H.P. Lovecraft & J.R.R. Tolkien: creatori di mondi nel secolo dell’Irrazionalismo

Howard Phillips Lovecraft e John Ronald Reuel Tolkien sono insieme sia figli che attivi protagonisti del XX secolo. È possibile leggere la loro opera ed attività come espressione delle aspirazioni, bisogni emotivi, ma anche delle paure e delle tensioni dell’uomo del Novecento, nonché stabilire, a ragione, delle connessioni fra esse e i movimenti dell’Irrazionalismo novecentesco che, a più livelli, caratterizzano la fuga dalla realtà del secolo scorso: dalle pseudoscienze all’antroposofia, dall’esoterismo al revival dei miti delle civiltà perdute e sommerse dal Mare, nei tempi di Atlantide e Lemuria.

di Nicolò Maggio

Il Novecento. Fantasy e fantascienza nel secolo dell’Irrazionalismo

Prima di delineare la figura di questi due giganti della narrativa fantasy e fantastica contemporanea, e di proporne un confronto – tenendo ben presente, fin da adesso, come entrambi gli scrittori intraprendano carriere e percorsi di vita e formazione molto diversi, per certi versi totalmente opposti, se non antitetici – un accento fondamentale va posto sul contesto storico/culturale del quale tanto Tolkien quanto Lovecraft sono insieme sia figli che attivi protagonisti. Ed è il ‘900, infatti, a rappresentare il filo conduttore e il minimo comune denominatore che lega i nostri. Il “secolo breve” è l’età dell’Irrazionalismo, della fuga dalla realtà, dei totalitarismi che si pongono l’obiettivo di modificare lo status, la natura profonda del mondo e dell’uomo, attraverso l’attuazione di ideologie autoritarie, personalistiche, violente, repressive.

Ma è anche il secolo della narrativa fantastica, dei romanzi dell’orrore e del mistero, del fantasy epico e dei racconti di “spada e stregoneria”; tutti generi letterari che, in misura diversa, riflettono ansie e inquietudini dell’uomo moderno, proiettato, senza vie di scampo o scelta, nel nuovo secolo, in un mondo diverso, in evoluzione, e in un vortice di cambiamenti epocali, storici, politici, economici, che non sempre riesce a comprendere o sostenere. L’Occidente del primo Novecento appare, ad esempio, come un mondo illuminato dal sogno del progresso tecnologico continuo, da un miraggio di prosperità e benessere, tramutatosi ben presto nell’incubo delle trincee, degli aerei da guerra, delle esplosioni nucleari.

Questo è il contesto nel quale l’artista, lo scrittore, il poeta, suo malgrado, si trova costretto ad operare, cercando risposte diverse o alternative, ad esempio, nel culto dell’Oltreuomo (o Superuomo), concettualizzato da Nietzsche e ripreso da Gabriele d’Annunzio, nel Futurismo, movimento culturale, letterario, filosofico, artistico, contraddistinto dalla fede nel progresso e dall’esaltazione del domani, o ancora nel pensiero e nelle poetiche decadenti, che pur nella loro diversità nascono dalla crisi di valori del poeta, dell’uomo, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, dal suo smarrimento sociale ma anche interiore, e dalla perdita di fiducia nel presente (si pensi ad esempio, solo per citarne alcuni fra i più rappresentativi, a Charles Baudelaire, Oscar Wilde, Joris Karl Huysmans, e per l’Italia a Giovanni Pascoli, Giuseppe Antonio Borgese e Italo Svevo, mentre in pittura temi decadenti sono presenti nelle opere dei Preraffaelliti inglesi, come il binomio amore o bellezza/morte incarnato dalle seducenti dame neomedievali, la matrice simbolica dei dipinti, le atmosfere oniriche e malinconiche.

Movimenti artistici, filosofici, culturali e di pensiero che riflettono, naturalmente, anche il vissuto, l’immaginazione creativa e l’esperienza degli scrittori stessi: il Novecento segna infatti la nascita di una pluralità di generi letterari nuovi e originali, che possono essere un divertissement o una fuga, poco impegnata, dalla realtà contemporanea e dalla società di massa (si pensi al romanzo d’appendice, a quello realista, alle nuove frontiere del romanzo storico, o al romanzo d’analisi-psicologico) ma anche una risposta, una reazione ad essa (come nel caso dell’epica-fantasy tolkieniana), un mezzo per rappresentare l’annichilimento dell’uomo dinanzi a forze più grandi o ad un progresso tecnologico in continua ascesa, quasi inarrestabile e non ancora compreso pienamente (ne è specchio La guerra dei mondi, di Wells) oppure strumento, specie per autori “emarginati” e non “professionalizzati”, per trovare una voce nel mondo e uno spazio nella società in cui vivono (può essere il caso di Lovecraft, lo è certamente per R. E. Howard, il timido e introverso creatore dell’universo di Conan il Barbaro).

Inoltre la ricerca di una “dimensione altra”, soprannaturale, invisibile nel mondo “finito”, fisico e dell’apparenza, trova nel Novecento, specialmente negli USA ma anche in Europa (in particolare nella Germania nazista), il suo slancio attivo in un fiorire di correnti, dottrine e teorie dell’occulto e dell‘esoterismo, che si collocano in quell’Età che il saggista e docente scozzese James Webb ha definito “Terza crisi del razionalismo”, ponendola tra XIX e XX secolo, contraddistinta da un insieme di movimenti e sistemi teorici “irrazionalisti”, in diretta opposizione con il «Dogma del materialismo tardo-vittoriano» e con il concetto di un progresso materiale perenne come unica chiave di comprensione del reale, chiave di volta per la soddisfazione dei bisogni dell’essere umano (che non sono solo pratici e materiali ma sono, prima di tutto, interiori, valoriali, spirituali).

In questo senso tanto la fantasy quanto la fantascienza, e in particolare la science-fiction americana a cavallo tra anni Trenta e Sessanta, sono spesso connesse, direttamente o meno, con diverse teorie dell’occulto, con movimenti spiritualisti, concetti di teosofia o antroposofia sorti nel XX secolo.

Copertina del primo numero della rivista “Amazing Stories” (aprile, 1926), dedicata ai racconti del fantastico, horror e soprannaturale. Questa copia è stata firmata da Hugo Gernsback (1884-1967), inventore e scrittore di fantascienza cui si deve la nascita del termine science-fiction (il premio Hugo per gli scritti di fantasy e fantascienza è stato istituito in suo onore nel 1953). 

Fantascienza e occultismo

Questo particolare climax culturale, sociale, politico, che coinvolge soprattutto l’Occidente (in particolare Stati Uniti ed Europa), è ben evidenziato da un particolare evento, ovvero dall’isteria collettiva che coinvolse i cittadini degli Stati Uniti orientali quando il regista e attore Orson Welles, tra le otto e le nove di sera del 30 ottobre 1938, trasmise via radio una versione personale e sintetica della Guerra dei Mondi di H.G. Wells (1897), scatenando il panico tra gli ascoltatori che credettero realmente ad un invasione aliena della Terra in atto in quel momento, fra l’altro causando, nel panico generale, danni a negozi, cose e persone (diversi cittadini testimonieranno numerosi avvistamenti di dirigibili Zeppelin e visioni di molti angeli custodi mentre erano intenti a pregare tra le strade).

Patrick Moore, studioso del fenomeno, ha riportato anche due altri esempi di “panico fantascientifico” indotti da trasmissioni radiofoniche trasmesse entrambe dopo la Seconda Guerra Mondiale, una sulla vicina fine del Mondo e l’altra sulla Luna, prossima a cadere sulla Terra, notizie che causarono disordini e paure collettive nelle principali città della California. La trasmissione radiofonica dell’opera di Wells testimonia come le ansie e le paure degli anni Trenta per lo scoppio di una seconda Guerra mondiale, le tensioni politiche fra gli Stati, l’emergere di singole personalità dittatoriali e il continuo sviluppo delle tecnologie belliche, abbiano reso plausibile e veritiera la possibilità di una realtà “altra”, contraltare di quella fisica, agli occhi di una buona parte della società del tempo, un “panico fantascientifico” che era alimentato dall’incerta situazione immediatamente precedente la Seconda Guerra Mondiale. Non a caso dopo la trasmissione di Welles (che inoltre segnò la fortuna dell’attore e regista appena ventitreenne) si registrò in America un impennata di successo per il genere fantascientifico: se prima della trasmissione esistevano quattro riviste specializzate, negli otto mesi successivi ne vennero create altre sette, in un crescendo che coinvolse il genere anche dopo il secondo conflitto mondiale, a causa dell’atmosfera di tensione da Guerra Fredda, di una possibile minaccia nucleare, delle incertezze e dei pericoli della campagna maccartista.

La fantascienza, soprattutto quella americana del secondo dopoguerra, non si limitava a tradurre su carta le paure di una società immersa in conflitti e capovolgimenti politici e bellici, che traduceva in contesti futuristici, tecnologicamente avanzati oppure in realtà distopiche e apocalittiche, ma diventava anche veicolo di precisi messaggi e simboli dell’occultismo allora in voga: tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Sessanta, tra gli esponenti principali della fantascienza in America, vi furono sostenitori delle pseudo-scienze e ideatori di filosofie sincretiche come la Scientologia, la Teosofia e la Dianetica, che allo stesso tempo furono attivi e produttivi scrittori di scientific fiction. Si pensi ad Alfred Elton Van Vogt (1912-2000), autore di una serie di romanzi di fantascienza, come L’Impero dell’Atomo (1957) e dei racconti gravitanti attorno al nucleo tematico del Mondo di Null-A (1948-1972), che, nonostante fossero pensati e scritti per riviste popolari, contenevano riferimenti a diverse teorie pseudoscientifiche, dalla Dianetica allo sviluppo delle teorie junghiane per l’emergere di poteri mentali, dal metodo Bates per il rafforzamento della vista all’applicazione dell’esperimento di Kirlian (comunemente noto come “elettrografia”) nei campi della medicina alternativa, inerenti il potenziamento della propria aurea (o energia vitale) e diversi trattamenti energetici.

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Ma, soprattutto, il ciclo di racconti soprannaturali di Null-A (o Non-A) di Van Vogt trasportava nella narrativa le teorie rivoluzionarie e “non aristoteliche” della General Semantic (“Semantica Generale”) ideate dal Conte e matematico polacco Alfred Korzjbskij (1933), consistenti nel superamento delle barriere “strutturali” e linguistiche da parte degli esseri umani, tramite l’educazione alla “coscienza dell’astrazione”: per l’ingegnere e matematico polacco la realtà non può essere percepita e compresa nella sua totalità soltanto tramite le scienze moderne, ma soprattutto tramite un atteggiamento e modo di porsi al mondo, relativista e di “calma interiore”, che mette l’uomo nella condizione di scavare nelle cose, di carpirne l’intima essenza e raggiungere un perfetto stato di benessere (nel mondo di Null-A, collocato nell’anno 2560, l’Istituto della Semantica Generale ha riorganizzato i processi del pensiero umano secondo principi “non aristotelici” ed così in grado di guidarlo verso nuove e più alte conquiste).

Anche John W. Campbell (1910-1971), protagonista dell’epoca d’oro della fantascienza tra gli anni Quaranta e Cinquanta, curatore delle Astounding Stories (dal 1937) e ideatore della “space opera”, fu un appassionato di pseudo-scienze ed inventore egli stesso. Egli sostenne la validità scientifica della “Macchina Geronimo”, invenzione radionica brevettata dall’ingegnere Thomas Galen Hieronymus (1895-1988), alla quale attribuiva non soltanto capacità curative, omeopatiche, la rilevazione e l’ampliamento dell’energia “eliptica” (l’energia intrinseca in ogni essere umano), ma anche poteri psionici, paranormali ed extrasensoriali, quasi “magici”. Lo scrittore giunse persino a progettare una macchina “Geronimo” nel 1956, convinto che questa fosse in grado di stimolare e ampliare ipotetici poteri mentali insiti negli esseri umani, anche soltanto attraverso la rappresentazione dell’invenzione su carta; stesse convinzioni che lo portarono a intraprendere una campagna promozionale, tra 1960 e 1962, per l’invenzione controversa dell’affarista Norman Dean, detta “dispositivo Dean”, che avrebbe consentito di convertire il moto rotatorio in moto unidirezionale.

Entrambe le teorie appoggiate da Campbell furono rifiutate nettamente dalla Comunità Scientifica, ma la sua passione e il suo interesse verso “scienze altre” lo porterà a realizzare alcuni dei capolavori del genere fantascientifico: La cosa da un altro mondo (1938), che ha ispirato l’adattamento cinematografico del 1951 diretto da Hawks e NyBy ma soprattutto il celebre film La Cosa (The Thing) di John Carpenter (1982); L’atomo infinito (1949), che risentiva delle suggestioni delle recenti esplosioni atomiche, offrendo una rilettura della potenza devastatrice dell’energia atomica, positiva solo quando il suo scopo è dimostrativo, in grado di condurre alla pace fra le genti senza spargimenti di sangue; Invasori dall’Infinito (1961), nella quale l’autore combina abilità romanzesche a teorie fisiche speculative e immaginifiche; opere pioneristiche che segnano il trionfo della fantascienza come genere fondato sui capisaldi dell’immaginario avveniristico e dell’avventura interplanetaria, dalle quali traggono ispirazione il già citato Von Vogt, Edmond Hamilton e Isaac Asimov, erede letterario dello stesso Campbell.

Tanto John Campbell quanto Alfred Von Vogt furono seguaci (seppur per breve tempo) di un culto mistico, spirituale e pseudoscientifico ideato da Ronald Hubbard (1911-1986), anch’egli scrittore di fantascienza, che si evolverà poi nel famoso movimento Scientology. Nel suo Dianetics: la forza del pensiero sul corpo (1950), ospitato nella rivista di «Astounding Science Fiction» diretta da Campbell, Hubbard cominciò a divulgare i principi della Dianetica, una sua personale e innovativa teoria che mescolava pratiche shintoiste, credenze induiste, misticismo, assunti di psicanalisi e psicologia, tradizioni occulte e spiritismo, cui dichiarava di essere approdato dopo un viaggio iniziatico in Oriente, compiuto a partire dal 1938. Il testo, che ebbe un vasto successo di pubblico, si tramutò dopo qualche anno nel sistema di Scientology, che tra i suoi vari assunti comprendeva l’elevazione dell’uomo “non libero” e il dispiegarsi del suo reale potenziale, tenuto a freno dai traumi e dalle repressioni emotive maturate nel corso della vita (la cosiddetta essenza Theta, che, incarnandosi di corpo in corpo, rappresenterebbe la sostanza immutabile e immateriale dell’uomo, ristretta nei limiti fisici, e che la Scientologia si pone lo scopo di liberare e manifestare).

La Dianetica si diffuse rapidamente tra gli appassionati di fantascienza sin dai primi scritti mentre, a partire degli anni Settanta, la Scientologia, cominciò ad ottenere l’adesione di gruppi rock e numerosi divi cinematografici (e attirò anche l’interessamento, negli anni Quaranta, del chimico britannico Jack Parsons, seguace del mago ed esoterista Edward Alexander Crowley, considerato il fondatore del moderno occultismo e ispiratore di nuovi movimenti magici). Questa sorta di “gnosticismo fantascientifico” – sul quale non è il caso di soffermarsi – di Hubbard si riflette nei suoi racconti e romanzi: Return to Tomorrow (Ritorno al domani) del 1950, il best seller Battlefield Earth (Battaglia per la Terra) e il Ciclo in dieci libri della serie Mission Earth (Missione Terra) degli anni Ottanta, sono opere testimoni di una notevole abilità narrativa, premiate da un notevole successo di pubblico e di critica, ma nel contempo manifestano le tensioni e i problemi sfocianti in continue “fughe dalla realtà” da parte della società occidentale del Secondo Dopoguerra (come ha scritto Webb nel suo Il Sistema occulto del 1969, «gli appassionati di altre realtà rappresentano individui specifici entro una specifica situazione storica»), che non trovava anormale o ambiguo affidarsi o credere alle teorie pseudoscientifiche e occulte del tempo, volte ad una fantomatica ricerca della verità (ansie contemporanee e attese/paure neo-millenariste oggi rivivono in movimenti e gruppi New Age o in diverse forme di neopaganesimo).

Ne è prova anche l’epidemia da avvistamenti di dischi volanti, avvistati dagli anni Quaranta in poi e salutati con favore dagli appassionati, lettori e scrittori di fantascienza, che il noto psichiatra e antropologo Carl Gustav Jung ha messo brillantemente in relazione con le visioni degli Angeli di Mons e le apparizioni di Fatima, avanzando l’ipotesi che la causa prima, generale, fosse «una situazione di ansia collettiva».

Illustrazione dei Tripodi alieni de La Guerra dei Mondi di Wells (1897), ad opera di Henrique Alvin Correa, che ha curato le illustrazioni dell’edizione francese dell’opera (1907).

Howard, Lovecraft e Tolkien:
la caduta delle civiltà antidiluviane

« E scomparve persino il nome di quella terra, e dopo di allora gli Uomini più non parlarono di Elenna né di Andor il Dono che venne portato via, né di Númenórë ai confini del mondo; ma gli esuli sulle rive del mare, quando si volgevano all’Occidente indottivi dal desiderio dei loro cuori, parlavano di Mar-nu-Falmar che fu inghiottita dalle onde, di Akallabêth ovvero la Caduta, di Atalantë in lingua Eldarin. »

(J. R. R. Tolkien, Il Silmarillion, a cura di Christopher Tolkien, trad. it., Bompiani, Milano, 2008, pp. 336-337)

Interessante notare poi come lo scrittore statunitense Robert Ervin Howard (1906-1936), padre di un particolare sottogenere fantasy denominato sword and sorcery, “spada e stregoneria” (genere nel quale confluiscono soprannaturale, horror dal sapore lovecraftiano, avventura, stregoneria, combattimenti sanguinari e ambientazioni neomedievali) abbia pescato a piene mani dai miti delle inabissate civiltà di Atlantide e Lemuria, che proprio dalla fine del XIX andavano via via acquistando una nuova popolarità grazie anche al veicolo della teosofia e dell’occultismo; il mito dell’antica civiltà è una delle fonti di ispirazione e ambientazione per i racconti di Howard, in particolare quelli incentrati su Kull di Valusia e sul Ciclo di Conan il Barbaro, questi ultimi pubblicati negli anni Trenta sulla famosa rivista pulp Weird Tales”.

I racconti di Conan sono ambientati in un’era dai confini temporali volutamente sfumati e imprecisi, che Howard definì “Era Hyboriana” (che lui stesso descrisse dettagliatamente in un saggio specifico), un riferimento chiaro alla leggendaria terra di Iperborea, descritta per la prima volta dai filosofi, storici e pensatori greci d’età antica, e tornata alla ribalta e al successo in età moderna grazie all’astronomo e letterato Jean Sylvain Baily e, soprattutto, grazie all’opera di pseudostoria La dottrina segreta (1888) della teosofa e saggista russa Helena Blavatsky (1831-1891). Il continente Iperboreo appare, insieme alle terre perdute di Atlantide, Mu e Lemuria, citate e descritte dalla Blavatsky, come sede di una gloriosa e superiore civiltà umana scomparsa centinaia di migliaia di anni fa a seguito di un cataclisma, dalla quale discenderebbe l’attuale razza ariana del Nord Europa, pura e superiore.

L’opera di Howard, che riprende nel ciclo di Conan la rilettura del mito di Atlantide come scomparsa di un mondo evoluto, civilizzato, prospero e tecnologico, cui segue, nella sua opera, un arretramento culturale e materiale della civiltà che si rispecchia nella Cimmeria la terra dove «solo la barbarie sopravvive», segna il successo presso il grande pubblico dei “miti dei continenti perduti”, alimentato, in questa riproduzione letteraria-fantastica di Atlantide, Mu, Lemuria, dai colleghi e scrittori di Howard, Lovecraft, Clark Anton Smith e Milos Crnjanski. Riferimenti che restano anche un valido esempio di come la pseudo-storia occultista, oggi assimilabile a pieno titolo ad un prodotto fantasy, a partire dalla Blavatsky (ma altri validi esempi sono rappresentati da Annie Besant, Charles Webster Leadbeater e, specialmente, da Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia le cui influenze sono giunte sino ai nostri giorni e che descrive un’Atlantide fantascientifica e spirituale, abitata da civiltà primordiali dotate di poteri incredibili e aereonavi volanti), abbia influenzato la narrativa fantastica tra fine XIX e inizio XX secolo.

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“Sappi, o principe, che tra gli anni in cui gli oceani bevevano Atlantide e le scintillanti città, e gli anni dell’ascesa dei figli di Aryas, c’è stata un’Era inimmaginabile…” R. E. Howard, La fenice sulla spada, 1932. Ricostruzione Marvel della mappa d’età Iperborea, tratta dai disegni originali di Robert Howard. 

 Un’influenza reciproca, attiva su più livelli, tanto che è stato evidenziato come tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il romanzo gotico e i racconti del soprannaturale e del magico, specialmente in Inghilterra e America, presentino diversi riferimenti alla mistica “rosacrociana” o alla simbologia esoterica. Si citino ad esempio i racconti del Ciclo Lo stregone (1801) di Francis Barrett, che nelle sue intenzioni doveva essere il nuovo manuale delle arti occulte e magiche dell’Occidente; o ancora il romanzo fantastico Il Mago (1848) di Alphonse Esquiros, socialista francese amico di Eliphas Lévi, il più famoso occultista del Novecento; altro esempio di letteratura “rosacrociana” con riferimenti massonici fu quella del noto drammaturgo e scrittore inglese Bulwer Lytton, autore del romanzo Zenoni (1842); Arthur Machen, invece, noto scrittore gallese di racconti dell’orrore e del soprannaturale, oltre ad inventare il mito degli “Angeli di Mons” (che ancora oggi gode di vasta fortuna), secondo il quale un gruppo di figure angeliche avrebbe salvato un reparto militare britannico dai soldati tedeschi a Mons il 23 agosto del 1914, fu amico del mistico Arthur E. White e membro dell’ordine esoterico della “Golden Dawn”, e scritti come The Great God Pan (Il Grande Dio Pan) del 1894, The Secret Glory (1906), The Hill of Dreams (1907), denunciano la sua aperture verso la sfera del magico e dell’occulto.

Da citare, infine, tre scrittori particolarmente rilevanti per le loro opere, tramite ad alcune delle più famose teorie dell’occultismo moderno, ovvero Eric Rucker Eddison (1882-1945), Hope Mirrlees (1887-1978) e Frederick Spencer Oliver (1866-1899). Nel suo primo fantasy, Il verme Ouroboros (1921), l’inglese Eddison testimonia il suo personale neoplatonismo miscelandolo a diverse teorie filosofiche e teosofiche allora in voga, come una sua personale versione dell’eterno ritorno di Nietzsche, le teorie dell’incarnazione da esseri divini a uomini, concetti induisti (caratteristiche metafisiche che permangono anche nei racconti degli anni Quaranta). La poetessa britannica Hope Mirrlees scrive un solo romanzo autenticamente fantasy, ma dalla vasta influenza, Lud-nella-nebbia (1926), che presenza suggestioni esoteriche, in particolare in un capitolo dal titolo “L’iniziato”, e affronta il tema dell’accettazione dell’irrazionale all’interno di una cittadina materialista e scettica (merita un cenno l’amicizia che la Mirrlees intrattenne con la grecista, storica delle religioni e linguista Jane Ellen Harrison, interessata all’origini e sviluppo delle mitologie di tendenza vitalista, e sostenitrice dell’esperienza acquisita tramite lo spirito mistico).

Oliver, invece, con il romanzo A Dweller on Two Planets (Un abitatore di due pianeti) del 1894 (scritto con lo pseudonimo di “Phylos il Tibetano”), rielaborava il mito delle scomparse civiltà antidiluviane, che proprio in quegli anni stava vivendo un imponente revival a tutti i livelli (narrativa, politica, esoterismo), fantasticando su un gruppo di stregoni Lemuriani sopravvissuti al disastro che aveva colpito il loro continente, rifugiatisi all’interno del monte Shasta, in California (ancora oggi al centro di diverse leggende metropolitane). Negli anni Trenta l’ingegnere Guy Warren Ballard (1878-1939) trarrà spunto proprio da alcune teorie del romanzo di Oliver per la genesi di un nuovo movimento religioso, il culto di “I AM”, che mescola concetti del cristianesimo con quelli della teosofia di madame Blavatsky, precursore di numerosi movimenti New Age, e che ancora oggi vanta un certo seguito.

Questa “fame di miti” e di “civiltà scomparse”, è una costante presenza nella società degli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale: nota, in questo contesto, la singolare messa in scena di Raymond Palmer che, sfruttando l’ansia collettiva che seguì la fine del Conflitto e l’influenzabilità dei suoi lettori, pubblicò, nella rivista “Amazing Stories“, che a quel tempo dirigeva, una serie di racconti fantastici, presentati come veri, rielaborati su delle lettere inviategli da Richard Shaver, un saldatore della Pensylvania, convinto dell’esistenza di strane civiltà sotterranee. Dal 1945 al 1949 videro la luce diverse storie (la prima si intitolava “Io ricordo Lemuria”), il cui nucleo tematico era costituito dall’esistenza della Terra Cava” abitata da esseri avanzati ma crudeli, i “deros”, che influenzavano, con i loro sofisticati apparecchi, la vita delle persone comuni, abitanti della superficie. Una volta smentita la burla la collaborazione tra Shaver e Palmer si interruppe, e il primo continuò a dedicarsi a racconti di fantascienza per altre riviste, restando convinto delle proprie ambigue teorie. 

Di queste teorie pseudoscientifiche e credenze appartenenti alla sfera dell’occulto o dell’esoterismo, si nutrì anche la politica nazista: lo stesso Hitler e molti dei suoi ufficiali (in particolare il capo delle SS, Heinrich Himmler) ed esponenti dell’intellighenzia tedesca gravitanti attorno al fuhrer, furono tra i sostenitori di teorie pseudoscientifiche e organizzarono particolari spedizioni in Tibet, nelle Ande e in Antartide, alla ricerca della mitica Agartha, patria dei così detti “Antenati Ancestrali”, o della Terra Cava, popolata da esseri primordiali. Altre spedizioni riguardarono la ricerca di reliquie considerate mistiche e dotate di poteri eccezionali, ovvero la Lancia di Longino e il Sacro Graal. Il nazismo auspicava un ritorno alla Germania del Primo Reich, nell’esaltazione generale del Medioevo nordico e germanico, nonché di tutte le sue migliori produzioni letterarie e artistiche (ad esempio l’epica norrena) che meglio si prestavano ai disegni di strumentalizzazione e propaganda del regime hitleriano, e allo stesso tempo affermava la superiorità della razza germanica, “ariana”, in quanto discendente delle antiche popolazioni del Continente Iperboreo.

Illustrazione di Edouard Rio per l’edizione originale Viaggio al centro della Terra (1864) di Jules Verne. Il romanzo di Verne riprendeva l’idea, già precedentemente ipotizzata, di un possibile mondo sotterraneo, posto sotto la superficie della Terra e abitato da creature primordiali, come dinosauri ed enormi rettili. La teoria pseudoscientifica della Terra Cava sarà recuperata e ulteriormente rielaborata nel corso del XIX e del XX secolo da diversi pensatori e teosofi, in particolare dai teorici della mistica nazista, sostenitori della teoria del mondo sotterraneo di Agartha, luogo di origini degli “Antenati Ancestrali” degli ariani.

Accanto all’epica germanica, il mito della sommersa Atlantide ricorre anche in John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), il celeberrimo autore de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, che rielaborò la materia del continente perduto in particolare nelle vicende de Il Silmarillion e L’Acaballech (La Caduta di Numenor), entrambe pubblicate postume – come già evidenziato in alcuni articoli precedenti, Tolkien condannerà aspramente Hitler e i nazisti, accusandoli di aver snaturato e pervertito l’autentico spirito nordico, e tuttavia non può essere nascosto o attutito il riferimento ai medesimi miti, in particolare i riferimenti all’epica norrena (interessi che stavano alla base di quella rinascita, passione e rielaborazione del Medioevo e delle sue produzioni artistiche, epiche, letterarie, comune a diversi intellettuali, scrittori, architetti e politici europei, attivi tra XIX e XX secolo).

In Tolkien il riferimento ad Atlantide è però stilisticamente più curato, più elevato rispetto alle esperienze fin qui descritte (siano esse opere di fantascienza, romanzi gotici o testi di pseudostoria e nuove filosofie) e, soprattutto, non ideologizzato e non tendente ad una visione del Cosmo unidirezionale, celante richiami ad una politica totalitaria: il tema di un’antica ed avanzata civiltà in decadenza, quella dei Numenoreani dell’Isola di Númenor, distrutta da una sorta di Diluvio Universale, a causa dell’inesorabile declino e caduta dei suoi abitanti verso la corruzione (sono colpevoli di aver voluto oltrepassare gli unici limiti imposti loro dalle divinità, i Valar, con la ricerca della vita eterna e la tentata conquista della Terra beata di Aman), diviene, nell’Universo narrativo e tematico della Terra di Mezzo tolkieniana, uno strumento, un mezzo per comunicare ai lettori e, di riflesso, all’umanità intera, i rischi insiti nella caduta, nella corruzione e tentazione del Male.

Scopo dell’opera fantasy di Tolkien è infatti ispirare a valori sempre attuali ed alle più alte virtù etiche, morali, fondamentalmente cristiane, grazie alle quali soltanto è possibile contrastare l’avanzata delle tenebre (tenebre che nell’autore assumono i toni del possesso e della materia, della guerra distruttrice e dell’economia meccanizzata, della distruzione della natura e della brama di potere) e ripristinare l’ordine naturale della Terra (e del Cosmo).

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L’opera tolkieniana è infatti pervasa da un sentimento di nostalgia per un passato eroico ed epico, che non ritornerà, lo stesso sentimento che coinvolge il lettore quando viene coinvolto (tramite la mediazione letteraria dei piccoli e “borghesi” Hobbit) dalle trame e dalle ambientazioni epiche de Il Signore degli Anelli, ma la speranza di una rinascita, di un ripristino della pace e della gloria di un tempo, è sempre attiva e presenta, incarnata perfettamente dagli esulti di Númenor (la novella Atlantide) nella Terra di Mezzo, i Numenoreani o Dúnedain (gli uomini premiati dai Valar, le “presenze angeliche”, con il dono di una lunga vita e di una saggezza quasi divina), in particolare, dal loro Re “ramingo” Aragorn, destinato a regnare su tutti i popoli liberi e a reintegrare quei valori che il dominio di Sauron rischiava di cancellare per sempre (Sauron è il Signore Oscuro e massimo antagonista della magna opera di Tolkien).

Siamo lontani dagli assunti metafisici della teosofia, dalle teorie razziali, dalle derive ideologiche e antropologiche del nazismo, nonché dall’esaltazione ed apologia di una razza ariana, pura e superiore: se la fantasy di Tolkien vuole e può agire sul mondo reale, il suo effetto non è né distruttivo né violento, ma un contributo positivo per un cambiamento interiore, personale e intimo che può e deve coinvolgere tutti i lettori, tutta l’umanità, non una ristretta cerchia di eletti. Si pensi ad Aragorn: egli non è una figura monarchica autarchica, tirannica o dittatoriale, il suo non è il regno di un conquistatore, finalizzato alla gloria, ma egli, nella sua forza, è un sovrano giusto, misurato, clemente e umile, che agisce con abnegazione per il bene superiore della Terra di Mezzo, in nome di una missione provvidenziale più alta e ordinatrice. Aragorn è dotato delle più elevate abilità militari, ma anche dei valori cristiani di pietas e caritas, non è un distruttore: una volta asceso al trono egli non spazza via totalmente ogni forma di regno, società, corpus di leggi già presenti (ad eccezioni di quelli del Nemico, Sauron), per fare spazio al nuovo, ma li rinnova; egli è un restauratore della Tradizione antica ma anche un risanatore, che cura (letteralmente) le ferite inferte alla Terra di Mezzo e ai suoi abitanti (torna il tema del Re-taumaturgo ripreso dalla tradizione medievale) dagli Orchi e dai servi del Nemico (cui invece non spetta alcuna clemenza poiché degenerati e schiavi della volontà malefica di Sauron, solo contro di essi, infatti, secondo la poetica tolkieniana, la Guerra è legittima).


Infine, una menzione particolare spetta a Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), scrittore prolifico e generatore di miti, cui si deve da un lato il successo della narrativa a sfondo fantastico – orrorifico, la sua grande influenza sia sul genere fantasy quanto su quello fantascientifico, ma anche lo slancio dato a diversi gruppi pseudo-esoteristi, cultori di filosofie e religioni alternative e movimenti new age e Wicca. Lo stesso autore, infatti, quasi sconosciuto al grande pubblico negli anni in cui visse, godette di un vasto successo a partire dalla fine degli anni Sessanta, con il revival dell’Occultismo in America e in Europa. Dagli anni Quaranta del secolo scorso, furono diverse le stampe del Necronomicon, in realtà pseudobiblion nato esclusivamente dalla fantasia lovecraftiana, accanto ai Frammenti Pnakotici, che sino agli anni Novanta venne spacciato da diversi affiliati a circoli esoterici americani, inglesi e francesi, come un vero libro di magia e antica ritualistica, grazie al quale sarebbe stato possibile invocare oscure entità o entrarvi in contatto.

Racconti come L’orrore di Dunwich (1929), il romanzo Il caso di Charles Dexter Ward (1941), Il richiamo di Cthulhu (1928), contengono inoltre la descrizione accurata di riti magici e soprannaturali attraverso i quali i personaggi dei racconti lovercraftiani possono entrare in contatto con gli “Dei esterni” o i “Grandi Antichi”, questi ultimi confinati in zone remote della Terra, che lasciano supporre, se non un affiliazione diretta dello scrittore con iniziati o esoteristi di qualche tipo attivi nel New England (è questa l’ipotesi di diversi studiosi, fra i quali Angelo Cerchi e il politologo Giorgio Galli) quantomeno una conoscenza di testi di alchimia medievali, di fonti ebraiche come la Kabbalah o Il libro di Enoc con la sua leggenda dei Nephilim (diversi nomi e specifiche delle divinità dello spazio di Lovercraft richiamano quello di demoni del giudaismo o presenti nell’Antico Testamento, come Azathoth, «Il dio cieco che gorgoglia e bestemmia al centro dell’Universo») ma anche il celebre testo di magia La chiave di Solomone (XV secolo), come sostengono Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, due tra massimi studiosi italiani dell’opera del Solitario di Providence

Naturalmente fonti di ispirazione per Lovercraft furono anzitutto i testi di cui era ricca la biblioteca del nonno materno, i classici greci e latini (da Omero a Ovidio), i primi libri letti su consiglio del nonno, ovvero i romanzi gotici (Lovecraft trae spunto per le sue ambientazioni e atmosfere cupe, ombrose, oniriche e macabre, caratteristiche di una realtà posta tra il sogno e il mondo fisico, da Edgar Allan Poe e Ambroce Bierce), e Le Mille e una Notte, libro dal quale prenderà spunto per la genesi dell’arabo pazzo Abdul Alhazred, autore del Necronomicon, ma soprattutto i racconti fantastici di Lord Dunsany, la fantascienza surreale di Machen (che suggerì ad HPL l’idea di un Male soprannaturale nascosto sotto il velo della realtà), nonché l’astronomia, le ricerche dell’antropologo James Frazer sulle religioni e le culture primitive. A queste vanno aggiunte le antiche leggende, fin qui descritte, rielaborate dalle pseudoscienze e dalle nuove teorie teosofiche o antroposofiche del suo tempo, come i già citati miti dei continenti perduti di Mu e Lemuria, spesso parte dei suoi racconti (lo stesso Cthulhu, il terribile “Grande Antico”, protagonista in negativo del famoso “Ciclo” di HPL, dimora “sognando” nella perduta, blasfema e sommersa città di R’lyeh, in una zona imprecisata del Pacifico). 

Non è quindi un caso se, dalla sua morte sino agli anni Novanta, il nome di Lovecraft circoli negli ambienti dello spiritualismo americano accanto a quello di Crowley, Anton Le Vey e Dennis Wheatley; attorno alla sua figura è andato formandosi poi una sottoforma di culto pseudo-religioso, di cui fanno parte numerosissimi fan particolarmente devoti (si identificano come veri e propri “cultisti”) e molti di questi, riuniti soprattutto in diversi canali social, lo considerano non soltanto uno scrittore particolarmente dotato di immaginazione e abilità narrativa, ma una sorta di “profeta di entità extradimensionali”, mentre, d’altro canto, sul web è possibile trovare riti e formule magiche per invocare le oscure divinità della Cosmogonia lovercraftiana, come Cthulhu e Shub-Niggurath.


L’esistenza di questi gruppi di fan, dediti ad una vera e propria venerazione di un autore e della sua opera, confermano le teorie di alcuni noti scrittori del secolo scorso: secondo Clive Staples Lewis, il celebre autore de Le Cronache di Narnia (1950-1956) e amico di Tolkien, membro come lui degli Inglinks, i romanzi fantastici di Rider Haggard potrebbero costituire un palliativo della religione; Gerald Heard ha dichiarato che la fantascienza rappresenta un’espansione della coscienza; lo stesso James Webb ritiene che vi sono aspetti del fantasy e della fantascienza che possono contribuire a spiegare i diversi problemi della società o individuali, personali, esistenziali, da un punto di vista illuminato e alternativo.

Alla fantasia di Tolkien, che si pone come attuabile e realizzabile, attraverso il ricorso ad un alto sistema di valori, ad un’etica cristiana attiva e positiva, si oppone l’immaginazione creativa del Solitario di Providence – differenze su cui mi soffermerò più avanti, in una seconda parte del presente articolo – espressione di un rifiuto totale della società, di una fuga che assume i tratti di rifugio in un universo onirico e orrorifico, uno sfogo ai mali (incurabili) della società moderna, unica via d’uscita in grado di consentire all’autore di trovare uno spazio, seppur alienante, che non trova (al contrario del professore di Oxford) in un mondo moderno, frenetico, spesso non meritocratico, che emargina ed esclude forze intellettuali vive ed eccelse, alla stessa velocità con la quale alimenta la produzione in serie o distrugge la Natura (sia essa classica o neomedievale) di cui tanto Lovecraft quanto Tolkien sono innamorati, nel loro diverso, ma sempre attuale e potente, antimodernismo e modo di percepire, sentire, descrivere la vita e l’alterità.

Un commento su “H.P. Lovecraft & J.R.R. Tolkien: creatori di mondi nel secolo dell’Irrazionalismo

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