Nellβanniversario di nascita di Thomas Ligotti, uno dei massimi esponenti contemporanei della narrativa dellβorrore sovrannaturale, vediamo come il suo saggio βLa cospirazione contro la razza umanaβ ha influenzato la sceneggiatura della prima stagione della serie televisiva βTrue Detectiveβ, e in particolar modo la genesi della visione del mondo del suo personaggio piΓΉ iconico: il tormentato investigatore Rust Cohle.
di Marco Maculotti
Per esplicita confessione del regista Nic Pizzolatto, la massima ispirazione ai fini della genesi della prima stagione di True Detective, e in particolar modo per quanto concerne la βvisione del mondoβ del suo protagonista Rust Cohle, fu lβopera saggistica di uno scrittore contemporaneo dellβorrore sovrannaturale, vale a dire The Conspiracy Against the Human Race dello statunitense Thomas Ligotti.
Lβinfluenza del pessimismo cosmico di Ligotti Γ¨ talmente evidente che piΓΉ di un critico, anzichΓ© limitarsi a parlare di ispirazione, ha gridato senza mezzi termini al plagio β accusa evidentemente esagerata, pur restando lβinfluenza su True Detective dellβopera di Ligotti, come avremo modo di vedere in questa sede, imprescindibile.
Analizzare la βvisione del mondoβ di Ligotti richiederebbe ben piΓΉ dello spazio che in questa sede siamo disposti a concederle; nondimeno, cercheremo di mettere in luce i punti di contatto tra le sue tesi filosofiche, principalmente esposte nel giΓ menzionato La cospirazione contro la razza umana e nel libro di interviste recentemente pubblicato in Italia con il titolo Nato nella paura, con lβapproccio alla vita di Rust Cohle.

La morte dellβEgo
Tanto per cominciare, si dica che persino biograficamente Thomas Ligotti visse in gioventΓΉ esperienze che lo portarono a considerare sotto un punto di vista pessimista la realtΓ e lβesistenza umana, esattamente come nella serie tv si dice esplicitamente accada a Rust: se questβultimo ha maturato la propria concezione esistenziale nichilistica in seguito agli anni passati nella sezione anti-droga, abusando di sostanze, lo stesso accadde a Ligotti nellβestate del 1970, il quale in seguito a un Β«consumo massiccio di droga e alcolΒ» sperimentΓ² Β«attacchi di panico e un generico senso di irrealtΓ Β», che lo portarono alla lettura e alla scrittura come unico modo per Β«non perdere completamente il sennoΒ».
Si ricorderΓ che anche Rust, in seguito allβabuso di droga, svilupperΓ una visione dellβesistenza permeata dal βpessimismo cosmicoβ, e la sua vita da quel momento non sarΓ esente da attacchi di panico e momenti di misteriosa illuminazione, durante i quali a volte gli sembra di percepire e svelare Β«la realtΓ segreta dellβuniversoΒ».
In seguito a quella che potremmo definire una Β«morte dellβegoΒ», sia Ligotti che Rust sembrano accedere a una concezione diversa della realtΓ e dellβesistenza, fondata sullo scetticismo e su un tipo di nichilismo che assume non di rado dimensioni cosmiche: da cui, lβimmagine dellβuniverso alla stregua di un Β«incubo incantatoreΒ», o di un Β«miraggioΒ». Lβuno come lβaltro incappano, usando le parole di Ligotti, in unβΒ«esperienza di precarietΓ Β» che sola conferisce allβesistenza un Β«senso di misteroΒ», unica cosa che rende loro Β«sopportabile esistereΒ».
Paradossalmente, infatti, in un caso come nellβaltro, Γ¨ lβessere passati per questa terribile βdiscesa agli Inferiβ a donare ad entrambi una nuova prospettiva di vita, non piΓΉ fondata sulle illusioni mascherate da scopi su cui si fonda lβesistenza dellβintera umanitΓ βindifferenziataβ, bensΓ¬ su una distaccata accettazione del non-senso che sta alla base della medesima, e su quello che Ligotti definisce β rifacendosi a filosofi quali Schopenhauer, Zappfe, Michelstaedter, MainlΓ€nder e Metzinger β Β«umanesimo tragicoΒ»: il paradosso cosΓ¬ bene espresso da Ligotti Γ¨ che Β«possiamo sfuggire allβorrore solo nel cuore dellβorroreΒ» stesso.
La Tragedia come risveglio
La conseguenza nellβambito sociale Γ¨ che, se per le persone βindifferenziateβ Ligotti nella realtΓ come Rust nella serie televisiva appaiono come dei casi psichiatrici, da un punto di vista piΓΉ profondo essi ricalcano lβarchetipo dellβoutsider, il quale solo, come ha egregiamente sottolineato Colin Wilson nella sua omonima opera, si dimostra in grado di distaccare la propria mente, e di conseguenza la propria esistenza, dallβinganno delle illusioni che reggono le strutture sociali e psicologiche della grandissima maggioranza dei loro consociati.
Resisi conto dellβinsensatezza di tutti i Β«trucchi psicologiciΒ», dei Β«giochi socialiΒ», e delle Β«pressioni ad evacuare» su cui si fonda la vita comunitaria Ligotti come Rust rinascono come βindividui differenziatiβ, nella convinzione che solo e unicamente una concezione tragica dellβesistenza ci possa spingere avanti in un mondo apparentemente privo di significato. Come ebbe a scrivere Ligotti:
se non fosse per la tragedia la razza umana si sarebbe estinta da un pezzo. La tragedia ci sorregge e ci spinge verso il futuro nel paradossale tentativo di espellere il tragico dalla nostra vita. Come disse la saggia marionetta: Β«Meglio essere inondati dalla tragedia che non avere niente di significativo per cui adoperarsiΒ». [β¦] Il tragico Γ¨ il pedale su cui gli altri propulsori drammatici β per esempio la bellezza e lβamore β ricamano fioriture melodiche che sembrano alludere a qualcosa di diverso dal tragico e tuttavia fanno parte della piΓ¨ce tanto quanto gli orrori contorti che calcano il palco.
La presa di coscienza su cui si fonda il cambiamento di concezione esistenziale di Ligotti come di Rust Γ¨, paradossalmente, la realizzazione che lβevoluzione della coscienza Γ¨ la Β«genitrice di tutti gli orroriΒ», in quanto la vita dellβio, che generalmente si reputa autonoma, non Γ¨ nulla di piΓΉ che unβillusione abilmente tessuta da millenni, per fare in modo che la maggior parte degli individui che compongono lβumanitΓ non si renda conto dellβinutilitΓ che grava sulle proprie scelte e sulle conseguenti azioni.
Β«Dentro di noiΒ», scrive Ligotti, Β«non cβΓ¨ niente che si possa chiamare βnoiβ. Messa da parte lβillusione condivisa, siamo marionetteΒ», o, per dirla diversamente, Β«accidenti generati a caso e condizionati dispoticamenteΒ»: osservazioni nichilistiche che, come il lettore potrΓ notare da sΓ©, lo stesso Rust fa sue nella serie televisiva sceneggiata da Pizzolatto.

La maledizione della coscienza
A causare la tragedia insita nellβesistenza umana non sarebbe altro, come giΓ sosteneva il filosofo norvegese Zappfe, che una Β«maledetta eccedenza di coscienzaΒ», rea di aver distaccato eccessivamente lβessere umano dal resto della creazione e di averlo conseguentemente reso un Β«paradosso biologicoΒ», un Β«oggetto perturbanteΒ»; osservazioni che emergono anche dalla lettura di uno dei romanzi piΓΉ importanti del secolo scorso, Il lupo della steppa di Hermann Hesse, e che Ligotti riprende pedissequamente:
A condannarci [β¦] fu la coscienza: genitrice di tutti gli orrori e autrice di tutto ciΓ² che crediamo debba e non debba essere. [β¦] Nessunβaltra forma di vita sa di essere viva, nΓ© sa di dover morire. Γ una maledizione tutta nostra. Senza questo malocchio non ci saremmo mai allontanati cosΓ¬ tanto dalla natura: a tal punto e tanto a lungo che diventa un sollievo ammettere ciΓ² che abbiamo provato con tutti noi stessi ad ammettere, cioΓ¨ che da quel momento siamo stati stranieri nel mondo naturale.
E ancora, elucubrando su quella che definisce Β«tragedia dellβegoΒ», Ligotti chiosa amaramente:
la peggiore tra le cose che potremmo sapere β peggio che scoprire che discendiamo da una massa di microorganismi β Γ¨ che siamo nessuno anzichΓ© qualcuno, marionette anzichΓ© persone. [β¦] Adesso la nostra specie si estingue in grandi epidemie di pazzia, perchΓ© adesso sappiamo che dietro le quinte della vita cβΓ¨ qualcosa di deleterio che rende il nostro mondo un incubo. Adesso sappiamo di essere paradossi perturbanti. Sappiamo che la natura ha sconfinato nel soprannaturale fabbricando una creatura che non puΓ² e non dovrebbe esistere secondo le leggi naturali, e invece esiste.
Sono, questi, rilievi ligottiani che Nic Pizzolatto riprende pari-pari e che mette in bocca a Rust in piΓΉ di un dialogo di True Detective, durante i suoi sproloqui nei confronti del collega di investigazioni Marty Hart. In questo senso, il ritratto che Ligotti fa di uno dei suoi personaggi piΓΉ riusciti, il βPagliaccio marionettaβ, calza alla perfezione anche con riguardo a Rust Cohle:
Il suo sproloquiare che tutto Γ¨ insensato risulta davvero ironico ai suoi lettori [o, nel caso di Rust, spettatori; ndr] [β¦]. Lui Γ¨ serio da morire e questo Γ¨ uno dei dettagli che rendono comico il suo sproloquio: non se ne rende conto.

Il Sacro come Mysterium tremendum
Unβaltra peculiaritΓ che avvicina Rust a Ligotti Γ¨ lβavversione che condividono per la religiositΓ , o quanto meno per le religioni monoteiste, inquadrate come strumenti di potere volte da un lato a controllare e tenere sottomesse le masse con la paura e il senso del peccato, dallβaltra a convincerli di una supposta importanza che il loro rispettivo dio accorderebbe ai propri fedeli, per il solo merito di essere suoi adepti.
Non Γ¨ un caso se lβunica religione cui Ligotti guardi con interesse sia il buddhismo, alle cui fondamenta sta la domanda esistenziale: Β«Siamo veri noi?Β»; e qualcosa di simile di sicuro si riscontra anche in Rust, il quale, pur non definendosi religioso, tiene un crocifisso appeso al muro della sua spoglissima abitazione considerandolo una forma di meditazione.
PiΓΉ congeniale a Ligotti, e per esteso anche a Rust, Γ¨ la visione religiosa di un Rudolf Otto, filosofo tedesco che egli cita esplicitamente e che considerava il Sacro alla stregua di un Mysterium tremendum, βtotalmente altroβ rispetto alla coscienza umana: il Sacro, in altri termini, come Orrore supremo, la cui esperienza ci distacca repentinamente da una visione miope, umana troppo umana, del nostro posto e ruolo nel mondo.
Lβidea, in altre parole, che esista Β«qualcosa di misterioso oltre la realtΓ fisicaΒ», un Β«potere oscuro e disgustoso allβorigine della vitaΒ», il che rende lβesperienza del sovrannaturale Β«la controparte metafisica della folliaΒ». Ligotti prende in prestito la propria personale idea di Dio dal filosofo tedesco Julius Bahnsen, secondo il quale Β«una forza priva di scopo soffia una vita nera dentro ogni cosa e vi banchetta, pezzo dopo pezzo, rigurgitandosi addosso, rinnovando in eterno le palpitanti forme del suo pastoΒ»; e si noterΓ come non troppo dissimile Γ¨ la concezione della divinitΓ da parte di Rust Cohle in True Detective.
Tuttavia, Γ¨ proprio la realizzazione di questo βmistero tremendoβ e la conseguente morte dellβego a fornire allβindividuo un rinnovato senso del sacro e del divino: Ligotti, a questo proposito, cita un resoconto di esperienza di pre-morte di Tom Horowitz, che ricorda da molto vicino quella vissuta da Rust durante il coma, nellβultima puntata della serie televisiva. Horowitz cosΓ¬ descrive la sua esperienza:
Non rimaneva piΓΉ traccia dellβimportanza che davo a me stesso. Era come se la morte avesse cancellato il mio ego, i miei attaccamenti, la mia storia, chi ero stato. [β¦] Non cβerano piΓΉ la mia storia personale e le sue piccole vanitΓ . La totalitΓ di me stesso ne fu cambiata. Il βmeβ era molto piΓΉ piccolo e compatto di quanto fosse mai stato. Tutto quello che cβera lo avevo davanti agli occhi. Mi sentivo incredibilmente leggero. La personalitΓ era una vanitΓ , unβelaborata illusione, un artificio.

La scoperta della grande VastitΓ
Unβaltra esperienza di morte dellβego citata da Ligotti nel suo saggio che presenta innegabili corrispondenze con quella di Rust Cohle Γ¨ quella vissuta da Suzanne Segal, dopo che le fu diagnosticato un tumore al cervello, che essa tentΓ² di spiegare nei seguenti termini:
Quando lβio personale sparisce, dentro non cβΓ¨ piΓΉ nessuno che si possa localizzare e identificare con te. Il corpo Γ¨ un semplice contorno, privo di tutto ciΓ² di cui fino a poco prima si era sentito cosΓ¬ pieno. La mente, il corpo e le emozioni non si riferivano piΓΉ a nessuno: non cβera nessuno che pensava, nessuno che provasse emozioni, nessuno che percepiva. La mente, il corpo e le emozioni continuavano a funzionare indenni, perΓ²; allβapparenza non avevano bisogno di un βIoβ per continuare come sempre. Pensare, provare sensazioni, percepire, parlare: tutto continuava come prima, funzionava con una fluiditΓ che non dava segno di nascondere dietro di sΓ© il vuoto.
Rust, da parte sua, cosΓ¬ descrive lβingresso della sua anima ormai separata dal corpo e dallβillusorietΓ dellβio nella vastitΓ del buio eterno:
CβΓ¨ stato un momento in cui ho iniziato a scivolare nellβoscuritΓ . Era come se fossi diventato un essere senza coscienza con una vaga consistenza nellβoscuritΓ e sentivo che quella consistenza svaniva. Sotto lβoscuritΓ cβera unβaltra oscuritΓ , unβoscuritΓ che era piΓΉ profonda, calda. Era come se fosse tangibile. [β¦] Ero sparito. Non esisteva βioβ. Cβera soltanto amoreβ¦ e allora mi sono risvegliato.
(True Detective, episodio VIII)
Similmente allβoscuritΓ piΓΉ profonda che Rust percepisce dietro il buio ordinario, la Segal parla della βvastitΓ β come di Β«un fenomeno unitario che includeva tutta lβesistenzaΒ», e che per tale ragione esorbitava di gran lunga la mera esperienza del singolo βioβ su cui si fonda in condizioni βnormaliβ la coscienza umana.
Anche da questo punto di vista, lβesperienza vissuta dalla Segal va di pari passo a quella capitata a Rust durante il coma, in seguito alla quale questβultimo percepisce lβesistenza di un significato piΓΉ elevato e per cosΓ¬ dire sacrale del reale, al punto che egli abbandona definitamente la concezione meramente pessimista su cui si era fondata fino a quel momento la sua vita. CosΓ¬ scrisse la Segal:
Lo scopo della vita umana Γ¨ stato rivelato. La vastitΓ ha creato questi circuiti umani per avere unβesperienza di se stessa fuori da stessa che in loro assenza non avrebbe potuto avere.
La spiegazione che Ligotti dΓ con riguardo allβesperienza estatica vissuta dalla Segal potrebbe benissimo applicarsi anche a quella omologa sperimentata da Rust nellβultimo episodio della serie televisiva:
Vivendo nella vastitΓ come lei, nulla era inutile per Segal, perchΓ© tutto serviva allo scopo della vastitΓ . Ed era una bella sensazione, superata la paura iniziale di essere uno strumento della vastitΓ anzichΓ© una persona.
Una guerra millenaria
Anche la menzione da parte di Rust Cohle dellβesistenza di una millenaria lotta cosmica che vede contrapposti la Luce e lβOscuritΓ , ovvero il Bene contro il Male, per concludere questa nostra comparazione fra il trattato di Ligotti e lβesperienza esistenziale del protagonista di True Detective, Γ¨ debitrice di un passaggio della Cospirazione contro la razza umana, nel quale Ligotti rileva:
Tra i giochi che quasi tutti gli autori di narrativa dellβorrore fanno giocare ai propri personaggi ce nβΓ¨ uno che si chiama Bene contro Male. E ci giocano come fosse lβunico disponibile. Di certo Γ¨ il piΓΉ vecchio, quello su cui abbiamo basato buona parte del nostro modo di creare personaggi sin dai tempi in cui abbiamo capito chi eravamo, o ci Γ¨ sembrato di capirlo. [β¦] Il gioco del Bene contro il Male riguarda lβorrore nel mondo, e i suoi giocatori, i suoi personaggi, hanno una possibilitΓ di combattere. Lβaltro gioco riguarda lβorrore del mondo e nessuno dei suoi giocatori ha una possibilitΓ , se non per puro caso.
Ed Γ¨ proprio, nellβinterioritΓ di Rust, il realizzare questa veritΓ eterna, in seguito allβesperienza di pre-morte, a condurlo su un altro sentiero, meno nichilista e maggiormente volto a considerare il cammino della vita da un punto di vista sacrale, eccedente la singolaritΓ della coscienza dellβindividuo umano in unβottica di comprensione assoluta, basata sulla presa di coscienza di un conflitto trascendentale che concerne lβintera Anima Mundi nel suo cammino verso la Liberazione definitiva:
Una volta cβera solo lβoscuritΓ . Se me lo chiedessi, ti direi che la Luce sta vincendo.
(True Detective, episodio VIII)

Bibliografia:
Thomas Ligotti, La cospirazione contro la razza umana, il Saggiatore, Milano 2016
Thomas Ligotti, Nato nella paura, il Saggiatore, Milano 2019
4 commenti su βLβinfluenza di Thomas Ligotti sulla genesi di βTrue Detectiveββ