Guido von List e la tradizione magico-religiosa degli Ariogermani

La sapienza di Wotan è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l'ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell'universo. Forse è per questo che Egli, unico tra gli Asi, riuscì a dare una coscienza spirituale all'essere umano: perché, accedendo alla comunione suprema con il Grande Mistero, e apprendendo i segreti dell'alfabeto del cosmo, Egli riuscì a sintetizzare tutti e sette gli spiriti degli Asi in un'unica entità spirituale, quella che gli antichi Greci chiamavano pneuma. Con questo atto magico Wotan, secondo Logos, originò da se stesso il terzo Logos, quello che ha il potere di dare la Vita spirituale all'essere umano, così come il secondo Logos si auto-generò dal Primo.

A cavallo tra XIX e XX secolo, utilizzando un approccio a metà strada tra quello antropologico e quello occultistico, lo studioso viennese Guido von List tentò una ricostruzione dell’Urgrund germanico, analizzando gli aspetti più esoterici della cosmogonia e della religione precristiana degli antichi popoli mitteleuropei.

di Marco Maculotti

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Guido von List

Guido von List (1848-1919) è stato uno studioso, poeta, giornalista, scrittore e alpinista tedesco. Il suo lavoro di ricerca sulle origini delle religioni pagane dell’antica Europa, e in particolar modo le sue intuizioni volte a decifrare i significati più esoterici dell’intero complesso mitico degli antichi popoli germanici, costituisce tuttora un’occasione imprescindibile per chiunque volesse approfondire l’argomento, al punto che  Marcello De Martino lo definisce “l’antesignano della teoria duméziliana” della tripartizione indoeuropea, nonché “l’esatto omologo di George Dumézil in ambito occultistico”.

Tuttavia, i mirabili risultati di una vita intera vennero ben presto dimenticati per non dire osteggiati e banditi dell’intero ambito accademico, in quanto si ritiene che le opere di List ebbero l’infausta colpa di avere influenzato notevolmente, in seguito alla sua morte, l’aspetto trascendentale dell’ideologia nazionalsocialista. Quel che è certo è che il suo metodo di ricerca differiva sensibilmente da quello che, secondo il paradigma scientifico moderno, si ritiene accettabile e degno di riconoscimenti nella nostra epoca. List trasse infatti ispirazione dagli insegnamenti teosofici di Helena Petrovna Blavatsky e coniugò i fondamenti dell’occultismo gnostico con nozioni apprese dagli scritti della società segreta dei Rosacroce, riuscendo in tal modo a delineare una visione storico-religiosa molto differente da quella imposta dalla società moderna. Dopo decenni di studi, List giunse alla conclusione che l’intera terra era stata un tempo governata da una casta di re-sacerdoti (i rishi indiani, i druidi celtici), detentori della conoscenza sacra che egli chiama Armanenschaft, per mezzo della quale essi civilizzarono i popoli, conferendo loro un culto religioso e un paradigma spirituale di vita che avrebbe reso possibile il mantenimento della pace sociale.

Guido von List: studioso, esploratore, chiaroveggente

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List e i suoi collaboratori durante un sopralluogo presso un sito megalitico in Germania.

Il suo ambito di ricerca comprende la letteratura epica germanica, la quale venne studiata da List nella sua essenza metafisica, l’Edda, l’Havamal e la Volupsa, nonché lo studio esoterico dell’alfabeto runico. List costituì inoltre una cerchia di dieci persone che chiamò Hoher Armanen-Orden (“Alto Ordine Armanico”) e organizzò spedizioni in tutta la Germania alla ricerca delle impronte degli antichi culti: una volta sul luogo, il gruppo organizzava sessioni di meditazione, in quanto List riteneva che la manifestazione della vera sapienza nascosta fosse fruibile dal gruppo attraverso le pratiche meditative e la fusione con l’elemento naturale. A tal proposito, si rifaceva ai suoi studi sulle antiche pratiche yogiche e tantriche dell’India antica. Molti testimoniano l’effettiva capacità di List di cadere in trance e di ricevere visioni dell’antica eredità perduta.

L’influenza dell’orientalista Schlegel

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Edizione inglese de La religione degli Ariogermani di Guido Von List.

Con riferimento alle dottrine dell’India antica, List si rifece agli studi di Karl Wilhelm Friedrich Schlegel e segnatamente al suo saggio Sulla lingua e saggezza degli Indiani (1808), nel quale l’autore si dedicò allo studio del sanscrito, giungendo alla conclusione che tutte le grandi civiltà conosciute e studiate al tempo derivavano da un’unica stirpe originaria, quella indo-ariana, originariamente ubicata all’estremo Nord del globo (una leggenda che si trova in pressoché tutte le mitologia antiche, comprese quelle di civiltà che al tempo di Schlegel non costituivano ancora materia di studio accademico, quali per es. le civiltà precolombiane del Mesoamerica), poi migrate verso Sud durante l’ultima grande glaciazione (circa 11.000 anni fa) per poi dividersi e stanziarsi con il passare dei millenni in vari territori, quali la mezzaluna fertile, la valle dell’Indo, la valle del Nilo e, più recentemente, la penisola ellenica e quella italica, oltre che nella valle del Reno. Queste conclusioni apparivano evidenti a Schlegel in virtù dalle innumerevoli affinità che egli trovò tra il sanscrito e le lingue germaniche, ma anche con il latino. Inoltre, egli derivò l’idea dell’insediamento primordiale posto a Settentrione anche dalle leggende indiane relative alla tradizione del Monte Meru, la montagna sacra del remoto Nord, l’axis mundi che si ritrova, puntualmente nella sua sede polare, in innumerevoli tradizioni antiche—anche di civiltà etnologicamente ben distanti dall’ambito indo-europeo.

Il Wihinei e la “cristianizzazione degli Ariogermani”

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Una rappresentazione di Wotan appeso all’Iggdrasil, l’Albero Cosmico dei Germani. Sacrificandosi, Wotan acquisì per primo la conoscenza sacra delle rune e divenne per questo il primo maestro del genere umano. Il parallelismo con il Cristo crocifisso è lampante.

Concentrando la sua ricerca sul cristianesimo, che l’Europa aveva ormai da tempo accettato come religione ufficiale, e confrontando i misteri esoterici e le festività del calendario cristiano con quelli dell’antico paganesimo, List giunse alla conclusione che la cosiddetta “cristianizzazione degli Ario-Germani” fu solo esteriore, mentre il culto seguito dagli antenati costituisce ancora oggi il contenuto più profondo del Cristianesimo. Egli dimostrò le sue teorie con la massima serietà, dimostrando in maniera incontrovertibile la perfetta corrispondenza, etimologica e contenutistica, di ogni ricorrenza sacra cristiana, non solo per quanto riguarda le festività maggiori (Yule: Natale; Ostara: Pasqua, etc.) ma persino in riferimento alle feste dei santi, e quindi per ogni singolo giorno del ciclo dell’anno sacro (L’occultamento del wuotanismo nel cristianesimo). Secondo List, le innumerevoli corrispondenze trovate da Schlegel tra il sanscrito e le lingue delle antiche genti europee non può che condurre in una ben determinata direzione: tutte le popolazioni indo-europee derivano da una stirpe originaria, la quale, prima della dispersione conseguente all’ultima glaciazione, parlava la stessa lingua (da lui denominata Ursprache). List, dunque, accettò i presupposti derivanti dagli studi di Schlegel, ma si spinse oltre: indagò le corrispondenze esoteriche tra l’antico sistema religioso vedico e il paganesimo dell’Europa arcaica, giungendo così—seguendo un metodo che potremmo definire sincretismo religioso ante-litteram—alla ricostruzione del complesso magico-religioso degli antichi Germani: il Wihinei. L’ovvia conseguenza del distacco dalla lingua originaria e dell’adozione delle varie lingue volgari da essa derivanti, causò secondo List la scissione della conoscenza tradizionale in due dottrine separate: quella esoterica insegnata agli iniziati (che l’autore denomina “armanismo”) e quella exoterica di facile comprensione, fondata sul mito e sull’antropomorfizzazione degli dèi, per il popolo (“wotanismo”).

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La cosmogonia degli Ariogermani ricostruita

Il mistero primordiale è così descritto nel canto del mito antico dell’Edda, il Volupsà, citato da List (La religione degli Ariogermani, p.36), che così recita:

All’origine non vi era sabbia, né mare né vento
non la terra in basso, né il cielo in alto,
vuoto abissale, in nessun luogo cresceva erba.

Esattamente ciò che gli antichi Greci avevano denominato Kaos e che la moderna scienza, come nota List, chiama la “nebbia primordiale”: la sostanza primordiale da cui scaturirono tutti gli elementi. L’autore poi continua:

Su quel vuoto senza fondo dell’abisso primordiale, rinchiuso su se stesso, aleggiava quella incommisurata forza latente, quella causa originaria incausata, quella causa originaria impersonale, che può essere identificata come “il dio nascosto”, quale spirito impersonale, immateriale, che è allo stesso momento tempo e spazio. Attraverso il proprio respiro esso si condensa in materia.

Più avanti nell’opera (pag.57) List chiama questo dio non manifesto SURTUR (“stabile nel primordiale” o “stabile nell’eterno”) “lo Scuro”, la sostanza primordiale e al tempo stesso il “Grande Spirito” che aleggia sulle tenebre dell’abisso primordiale, lo “spirito della salvezza”, duplice mistero che si sviluppa in seguito come “duplice unità”, dividendosi in una polarità maschile (ALLSATUR, Padre Universale, il primo Logos, vale a dire il dio manifestatosi come “Spirito del Mondo”, creatore di ogni cosa, demiurgo) e in una femminile (HYLE, materia/elemento primordiale, matrice cosmica di ogni essere, Grande Dea Madre) [cfr. Il dio primordiale e triplice: corrispondenze esoteriche ed iconografiche nelle tradizioni antiche]. Gli insegnamenti esoterici dell’armanismo ricostruito da List contemplavano quindi “una tripartizione, o meglio un triplice stato del concetto di Dio, per cui il dio originario era rappresentato come androgino, ossia bisessuato” (La religione degli Ariogermani, p.36). In una prima fase della creazione, prosegue List, questo dio occulto si manifesta proprio con il movimento, partendo da se stesso, rivelandosi come primo Logos, emanando in seguito da sé i primi quattro elementi, e cioè fuoco (Muspilheim), acqua (Audhumbla), aria (Riflheim) e terra (Imir). Questo atto di creazione primordiale è possibile perché, distaccandosi la luce (il primo Logos) dalle tenebre dell’abisso, contemporaneamente si distaccò dall’unità primeva anche ciò su cui la luce proietta il suo raggio, manifestandosi come Hyle, materia cosmica destinata a ricevere l’influsso creatore di Allsatur e a tradurlo nella molteplicità delle forme dell’essere.

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Ymir attaccato da Wotan, Wile, We in un’illustrazione di Lorenz Frølich.

L’uccisione di Imir e la creazione del mondo

L’elemento Imir diede vita al progenitore dei giganti, mentre l’elemento Audhumbla generò dalle pietre di sale un essere androgino, Buri, che a sua volta generò Bör. Quest’ultimo, congiungendosi alla progenie di Imir, generò tre figli (Wotan, Wile, We) che uccisero il gigante Imir (o Ymir), “ne portarono via il corpo nello spazio vuoto fra Muspilheim e Riflheim” (fuoco e aria) e da questo crearono ciò che chiamiamo il nostro mondo. Si tratta di un mito che trova i suoi parallelismi ovunque nelle tradizioni antiche: Imir è l’equivalente della Tiamat sumero-accadica, del Tifone greco sconfitto da Zeus e dai suoi fratelli olimpi, e anche della dea azteca Coyolxauhqui (Chalciuhtlicue, Acuecucyoticihuati) [cfr. Una lettura cosmogonica del pantheon della tradizione mexica, in un’ottica di sincretismo religioso]. Confrontando il mito germanico con quello mexica non si può fare a meno di notare le somiglianze. Nel primo, riporta List (pag.38):

Con l’uccisione di Imir sgorgò tanto sangue che dalle sue ferite l’intera razza dei Hrimthursi si ammalò, sino a che uno di nome Bergermil (“antico monte”), il cui padre si chiamava Thrudgelmir (“molto antico”) e il nonno Dergelmir (“originario”) salvò sé e la sua famiglia in una “culla”, che utilizzò per navigare come una barca. Nel mondo terreno ormai restaurato impiantò la stirpe dei giganti, che fissò la sua dimora nelle terre al di là del mare, che successivamente divenne il quinto luogo nel quale si stanziò la stirpe umana: Mitgard, la terra artica, la terra posta al polo nord, luogo d’origine degli Ari.

Secondo le narrazioni azteche, Chalciuhtlicue/Acuecucyoticihuati era la dea che dominava i cieli nell’età del quarto sole, vale a dire quella precedente alla nostra. La dea amava molto gli uomini, ma Tezcatlipoca—in tipiche vesti da trickster che ricordano le imprese del Loki norreno—la accusò di mascherare il suo egoismo di ricevere preghiere dagli uomini dietro il pretesto di un amore disinteressato. Chalciuhtlicue fu tanto colpita da questa accusa che pianse sangue per i successivi 52 giorni, causando un terribile diluvio che annegò tutti gli abitanti della Terra. Si salvano solamente un uomo e una donna, riparandosi dentro un tronco di cipresso. Chalciuhtlicue viene poi sconfitta da Huitzilopochtli, che diventa il governatore del quinto sole. Un altro mito riguardante la nascita di Huizilopochtli racconta di come egli fronteggiò la sorella Coyolxauhqui (“quella dai sonagli sul volto”), la uccise e la fece a pezzi, creando il nuovo sole, la nuova luna, la nuova terra e, forse, anche l’odierno pianeta Marte.

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I nani e i quattro venti

Il pianeta su cui viviamo, dunque, ha subito negli eoni diverse metamorfosi e con esso l’intero cosmo. Questa verità esoterica traspare da tutte le dottrine tradizionali delle più antiche popolazioni. Unendo la comprensione della mitologia germanico-norrena allo studio della cosmogonia e dell’antropogenesi esposta da madame Blavatsky ne La dottrina segreta, List arrivò alla conclusione che (La religione degli Ariogermani, p.38):

Prima che gli uomini venissero sulla terra, questa città (Mitgard) approntata per gli uomini fu abitata dai nani, che originariamente si erano sviluppati come vermi e bachi nel corpo morto di Imir, e che successivamente ricevettero dagli dèi l’aspetto e lo spirito umano, ma non l’anima umana, e abitarono all’interno della terra in antri oscuri e fenditure.

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Due nani raffigurati nell’edizione dell’Edda poetica del 1895 da Lorenz Frølich.

In seguito, gli dèi posero quattro nani come guide dei venti principali (Austro: est, Vestri: ovest, Sudri: sud, Nordri: nord). Vennero in seguito creati gli astri e i pianeti—vale a dire, gli Asi infusero i propri spiriti divini nei sette pianeti. Con questo atto, dice List, “si concludeva il tempo primordiale”. Leggendo di questa misteriosa razza di nani originari dal corpo morto di Imir e abitatori antidiluviani della terra, che ora vivono all’interno di essa “in antri oscuri e fenditure”, il nostro pensiero viene automaticamente condotto a tutto quell’ambito di leggende riguardante il “Piccolo Popolo”, esistenti in tutta l’Europa arcaica (Scandinavia, Islanda, Isole Britanniche, Germania) ma anche altrove (per esempio, nelle tradizioni dei nativi americani) [cfr. Il “Piccolo Popolo” nel folklore dei Nativi Americani del Sud-Est].

Gli Asi creano il mondo, Wotan Hänir e Lodur creano l’uomo

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Wotan, Wile e We creano il mondo (illustrazione di Lorenz Frølich).

Quelli che invece List chiama “dèi” non sono quelli della triade primordiale, bensì i sette Asi che derivano dalla scissione dei primi. Secondo l’autore, gli Asi (il significato letterale del termine è “colonne del mondo”) creano la terra, i mari, il cielo, ossia l’intero mondo visibile, dal corpo dell’ucciso Imir, “l’elemento primordiale”, ma non l’uomo, del quale essi sono in grado di creare solo la “figura” (lo “schema” su cui poi verrà innestato il pneuma). Alla creazione della prima coppia umana (Ask ed Embla, gli “Adamo ed Eva” germanici) contribuiscono Wotan (“luce, spirito, intelletto”; il respiro) che conferisce il pneuma spirituale, Hänir (alt. Wile; “luce, anima, temperamento”; la volontà) crea l’anima inferiore e l’intelletto e Lodur (alt. We; “fuoco, passione, desiderio”; il fuoco originario) il corpo materiale. Il soffio divino che Wotan immette nell’essere umano è il terzo Logos, la scintilla divina presente nella nostra interiorità.

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La creazione dell’uomo. Si noti il simbolo della triade sacra e l’aquila, simboleggiante lo spirito di Wotan.

Ci sarebbero molti appunti da fare: innanzitutto bisogna notare che la tripartizione dell’essere umano è tipica della tradizione indo-europea. È infatti impossibile non notare la corrispondenza tra Wotan/Hänir/Lodur e la triade dei Guṇa nella tradizione hindu, ossia i tre componenti ultimi della prakṛti/materia: sattva (virtuosità, purezza, luminosità, saggezza), rajas (instabilità, attività, desiderio) e tamas (torpore, ignoranza, indolenza). Citiamo anche la Triade latina più arcaica, studiata da Dumézil (La religione romana arcaica), e formata da Giove (principio spirituale; casta dei sacerdoti), Marte (principio animico; casta dei guerrieri) e Quirino (principio materiale; casta dei produttori).

Inoltre, altre tradizioni germaniche chiamano con denominazioni differenti i tre dèi che contribuiscono alla creazione dell’essere umano: se infatti Wotan/Odin è sempre presente, Wile/Hänir è a volte sostituito da Donar/Thor e We/Lodur da Loki, Freyr o Fricco. Ad ogni modo, la denominazione di Wotan si ritrova sempre in tutte le narrazioni mitiche degli antichi Germani poiché secondo List, “egli è il più potente della triade”, è “l’Uno, l’Unico, il solo Essere” (pag.38), aggiungendo poco dopo che:

Quest’Unico è però la seconda manifestazione, che si realizza attraverso la materializzazione dello spirito divino. È il secondo Logos e come tale è il Padre Universale, che ponendosi al di sopra di Wotan è inafferrabile e irrappresentabile, mentre appare in Wotan umanizzato e rappresentabile. Il Padre Universale, chiamato anche Surtur lo Scuro (…) è il creatore di tutto, e Wotan è il suo corrispettivo umanizzato, per cui è “tutt’uno col suo padre in cielo”.

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La seconda triade. Da sinistra a destra, Donar/Thor, Wotan/Odin e Freyr/Fricco. Sotto, Loki che innesta il “fuoco originario” (ovvero le pulsioni provenienti dalla materia) nell’essere umano. Wotan è assiso sul trono in quanto è il secondo Logos: Donar e Freyr non sono altro che altre sue manifestazioni (Loki è manifestazione della sua assenza o, meglio, della sua presenza non percepita). Per questo Wotan è “Uno e Trino”, e nella sua triplice manifestazione è in tutto identico a suo Padre, Surtur “Stabile nell’eterno”, che dà origine a Allsatur, il primo Logos.

Il sacrificio di Wotan, appeso all’Albero Cosmico

Le analogie con il cristianesimo non si fermano qui. Il mito narra che Wotan conosce i segreti delle rune, le lettere che sono l’origine stessa di ogni conoscenza e di ogni potere. Per ottennere questa sapienza immolò sé stesso (Wotan secondo Logos) in sacrificio a sé stesso (Wotan primo Logos) diventando così il primo Erilaz, ovvero il primo “maestro runico. Per apprendere l’arte della divinazione e della profezia, Wotan rimase appeso all’albero cosmico Yggdrasill per nove giorni e nove notti. Così nell’Hávamál, 139:

Lo so io, fui appeso
al tronco sferzato dal vento
per nove intere notti,
ferito di lancia
e consegnato a Wotan,
io stesso a me stesso,
su quell’albero
che nessuno sa
dove dalle radici s’innalzi.

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I sette Asi

La sapienza di Wotan è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l’ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell’universo. Forse è per questo che Egli, unico tra gli Asi, riuscì a dare una coscienza spirituale all’essere umano: perché, accedendo alla comunione suprema con il Grande Mistero, e apprendendo i segreti dell’alfabeto del cosmo, Egli riuscì a sintetizzare tutti e sette gli spiriti degli Asi in un’unica entità spirituale, quella che gli antichi Greci chiamavano pneuma. Con questo atto magico Wotan, secondo Logos, originò da se stesso il terzo Logos, quello che ha il potere di dare la Vita spirituale all’essere umano, così come il secondo Logos si auto-generò dal Primo.  Bisogna ora aggiungere che, secondo List, i sette dèi Asi diedero vita ai sette pianeti: Wotan stesso diede la vita a Mercurio—ma anche Loki ha caratteristiche mercuriali, presentandosi ora come trickster ora come eroe culturale—, Urfir (o Baldr) al Sole, Mani/Mannus alla Luna, Tyr/Zio a Marte, Thor/Donar a Giove, Freya/Fena a Venere e il Surtur primordiale a Saturno—List ipotizza che il latino Saturnus sia una deformazione di Surtur, “stabile nell’Ur”, ovvero nel primordiale. A nostro parere si può ipotizzare che Saturno sia anche Freyr, in quanto, esattamente come il Saturnus italico, governa sulla fecondità e sul raccolto dei campi.

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Wotan/Odin

Di questi sette Asi supremi, solo Wotan può riassumerli tutti, in quanto Egli è “tutt’uno con il suo Padre in cielo”. Si vede chiaramente come il mito pagano dell’autosacrificio di Wotan sia stato in seguito adottato dal cristianesimo con riferimento alla figura del Cristo, anch’esso un dio (“Figlio primogenito del Dio Padre”) che sacrifica la sua vita agli uomini: è indubbio che nello Havamal Wotan si rende protagonista di un vero e proprio processo di morte e risurrezione. Anche il fatto che Wotan si auto-trafigga con una lancia sembra aver ispirato ai cristiani il motivo del ferimento al costato di Gesù per mezzo della lancia di Longino (derivante anche filologicamente dalla mitica “lancia di Lugh” della mitologia celtica). Sono anche evidenti parallelismi con il mito di Osiride e con quello azteco di Quetzalcoatl, il quale, dopo essere disceso al mondo infero, rubò le “ossa” (le rune del mito germanico) e le immerse nel proprio sangue per far risorgere il genere umano. Invero, non può stupirci constatare che, quando le popolazioni del Nord Europa furono cristianizzate, la figura di Odino venne regolarmente avvicinata a quella di Gesù: raffigurazioni dell’antico dio si trovano ancora oggi in chiese cristiane come la parrocchiale di Akureyri, in Islanda.

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Schema riassuntivo

Bibliografia:

  • Guido von List, La religione degli Ariogermani e Urgrund (Settimo Sigillo, 2008).
  • Guido von List, Il segreto delle rune (Barbarossa, 1996).
  • Guido von List, L’occultamento del wuotanismo nel cristianesimo (Arktos, 2005).
  • Helena Petrovna Blavatsky, La dottrina segreta (Ed. Teosofiche Italiane, 2008).
  • George Dumézil, La religione romana arcaica (BUR, 2001).
  • Jean Markale, Il druidismo—Religione e divinità dei Celti (Mediterranee, 1991).
  • T.G.E. Powell, I Celti (Il Saggiatore, 1959).

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