Folklore ofidico: il “Serpente Arcobaleno”, i Naga e la fata Melusina

Antenati mitici, eroi culturali, entità feriche del mondo sottile e spose sovrannaturali:  il topos delle entità mitiche ofidico-antropomorfe è diffuso largamente in tutto il mondo, e interessa sia la tradizione europea (riguardo alla quale ci concentreremo soprattutto sulla tradizione medievale della Fata Melusina), sia tradizioni extra-europee come quella indiana dei Naga, «popolo serpente» dimorante nel mondo sotto al nostro, quella degli Hopi e quella degli aborigeni australiani.

Il simbolismo della duplice serpe e del “guardiano del tesoro”

All’interno del vastissimo corpus mitico riguardante il simbolismo ofidico esistono alcuni mitologemi, ricorrenti in tutto il mondo, veicolanti certe conoscenze iniziatiche la cui universalità oltrepassa i confini spaziali e cronologici, come quello della duplice serpe (Caduceo di Mercurio, Iga e Pingala), quello del serpente che stando al di sotto dei mondi o circondando la terra in forma di Ouroboros regge l’intera manifestazione cosmica, e quello del drago nella funzione di «Guardiano del tesoro» che l’eroe deve sottomettere e sconfiggere per salvare la «Principessa».

Il mistero degli Incas: le “costellazioni oscure” e i “diluvi” celesti

Questo articolo si basa sul riassunto del libro di William Sullivan “Il mistero degli Incas” a cura di Piervittorio Formichetti e ampliato da Marco Maculotti.


Waka, animali totem, costellazioni

Le antiche popolazioni andine denominavano huaca (o waka) «la presenza del sacro e il magico-tellurico in ognuna delle sue molteplici forme o manifestazioni (pietre, montagne, fiumi, astri, fenomeni celesti e terrestri, crocevia, culti funebri, etc.)» che essi incontravano dappertutto in un mondo/spazio mentale sacralizzato [González, I simboli precolombiani, p. 75]. In altri termini, essi riverivano gli innumerevoli stati di un Essere Universale che si manifestava attraverso l’ambiente come ierofania. Scrive l’antropologo italiano Mario Polia [Il sangue del condor, p. 86], riportando una tradizione autoctona della valle di Samanga: «Le huacas, siano esse rupi, pietre o monti, hanno fame e se gli uomini non le nutrono, ne divorano l’anima, l’ “ombra”, succhiando dal loro corpo la vita. Se sono sazie, invece, proteggono i campi, allontanano i mali e chiamano le piogge».

Umanità antidiluviane, giganti, “gentili”

Continuiamo in questa sede il discorso sulla tradizione andina, precedentemente affrontato nei quattro articoli che abbiamo già pubblicato su A X I S m u n d i [cfr. «Quaderni Andini», in Antica America]. In chiusura, avremo modo anche di operare qualche confronto con altre tradizioni, tra cui quella messicana, ellenica, celtica e norrena).

di Marco Maculotti
copertina: Machu Picchu, foto dell’Autore

Strettamente connessa alla dottrina dei cicli e del pachacuti [cfr. Pachacuti: cicli di creazione e distruzione del mondo nella tradizione andina] è la credenza nell’esistenza di antiche razze proto-umane che popolarono il nostro pianeta prima dell’avvento del “Quinto Sole”—razze che, come abbiamo visto [cfr. Viracocha e i miti delle origini: creazione del mondo, antropogenesi, miti di fondazione], vengono ciclicamente eliminate, al finire di ogni “Grande Anno”, da un evento catastrofico, per lasciare posto all’umanità del ciclo successivo (similmente al mito esiodeo).

Storia segreta della conquista del Perù: il sogno profetico dell’Inca Viracocha e la venuta degli Spagnoli

di Marco Maculotti

In un saggio precedente di questo ciclo [cfr. Viracocha e i miti delle origini: creazione del mondo, antropogenesi, miti di fondazione] abbiamo avuto modo di distinguere, nella tradizione andina, tre tipi di personaggi denominati “Viracocha”: il dio creatore delle origini, che abbiamo chiamato “Viracocha divino”; l’eroe civilizzatore dell’inizio dell’èra del “Quinto Sole”, creatore di Tiahuanaco, che abbiamo definito “Viracocha leggendario”; e infine un personaggio storico, l’ottavo sovrano Inca, l’Inca Viracocha. Se dei primi due abbiamo detto a sufficienza, ci rimane adesso da indagare il ruolo del terzo, rifacendoci alla cronaca più indicata nello studio della dinastia reale incaica dei “Figli del Sole”. Stiamo parlando ovviamente dei Commentari Reali di Garcilaso Inca de la Vega, unica fonte antica che ha il sommo merito di elencare, uno dopo l’altro e con relative imprese, i dodici Inca che governarono nei secoli l’impero del Tahuantinsuyu.

L’enigma di Tiahuanaco, culla degli Inca e “Isola della Creazione” nella mitologia andina

di Marco Maculotti


Ai fini del proseguimento dell’analisi riguardante il mito di fondazione da parte dei Viracochas [cfr. Viracocha e i miti delle origini: creazione del mondo, antropogenesi, miti di fondazione], sarà utile ora soffermarsi a produrre qualche considerazione sull’importanza nella tradizione andina del centro cerimoniale di Tiahuanaco, “uno dei lasciti più significativi e sconcertanti della preistoria umana” [
Petratu e Roidinger, p.152], culla dei primi uomini del “Quinto Sole” [cfr. Pachacuti: cicli di creazione e distruzione del mondo nella tradizione andina]. Le origini di questo complesso monumentale si perdono nella notte dei tempi: gli andini al tempo della conquista pretendevano di non aver mai conosciuto la città se non in rovina; gli Aymara, uno dei popoli più antichi delle Ande, sostenevano che Tiahuanaco fosse stata abitata “dai primi uomini della Terra” [Charroux, p.52]Per queste ragioni, in virtù della sua enigmaticità, Tiahuanaco ha da sempre attirato la curiosità di storici ed esploratori. Nel 1876 l’archeologo francese Wiener scriveva [cit. in Charroux p.49]:

“Giorno verrà in cui si potrà dire della civiltà classica dei Faraoni, dei Caldei, dei Brahmani: voi siete catalogate nei nostri libri come le più antiche, ma la scienza prova che la civiltà pre-incaica di Tiahuanaco è anteriore alle vostre di molte migliaia d’anni.”

Viracocha e i miti delle origini: creazione del mondo, antropogenesi, miti di fondazione

di Marco Maculotti


Ci siamo prefissati in questo ciclo di saggi classificati come «Quaderni Andini» di mettere a fuoco gli aspetti più significativi della tradizione dell’antico Perù, che si presentava molto più esteso dell’attuale, comprendendo anche parte dell’Ecuador, del Cile settentrionale e della Bolivia. Dopo aver trattato in precedenza la dottrina dei «Cinque Soli» e del Pachacuti [cfr. Pachacuti: cicli di creazione e distruzione del mondo nella tradizione andina] passiamo ora ad analizzare la principale figura numinosa del pantheon andino: il dio creatore Viracocha (o Wiracocha o Huiracocha). Ai fini di questa indagine, faremo soprattutto ricorso alle cronache antiche (Garcilaso Inca de la Vega, Sarmiento de Gamboa, Cristobal de Molina, Bernabé Cobo, Guaman Poma, Juan de Betanzos, etc.) e al manoscritto di Huaru Chiri, tradotto solo di recente, che integreremo di volta in volta con i racconti del folklore rurale (collazionati dall’antropologo Mario Polia) e con alcune delle ipotesi più recenti, qualora degne di nota.

Pachacuti: cicli di creazione e distruzione del mondo nella tradizione andina

di Marco Maculotti
copertina: tessile della cultura Paracas (Perù costiero)


Un concetto centrale nella tradizione cosmogonica andina è la credenza in cicli regolari di creazione e distruzione che darebbero inizio e porrebbero fine alle varie ere cosmiche. Il tempo veniva concepito in maniera circolare; in accordo a tale dottrina, esso aveva solo due dimensioni: il presente (
Kay Pacha) che al suo termine sfocia nel “tempo antico” (Nawpa Pacha), dal quale si ritornerà nuovamente al tempo presente [Carmona Cruz p.28].

Tale dottrina, paragonabile a quella indiana degli yuga e a quella esiodea delle età, si fonda su un principio di ciclicità che governerebbe ogni cosa nel cosmo e che viene denominato dalla tradizione andina Pachacuti, letteralmente “una rivoluzione, una processione dello spazio e del tempo”. Con tale termine, nei miti, vengono descritti una serie di eventi catastrofici che prevedono la distruzione generale dell’umanità del ciclo e la sua successiva sostituzione con una nuova umanità—vedi i miti di origine del lago Titicaca, in cui si narra che Viracocha sterminò una precedente razza di giganti con il diluvio o con una pioggia di fuoco per poi creare una successiva umanità, quella attuale [cfr. Viracocha e i miti delle origini: creazione del mondo, antropogenesi, miti di fondazione].