Da Ganesha a Dioniso: lo smembramento e la (re)integrazione

Dal mito della decapitazione di Ganesha a quello di Dioniso Zagreo squartato dai Titani, fino a qualche breve accenno sul Salvatore cristiano: morfologia del percorso iniziatico del โ€œFiglio della Madreโ€, dallo โ€œsmembramento ritualeโ€ alla (re)integrazione nella non-dualitร 


di Beatrice Udai Nath
originariamente pubblicato su Turiya
immagine: Dioniso Zagreo, affresco, Pompei


La storia della nascita di Ganesha รจ riportata dallo Shiva Purana. La Dea Parvati si stava accingendo a fare un bagno al fiume, e aveva modellato la figura di un ragazzo dalla sporcizia prelevata dal proprio corpo: quando lโ€™immagine prese vita, chiese al giovane di fare la guardia mentre lei faceva il bagno. Nel frattempo Shiva ritornava da Parvati, e trovava con lei un giovane sconosciuto, che gli impediva di passare. Infuriato, Shiva mozzรฒ la testa del ragazzo, e Parvati ne fu profondamente addolorata. Per rimediare, Shiva mandรฒ allora i suoi demoni (Gana) a prendere la testa di chiunque fosse sorpreso a dormire con il capo rivolto a nord. I Gana trovarono un elefante addormentato e riportarono dunque la sua testa. Shiva pose il capo mastodontico dellโ€™elefante sul corpo del ragazzo e lo fece cosรฌ rivivere. Shiva nominรฒ il ragazzo Ganapati, comandante dellโ€™esercito dei demoni, e gli concesse la prerogativa che chiunque avrebbe dovuto adorarlo prima di iniziare qualsiasi impresa.

Tra le figure che abitano il mondo archetipo, il novizio, lโ€™iniziato, il principiante, addentrandosi nel percorso spirituale, indossa una maschera e si avventura nel labirinto o nel percorso della conoscenza. Il cappuccio, la tonsura, una esclusione del volto umano precedono il momento dellโ€™incontro con la presenza divina, al suo inizio. Il candidato si spoglia della propria identitร  di nascita e si offre ignoto allโ€™ignoto, straniero in territorio sconosciuto, alla ricerca del Supremo. Cosรฌ si incomincia la grande impresa della conoscenza sacra.

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Maschera di Dioniso circondata dai suoi attributi, mosaico, Villa Adriana, Tivoli.

Una maschera rappresentava Dioniso durante i Misteri. Veniva appesa a un palo, decorato con un mantello e rami di edera. Indicava perciรฒ la presenza e lโ€™assenza, il limite: che oltre la rappresentazione fittizia della maschera vi รจ solo il senza-forma, lโ€™asse stesso del cosmo, immobile e silenzioso. La maschera manifestava lโ€™ambiguitร  di Dioniso, la sua onnipotente presenza e la sua radicale assenza, rivelando la specificitร  di Dioniso, il โ€œdio dellโ€™alteritร โ€. La maschera รจ un volto e nasconde il vero volto, รจ figura di persona e rinuncia alla persona, nasconde e manifesta. Paradosso che, per i seguaci del culto dionisiaco, era proprio lo sguardo della maschera, lo sguardo di Dioniso, capace di indurre la trance, o lโ€™entusiasmo, la possessione divina. Guardare i grandi occhi cavi e spalancati della maschera del dio era la chiave per perdersi nel suo enigma.

Scrive Walter Otto:

ยซ Dioniso รจ il dio che sopraggiunge, enigmatico nello sguardo cheย sconvolge. Suo simbolo รจ la maschera, che presso tutti i popoli sta a significare lโ€™immediataย presenza di uno spirito misterioso. Egli stesso รจ venerato come maschera. Il suo sguardo toglie il respiro, confonde, annienta equilibrio e misura. Lโ€™uomo รจ colpito da follia: puรฒ essereย la follia beatificante, che rapisce in ineffabili stati di trance, che libera dal peso della terra, cheย danza e che canta; e puรฒ essere la follia oscura, dilacerante, apportatrice di morte. ยป

Nellaย teofania della maschera Dioniso manifestava lโ€™essenza insita nel concetto stesso di divinitร ,ย quella di essere Altro dallโ€™uomo. Egli, per antonomasia, egli era il โ€œdio-altroโ€, il โ€œdio stranieroโ€ย venuto da un altrove immaginario, non geografico. Era presente, al tempo stesso, sia fuori sia dentro le cittร . Con lโ€™alteritร  del suo sguardo lโ€™adepto stabiliva una relazione asimmetrica, mutando il proprio stato di coscienza: usciva da se stesso (รจkstasis), annullando temporaneamente la propria individualitร  (aphร nisis: โ€œsparizioneโ€, โ€œinvisibilitร โ€), e, mediante lโ€™estesรฌa, introiettava il dio in uno stato entusiastico di possessione.

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Un altro giovane dio e Figlio, nato dalla Vergine, dal Medio Oriente giungerร  a conquistare tutto lโ€™Occidente. La sua vicenda assumerร  il titolo di Persona e Volto forse piรน di ogni altro, e si ritroverร  appeso al Legno, asse del mondo, durante la sua rappresentazione sacra della morte e della rinascita. Per lโ€™Occidente, questo figlio della Vergine, diventerร  lโ€™unico Dio.

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Salvador Dali, โ€œChrist of St. John of the Crossโ€, 1951.

Anche Ganesha nasce dalla sola Madre, รจ figlio della Natura soltanto, e con la Madre trascorre una prima infanzia sulla riva di un fiume. รˆ un bambino come ogni altro, un semplice e bellissimo figlio della polvere e del sudore di madre natura. Proprio cosรฌ dice il mito, letteralmente: Ganesha nasce dal sudore e dalla polvere sulla pelle di Parvati, quindi รจ prodotto della materia di scarto, la materia primordiale, la sozzura con cui lโ€™iniziato deve produrre lโ€™oro filosofale. Finchรฉ per lโ€™incontro fortuito con Shiva la sua testa umana cade, mozzata da un impeto dโ€™ira del dio. Le suppliche della Madre convincono Shiva a restituirgli salva la vita, ma la sua testa รจ ormai perduta, e deve essere sostituita in fretta con quella di un elefante. Ecco apparire il fanciullo divino dalla testa elefantina. Adesso che la sua vita รจ stata spezzata e restituita dalla grazia di Shiva, egli รจ figlio non piรน della Natura, ma del Mahadeva, ed รจ diventato un dio egli stesso.

Con lo smembramento della testa, Shiva compie unโ€™azione iniziatica, cuore dei riti di passaggio, del motivo del โ€œfanciullo divinoโ€, in cui un fanciullo prodigioso รจ trasformato in dio: trasforma la semplice creatura, concepita solo dalla materia di scarto della natura, in una personificazione divina.

A subire lo stesso destino nella mitologia greca รจ Dioniso, ancora neonato, ancora creatura ibrida tra il divino padre Zeus e la madre umana Semele; o quando ancora prima, nel mito cretese, Dioniso era lโ€™oscura figura del serpente Zagreus, che viveva nascosto in una grotta. La dea Hera, gelosa del figlio di Zeus, concepito nel tradimento (sozzura/degradazione), inviรฒ i Titani, con i volti sbiancati di cenere, per ucciderlo e farlo a pezzi. Una dea pietosa โ€“ Atena, Rea o Demetra โ€“ ne salvรฒ il cuore ancora palpitante in un cofanetto, mentre le ossa e il cranio furono sepolte a Delfi. Zeus inghiottรฌ il cuore di Dioniso, che era stato preservato dallโ€™amore della Dea compassionevole, e rigenerรฒ Zagrรจus, che prese il nome di Iacco (Iakchos) o Bacco; oppure, secondo un altra versione, il cuore intatto fu dato a Semele affinchรฉ generasse un secondo Dioniso.

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Da questo evento, a Dioniso fu attribuito il titolo di โ€œnato due volteโ€. Questo attributo รจ, ed รจ sempre stato, quello che contraddistingue lโ€™iniziato, il โ€œnato due volteโ€, rinato una seconda volta nella/per la grazia divina. Bacco non era solo il nome personale del dio, che meglio รจ detto appunto Dioniso, ma indicava altresรฌ colui che รจ nato due volte, che รจ stato iniziato secondo i misteri di Dioniso. Celebre la frase di ยซmolti agitano il tirso, ma pochi sono i Bacchiยป, cioรจ i veri iniziati. La stessa radice etimologica lega, secondo Alain Danielou, i termini Bacco e Bhakta, la forma mistica di devozione che infine cancella ogni dualitร  tra lโ€™uomo e il divino.

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Allo smembramento rituale si sottopongono anche i monaci tibetani nel rituale del Chod (letteralmente: โ€œtaglioโ€), le cui origini sono probabilmente pre-buddhiste e sciamaniche. Il candidato viene portato dal maestro in un luogo isolato, tra le montagne, e abbandonato, talvolta legato a un palo sacrificale o a una roccia. Alexandra David Neel definisce il Chod ยซuna specie di mistero macabro rappresentato da un solo attore: lโ€™officianteยป. Preceduto da diversi gradi di purificazione, il rituale raggiunge il suo scopo quando il novizio, prostrato e isolato da tutto, deve affrontare i demoni, da lui stesso invocati mediante canti e suoni appropriati, e invitarli a divorare il suo stesso corpo.

Durante la pratica, lโ€™anima del praticante รจ visualizzata al centro del cuore, custodita da una divinitร , solitamente femminile, mentre il corpo fisico รจ osservato come morto. In questo stato meditativo, lโ€™iniziato separa la consapevolezza di sรฉ dal corpo, mentre la coscienza viene custodita dalla divinitร  femminile. La divinitร  recide il cranio e quindi riduce il corpo in pezzi, mettendo la carne, il sangue, e le ossa dentro il cranio, in cui si ciberanno gli esseri immateriali, chiamati a partecipare del rito.

Il rituale ha lo scopo dichiarato di portare lโ€™iniziato a sperimentare un radicale distacco dallโ€™identificazione con il corpo e con le istanze psichiche, e permettergli di realizzare un profondo stato di non dualitร  e compassione universale.

Lโ€™immagine mentale della Dakini Nera, custode della coscienza/cuore dellโ€™officiante, che sovrasta il cadavere del corpo fisico, richiama lโ€™immagine di Kali, la tagliatrice di teste, che troneggia sul corpo di Shiva, apparentemente morto. La dea che recide, che istruisce il rito (come Hera nel mito dionisiaco) e la Dea che protegge, sono infine due momenti della stessa funzione: madre-matrigna e custode-maestra, tabernacolo del cuore sacro dellโ€™iniziato โ€“ o Maria tabernacolo di Dio, diranno i cattolici, preposta alla conservazione del corpo e sangue del Figlio, che i devoti sono chiamati a dividere (smembrare) e mangiare.

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Rappresentazione di Ganesha, circa 1810. Via Wikipedia.

Se quindi nella pratica comune, la figura di Ganesha presiede lโ€™inizio di tutto, se si trova sulla porta delle case e degli esercizi commerciali, se รจ invocato allโ€™inizio di ogni rituale devozionale, come prima immagine a cui rendere omaggio, il luogo di Ganesha รจ proprio situato sulla soglia, poichรฉ egli รˆ la soglia.

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Come la sillaba Aum, รจ il principio di ogni cosa, lโ€™inizio del cammino sacro, indicando la postura mentale e spirituale con cui lโ€™impresa che desideriamo compiere avrร  successo: il sacrificio di sรฉ, lโ€™abbandono di ogni attaccamento e di ogni egoismo, e un saldo e cruciale affidamento della propria salvezza e continuitร  cosciente alla Madre divina, che custodirร  il cuore del suo figlio/devoto, fino al compimento della trasformazione. Ogni opera e ogni impresa sono quindi benedette da Ganesha in quanto altrettante prove iniziatiche e occasioni di evoluzione e trasformazione spirituale, cui ostacoli saranno altrettanti mezzi di elevazione, e saranno efficacemente superati. Benedette da questo simbolo, le opere porteranno conoscenza e ricchezza, rappresentate dalla particolare cura che Ganesha riserva allโ€™apprendimento, attivitร  di ogni novizio, e ai molti doni che ne riceve, i dolciumi che sempre accompagnano la gioviale figura elefantina.

Ganesha diviene cosรฌ signore e comandante dei demoni, dei desideri che muovono lโ€™uomo comune e che lo sottopongono alle prove della vita. Al termine delle celebrazioni per Ganesha incomincia il periodo autunnale di celebrazione dei defunti, secondo il calendario Hindu, detto Pritu Paksha. Durante i quattordici giorni della luna calante, si ricordano gli antenati invocando per loro lโ€™elevazione ai mondi celesti e offrendo elemosina e cibo ai poveri o ai templi che ne ridistribuiranno, perchรฉ รจ si ritiene di offrirli cosรฌ alle anime dei trapassati.

Sembra quindi di riprendere nei fatti quello che lโ€™immagine sacra aveva riassunto: il devoto รจ chiamato a smembrare una parte dei propri beni materiali โ€“ il nutrimento del corpo โ€“ in favore dei demoni che, in senso lato, abitano il mondo ancestrale. Le anime e le istanze da cui ereditiamo un debito karmico che muove, nel bene e nel male, i nostri progetti di vita, i successi e gli insuccessi, chiedono di dividere con noi il cibo, che si plachi la loro fame. Nel corso della vita, grazie al nostro lavoro e alla cura dei legami famigliari, presenti e passati, al nutrimento che dividiamo con essi, diventiamo consapevoli delle componenti ereditarie, e delle lunghe catene karmiche che ci legano a questo mondo, e grazie alla compassione, infine, liberati.

Al termine di Pritu Paksha, che si conclude con la Luna Nuova (Amavasya), incomincia il periodo di Navaratri, le nove notti dedicate al culto della Madre divina. Come ne Lโ€™Asino dโ€™oro di Apuleio, al termine delle sue fatiche lโ€™iniziato puรฒ vedere direttamente la grande Dea e intonare le Sue lodi, risanato e in piena coscienza. Nella fiaba di Apuleio, Lucio perde finalmente la testa di asino, che gli era stata imposta da un incantesimo allโ€™inizio della vicenda iniziatica, per ritrovare la sua forma umana: lo smembramento rituale รจ concluso, lโ€™unitร  dellโ€™iniziato รจ ritrovata. Finisce qui la vicenda dellโ€™Eroe, nellโ€™unitร  dellโ€™essere, liberato dai demoni e dallโ€™ignoranza, in adorazione dalla Madre universale.

Se il Navaratri primaverile finisce con la nascita di Rama (Ram Navami), simmetricamente inverso, quello autunnale รจ preceduto dalla nascita del figlio/iniziato Ganesha, per terminare con la celebrazione di Durga, la vittoriosa, lโ€™inaccessibile, colei che mette fine alle sofferenze. Dopo lo smembramento, lโ€™integrazione, dopo la separazione e discriminazione, la compassione e lโ€™integrazione nellโ€™unitร  non duale.


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