L’«Altra Realtà» di Arthur Machen

Il nuovo volume – Un’altra Realtà. Racconti del Mistero – curato da Pietro Guarriello ed edito da Dagon Press, presenta una selezione di misteriosi testi inediti macheniani, che permettono di approfondire alcuni aspetti caratterizzanti dello scrittore gallese.

di Lorenzo Pennacchi

Allora finalmente
la gloria della dea fu rivelata.

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Fino a qualche tempo fa un comune appassionato di letteratura fantastica avrebbe associato il nome di Arthur Machen al Grande Dio Pan e al Popolo Bianco. O, forse, a nessuno dei due. Negli ultimi anni la produzione macheniana sta venendo riscoperta da più prospettive, anche grazie al costante lavoro di Pietro Guarriello e della Dagon Press. Il quarto numero della rivista Zothique, uscito nell’estate del 2020, è interamente dedicato allo scrittore gallese, offrendone una panoramica tanto esauriente quanto approfondita. Come sottolinea Matteo Mancini nella sua dettagliata ricostruzione: 

Era un personaggio che ripudiava il materialismo, completamente disinteressato ai soldi e alle cose materiali, sospettoso circa l’utilità del progresso scientifico, essendo ancorato a valori spirituali che lo portavano a regredire ai fasti di un antico passato, in un crocevia di culture tra paganesimo e cristianesimo, passando dalle tradizioni romaniche a quelle celtiche, per interessarsi più alle cose dell’altro mondo – quello a cui si riferiscono gli occultisti – che a quelle del mondo che scandisce i ritmi e determina le scelte di vita della maggior parte delle persone.

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Un’altra realtà. Racconti del Mistero presenta dodici racconti, una poesia e un saggio perlopiù inediti in Italia, introdotti da un testo di Marco Maculotti e dalle contestualizzazioni storico-editoriali del curatore. Nella puntuale introduzione Maculotti, giunto all’ennesima pubblicazione macheniana in pochissimi anni, rileva i tratti biografici principali dell’autore, la stima profonda di Howard Phillips Lovecraft nei suoi confronti, nonché l’utilizzo dell’idioma inquietante definito gaelico cosmico o lingua delle fate

I racconti, che coprono un arco temporale di quasi cinquant’anni, sono fortemente caratterizzati da un velo di mistero e da un’aura di alterità rispetto al mondo materiale. Del resto, all’inizio del saggio che dà il titolo alla raccolta, Machen scrive senza mezzi termini: «Le persone certe che non ci sia nient’altro, oltre alla materia, sono mediocri; e proprio il muro contro cui si appoggiano si comporta in maniera strana, minacciando di volger loro le spalle prima in direzione dell’energia, e poi della mente» [3]

Non stupisce dunque che uno dei temi centrali della raccolta risieda nel rapporto con sé stessi e nella ricerca della propria individualità. In Johnny e il doppio, uscito nel 1928 e definito da un recensore dell’epoca come un racconto «abbastanza insolito da regalare un brivido» [4], Machen indaga la figura del Doppelgänger attraverso un giovane protagonista in grado di sdoppiarsi e di trovarsi contemporaneamente in due posti differenti, talvolta in degli scenari macabri.

La metafora del doppio viene affrontata da un’altra prospettiva in uno dei testi più brevi del volume, Psicologia, pubblicato nella raccolta Ornaments in Jade nel 1924, composta da dieci mistici poemi in prosa. In questo intenso frammento Machen relaziona il contesto di un tranquillo quartiere di Londra con le convulse riflessioni esistenziali di uno scrittore, animate dalla rabbia, dal sogno e dalla follia. La narrazione, che ruota attorno all’insondabilità profonda della natura umana, si conclude con una domanda paradossale: «E ogni giorno […] conduciamo due vite, e la metà della nostra anima è follia, l’altra metà un cielo illuminato da un sole nero. Dico di essere un uomo, ma chi è quell’altro che si nasconde dentro di me?» [5].

Londra, si diceva. Dopotutto per Machen la ricerca individuale è strettamente connessa all’ambiente circostante, a volte implicandone la fusione. Come ha rilevato Maculotti in un suo precedente contributo «nella mitopoiesi macheniana il territorio si trasmuta in un ‘paesaggio che frantuma in modo netto l’ego del protagonista […] attraverso il contatto con l’Antico così come con il surreale e il sovrannaturale’» [6]. Gli ambienti a cui fa riferimento Machen sono sostanzialmente due: da un lato la città, dall’altro la natura rurale e ancestrale. Da un lato Londra, dall’altro il Galles. Come riporta Guarriello, secondo Nick Freeman: 

A differenza di alcuni suoi contemporanei, Machen non rifiutava in alcun modo la vita urbana ma non dissimulava mai il fatto che la sua personalità adulta fosse stata plasmata dalla precoce esposizione a ciò che in Far Off Things definì ‘vaghe impressioni di meraviglia, stupore e mistero’, e ‘la visione di una terra incantata’, lontana dalla città vittoriana.

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In Un’altra realtà questo rapporto plasma vari racconti. Attraverso Il Fantasma della Pentecoste traspare il legame profondo di Machen con lo Strand, una strada nel distretto di Westminster, in cui afferma di essere rimasto senza fiato durante una passeggiata estiva nel 1880: «Nessun uomo può dire di aver visto davvero Londra; ma in quel momento io ero molto vicino alla sua visione» [8].

In Notte di mezza estate, un altro breve frammento pubblicato negli Ornaments, si assiste al progressivo onirico passaggio del protagonista Leonard da una Londra terrificante, una città letteralmente affranta dalla febbre, a un paesaggio naturale all’apparenza edificante, ma presto perturbante: «Entrò nell’ombra, camminando lentamente, e lasciò che il sentiero lo portasse via dal mondo» [9]. In questa dimensione si imbatte in un corteo di figure femminili eteree, alcune delle quali appartenenti al suo villaggio, che interagiscono con lui silenziosamente prima di dissolversi nella radura.

La sensazione di stupore panico si tramuta in terrore cosmico nella Visione del dottor Duthoit. Qui, a seguito della perdita del senso delle proporzioni da parte del protagonista, la piccolezza spirituale dell’uomo fa da contraltare all’infinità vastità del cosmo, riflettendosi nella massima smeraldina «ciò che è in alto è come ciò che è in basso» per poi rivelarsi in tutta la sua profondità: 

È mia opinione che questa sia una battaglia mondiale che noi non riusciamo a comprendere. Ci sono alcuni che sostengono che il conflitto terreno non sia altro che un riflesso della guerra in cielo. E se venisse riflesso all’infinito, e se penetrasse fino alle massime profondità della creazione? E se un granello di polvere fosse un cosmo – un intero universo – di mondi roteanti? Potrebbero esserci battaglie tra creature che nessun microscopio potrà mai percepire.

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Questo passaggio si collega direttamente alla parte centrale del saggio conclusivo, quando l’autore afferma che «niente è più irritante di un occultista che parla con la certezza di un chimico analitico» [11], suggerendo piuttosto di indagare il cosmo umano come se fosse un mondo ancora tutto da scoprire, «il centro di un potere del quale non sappiamo niente o quasi» [12].

Con questo spirito Machen delinea i suoi racconti, spaziando dalla riscrittura narrativa del delitto Crippen nel Mistero di Islington agli scenari infernali dell’Isola delle ombre e allo scandaloso processo di Morduck la Strega. Lo fa con il suo stile, debitore di Robert L. Stevenson (Il circolo scomparso) e apprezzato da Oscar Wilde (Un duplice ritorno), che guarda con ammirazione il terrificante innovatore Algernon Blackwood e, un po’ a sorpresa, accusa di eccessiva accademicità autori come Montague R. James e Vernon Lee.

Una penna perturbante che si interseca nel tessuto socio-antropologico di riferimento, come nel Rituale (uno dei suoi ultimi racconti in assoluto), riuscendo a far emergere il più delle volte quel sentimento proprio dello scrittore del meraviglioso: «Ci sembra di credere fermamente e, allo stesso tempo, indiscutibilmente di non credere» [13].


NOTE:

[1]  A. Machen, L’iniziazione, in Un’altra realtà. Racconti del mistero, Dagon Press, 2022, p. 19.

[2]  M. Mancini, Arthur Machen: Oltre il velo dell’Ignoto, in Zothique n. 4, Dagon Press, 2020, p. 6.

[3]  A. Machen, Un’altra realtà, in Un’altra realtà, p. 156. 

[4]  Cit. in A. Machen, introduzione a Johnny e il doppio, in Un’altra realtà, p. 127. 

[5]  A. Machen, Psicologia; o frammenti di carta, in Un’altra realtà, p. 68.

[6]  M. Maculotti, I fair ones, l’atavismo e la regressione protoplasmatica, in Oltre il reale, Gog edizioni, Roma 2020, p. 118.

[7]  N. Freeman, cit. in A. Machen Notte di mezza estate, in Un’altra realtà, p. 60. 

[8]  A. Machen, cit. in Il fantasma della Pentecoste, in Un’altra realtà, p. 72. 

[9]  A. Machen, Notte di mezza estate, in Un’altra realtà, p. 58. 

[10]  A. Machen, La visione del Dottor Duthoit, in Un’altra realtà, p. 83. 

[11]  A. Machen, Un’altra realtà, in Un’altra realtà, p. 163.

[12] Ibidem.

[13]  Ivi, p. 158. 

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