fra i due mondi» [22].

In attesa di lavorare in prima persona ad un saggio lungo sulla questione [23], per il momento la chiosa di questo inestricabile mistero, enigmatico soprattutto se considerato in relazione con la storia e l’evoluzione dell’umanità, la lasciamo a Vallée [24]:

“Resta il debole sospetto di un gigantesco mistero, molto più grande della nostra attuale preoccupazione per la vita su altri pianeti e molto più profondo dei rapporti di tranquille casalinghe su luci che fanno zig-zag nel cielo. […] Sì, c’è una profonda corrente nascosta da scoprire e mappare dietro queste storie apparentemente assurde. Sezioni emergenti del modello di base sono state scoperte e mappate in epoche passate, da studiosi morti da tempo. Oggi abbiamo l’opportunità unica di assistere alla riapparizione di questa corrente. Colorata, naturalmente, con i nostri nuovi pregiudizi umani, la nostra preoccupazione per la “scienza”, il nostro desiderio per la terra promessa su altri pianeti.”


Note:

[1] Abbiamo trattato il tema in veste di relatori al I convegno nazionale di ufologia ed esoterismo («Oltre», organizzato da La Società dello Zolfo), nel nostro intervento intitolato «Folklore alieno» (disponibili il video integrale, su «AXIS mundi TV», e il PDF delle slides utilizzate, sul sito). Sono intervenuti al convegno, oltre allo scrivente, Roberto Pinotti, Massimo Centini e Stefano Masella.

[2] Segnatamente Venexia aveva precedentemente pubblicato i seguenti testi:

[3] Serie pseudo-documentaristica, che vede la partecipazione di autori “sensazionalistici” come Erich Von Daineken, David Hatcher Childress, Giorgio Tsoukalos e David Wilcock, conosciuta nella programmazione nostrana come Enigmi alieni.

[4] Tra le altre cose, è significativa la distinzione degli alieni in due razze nettamente separate: una più bassa, tozza, scura e pelosa e un’altra più alta, filiforme, chiara e glabra; la prima richiama gli gnomi, i nani, i coboldi e più in generale gli elementali della terra; la seconda i silfi o elementali dell’aria, o ancora le fate e i fairies irlandesi. Cfr. in particolare Vallée, Passaporto, pp. 82 e 206-207.

[5] Cit. Ivi, p. 27.

[6] Ivi, p. 29.

[7] Cit. Ivi, pp. 32-33.

[8] Ivi, pp. 26-27.

[9] Ivi, p. 143.

[10] Cit. Ivi, pp. 96 e 121.

[11] Ivi, p. 130.

[12] Ivi, p. 167.

[13] Ivi, pp. 68-72.

[14] Ivi, p. 33.

[15] Ivi, p. 61.

[16] Ivi, pp. 111-113.

[17] Ivi, p. 143.

[18] Ivi, p. 82.

[19] Ivi, pp. 89-90 e 147-148.

[20] Ivi, pp. 173-182.

[21] Ivi, p. 95

[22] Ivi, p. 139.

[23] Esiste la volontà, da parte dello scrivente, di stillare un saggio sull’argomento in formato cartaceo, da scriversi a quattro mani con un secondo autore, collaboratore saltuario di «AXIS mundi»; data di pubblicazione indicativa 2022. Per il momento, chi fosse interessato a leggersi qualcosa di corposo per certi versi connesso all’argomento trattato in questa sede, può procurarsi l’albo annuale 2020 della rivista di studi tradizionali «Arthos», che contiene il mio saggio Il culto dei Fairies nei paesi celtici: una escatologia di morte e rinascita.

[24] Vallée, op. cit., pp. 72-73.

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