Il mistero degli Incas: le “costellazioni oscure” e i “diluvi” celesti

Questo articolo si basa sul riassunto del libro di William Sullivan “Il mistero degli Incas” a cura di Piervittorio Formichetti e ampliato da Marco Maculotti.


Waka, animali totem, costellazioni

Le antiche popolazioni andine denominavano huaca (o waka) «la presenza del sacro e il magico-tellurico in ognuna delle sue molteplici forme o manifestazioni (pietre, montagne, fiumi, astri, fenomeni celesti e terrestri, crocevia, culti funebri, etc.)» che essi incontravano dappertutto in un mondo/spazio mentale sacralizzato [González, I simboli precolombiani, p. 75]. In altri termini, essi riverivano gli innumerevoli stati di un Essere Universale che si manifestava attraverso l’ambiente come ierofania. Scrive l’antropologo italiano Mario Polia [Il sangue del condor, p. 86], riportando una tradizione autoctona della valle di Samanga: «Le huacas, siano esse rupi, pietre o monti, hanno fame e se gli uomini non le nutrono, ne divorano l’anima, l’ “ombra”, succhiando dal loro corpo la vita. Se sono sazie, invece, proteggono i campi, allontanano i mali e chiamano le piogge».