La “Trilogia della Morte” di Lucio Fulci

Rielaborando certi fondamentali topoi del Fantastico più oscuro in una personale visione macabra ed estrema, Lucio Fulci ha segnato indelebilmente la storia dell’orrore filmico italiano e internazionale.

di Jari Padoan

con la collaborazione di
Niccolò Ernesto Maddalon

Lucio Fulci (1927-1996) — definito dalla critica cinematografica con gli epiteti di «Terrorista dei Generi» (una definizione coniata, tra il serio e il faceto, dallo stesso regista) e «Poeta del Macabro» — è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni presso ogni cultore e studioso dell’horror cinematografico. E, solitamente, i primi titoli che vengono in mente quando si parla del celebre regista romano sono di certo Paura nella città dei morti viventi, …e tu vivrai nel terrore! – L’Aldilà e Quella villa accanto al cimitero, ovvero la trilogia ideale girata da Fulci tra il 1980 e il 1982, che, rielaborando certi fondamentali topoi del Fantastico più oscuro in una personale visione macabra ed estrema, hanno segnato indelebilmente (a tinte rosso sangue) la storia dell’orrore filmico internazionale e il sottogenere cosiddetto gore/splatter.

Lucio Fulci

Il Fulci prima di Fulci:
dal “musicarello” al thriller

Se si va ad esaminare una carriera varia ed eclettica come quella di Lucio Fulci, sorprende ancora oggi constatare come questo autore sia arrivato a dedicarsi al cinema dell’orrore dopo una lunga e “sofferta” gavetta attraverso generi molto differenti, dando un notevole contributo in particolare nell’ambito della commedia tra gli anni Cinquanta e i Sessanta. Nei ruoli di regista, sceneggiatore  e paroliere, si barcamena egregiamente tra film come I ragazzi del juke-box, con Adriano Celentano (il cui celebre brano Il tuo bacio è come un rock venne scritto proprio da Fulci) e commedie picaresche con protagonisti Franchi e Ingrassia (Come svaligiammo la Banca d’Italia), oltre al celebre e “scandaloso” All’onorevole piacciono le donne (1972) e la quindicina di sceneggiature che Fulci scrisse per altrettanti film girati da due colossi della commedia italiana, ovvero Steno e Totò. 

Fulci, ormai padrone di uno stile e di una poetica registica personale, si dedica in seguito a una breve serie di gialli dai risvolti cupi e onirici, che si inseriscono nel filone “thriller all’italiana”, sorto nei primi anni Settanta e caratterizzato da marcate influenze erotiche e horror. Filiazione diretta, dal punto di vista tematico e stilistico, dei gialli di Mario Bava (come il fondamentale Sei donne per l’assassino), il genere si sviluppa grazie a registi come Sergio Martino (al quale Edwige Fenech deve l’inizio della sua carriera, nel ruolo di protagonista nella serie di gialli erotico-parapsicologici tra i quali spicca il capolavoro Tutti i colori del buio), il primo Dario Argento con la sua celebre «Trilogia degli animali», Umberto Lenzi e naturalmente lo stesso Fulci, non senza essere passato per il truculento western con Franco Nero e Nino Castelnuovo Le colt cantarono la morte e fu … tempo di massacro (1966, sceneggiato da Fernando di Leo), che Fulci amava definire un film “artaudiano” nella sua crudeltà.

Il regista attraversa quindi gli anni Settanta girando thriller potenti e originali, che uniscono erotismo softcore, oscuri stilemi gotici e primi cenni di splatter spudorato. Una sull’altra, Non si sevizia un paperino, Una lucertola con la pelle di donna e Sette note in Nero sono pellicole ancora oggi molto amate, e anzi considerate di importanza storica per lo sviluppo del cinema italiano “di genere”, ma che all’epoca vennero tendenzialmente incomprese da un pubblico che non fosse quello dei più entusiasti horrorofili, stroncate dalla critica cinematografica di sinistra (un segreto di Pulcinella… o in questo caso, di Fulcinella) e, curiosamente, osannate invece negli ambienti intellettuali di destra, una situazione singolare che fu fonte di una certa  perplessità e frustrazione per Fulci (che politicamente non era certo un conservatore [1]).

A questo punto, forte della sua padronanza con il cinema di suspense, Fulci può finalmente dedicarsi a una sua grande passione, quella per il cinema horror, girando nel 1979 Zombi 2. Il film si può considerare un ideale e non ufficiale prequel degli zombie movies di George A. Romero, caratterizzato da un particolare contesto caraibico che riporta l’archetipo orrorifico dello zombie alle sue origini vuduiste, come già aveva fatto lo storico film Ho camminato con uno zombie di Jacques Torneur, prima delle metafore socio-politiche del cinema di Romero da cui Fulci prese appunto le distanze.

Zombi 2

Zombi 2, a prescindere da alcuni contenziosi con i legali di Romero, diverrà rapidamente un piccolo cult soprattutto all’estero grazie ad alcune scene iconiche, come la lotta subacquea tra un morto vivente e uno squalo bianco, in un evidente ammiccamento (al limite del “trash”e del comico involontario) ai numerosi e dimenticabili prodotti di imitazione del celeberrimo Lo Squalo di Spielberg, nonché il finale che vede l’esercito di morti viventi che attraversa il ponte di Brooklyn all’alba per assediare la Grande Mela.

Una volta che Zombi 2 viene accolto con un certo entusiasmo dal pubblico e dalla critica di genere, Fulci decide quindi di proseguire sulla via dell’horror soprannaturale, sanguinoso e “zombiesco”, progettando (assieme al fido sceneggiatore Dardano Sacchetti) il film Paura nella città dei morti viventi, che diventerà il primo capitolo di una ideale saga cinematografica destinata a portare Fulci, in breve tempo, allo status di maestro del cinema dell’orrore.

e Tu vivrai nel Terrore! – L’Aldilà

La Trilogia della morte:
lo zenit dell’estetica macabra fulciana

È questo il momento, nella carriera cinematografica di Lucio Fulci, in cui l’eclettico regista esprimerà una personale riflessione in chiave orrorifica e granguignolesca sul comune fattore ineluttabile ad ogni essere vivente, sul grande mistero con cui l’umanità si confronta da sempre: la morte, e tutto ciò che ci potrebbe celarsi oltre essa. Morte intesa quindi non solo come semplice cessazione biologica delle funzioni vitali, ma analizzata da un punto di vista “ulteriore”, che, nella a dir poco pessimistica visione di Fulci, non può che rivelarsi in un solo modo: l’orrore. Nessuna consolazione o speranza, nessuna parvenza di pace si prospetta, secondo il cinema di Fulci, se si apre una porta verso L’Aldilà, perché da essa possono filtrare solo orribili zombi assassini e forze assolutamente malefiche. Un modo catartico di esorcizzare l’idea del nulla che per Fulci, marxista innamorato del Fantastico, attende l’uomo dopo l’esistenza terrena.

Come insegna Roger Cailois nel saggio L’Incertitude qui viens des Rêves (e come sapeva bene Fulci, che nel 1992 pubblicherà anche la raccolta di racconti dell’orrore Lune Nere), il procedimento narrativo e concettuale seguito dal racconto fantastico in generale, e dalla ghost story classica, è appunto legato a come la dimensione del reale e del consueto ceda gradatamente (o brutalmente) il passo a un inspiegabile Altrove, con tutto ciò che di ignoto, insondabile e soprattutto orribile da esso provenga. Meccanismo puntualmente seguito da Fulci nella sua terrificante trilogia, anche perché, pur basandosi su soggetti scritti personalmente da Fulci e Sacchetti, le trame dei film in questione rivelano numerosi rimandi ai racconti dell’orrore e del mistero dei numi tutelari E.A. Poe e H.P. Lovecraft, particolarmente amati da Fulci (come affermò l’interessato in una vecchia intervista a Luigi de Angelis, in occasione del Fantafestival di Roma nel 1994).

e Tu vivrai nel Terrore! – L’Aldilà

Ciò è evidente se si tiene conto che al centro di …e Tu vivrai nel Terrore! – L’Aldilà vi sono il Libro di Eibon e un quadro maledetto (il cui autore, il pittore Zweick, viene torturato e murato), che la cittadina di Dunwich nel New England fa da scenario a Paura nella Città dei Morti Viventi, e che uno dei personaggi di Quella villa accanto al cimitero si chiama Whateley come la dinastia di stregoni adoratori di Yog-Sothoth che agiscono nel racconto The Dunwich Horror, scritto da Lovecraft nel 1929.

Fulci, grazie alla propria competenza sull’anatomia umana (dovuta ai suoi studi universitari in medicina, prima di lasciare la facoltà per laurearsi in Lettere, frequentare il Centro sperimentale di cinematografia di Roma e dedicarsi al cinema a tempo pieno [2]), e alla collaborazione dell’esperto di effetti speciali Giannetto de Rossi, sottopone lo spettatore della «Trilogia della Morte» a un sistematico e realistico bagno di sangue, un incubo a occhi aperti di una brutalità mai raggiunta in precedenza nel cinema italiano, nemmeno dalle opere più allucinate di Bava e Argento.

Quella villa accanto al cimitero

Ad esempio con L’Aldilà — oltre a realizzare, subito dopo lo Shining di Kubrick, una originale variazione sul tema della casa o meglio dell’albergo maledetto (e necroforo), poi riproposta anche in Quella villa accanto al cimitero — Fulci porta all’estremo alcune tipiche trovate sceniche che da qui in poi entreranno nell’“estetica” del gore. È il caso, ad esempio, delle esplicite immagini di cadaveri in putrefazione o dell’eviscerazione degli occhi: è questo il triste destino a cui va incontro l’incauto idraulico che si avventura nei sotterranei dell’albergo in cui si annidano temibili entità non-morte, prima di diventare a sua volta uno zombi e riservare lo stesso trattamento alla governante dell’hotel, interpretata da Veronica Lazar.

L’accecamento selvaggio e brutale, attuato preferibilmente dal non-morto di turno, si ricollegherebbe al cosiddetto «tema dello sguardo», un tipico leit-motiv della narrativa fantastica ottocentesca [3], che sembra ossessionare particolarmente il cinema di Fulci, come dimostra la reiterata presenza dei numerosi zoom sugli occhi dei protagonisti e, in particolare, delle protagoniste. Dallo sguardo angosciato di Jennifer O’Neill in Sette note in nero si arriva agli occhi vitrei della misteriosa Emily, la ragazza non vedente che ne L’Aldilà funge da indecifrabile presenza ammonitrice verso coloro che si avvicinano all’albergo-portale infernale. 

e Tu vivrai nel Terrore! – L’Aldilà

L’attrice inglese Catriona MacColl ricoprirà il ruolo di protagonista nelle tre rispettive pellicole (altro elemento che accomuna idealmente i tre film, autoconclusivi e non collegati fra loro dal punto di vista narrativo): una potenziale messianica salvatrice dell’umanità da una imminente “Apocalisse-zombie” in Paura nella Città dei Morti Viventi, la giovane erede dell’hotel maledetto di New Orleans ne L’Aldilà e infine una madre iperprotettiva e paranoica in Quella Villa accanto al Cimitero.

A guisa di curiosità, anzi di particolare significativo, è interessante notare che proprio quest’ultimo film, che può in parte ricordare il già citato Shining per il redivivo (è il caso di dirlo!) tema della casa malefica e per la riflessione sul “carcere famigliare”, palesa tra le righe la nota avversione di Fulci per la psicoanalisi (su cui tuttavia aveva incentrato il giallo psichedelico Una lucertola con la pelle di donna). Nella suddetta Villa accanto al cimitero agisce un nuovo temibile mostro, ovvero una rielaborazione fulciana dello “psyco-killer” mascherato e taciturno dalla forza e malvagità sovrumana, inaugurato dal Michael Myers di Halloween (John Carpenter, 1978) e figura molto frequente nel filone del cosiddetto slasher-movie che “imperversò” negli anni Ottanta. Il terribile serial killer-non-morto in questione porta però il nome a dir poco bizzarro se non farsesco di dr. Freudstein, che suona effettivamente come una fusione del nome della Creatura del romanzo di Mary Shelley con quello dell’ideatore della psicanalisi…    

Nel cast dei tre film si uniranno attori e caratteristi come David Warbeck, Sarah Kellerman (Cinzia Monreale, nel ruolo di Emily), Giovanni Lombardo Radice, Ania Pieroni, Janet Agren, Daniela Doria (celebre anche per un tragicomico aneddoto sul set di Paura nella città dei morti viventi, legato a delle interiora di pecora utilizzate per la scena della sua trasformazione in zombi), Michele Mirabella e lo stesso Lucio Fulci in brevi camei hitchcockiani: in Paura il regista impersona uno sbrigativo medico legale («Strano tipo di arresto cardiaco!»), ne L’Aldilà veste i panni di un impiegato gigionesco e “crumiro” della biblioteca municipale di New Orleans («Ogni pretesto è sempre buono per batter la fiacca fra i colleghi, a quanto pare…»), mentre in Quella villa… si limita a improvvisare due rapide chiacchiere con l’attore protagonista, Paolo Malco. 

Quella villa accanto al cimitero

L’eredità e la profonda influenza mediatica della trilogia

È ben noto che la Trilogia della Morte, ulteriormente rivalutata dopo la scomparsa del cineasta romano — un po’ come tutta la sua intera filmografia, anche se Fulci, che ebbe a definirsi scherzosamente «un regista-zombi che è stato rivalutato da vivo» [4], poté comunque godere della stima e dell’affetto di uno zoccolo duro di appassionati internazionali già nel corso della sua tormentata vita) — arriverà ad ispirare una pletora di imitazioni per lo più di produzione statunitense, giapponese e coreana, oltre ad essere tributata in innumerevoli serie televisive. Si ricordi ad esempio l’episodio in due puntate di C.S.I. – Scena del Crimine intitolato Buried Alive e girato da Quentin Tarantino, in una scena del quale si può notare un ragazzotto indossante una t-shirt che reca la scritta Fulci, The Godfather of Gore, omaggio del regista di Le Iene e Pulp Fiction ad uno dei suoi maestri ideali del B-Movie italico. Fulci venne omaggiato da Tarantino anche in Kill Bill, dove la protagonista Uma Thurman viene sepolta viva ed arriva a estirpare a mani nude ben due globi oculari).

L’influenza della trilogia oltretombale di Fulci si è estesa anche ai fumetti, come dimostrano celebri serie orrorifiche italiane quali ad esempio Splatter, Dampyr e lo storico Dylan Dog di Tiziano Sclavi, nonché alla vasta galassia dei videogiochi (praticamente quasi tutti gli attuali survival horror di ultima generazione, nati sulla scia di celebri saghe videoludiche quali Resident Evil, Alone in the Dark, S.T.A.L.K.E.R. e Silent Hill). Come è ben noto la filmografia horror di Fulci, e ovviamente in particolare la Trilogia della Morte, sono inoltre da decenni oggetto di culto anche e soprattutto nell’ambiente dei più “estremi” derivati della musica rockmetal, come il doom e soprattutto il death metal.

Infatti, anche se parrebbe quasi una surreale barzelletta (cosa lega indirettamente Celentano ai Cannibal Corpse? Risposta: Lucio Fulci…), basti pensare a band come i suddetti Cannibal Corpse, tra gli iniziatori del sotto-sottogenere brutal death, che rivendicano da sempre una grande ammirazione per pellicole come Profondo Rosso di Argento e naturalmente L’Aldilà di Fulci [5], mentre esplicito e definitivo è l’atto di ammirazione del gruppo casertano che sceglie di chiamarsi, semplicemente, Fulci (!), autori dell’album coerentemente intitolato Opening the Hell Gates del 2015. Inoltre non solo i Candlemass, padrini del doom metal scandinavo, dedicano all’Aldilà il brano Demon’s Gate contenuto nell’album d’esordio Epicus Doomicus Metallicus del 1986, ma dallo stesso film prende spunto addirittura il noto gruppo glam rock/hair metal degli Europe per la canzone Seven Doors Hotel, un titolo che è un riferimento (tra i primi in assoluto, essendo il brano uscito nel lontano 1983) quanto mai esplicito.

In conclusione, molto si è detto e scritto su quanto il cinema di Lucio Fulci sia stato sottovalutato [6] (onde constatare che oggi film come Le colt cantarono la morte o Sette note in nero siano oggetto di analisi e di studio presso le accademie di cinematografia), uno stato di cose che ha inciso sulle traversie della sua vita già minata da problemi di salute e da lutti famigliari, prima ancora che sulla sua carriera filmica. Ma a distanza di ben quattro decenni, la sua Trilogia della Morte cinematografica ci fa ancora vivere nel terrore e rimane decisamente (tanto per citare una volta di più il “fulciano” statunitense più noto e agguerrito), A prova di morte.


NOTE:

[1] Claudio Bartolini, La dinamite nei generi, monografia su Lucio Fulci in Film Tv n.26, 27 giugno 2017, p.8.

[2] Alexia Kannas, Lucio Fulci, in AA.VV., 501 grandi registi. Una guida completa ai maestri del grande schermo, Taschen, Köln 2008, p.305.

[3] Si pensi, ad esempio, a racconti come Clarimonde di Gautier, The Tell-Tale Heart di Poe e naturalmente a Der Sandemann di E.T.A. Hoffmann (n.d.A.). Cfr. Tvetan Todorov, La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1977.

[4] Cfr. Maurizio Colombo, Lucio il truce, in Dylan Dog presenta: Almanacco della paura 1995, Sergio Bonelli Editore, Milano 1995.

[5] Cannibal Corpse interwiewed at Scion Fest 2010, https://www.youtube.com/watch?v=WO4vV0nCY3g .

[6] Cfr. ad esempio Antonio Bruschini, Antonio Tentori, Lucio Fulci. Il poeta della crudeltà, Mondo Ignoto-Profondo Rosso, Roma 2004; Paolo Albiero, Giacomo Cacciatore, Il terrorista dei generi. Tutto il cinema di Lucio Fulci, Leima, Palermo 2004.

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