Bestiario dannunziano: il Liocorno e la Chimera

Una foresta di simboli: Baudelaire, Joseph de Maistre e la Sophia Perennis

La teoria delle corrispondenze di Baudelaire, nella sua formulazione, deve molto più a Maistre che a Swedenborg. Quando Baudelaire vede il mondo come «una foresta di simboli», ci introduce al metodo maistriano di mettere in relazione il visibile con l’invisibile.

“Ciò che disse il tuono”: l’influenza delle Upaniad sulla “Terra devastata” di T.S. Eliot

Fin dagli anni del college T.S. Eliot si era immerso nello studio della filosofia e del pensiero dell’India. La Terra devastata così come altri suoi scritti, riflettono questo suo profondo legame col pensiero orientale, nel descrivere la crisi del mondo moderno il poeta attinge alla Bhagavadgītā e alle Upaniṣad.

Borges a caccia di draghi: il retaggio nordico nell’opera del Maestro argentino (parte II)

Com’è possibile concepire una forma poetica fatta di una singola, totale ed indivisibile espressione? A questa domanda cerca di dare risposta lo scaldo con un lungo viaggio che coincide con la sua stessa vita. Una volta estenuato l’Io Individuale in un maelstrom di avventure il protagonista riesce finalmente a carpire la parola, che per lui, racchiude tutto il caos nella semplicità di un’unica incisione runica: è undr che significa “meraviglia ”. Dunque, è tale “meraviglia” la pietra angolare della poetica norrena per Borges: è la capacità di stupirsi e commuoversi che riesce a sintetizzare l’apparente incoerenza del caos.

La “Terra devastata” di T.S. Eliot e la Via dei Tarocchi

Alla vigilia del centenario dalla pubblicazione del capolavoro eliotiano, la sua Terra devastata dimostra oggi tutta la sua attualità e potenza evocatrice. Frammenti narrativi che il lettore compone e ricompone in un continuo giuoco di indagine su sé stesso e il mondo, proprio come fa chi percorre la Via dei Tarocchi: “Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine”.

Il Rilke esoterico dei “Sonetti ad Orfeo”

Composti nel febbraio del 1922 come monumento funebre a Wera Ouckama Knoop, una giovane scomparsa alla prematura età di diciannove anni, i “Sonetti a Orfeo” del poeta austriaco di origine boema Rainer Maria Rilke ci parlano ancora oggi, a distanza di un secolo, nella «lingua della perennità in cui i morti si fanno dono nutrendo di sé la terra», svelandoci l’intreccio indissolubile tra morte e vita.

Il Portatore di Fuoco: Prometeo e il senso del tragico nell’antica Grecia

Da una parte il fuoco rappresenta il Logos, ma dall’altra Prometeo incarna la natura selvaggia dell’antica cosmologia, contrapposta alla razionalizzazione attuata dalla società della polis sul mondo esterno alla civiltà ellenica considerato “barbaro” e irrazionale. Il senso stesso del tragico si fonda esattamente sulla sfera della non-razionalità, sulla rappresentazione mitica delle ombre inconsce della popolazione greca della polis e dell’uomo stesso.

Empedocle secondo Hölderlin: ascesa, declino e riscatto del Poeta

Nella “Morte di Empedocle” di Friedrich Hölderin, tragedia composta sul finire del XVIII secolo, il poeta analizza il dramma della solitudine umana, del silenzio della Natura e degli Dèi, l’irrisolvibile tensione tra aorgico e organico e la lotta costante dell’individuo per non naufragare nell’indistinto universale.

Percy Bysshe Shelley: Prometeo nel Vento

8/7/1822 — 8/7/2020: quasi due secoli dall’annegamento di Percy Bysshe Shelley, la cui figura divenne subito ammirata e venerata dagli spiriti più irrequieti. Il Prometeo che ruba il Fuoco per farne dono agli uomini, nel poeta inglese trovò una versione agli estremi dell’alta idealità, in nome di un radicale rinnovamento sociale e spirituale. Una stagione irripetibile, qui raccontata attraverso lati poco noti del Nostro e attraverso la profonda influenza su personalità molto distanti tra loro, quali d’Annunzio, Crowley e Carducci.


William Butler Yeats, navigatore della Grande Memoria

Risalendo in direzione contraria la corrente, W.B. Yeats si fece bardo in un’epoca che aveva bandito ogni carme, dimenticato Arcadia, negato e ridicolizzato la conoscenza degli antichi Druidi. L’intera sua opera — e prima ancora l’intera sua esistenza — fu consacrata a una Visione, fondata sulla cosiddetta «Grande Memoria», una sorta di Anima Mundi dei neoplatonici, «serbatoio d’anime e d’immagini e punto d’incontro tra i vivi e i morti», cui il Veggente deve accedere per colmare l’irrimediabile distanza tra l’ideale e il reale, tra il divino e l’umano.

William Blake: visioni sacre e “Lucid Dreaming”

Le proverbiali visioni di Blake, oltre ad aver indirizzato la sua vita religiosa, hanno anche influenzato l’intera sua opera artistica; Alexander Gilchrist, suo biografo ufficiale, le ha messe in relazione con i cosiddetti “sogni lucidi”, vale a dire con la capacità di un soggetto, durante l’attività onirica, di mantenere una lucidità cosciente, permettendo all’ego manifesto all’interno del sogno di comprendere consciamente l’esperienza emergente dal subconscio.

Coleridge e il caso della visione in sogno del “Kubla Khan”

 Sulla visione in sogno di Samuel T. Coleridge e la composizione del “Kubla Khan”, poema lasciato incompiuto a causa dell’improvvisa visita della misteriosa «persona proveniente da Porlock»: un caso letterario esemplificativo della natura «altra» dell’ispirazione poetica su cui hanno scritto, tra gli altri, Jorge Luis Borges e Fernando Pessoa.

W.B. Yeats, William Blake e il sacro potere dell’immaginazione

Anche se vissero l’uno a distanza di un secolo dall’altro, nelle biografie di Blake e Yeats è possibile intravedere due vite parallele, fondate su alcune idee-guida speculari che ne orientarono l’attività artistica e letteraria: l’ideale della “religione dell’arte”, la missione salvifica dell’artista, l’enfasi posta sulla facoltà immaginativa ai fini del processo di autorealizzazione e l’annuncio dell’avvento di una nuova èra a venire.