Vita da gher: il nomadismo in Mongolia

Dei tre milioni di persone che vivono attualmente in Mongolia, ben la metà risiede nella capitale Ulan Bator. Del rimanente milione e mezzo di abitanti, circa un terzo vive sedentariamente negli altri centri urbani e agglomerati — che talvolta constano di poche abitazioni, spesso in legno, e qualche negozio — e il rimanente milione conduce la medesima esistenza dei propri antenati, come se il tempo si fosse fermato: sono pastori nomadi (il termine “nomade” deriva dal greco nomas, che significa proprio pastore), praticano la pastorizia e la transumanza stagionale, allevano ovini, cavalli e bovini (mucche e yak) da cui ottengono tutto il sostentamento di cui necessitano (cibo, latte, vesti, trasporto). Si tratta della concentrazione di animali di allevamento più elevata del pianeta, che fa da contrappeso alla statistica che vede la Mongolia come il paese con la più bassa densità di popolazione al mondo.

Nelle steppe mongole non si è mai adottato l’uso di stalle: piuttosto che modificare le abitudini degli animali l’uomo ha preferito adattarsi alle loro esigenze, seguendoli nelle migrazioni stagionali. Proprio in virtù di questo peculiare stile di vita fondato sull’accudimento delle greggi e sulla libera transumanza, i pastori mongoli hanno concepito una particolare abitazione a base cilindrica, la cui origine si perde nella notte dei tempi: la gher, più conosciuta in Occidente con il nome di yurta. Si tratta di una struttura rotonda composta da pareti facilmente smontabili, aste e un soffio sferico coperto di teli e feltro, tenuti insieme da corde; fu concepita in modo da essere sufficientemente leggera per il trasporto, flessibile per essere ripiegata facilmente e caricata sui carri nei periodi di transumanza stagionale, resistente ai numerosi montaggi e smontaggi e dotata di un pratico sistema per regolare la temperatura interna — al centro della gher è posta una stufa il cui fumo fuoriesce, tramite un tubo, per il toono, una finestra rotonda ubicata sul soffitto.

LEGGI ANCHE  Turan, la terra dei lupi

La gher è quindi anche una struttura abitativa ecologicamente perfetta: essendo costituita da un unico ambiente necessita di una quantità davvero modesta di combustibile per il riscaldamento. In più, si è rivelata una dimora estremamente flessibile e adattabile alle moderne tecnologie ecosostenibili: migliaia di famiglie di pastori utilizzano pannelli solari ed energia eolica nelle proprie gher, che consente loro tra le altre cose di poter usufruire del televisore per qualche ora al giorno. L’attenzione dei nomadi per l’ambiente è saldamente radicata nella tradizione, che impone di non lasciare mai buche o rifiuti quando ci si sposta, cosicché l’erba possa ricrescere velocemente.

Continua la lettura su IlCartello

Schermata 2017-10-12 alle 18.55.29.png

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *