Stati di allucinazione

Lo scorso 13 marzo si è spento a 72 anni William Hurt, attore statunitense che recitò tra le altre cose nell’epocale film di Ken Russell Altered States, uscito nelle sale nel 1980. In questa sede analizziamo gli aspetti psichedelici della pellicola che ad oggi viene riconosciuta come il capolavoro del “Fellini britannico” alla pari de I Diavoli (1971).

di Marco Maculotti

L’eccentrico regista Ken Russell — considerato una sorta di Fellini britannico da molti critici e dallo stesso Maestro riminese — dopo anni di bizzarra ricerca stilistica portata avanti passando con risultati alterni attraverso i più disparati generi cinematografici, trovò con Altered States (it. Stati di allucinazione) quello che probabilmente fu l’apice creativo della sua carriera alla pari di The Devils (1971), film tratto dall’omonimo dramma teatrale di John Whiting e ispirato al romanzo di Aldous Huxley I diavoli di Loudun, due opere che a loro volta si rifacevano alla scabrosa vicenda di possessione demoniaca ambientata in Francia agli inizi del XVII secolo. Con Altered States Russell riuscì a realizzare un film che, pur mantenendo una forte vena weird e visionaria, coniuga al meglio i suoi elementi sci-fi e fantasy a una trama sostanzialmente drammatica, innaffiandolo qua e là con elementi tipici del thriller e del body o biological horror che qualche anno più tardi troverà il suo massimo alfiere in David Cronenberg.

Ispirato alla vita del ricercatore e psichiatra statunitense John LilllyAltered States racconta la storia del professore di medicina Eddie Jessup (William Hurt), che insieme al collega e amico Arthur conduce alcuni esperimenti sugli stati alterati di coscienza usando una vasca di deprivazione sensoriale, ovvero un ambiente isolato che gli permetta di ottenere la completa assenza di percezioni esterne: isolando ogni elemento di distrazione Eddie intende compiere un viaggio esplorativo negli abissi della propria coscienza e del proprio traumatico passato. Nel frattempo, durante una festa a casa da Arthur, quest’ultimo gli presenta Emily (Blair Brown), una studiosa di medicina molto rinomata nel suo ambiente che diventerà, dopo qualche resistenza iniziale, sua moglie.

Eddie però è troppo preso dalle sue ricerche e, dopo due anni di matrimonio e altrettanti figli, i due si separano. Nel frattempo Eddie incontra un altro collega che lo invita a prendere parte alle sue ricerche in Messico, dove da qualche anno ha iniziato a studiare a livello scientifico l’utilizzo di alcuni funghi allucinogeni da parte degli sciamani della zona, discendenti dagli antichi Toltechi, i quali si dicono convinti che tale utilizzo possa conferire agli assuntori la capacità di perlustrare a fondo la propria coscienza e di scandagliare una sorta di memoria ancestrale collettiva. Partito alla volta delle giungle mesoamericane, Eddie prova sulla sua pelle l’esperienza psichedelica e la sua vita cambia per sempre. Una volta ritornato in patria, entusiasta dell’esperienza occorsagli, continua i suoi esperimenti assumendo la droga all’interno della vasca di deprivazione sensoriale, spinto dalla convinzione che gli atomi di ogni singolo essere umano abbiano in realtà milioni di anni e che ogni singolo individuo abbia insita dentro la propria coscienza l’intera storia ancestrale del cosmo, dal Big Bang ad oggi.

Questi esperimenti tuttavia si spingono troppo oltre e durante uno di questi qualcosa va storto: Eddie viene estratto esanime nella vasca di deprivazione sensoriale da Arthur e per quattro ore, a causa di un’improvvisa afasia, non riesce a pronunciare una singola parola. Le lastre dimostreranno poi che per la durata dell’esperimento la sua struttura genetica era mutata momentaneamente — precisamente aveva sviluppato in modo inspiegabile una sacca laringea, atavismo tipico dei primati. I suoi colleghi pensano che qualcosa di terribile si stia manifestando e fanno di tutto per porre fine agli esperimenti, ma Eddie prosegue imperterrito le sue ricerche nottetempo per aggirare i loro controlli. Durante l’ennesimo esperimento si trasforma addirittura in un primate e, dopo aver ucciso una capra e una guardia notturna dello zoo cittadino, si addormenta in una gabbia per poi risvegliarsi nudo e con pochi confusi ricordi la mattina successiva.

È chiaro a tutti che Eddie si è spinto troppo oltre e che, continuando i suoi esperimenti, rischia di mettere in serio pericolo la sua stessa vita. Nel mezzo dell’ennesimo esperimento egli si trasfigura addirittura nella “materia prima” del cosmo, cioè nel cosiddetto protoplasma, sperimentando traumaticamente una completa disintegrazione della propria individualità: in una visione totalizzante e terrifica egli vede il Caos supremo — e terribile nella sua abnormità — dell’universo al momento iniziale del Big Bang e capta un grido di disperazione proveniente dagli abissi cosmici che gli fa comprendere come solo l’amore possa dare un senso a una realtà altrimenti vacua e priva di significato. Il film si conclude con l’immagine di Eddie e la moglie Emily riappacificati e uniti in un abbraccio cosmico.

Ambientato nel 1967 — l’anno della deflagrazione sociale delle droghe psichedeliche in America e ispirato oltre che alla vita del già nominato ricercatore John Lilly anche agli esperimenti di quell’inner circle guidato da Timothy Leary — Altered States pone l’attenzione sull’esperienza psichedelica vista da entrambe le facce della sua medaglia: ora un mezzo per conoscere sé stessi attraverso la scoperta di (e l’accesso in) un ulteriore piano di coscienza, ora come un periglioso viaggio che può condurre lo sperimentatore eccessivamente tracotante alla distruzione psicofisica.

Eddie, interpretato da un gagliardo William Hurt che conferisce al suo personaggio una vitalità particolare, impersona lo scienziato che, in séguito a un momento di disillusione spirituale e morale, rimette in discussione ogni cosa e si affida all’esperienza psicotropa per scandagliare i propri abissi psichici. La morte improvvisa e traumatica del padre a causa di un cancro funge da spartiacque nella sua vita: dopo aver udito il genitore morente bisbigliare la parola terribile, egli si distacca per sempre dalla religione, reputando impossibile l’esistenza di un Dio che faccia vivere a un suo fedele un’esperienza tanto dolorosa. Il ricordo di questo trauma viene da lui successivamente trasfigurato durante un’esperienza all’interno della vasca di deprivazione sensoriale, che porta al suo sguardo interiore una serie di visioni allucinanti, le quali costituiscono le sequenze più sensazionali della pellicola.

Anche la vita matrimoniale e il rapporto con la moglie Emily subiscono una trasfigurazione allucinatoria: nel mezzo dell’esperienza messicana Eddie si vede ora nell’atto di possederla ferocemente in un antico tempio azteco su uno sfondo infernale costellato di nuvole infuocate, mentre sul finire del trip ella gli appare come una creatura per metà rettile (come la Melusina del folklore medievale e le Nagini indiane) prima di dissolversi in polvere nel mezzo del deserto insieme a lui; ma prima egli si vede nell’atto di camminare mano nella mano con lei sotto un cielo scarlatto, dirigendosi verso un piatto orizzonte dominato dall’esplosione di una gigantesca bomba atomica.

Le visioni relative alla creazione dell’universo, palesemente ispirate alle allucinogene sequenze spaziali di 2001: A Space Odyssey (Stanley Kubrick, 1968) sono a dir poco spettacolari e valgono da sole la visione del film. Ken Russell, facendole deflagrare all’interno della mente del suo protagonista, intende mostrarci come egli, al limite dei suoi esperimenti, da una parte riesca a captare la totalità e l’Anima onnicomprensiva dell’intero Kosmos, ma contemporaneamente dall’altra diventi la vittima di un bombardamento caotico di immagini che gli mostrano senza possibiltà di smentita il Caos che regge l’universo fin dal suo primo istante di vita, rendendolo in tal modo conscio dell’inutilità e della mancanza di senso della vita di ogni essere umano singolarmente considerato.

Il film si potrebbe idealmente dividere in due parti. La prima, della durata di un’ora, basata sugli esperimenti e sulle “allucinazioni” all’interno della vasca di deprivazione sensoriale, illustra allo spettatore anche la visione del mondo di Eddie sulla coscienza, e il ruolo della scienza e della spiritualità. Nella seconda parte, equivalente all’ultima mezz’ora, la pellicola prende una deriva maggiormente horror-thriller e culmina nella metamorfosi di Eddie in primate e nell’omicidio che, fuori di sé, compie. Delle due sicuramente la prima è la più riuscita, grazie anche ad una sceneggiatura impeccabile arricchita da dialoghi ed elucubrazioni che il protagonista e i suoi colleghi snocciolano con disinvoltura; in ciò, lo sceneggiatore Chayefsky è abile a “indottrinare” lo spettatore sulle concezioni — in parte derivate dagli studi di Leary e Lilly — che stanno alla base della storia e, di conseguenza, a condurre lo spettatore a porsi determinate domande esistenziali una volta terminata la visione della pellicola.

La seconda parte del film appare invero più debole: a parere di chi scrive sarebbe stato sicuramente meglio sviluppare la storia a un livello maggiormente psichico e francamente la trasformazione di Eddie in primate può apparire alla stregua di una soluzione stilistica di cui si poteva fare a meno. Se non altro, il finale anticipato dall’ultima eccezionale visione psichedelica — sebbene un po’ convenzionale e melodrammatico — riabilita la pellicola. Una menzione d’onore, infine, per la splendida colonna sonora di John Corigliano, che non a caso ricevette la nomination agli Oscar.

2 commenti su “Stati di allucinazione

  1. Molto interessante il commento al film. Ricordo di averlo visto in prima visione e di essere stato molto impressionato dalla scena intorno al falò sciamanico se ben ricordo. Più che un riferimento a Leary lo vedo a Castaneda e forse anche quel film mi deve aver spinto poi a viaggiare in Messico sulle piste mescaliniche del deserto di Wirikuta. Da rivedere. Quanto ai Diavoli l’ho visto nello stesso periodo in un cineclub sul Lungotevere in pieno trip lisergico (non molto forte ma quanto basta la mezza dose) e mi son dovuto fermare e parcheggiare e proseguire a piedi perché gli Angeli del Ponte di Castel S. Angelo cominciavano a fare cose strane nel pomeriggio assolato estivo. Altrettanto bello e tosto il libro di Huxley. Un caro saluto. Luigi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *