Il β€œManoscritto dello Yoga caucasico” del Conte Colonna Walewski: un enigma esoterico e letterario (I parte)

In Occidente, il termine yoga evoca perlopiΓΉ pratiche, insegnamenti e paesaggi dell’Asia centro-orientale, del Tibet e dell’India, associati in modo piΓΉ o meno pertinente al Buddhismo. Non puΓ² quindi non stupire una definizione come β€œYoga caucasico”, che sposta bruscamente il pensiero del lettore alcune centinaia di chilometri a ovest: nel Caucaso, appunto, antichissimo crocevia geografico, ma anche etnico, storico e mitologico, tra Eurasia e Medio Oriente. Dunque di che cosa si tratta?    

Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, negli Stati Uniti comparve uno strano libro intitolato A system of Caucasian Yoga (Un sistema di Yoga caucasico), redatto dal conte Stefan Colonna Walewski, ex diplomatico polacco emigrato a New York. Il conte Walewski sosteneva di aver frequentato, durante uno dei suoi viaggi internazionali, una misteriosa confraternita neo-zoroastriana ubicata nel Caucaso, che lo avrebbe messo a conoscenza della dottrina e dei metodi per praticare determinate tecniche respiratorie e psico-fisiche che avrebbero favorito lo sviluppo di stati di coscienza straordinari e di facoltΓ  teurgiche; dagli insegnamenti segreti che questa setta gli avrebbe trasmesso in lingua russa e persiana, e che egli scrisse a mano in inglese, nacque il cosiddetto Manoscritto dello Yoga caucasico. Il volume fu stampato e pubblicato nel 1955 (poco prima della morte dell’autore) dalla casa editrice Falcon’s Wing Press di Indian Hills (Colorado), che ne stampΓ² mille copie; di queste, perΓ², la maggior parte fu eliminata dopo che gli esponenti di un’associazione esoterica presente negli USA – coloro che li incontrarono ricordavano il loro nome come β€œMasdasnin” – giudicando pericolosa la divulgazione di pratiche segrete, ottennero il ritiro del libro dal commercio ricorrendo al tribunale. Del Manoscritto sopravvissero trecento copie, che furono ripubblicate soltanto trent’anni dopo, nel 1987, dalla Borderlands Sciences Research Foundation, specializzata nello studio dei fenomeni, appunto, β€œai confini” delle scienze ufficiali. Infine, intorno al 2000, un’edizione superstite del Manoscritto venne tradotta per la prima volta in italiano e pubblicata a Roma con il testo originale (curiosamente tutto in stampatello maiuscolo) riprodotto sulle pagine a fronte. In queste settimane, a distanza di un ventennio, Venexia Editrice (Roma) ripropone questo libro con una dissertazione del noto scrittore ed esperto di letteratura esoterica e fantastica Sebastiano Fusco, ed un saggio introduttivo di chi scrive (condensato e aggiornato, per quanto possibile, qui di seguito).  

Che cosa c’era dunque di segreto negli insegnamenti trascritti dal nobile polacco? E chi erano i misteriosi adepti che ne ottennero il ritiro dall’editoria? Per fare luce su queste circostanze Γ¨ necessario conoscere meglio l’autore.     

Stefan Colonna Walewski, nato a Vilnius (attuale capitale della Lituania) il 9 giugno 1897, e morto a New York il 19 maggio 1955, si dichiarava discendente diretto del conte Alexandre Florian Joseph Colonna Walewski (1810-1868), figlio illegittimo di Napoleone Bonaparte I e della sua amante polacca Maria Laczynska (1786-1817), moglie del conte Anastasy Colonna Walewski, ciambellano del re di Polonia e piΓΉ anziano di lei di cinquant’anni. Vi sono ritratti e fotografie del conte Alexandre Florian che mostrano la spiccata somiglianza tra il suo volto e quello di Napoleone; viceversa, del conte Stefan esistono soltanto due rare fotografie: una pubblicata sulla rivista statunitense β€œAmerican Magazine” di ottobre 1948, che gli dedicΓ² un articolo intitolato Devilish Business (Affari diabolici), l’altra – un primo piano del suo volto dall’espressione algida – riprodotta sulla quarta di copertina della prima edizione di A system of Caucasian Yoga; questa fotografia, peraltro, Γ¨ accompagnata da un suo breve ed interessante profilo biografico:

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Naturalizzato statunitense nel 1927, Walewski era giunto negli USA nel 1916 come agente diplomatico del governo polacco o dell’ormai malfermo Impero austroungarico; in tale ruolo, aveva visitato diversi paesi d’Europa e dell’Asia Minore; purtroppo non si trovano ulteriori notizie su chi fosse suo padre, diplomatico al servizio dell’impero russo. A New York il conte divenne noto per la sua filantropia, come dimostrerebbero le sue donazioni alla comunitΓ  buddhista; tuttavia, la sua personalitΓ  aveva anche un lato oscuro. Esoterica, il vasto bazar di oggetti magici, manufatti d’arte orientale e curiositΓ  archeologiche da lui aperto, comprendeva sia manufatti giunti fra le sue mani in modo misterioso, sia falsi, realizzati sovente da lui stesso. Forse l’unico altro libro tradotto in italiano che parli del conte Stefan Colonna Walewski Γ¨ In the Seventies del giornalista Barry Miles, pubblicato negli USA nel 2011 e dedicato alle culture β€œalternative” americane dal secondo dopoguerra agli anni ’70. In questo volume – edito in italiano col titolo I Settanta. Da William Burroughs ai Clash, da Allen Ginsberg a Patti Smith. Avventure nella controcultura – si racconta che Harry Smith, un esponente della β€œcontrocultura” USA dei primi anni ’50, ebbe come β€œinsegnante di occultismo” proprio il conte Walewski, descritto come un personaggio quantomeno inquietante: 

β€œex ambasciatore austriaco negli Stati Uniti ritrovatosi di colpo senza lavoro quando l’Austria era diventata filocomunista”. Si era dato da fare e a New York aveva aperto Esoterica, un negozio che vendeva falsi manufatti tibetani e oggetti orientali insoliti in quantitΓ . β€œAi tempi in cui il Tibet era ancora al suo posto”, per dirla con Harry. Pare che Harry avesse convissuto con Walewski, forse in un mΓ©nage omosessuale. Lui disse che il conte gli dava soltanto qualche soldo di tanto in tanto, e che con quelle mance sopravviveva. L’appartamento era vicino al negozio e il conte vi custodiva i suoi oggetti piΓΉ preziosi. C’erano sessanta o settanta thangka tibetani, Harry diceva che dopo una certa opera di convincimento il conte gli aveva donato i migliori. C’era una biblioteca di libri rari e preziosi come pochi altri al mondo, compresi titoli di Crowley diffusi in tirature da cinquanta copie. Tra i regali ricevuti da Harry c’era il dattiloscritto originale della cerimonia 5=6. […]

Per proteggersi dai veleni, Walewski aveva suggerito a Harry di praticarsi tre tagli all’interno delle cosce sfregandovi certe sostanze velenose, ma lui era troppo timoroso, non obbedΓ¬ e non ottenne mai la protezione. Le stanze di Walewski custodivano una biblioteca disordinatissima e montagne di manufatti etnici. Il pavimento era letteralmente ricoperto da decine di migliaia di ushabti, piccole statuette funebri egizie, erano cosΓ¬ tante che non riuscivi a camminare senza calpestarle e magari sbriciolarne qualcuna. A dominare l’ambiente, una statua di dimensioni esagerate di Lon Nol [altro nome di Trungpa, un guru tibetano conosciuto dal noto poeta beat Allen Ginsberg, n.d.R.] che cavalca una bestia e usa il figlio fustigato come sella. Si diceva che quando praticava i suoi rituali, Walewski riuscisse chissΓ  come a infilarsi nella statua di bronzo, cosa improbabile vista l’obesitΓ  che lo faceva muovere a fatica in negozio. Il conte si nutriva di patate e prezzemolo che affettava con vigore su un tavolo medievale in salotto, e mangiava con le mani. Un giorno Harry era andato in cerca di una forchetta per sΓ©. Aveva notato che sul fornello bolliva qualcosa che non c’entrava con il loro pasto. Aveva aperto tutti i cassetti in cerca della posata. β€œErano pieni di femori umani. Capito? Passava un sacco di tempo a costruire manufatti tibetani, e c’era una certa richiesta di flauti d’osso. Era d’accordo con il becchino di non so quale ospedale, e sul fornello c’era un osso. Messo a bollire per staccare la carne! Questo prima che ci fosse Κ»l’esplosione dell’occultismoΚΌ, eh. All’epoca gli articoli tibetani costavano tantissimo. E i tibetani, ovvio, sono sempre stati bravi commercianti. Hanno costruito milioni di quegli strumenti, piΓΉ di quanti ne servissero in Tibet. Tutti ne volevano uno!”.  

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Walewski

All’epoca della prima edizione italiana del Manoscritto, qualche studioso avrebbe sostenuto che le operazioni psicofisiche che il conte Walewski dichiarava d’aver imparato presso l’oscura setta caucasica cui si Γ¨ giΓ  accennato, possano essere le medesime importate in Europa dal noto esoterista Georges Ivanovič Gurdjieff (1866?-1949), il quale, menzionando la misteriosa β€œconfraternita di Sarmoung”, potrebbe avere alluso alla stessa associazione conosciuta da Colonna Walewski, attribuendole uno dei suoi caratteristici nomi stranianti e suggestivi. È stato anche ipotizzato che i non meno misteriosi β€œMasdasnin” vollero bloccare la pubblicazione perchΓ© gli insegnamenti in essa raccolti potrebbero essere stati sottratti da loro stessi ad una o piΓΉ associazioni esoterico-iniziatiche precedenti; qualcuno si Γ¨ quindi chiesto se i membri della β€œconfraternita di Sarmoung” possano essere stati i predecessori Κ»legittimiΚΌ dei β€œMasdasnin”. Ma queste due associazioni esoterico-iniziatiche sono esistite veramente?

L’unica associazione neo-zoroastriana che abbia un nome simile a β€œMasdasnin” Γ¨ la Confraternita di Mazdaznan, la quale, pur annoverando pochissimi seguaci e non avendo piΓΉ un’organizzazione istituzionale, esiste ancora negli USA e in Europa. Mazdaznan fu fondata da un cittadino tedesco, Otto Hanisch, di cui risultano incerte la data e la localitΓ  di nascita: secondo il suo seguace David Ammann (che pubblicΓ² molti scritti di Hanisch scrivendone talvolta anche le prefazioni), Hanisch nacque a Teheran, nel 1844, figlio di un diplomatico russo, e lo stesso Ammann racconta che fosse stato iniziato sin da bambino all’interno di una societΓ  segreta zoroastriana nelle montagne iraniche, dove praticΓ² tecniche respiratorie che ebbero effetti benefici sulla sua salute (pare che avesse problemi cardiaci). Altri lo vogliono nato a Poznan, in Polonia, nel 1854-55 – cittΓ  che perΓ² potrebbe essere quella dei suoi genitori, immigrati negli Stati Uniti – oppure addirittura a Mendota, nell’ambiente rurale dell’Illinois. Hanisch assunse il nome orientaleggiante Otoman Zar-Adusht Ha’nish, e curiosamente – proprio come il conte Colonna Walewski qualche decennio piΓΉ tardi – affermΓ² di avere appreso la dottrina Mazdaznan durante un soggiorno in Asia centro-occidentale; il che puΓ² farci dubitare della sinceritΓ  del conte su queste circostanze. In italiano, oltre alle poche righe presenti nell’Enciclopedia Treccani on line, su Hanisch e sui Mazdaznan abbiamo notizie attendibili pressochΓ© esclusivamente dalla scheda a loro dedicata dal CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni):

Otto Hanisch (1844-1936) nasce nel 1844 a Teheran da padre russo e madre tedesca. Sulla stessa localitΓ  di nascita, peraltro, non mancano controversie, e in ogni caso, della sua vita per i successivi cinquantasei anni si sa molto poco. Nel 1900 Γ¨ a Chicago, dove afferma di essere stato iniziato in Persia (o in Tibet) in un misterioso Ordine zoroastriano. Inizia a raccogliere discepoli con il nome di Otoman Zar-Adusht Ha’nish, e nel 1917 fonda in California l’associazione Mazdaznan. Fra i principali discepoli si contano Maud Meacham (1879-1959) e David Ammann (1855-1923), che avrΓ  un ruolo importante nei primi anni della diffusione di Mazdaznan in Europa. Dopo la morte di Ha’nish, gli succedono β€œelettori” fino a quando il messicano Alfonso R. CalderΓ³n decide di porre fine nel 2001 alla presenza organizzata negli Stati Uniti, ormai ridotta ai minimi termini. Le branche nazionali sono oggi semiautonome ma un ruolo di coordinamento Γ¨ svolto da quella tedesca, la piΓΉ grande. Un certo numero di attivitΓ  pubbliche continuano pure nella branca ungherese.

Mentre negli Stati Uniti Mazdaznan ha condotto un’esistenza piuttosto tranquilla, in Europa non sono mancate le polemiche. È stato messo in dubbio, in particolare, che si tratti di un autentico insegnamento zoroastriano, sottolineando piuttosto le peculiari idee del fondatore. BenchΓ© fondamentalmente monoteistico, Mazdaznan insegna che β€œl’uomo Γ¨ in Dio e Dio Γ¨ nell’uomo”. Ogni razza ha una particolare visione religiosa: la piΓΉ alta – e per qualche verso finale – Γ¨ quella della razza ariana, che si esprime negli insegnamenti zoroastriani, a loro volta coincidenti con quelli del genuino cristianesimo, da non confondere con la versione istituzionalizzata – sempre secondo Mazdaznan – corrotta da san Paolo. Frequente Γ¨ stata l’accusa di razzismo, anche se nel 1935 Mazdaznan Γ¨ stato vietato nel Terzo Reich per il suo pacifismo. Oggi gli scritti del fondatore sul destino religioso della razza sono ripubblicati con una nota che nega ogni intenzione di discriminazione razziale.

Lo scopo della vita umana sulla Terra consiste nel trasformare il mondo in un giardino dove Dio (Mazda) possa tornare a intrattenersi con gli uomini. La tecnica per redimere il mondo della materia e renderlo perfetto come lo spirito si articola in esercizi di respirazione (di importanza centrale e di vasta influenza nell’ambiente della nuova religiositΓ  tedesca prima della Seconda guerra mondiale), preghiere ritmiche e canti. Assume importanza anche la dietetica, che ha attirato l’attenzione di molti medici e ha diffuso Mazdaznan in ambienti salutistici anche in Italia, dove, se la presenza organizzata Γ¨ venuta meno (Γ¨ rimasto, di fatto, un solo referente istituzionale), rimangono perΓ² lettori di Otto Hanisch e membri in contatto direttamente con branche straniere del movimento.

Da questa scheda del CESNUR emerge velatamente un’anticipazione del marcato sincretismo che caratterizza abbondantemente il Manoscritto dello Yoga caucasico. Leggendolo, si scopre che esso assembla, non sempre in modo coerente, elementi dottrinali e pratici eterogenei, provenienti da varie filosofie e religioni eurasiatiche; i riferimenti a sistemi filosofico-iniziatici dell’Asia orientale o dell’area mediterranea ed europea: concetti e tecniche di yoga indo-buddhistico si intrecciano a termini di matrice zoroastriana e cristiana, a mantra espressi in un linguaggio sillabico (forse in parte di fantasia o ad imitazione della lingua persiana), e talvolta a vere e proprie formule magiche. Il testo si rifΓ , ad esempio, tanto al Cristianesimo – l’introduzione scritta dal conte si apre con una citazione, un po’ modificata, della frase di GesΓΉ β€œNon vi Γ¨ nulla di nascosto che non sarΓ  svelato” (Matteo, 10:26; Luca, 12:2) – quanto all’alchimia intesa come iter ascetico-spirituale (c’Γ¨ almeno un riferimento alle due correnti energetiche ida e pingala connesse alla respirazione [3]); vi si trovano riferimenti a un β€œsistema egizio” e β€œcaldeo” quasi certamente non originario delle civiltΓ  egizia e mesopotamica, bensΓ¬ elaborato in seguito, probabilmente da parte di scuole esoteriche neoplatoniche e neopitagoriche egittizzanti; nozioni e pratiche antiche sono poste con disinvoltura accanto a concezioni moderne e a recenti (per l’epoca) acquisizioni tecnico-scientifiche: non mancano ripetuti riferimenti all’elettricitΓ  applicata e alle onde radio, assimilate allβ€™β€œaura” della Terra, chiamata col nome persiano Armaiti, personificazione divina del nostro pianeta come essere dotato di coscienza, obbediente alla legge di Dio o Ahura-Mazda; vi Γ¨ una digressione di biologia delle cellule che occupa cinque pagine. Tutto questo, e altro ancora, incorniciato da una forma di gnosticismo secondo cui il mondo e l’essere umano sono decaduti da una originaria condizione di purezza psicofisica. 

Un apporto personale del conte Walewski, certamente non prelevato dalle dottrine yoga, zoroastriane o Mazdaznan, Γ¨ costituito dalle sporadiche ma esplicite menzioni del complesso di pratiche teurgiche Magick, termine coniato dal controverso occultista e mago inglese Aleister Crowley (1875-1947), del quale – come si Γ¨ visto – il conte Walewski possedeva numerosi testi. Nel Compendio generale – sezione del Manoscritto posta fra gli β€œArcani maestri” e gli β€œArcani minori” – appare il primo riferimento al Magick. Crowley pubblicΓ² nel 1929 l’omonimo libro -il che ci indica che il Manoscritto di Walewski fu certamente redatto dopo il 1930 – e definiva il Magick β€œl’arte e la scienza di provocare cambiamenti in conformitΓ  con la Volontà”, mentre il Manoscritto lo presenta come β€œl’applicazione pratica dell’osservazione super-sensitiva e della sua interpretazione. Il suo scopo Γ¨ di fare apparire e scomparire le cose e di modificare un oggetto in un altro – creazione, distruzione e trasmutazione”.

Quanto di questo insieme di riferimenti dottrinali e pratici esoterico-religiosi puΓ² quindi coincidere davvero con quello che Gurdjieff affermΓ² di avere appreso nel corso dei suoi viaggi in oriente?

Nel 1885, Gurdjieff aveva cominciato un lungo viaggio tra Europa e Asia insieme a un gruppo di amici chiamati β€œRicercatori di Verità”, che comprendeva studiosi di diverse branche del sapere; da Costantinopoli si spostΓ² a est, imbattendosi nelle rovine archeologiche di un’antica cittΓ  nell’Anatolia orientale. Qui nel 1886 egli avrebbe trovato i resti degli scritti su pergamena di un’antica associazione esoterica, la Confraternita di Sarmoung, fiorita forse a Babilonia addirittura nel 2500 a.C.; successivamente, avrebbe incontrato un oscuro ex missionario cristiano, Padre Ioannas, che molti anni prima aveva conosciuto alcuni dei Sarmoung, era stato ammesso tra loro e soltanto allora – disse – aveva finalmente trovato la veritΓ  definitiva sul destino dell’essere umano [4]. A quanto pare, Gurdjieff conobbe in questo modo la matrice delle danze mistiche – eseguite da un presunto ordine di β€œsacerdotesse” – che poi lui stesso rielaborerΓ  inserendovi alcuni elementi tratti da altre scuole religiose, soprattutto i Sufi musulmani e i Dervisci rotanti, che egli conosceva giΓ  piuttosto bene. Tuttavia,

l’unico indizio su cosa si pratichi nel tempio ci arriva quando descrive le danze rituali che le sacerdotesse eseguono seguendo istruzioni incise su grandi pilastri d’oro che ricordano una foresta, danze che probabilmente sono alla base dei famosi movimenti che Gurdjieff inserirΓ  piΓΉ tardi nel suo ‘Lavoro’.

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Nonostante l’incertezza e l’ambiguitΓ  di queste testimonianze,

nel corso degli anni numerose persone, dando per scontata l’esistenza della Confraternita, hanno cercato di identificarne la posizione. Uspenskij la collega allo Zoroastrismo, reputando Sarmoung la pronuncia armena del persiano sar-man, β€œcolui che preserva la dottrina” […], mentre Desmond Martin la colloca tra le montagne dell’Hindu Kush nel nord dell’Afghanistan. Idries Shah, famoso pensatore sufi del XX secolo, riporta diverse storie e preghiere sarmouni, mentre Omar Michael Burke, probabile suo pseudonimo, scrive di diversi incontri con loro, descrivendoli come una rete di villaggi e case sparse piuttosto che come un singolo monastero. L’attivista e diplomatico canadese James George, infine, la ritiene un’errata trasposizione di Surmang, un gruppo di monasteri buddhisti nell’omonima catena montuosa in Tibet.

L’indeterminazione della stessa esistenza della confraternita Sarmoung ha quindi condotto ad affermare che:

Il problema delle fonti cui Gurdjieff attinse […] resta insoluto: la Confraternita di Sarmoung, β€œfondata a Babilonia nel 2500 a.C.” secondo le sue parole, non Γ¨ che un mito, e sono dubbie le testimonianze ad usum delphini prodotte dal neo-sufi (o forse meglio, pseudo-sufi) Idries Shah per identificarla con presunti ordini sufici afgani legati alle confraternite Naqshbandi e Qalandari dell’Asia centrale.

A questo proposito anche altri studiosi di misteri e di esoterismo hanno concluso che in realtΓ  non vi sia alcun legame tra il Sufismo islamico e la confraternita Sarmoung, dubitando che quest’ultima sia realmente esistita:  

Anche se pochi lo direbbero in modo cosΓ¬ schietto, mi sembra chiaro che i Sarmoung siano interamente immaginari. Non si conosce alcuna tariqa [confraternita] Sufi di un tale nome, e infatti β€œSarmoung” Γ¨ un nome fantastico tipicamente gurdjieffiano. È immediatamente ovvio per chiunque sappia qualcosa sul Sufismo regolare che non c’è nulla di lontanamente Sufi nell’Ordine Sarmoung descritto da Gurdjieff (Movimenti europei neo-sufi nel periodo tra le due guerre).

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Gurdjieff

Dunque si tratterebbe di un’associazione esoterica con poca o nessuna affinitΓ  con il Sufismo, di incerta collocazione geografica e di dubbia esistenza, alla quale Gurdjieff avrebbe dato uno dei suoi tipici nomi stranianti. Eppure, proprio in Italia v’è chi sostiene di averne trovato alcuni indizi tra i documenti custoditi da una famiglia ben nota nel contesto politico della seconda metΓ  del Novecento, quella di Mariano Rumor (1915-1990), piΓΉ volte presidente del Consiglio dei ministri dal 1968 al 1974. Riportiamo dal blog www.riflessioni.it/ i brani principali su questa incredibile versione di storia segreta,  avente le proprie radici in un passato antico addirittura di millenni:

Nessuno ha mai avuto idea di cosa potesse essere la Confraternita di Sarmoung, almeno prima della pubblicazione del libro L’altra Europa, da parte di Paolo Rumor con la collaborazione di Giorgio Galli e Loris Bagnara. Loris Bagnara (architetto, autore e ricercatore in ambito storico-archeologico ed esoterico) sta lavorando, in collaborazione con Paolo Rumor (figlio di Giacomo, a sua volta cugino del piΓΉ noto Mariano, che fu per ben cinque volte Presidente del Consiglio) sulle copie di antichi documenti di proprietΓ  della famiglia Rumor: essi tratteggiano l’esistenza di una struttura segreta, della quale anche Gurdjieff avrebbe fatto parte – presente, fin dalla piΓΉ remota antichitΓ , in Africa e in Egitto – che, in tempi lontanissimi, si sarebbe espansa verso nord-ovest per lavorare a un suo progetto di unione europea. La struttura, almeno nei termini in cui Rumor la rappresenta, parrebbe costituire uno dei piΓΉ antichi e venerabili sottocentri dell’organizzazione esoterica che domina il mondo; e, sul piano ideologico, una terza via a metΓ  strada tra l’esoterismo tradizionale e l’esoterismo modernista di scuola britannica (l’iniziazione e la controiniziazione secondo GuΓ©non), coprente un territorio intellettuale con poche – se non nulle – vie d’accesso dal mondo exoterico.

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Seguono poi le parole del ricercatore Loris Bagnara, dalle quali emerge un’ardita ipotesi sulla protostoria umana che si riallaccia a questioni piuttosto note nell’ambito dellβ€™β€œarcheologia alternativa”, come l’esistenza di copie di antiche carte geografiche della superficie terrestre prima del β€œDiluvio”, l’aumento del livello degli oceani alla fine della quarta e ultima era glaciale (circa 12.000 anni fa) che cancellΓ² quasi totalmente ogni traccia delle presunte civiltΓ  precedenti [8]. Successivamente, vengono menzionati il conte Colonna Walewski, il suo anno di nascita (1897) e il Manoscritto dello Yoga caucasico come possibile traccia dell’espansione verso nord-ovest della presunta Struttura occulta: in tale ricostruzione, non sarebbe da escludere l’importanza

che puΓ² avere rivestito, come snodo della trasmissione verso occidente, il Caucaso – terra di Mazdeisti e Zoroastriani, nonchΓ© antichissimo centro di diffusione di quella particolare e sconosciuta versione dell’Ermetismo che passa sotto il nome di Yoga caucasico; e non sarΓ  male che noi ci si trattenga brevemente ad illustrarla […]. Un libro intitolato Il Manoscritto dello Yoga caucasico – pubblicato da una piccola casa editrice romana meno di una ventina di anni fa – capitΓ² nelle nostre mani nel 2018. Secondo una nota dell’editore, la sua storia sarebbe avventurosa: fu scritto da un ex-diplomatico polacco, il conte Stefan Colonna Wale[w]ski (1897-1955), emigrato a New York, dove svolgeva la professione di antiquario. Stampato negli anni cinquanta, la vendita venne bloccata da un misterioso gruppo di esoteristi che ne rivendicava la proprietΓ  intellettuale; ne rimasero in giro soltanto trecento copie, una delle quali fu rinvenuta da un nostro connazionale in Nuova Zelanda. In quella nota si afferma pure che lo yoga caucasico avrebbe fatto parte del training giovanile di Gurdjieff – cosa di cui dubitavamo, perchΓ©, nelle sue opere, il grande esoterista georgiano si dichiara contrario agli esercizi fondati sulla respirazione.  

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A questo punto, non possiamo essere certi che il sistema illustrato dal conte Colonna Walewski sia il resto di una tradizione antica, seppure spuria e rielaborata (o addirittura mal compresa o Κ»deviataΚΌ) ad uso degli occidentali del ventesimo secolo, ma autoctona del Caucaso e a lui trasmessa per concessione di una confraternita segreta zoroastriana (o neo-mazdaica); nΓ©, viceversa, che si tratti di una composizione moderna (cioΓ¨ della prima metΓ  del ’900), nata in ambienti esoterici mediorientali a contatto con la societΓ  mitteleuropea della medesima epoca, e poi interpolata con elaborazioni personali da parte del conte Walewski. È molto probabile che nel Manoscritto siano presenti entrambe queste componenti, e in ogni caso vi Γ¨ ancora molto da indagare sui contatti tra il conte Walewski, la setta Mazdaznan e gli ambienti esoterico-occultistici della prima metΓ  del Novecento

Soltanto durante la stesura di queste righe, ad esempio, chi scrive ha saputo dell’esistenza di un carteggio in francese e in tedesco fra Walewski e β€œalcuni alti esponenti di Mazdaznan”, nonchΓ© del manoscritto di un suddito persiano residente a Londra intorno al 1938 (il suo nome era forse Arash Sami o Araf Sami), compilato in lingua farsi (persiana) con a fronte la traduzione, contenente schemi degli esercizi yogico-sufi e delle pratiche psicofisiche β€œquasi identiche” a quelle presenti sia sul Manoscritto dello Yoga caucasico disegnate dallo stesso Walewski, sia nel carteggio. Tuttavia in quest’ultimo, costituito da una quindicina di lettere, i Mazdaznan non definiscono mai β€œcaucasici” i suddetti esercizi, bensΓ¬ β€œegiziani”, e lo stesso Otoman Ha’nish sosteneva di aver imparato ed insegnato un insieme di posture, allungamenti e stiramenti del corpo derivati addirittura dalle pratiche eseguite dai Faraoni egizi, delle quali si diceva pure che conferissero al praticante un’β€œauto-illuminazione” non solo metaforica e psicologico-spirituale, ma anche fisica: il suo corpo avrebbe generato una luminositΓ  interiore, visibile da qualunque spettatore. Di tutto questo materiale, ad oggi non si conoscono copie, a eccezione di quelle – perdute a causa di un’alluvione – appartenute allo studioso e cultore di tradizioni iniziatico-esoteriche Gaetano Lo Monaco. Da costui apprendiamo anche dello svolgimento di simili esercizi psicomotori e respiratori presso la β€œstruttura” esoterica Mysteria Aeternis di Rudolf Steiner, dove – secondo Daniel Egmond – erano combinati con la pronuncia di β€œvocali-vibrazione” e con β€œsegni massonici” per β€œarmonizzare le energie sottili” del corpo umano; Egmond annota pure che tali esercizi (o loro varianti) β€œgiocavano un ruolo importante” anche nell’Ordo Templi Orientis (O.T.O.), circolo esoterico-occultistico fondato da Theodore Reuss e altri fra il 1895 e il 1907, anno dal quale ne fu guida proprio Aleister Crowley; ragion per cui, secondo Egmond, β€œΓ¨ anche possibile che Steiner li abbia ricevuti da Reuss” [10].   

Dopo aver letto il Manoscritto, si possono comunque stabilire almeno due punti fermi:

1) l’insieme eterogeneo di dottrine e di pratiche che il Manoscritto contiene non Γ¨ necessariamente riconducibile a un’organizzazione ultra-esoterica nata addirittura nel III millennio a.C.: quasi tutto ciΓ² che esso contiene puΓ² risalire a varie religioni, filosofie esoteriche e complessi di pratiche yoga, tantriche e magiche relativamente conoscibili, cronologicamente situati tra la diffusione del Buddhismo (V secolo a.C.) e le elaborazioni di Aleister Crowley (prima metΓ  del XX secolo);  

2) la presunta Confraternita dei Sarmoung appare troppo differente da quella dei Mazdaznan per poter coincidere con essa. Come si Γ¨ visto, i riti dei Sarmoung avrebbero annoverato danze misticheggianti eseguite da β€œsacerdotesse”, mentre presso i Mazdaznan, almeno secondo il Manoscritto Walewski, non risulta alcun insegnamento nel quale siano fondamentali uno o piΓΉ tipi di danza: al contrario, esso Γ¨ basato sulle tecniche di respirazione e di concentrazione yoga (o varianti di queste), ossia su un insieme di pratiche che Gurdjieff, a quanto pare, non considerava basilari ma accessorie; il suo discepolo Piotr D. Uspenskij, nel famoso libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto, ricordava che la respirazione controllata non era il principale metodo studiato e insegnato da Gurdjieff ai suoi allievi del β€œCentro per lo sviluppo armonico dell’Uomo” [11]: nel percorso psicofisico e spirituale gurdjieffiano erano indubbiamente le danze, i movimenti e le musiche ad avere funzione performativa [12].


Il Manoscritto, che reca il titolo di Chiave della Maestria (Key to Mastery), illustra una progressione di esercizi respiratori, psico-fisici e anche magico-rituali, aventi per obiettivo l’acquisizione e la padronanza di alcune facoltΓ  taumaturgiche e teurgiche. Le pratiche che permetterebbero la riscoperta di tali facoltΓ  sono inserite in una concezione dell’organismo umano come specchio vivente dell’organismo cosmico, che secondo gli esperti appartiene piΓΉ allo yoga tantrico che allo yoga originario. Ogni individuo Γ¨ dotato naturalmente di potenziali facoltΓ  d’interazione con le varie forme dello Spirito divino presente in tutto il cosmo, ma ha subΓ¬to un condizionamento perlopiΓΉ sfavorevole durante il concepimento, il periodo di vita intrauterina ed il parto. Queste concezioni della gravidanza come condizione determinante, e della madre come soggetto inconsapevolmente responsabile della futura condizione del figlio, ricorrono piΓΉ d’una volta nel Manoscritto.  Da questa condizione decaduta dell’essere umano sorge l’esigenza di recuperare lo β€œstato di maestria”, ossia l’insieme delle potenzialitΓ  energetico-spirituali dell’individuo e la padronanza di esse, mediante le pratiche dello Yoga caucasico. Secondo tale sistema, il cosmo Γ¨ pervaso dall’energia divina chiamata Gaya-Lhama, presunto termine persiano analogo al Ga-Llama dei Tibetani, al prana degli IndΓΉ, al Ki dei Giapponesi e al Chi (o Qi) dei Cinesi. Nell’Introduzione, il Manoscritto spiega:

Il potere titanico di Gaya-Lhama Γ¨ ovunque, e cerca sempre di penetrare nell’essere umano per potersi esprimere attraverso di lui. Diventare ricettivi all’armonioso flusso di questa energia significa stabilire il ritmo maestro nell’individuo […]. Gaya-Lhama Γ¨ l’energia contenuta nello spazio e ha quattro stati vibratorii corrispondenti a quattro colori. Questi si assimilano dall’aria e vivificano i centri riflessi nel corpo umano. Tali vibrazioni corrispondono alle quattro funzioni dell’essere e contribuiscono a svilupparle.  

Stefan Colonna Walewski, Il Manoscritto dello Yoga caucasico (d’ora in poi: MdYc), Roma, Venexia editrice, nuova edizione 2023, pp. 157-158

Tali colori sono i tre colori β€œprimari”: rosso, giallo e blu, piΓΉ il bianco, associati rispettivamente a una dimensione esistenziale dell’individuo umano: fisico; mentale; spirituale; psichico. La persona, inspirando ed espirando a intervalli regolari di durata precisa per un certo numero di volte (a seconda dell’esercizio prescritto), e visualizzando i quattro colori, proietta ciascuna delle relative β€œvibrazioni” cromatico-energetiche in una parte del proprio corpo: il rosso-fisico allo stomaco inferiore, al sesso, all’occipite (base e zona posteriore del cranio); il giallo-intelletto al torace superiore e alla fronte; il blu-spirituale (energia vitale) all’addome e alla corona craniale; il bianco-psichico alle braccia, alle mani, alle gambe, ai piedi e al volto. In questo modo, l’energia divina incolore, assorbita dall’individuo mediante la respirazione, si scompone nei quattro colori visualizzati mentalmente dall’individuo stesso, proiettati in direzioni specifiche dalla sua volontΓ : la persona deve visualizzarli come fossero davanti a sΓ© mentre tiene lo sguardo fisso su un punto all’altezza degli occhi, che puΓ² essere il Sole o la Luna sull’orizzonte (dunque non in momenti casuali del giorno) oppure un cerchio pieno, largo quanto una moneta, preferibilmente nero su sfondo bianco. La respirazione Γ¨ distinta astrologicamente: β€œQuella solare (narice destra) riscalda ed Γ¨ elettrica, quella lunare (narice sinistra) raffredda ed Γ¨ magnetica”.    

I corpi celesti nello Yoga caucasico hanno il ruolo di dispensatori di β€œenergie particolari”, di cui i Maestri (cioΓ¨ i praticanti che raggiungono lo stato di Maestria) sono sia trasmettitori sia ricevitori: Γ¨ dunque presente anche una componente astrologica, ma su questo aspetto il Manoscritto non entra nei dettagli; il piΓΉ importante astro Γ¨ in ogni caso il Sole: β€œQuando un Maestro si concentra, medita, riceve o invia energia, si pone sempre in direzione del Sole: a est al mattino, a sud a mezzogiorno, a ovest al tramonto e a nord a mezzanotte; tranne nei casi in cui sia necessaria l’energia lunare per il lavoro astrale o le energie particolari dei diversi pianeti e delle stelle secondo le loro specifiche proprietΓ  magiche” [MdYc, p. 162].   

Su questi rapporti di base tra l’essere umano nella sua totalitΓ  e la sua facoltΓ  immaginativa, tra il corpo umano e i corpi celesti, si sviluppano successivamente gli β€œArcani” dello Yoga caucasico, cioΓ¨ gli esercizi respiratori e psicofisici che includono anche pratiche magico-rituali e addirittura para-chirurgiche difficilmente o per nulla riconducibili allo yoga. Le prime pagine del testo originale del Manoscritto presentano al lettore un Indice – strutturato in paragrafi che imitano esattamente gli indici dei testi Mazdaznan scritti da Otto Hanisch e pubblicati da David Ammann – ed una Introduzione, dopodichΓ© vengono illustrati uno per uno gli Arcani, suddivisi in sette β€œArcani maestri”, sedici β€œArcani minori” e quattro di dodici β€œArcani maggiori”: di questi ultimi, infatti, vengono riportati solo il secondo, il terzo, l’ottavo e il dodicesimo. L’utilizzo del termine β€œArcano” equivalente a insegnamento esoterico, e la suddivisione in arcani principali e secondari, si trovano – come Γ¨ noto – nelle carte dei Tarocchi, ed in entrambi i casi il numero degli arcani secondari Γ¨ poco piΓΉ del doppio di quello degli arcani principali: 16 a 7 nello Yoga caucasico (tuttavia quattro degli arcani secondari sono detti β€œmaggiori”), 56 a 22 nei Tarocchi. 

Su questo aspetto, Sebastiano Fusco suggerisce che il conte Walewski abbia utilizzato la denominazione tipica dei Tarocchi come β€œil piΓΉ vistoso” degli β€œindizi che guidano nella ricerca delle fonti interpretative” delle diverse correnti esoteriche compresenti nel Manoscritto, i cui elementi β€œsparsi” dovrebbero attirare l’attenzione sul fatto che ognuna di esse rappresenterebbe un percorso scandito da immagini simboliche della trasformazione spirituale del praticante; in modo interessante, Fusco evidenzia anche il ruolo del praticante come ventitreesimo elemento interagente con i 22 Arcani dei Tarocchi, una concezione analoga – aggiunge chi scrive – a quella dell’I Ching (o Yi Jing), il Libro dei Mutamenti cinese, concepito circa tremila anni fa in ambienti taoistici e poi commentato da Confucio e dalla sua scuola: il consultante Γ¨ quasi sempre implicato nella situazione descritta nell’”oracolo” da lui stesso richiesto [13]. Comunque sia, questa ipotesi puΓ² confermare che lo β€œYoga caucasico” non sia affatto un corpus zoroastriano antico o moderno, bensΓ¬ un sistema ibrido tra le pratiche respiratorie e visualizzanti dell’ascetismo indo-buddhistico, le elaborazioni dei Mazdaznan, quelle di alcune β€œscuole” di esoterismo di fine Ottocento-inizio Novecento e, in parte, le elucubrazioni personali dell’autore-redattore del Manoscritto.    

Ad esempio, il quarto Arcano maestro, che β€œha lo scopo di sviluppare la volontΓ  del comando (e l’elettricitΓ ) immagazzinandola nei gangli del corpo, pronta per essere usata”, si basa sul presunto β€œrituale egizio” dal quale i Mazdaznan – o forse il conte Colonna Walewski – avrebbero tratto la posizione da assumere raffigurata nel disegno in cui la persona Γ¨ rappresentata di profilo, mentre porta la mano in alto e poco distante alla propria fronte, come per riparare i propri occhi dalla luce solare o da un agente esterno. Nell’esercizio β€œcaucasico”, questo gesto si evolve in una serie di sette rotazioni ritmate delle braccia per immagazzinare l’elettricitΓ  diffusa nell’ambiente: Γ¨ uno dei non pochi esempi dell’approccio misto di esoterismo e di concezioni parascientifiche dello Yoga caucasico: si potrebbe dire che il braccio, roteando, accumuli su di sΓ© la carica elettrostatica grazie all’attrito con l’aria circostante; ma sorge spontaneo chiedersi se davvero un organo non metallico (il braccio umano) possa accumulare elettricitΓ  in questo modo.        

Il quinto Arcano maestro Γ¨ uno dei piΓΉ importanti per le possibilitΓ  extra-ordinarie che conferirebbe al praticante: β€œil controllo sulla forza di gravitΓ  terrestre (peso), consentendo a chi lo pratica di levitare nell’aria, volare e camminare sull’acqua”. Anche qui sono fondamentali – in seguito alla giusta respirazione ritmata – i movimenti con le braccia, non a caso analoghi a quelli del galleggiamento e del volo. Ovviamente gli effetti sorprendenti di questo esercizio sono la levitazione e la possibilitΓ  di camminare sull’acqua: non sappiamo se siano veramente raggiungibili mediante le pratiche riassunte nel Manoscritto dello Yoga caucasico, ma entrambi i fenomeni, stando alla storia delle religioni e dei fenomeni paranormali, non sono impossibili: si tratta delle facoltΓ  soprannaturali note da secoli nello yoga col nome sanscrito siddhi, β€œperfezioni” o β€œcompimenti”. Il celebre storico delle religioni romeno Mircea Eliade (1907-1986), che durante gli anni Trenta visse in India e qui frequentΓ² alcuni guru, vedendo probabilmente dal vivo alcuni casi di levitazione scrisse a questo proposito considerazioni che, suo malgrado, diedero il via a discussioni e polemiche tra i suoi colleghi contemporanei e futuri [14]; verso il 1937, ad esempio, Eliade aveva affermato:

… si constata che, in taluni casi, la legge della gravitΓ  non vale piΓΉ, e che il corpo puΓ² restare sospeso in aria (esempi di levitazione sono oggi confermati dalla scienza); egualmente, si rileva in altri casi che la legge della combustibilitΓ  del corpo umano e soppressa, e certe persone possono stare sui carboni ardenti senza riportare il minimo danno (casi ben studiati e unanimemente accettati). Si puΓ² quindi pervenire alla conclusione che le leggi fisiche e biologiche che condizionano la vita umana possano talvolta essere sospese.

[15]

La levitazione non Γ¨ dunque un fenomeno ascrivibile soltanto a un oscuro passato dai contorni leggendari, o puramente nell’ambito dell’illusionismo; Γ¨ stato giustamente osservato che β€œi maghi e gli illusionisti usano trucchi ingegnosi per simulare la realizzazione di fenomeni come la levitazione; il che non vuol dire che questi fenomeni non possano accadere veramente” [16]; inoltre, essa non Γ¨ una prerogativa delle culture asiatiche, essendo episodicamente attestata anche nel Cristianesimo europeo [17].

Quanto alla possibilitΓ  di camminare sull’acqua, Γ¨ noto a quasi tutti in Occidente l’episodio dei Vangeli (Matteo, cap. 14; Marco, cap. 6; Giovanni, cap. 6) che tramanda come GesΓΉ camminΓ² di notte sull’acqua del lago di Genesareth, meravigliando gli apostoli rimasti sulla barca. In ambito induistico, piΓΉ recentemente, troviamo un maestro indiano di nome Tapoban, vissuto entro i secoli XVIII-XIX, dotato della stessa facoltΓ : ne riferΓ¬ il discepolo italo-francese del Mahatma Gandhi, Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (1901-1981), riportando un aneddoto raccontato da Shri Rama Krishna, brahmino, mistico e filantropo vissuto nel secolo XIX, soprannominato Paramhansa, cioΓ¨ Grande Cigno – volatile simbolo di saggezza e di santitΓ  nell’Induismo – il quale, pur essendo induista, a quanto pare ebbe visioni mistiche del Cristo e della Vergine Maria [18]. Ancora piΓΉ vicino a noi nel tempo e nello spazio, il famoso pittore, antiquario e benefattore Gustavo Adolfo Rol (1903-1994), le cui numerose capacitΓ  extra-ordinarie sono note, il quale, secondo una testimonianza recente, sarebbe stato visto addirittura camminare sull’acqua di un laghetto al parco torinese del Valentino [19].

Nel sesto Arcano maestro abbiamo un altro esempio dell’eclettismo esoterico talvolta disordinato che caratterizza lo β€œYoga caucasico”. Nella presentazione di questo esercizio vi Γ¨ di nuovo un riferimento all’alchimia – la trasmutazione, la Pietra filosofale – collegata alla misteriosa organizzazione esoterica europea dei Rosacroce, e intesa, a quanto pare, come procedura che unisce gli effetti protochimici dell’arte ermetica – la trasmutazione dei metalli vili in oro – con gli effetti immateriali della medesima β€œGrande Opera” intesa in senso ascetico-spirituale: la percezione e l’esperienza dell’unitΓ  tra l’intelletto umano e quello della DivinitΓ . Tale condizione renderebbe capaci di trasmutare la Terra nel β€œGatra-Sa-Mara”, il β€œGiardino di purezza” menzionato nella scheda del CESNUR dedicata ai Mazdaznan. Vi si aggiunge perΓ² un elemento mistico-parascientifico: la β€œfusione” tra le β€œsfere auriche” o β€œuova” dell’uomo e della Terra. Questo particolare effetto puΓ² forse essere interpretato come la compenetrazione tra l’aura umana e l’aura della Terra (alla quale il Manoscritto aveva giΓ  alluso) sottintendendo che anche il nostro pianeta emani un’aura intorno a sΓ©, una realtΓ  differente dall’insieme delle aure di tutti gli esseri umani viventi su di esso. Questa unificazione tra l’aura dell’individuo e l’aura della Terra Γ¨ concepita come una forma dell’unione – o come un mezzo per raggiungerla – tra l’anima dell’individuo e il principio creatore divino chiamato col nome egizio di Atum, il dio creatore primordiale che, secondo la teogonia del culto di Eliopoli, diede vita ai primi nove dΓ¨i del politeismo egizio, emanandoli da se stesso sotto forma di espettorato o di sperma, ma anche di luce o di fuoco primigenio [20]. Tale stato mistico sarebbe raggiungibile anche con l’ausilio di β€œmusica, suono e campi magnetici ed elettrici di contatto”: da questo punto di vista, la concezione dell’unione mistica nello Yoga caucasico mescola aspetti scientifici (i campi elettromagnetici) e parascientifici con aspetti tradizionali come la conoscenza degli effetti – uno stato transitorio di estasi mistica e di superamento dei consueti limiti percettivi – indotti da determinati suoni e ritmi musicali: quest’ultimo aspetto Γ¨ presente forse nella maggior parte delle forme di sciamanesimo, e in successive pratiche simili e probabilmente derivate da esso, presenti in civiltΓ  differenti e lontane geograficamente fra loro, ad esempio tra gli Inuit o Eschimesi e gli antichi Ebrei nei primi secoli della monarchia d’Israele, dove perΓ² Γ¨ unito alle danze rituali ed estatiche [21], che nello Yoga caucasico sono assenti. 

Il VI Arcano comprende le tre respirazioni basilari dello Yoga caucasico – inalazione o inspirazione, trattenimento del respiro, esalazione o espirazione, ciascuna della durata di sette secondi – menzionate con i nomi sanscriti dati dagli Induisti: rispettivamente puraka, kumbhaka e rechaka. La ripetizione di questo ritmo respiratorio insieme alle altre componenti dell’esercizio, come la posizione in ginocchio impugnando due bastoni verticali, provocherebbe uno stato semi-estatico o para-estatico caratterizzato da sintomi psico-sensoriali noti alla storia delle esperienze di contatto con la dimensione del Sacro:

Sentirete ondate di calore e piccoli shock elettrici alla base del cranio, e nel cervelletto e all’interno del cervello, nonchΓ© una corrente elettrica che scorrerΓ  lungo la spina dorsale in alto […]. Udirete inoltre un suono pulsante come una campana o un carillon, e proverete delle sensazioni sempre pulsanti di espansione dell’aura, nonchΓ© talvolta la sensazione di ali che battono, si aprono o si muovono come se un uccello fosse attaccato alla base del cranio o della testa. Questo Γ¨ il ka o uccello ba della mitologia egiziana. CiΓ² va bene, ma quando vi sentirete mancare fermatevi oppure, se scegliete di continuare, ricordatevi che state per addormentarvi o andare in trance, e che non dovrete assolutamente essere disturbati fino a che il vostro angelo custode o Padre Celeste non vi risveglierΓ . Se le vostre ginocchia inizieranno a sollevarsi dal pavimento o il corpo a librarsi in aria, fermatevi immediatamente. La levitazione non Γ¨ auspicabile mentre lo stato di trance Γ¨ positivo e fornisce il potere di imporre le mani e di guarire.

MdYc, nuova edizione cit., pp. 173-174

Una nota a questo brano avverte, giustamente, che in realtΓ  il ka e il ba nella concezione egizia dell’anima umana sono due elementi distinti, solo il secondo dei quali Γ¨ raffigurato come un uccello con testa umana, mentre il primo Γ¨ rappresentato come un paio di braccia alzate col palmo delle mani rivolto in avanti [22]; ci si puΓ² chiedere quindi se questo caso di confusione tra elementi egizi risalga al complesso dottrinale sincretico dei Mazdaznan, a una fonte esoterica egittizzante o pseudoegizia, o ad una delle possibili interpolazioni del conte Colonna Walewski. Lo stesso si puΓ² dire della menzione del Padre Celeste e dell’angelo custode, elementi giudaico-cristiani, e poi islamici, affiancati a pratiche e concetti molto lontani dai tre grandi monoteismi.

Viceversa, i fenomeni psico-sensoriali descritti sono attestati nell’ambito delle esperienze estatiche e di yoga in contesti anche distanti fra loro storicamente e geograficamente. Torna l’elemento della levitazione, che qui, perΓ², appare come effetto involontario e – senza precisare in quale modo – contrapposto al potere taumaturgico mediante il contatto delle mani, presunto effetto dello stesso esercizio. La corrente elettrica che scorre dalla base alla sommitΓ  della colonna vertebrale puΓ² benissimo designare l’energia o potenza (shakti) nota anche in Occidente col nome induistico kundalini, rappresentata sotto forma di serpente accovacciato che, stimolato dalle corrette pratiche respiratorie, si estende verticalmente [23]

L’ondata di calore alla base del cranio fu un’esperienza probabilmente vissuta da Gustavo Adolfo Rol, significativamente mentre concentrava lo sguardo sul colore verde dell’arcobaleno; a circa metΓ  degli anni ’20 del ’900, osservando dopo un temporale β€œun enorme arcobaleno [che] pareva che abbracciasse tutta quanta Marsiglia” [24], Rol notΓ² che soltanto il verde, colore centrale dell’arcobaleno, gli restava impresso nella mente dopo aver distolto la vista: β€œin quel momento, si sentΓ¬ pervadere da una sensazione di calore che si stava irradiando alla base del cranio e, al contempo, gli parve di sentirsi trasfigurato, come se il suo Io avesse ceduto il passo a un Io piΓΉ completo, capace di vibrare sull’onda creativa del cosmo” [25]. È anche possibile che questo fenomeno avvenne non in quel medesimo istante, ma nel corso dei successivi tentativi di percezione e comprensione di esso da parte di Rol [26]; si nota comunque un rapporto – in parte simile, in parte diverso da quello presente nello Yoga caucasico – tra visualizzazione del colore, percezione delle vibrazioni sotto forma di calore e stato di coscienza potenziato.

Le percezioni sonore di campane, carillon e battito d’ali di volatile che il praticante sentirebbe prodursi in se stesso, poi, sono pressochΓ© identiche a quelle che secondo la tradizione islamica accompagnarono le prime esperienze di contatto col Divino in Muhammad (Maometto) e le sue prime ispirazioni profetiche [27]. Secondo le fonti antiche indo-tibetane sullo yoga, alcuni di questi fenomeni acustici sono effettivamente percepibili quando il praticante raggiunge un determinato stato psicofisico durante la concentrazione: ciΓ² avverrebbe, dunque, a prescindere dalla religione di riferimento dell’individuo. Si puΓ² essere tentati di ipotizzare che Muhammad, durante le sue meditazioni notturne, eseguisse qualche genere di esercizio respiratorio simile a quelli dello yoga; ma, stando alla tradizione islamica, tali fenomeni erano percepiti da lui all’improvviso e indipendentemente dalla sua volontΓ .

Il settimo e ultimo Arcano maestro, secondo il Manoscritto, Γ¨ invece β€œun’opera puramente magica per controllare il tempo”, cioΓ¨ operare un influsso magico-teurgico sui fenomeni meteorologici; infatti siamo davanti a un’operazione che dello Yoga non ha nulla, tranne la respirazione ritmata, ansimando volontariamente  per β€œattuare la pulizia dei polmoni”. Nella curiosa posizione prescritta – in piedi, con le punte delle dita unite ed immerse in un catino d’acqua – l’operatore deve compiere quattro volte tre respirazioni ritmate, ognuna terminante con una esalazione specificamente modulata e di intensitΓ  crescente, ciascuna delle quali deve essere accompagnata dalla pronuncia in sottofondo di una parola a metΓ  tra il mantra e la formula magica, che:

deve far da sottofondo per fornire le vibrazioni necessarie a risvegliare gli spiriti elementali del vento, della tempesta, dell’uragano, ecc. Questa parola Γ¨ β€œI-Hau-Haa” e deve essere intrecciata alla esalazione dell’aria nel sospiro, lamento e ruggito. Attraendo i poteri del vento e della tempesta, questo arcano modifica le condizioni climatiche circostanti, con l’aiuto del grande spirito El Borach (spirito del fulmine) e Waat (spirito del vento).

MdYc, nuova edizione cit., pp. 175-176

Questo brano Γ¨ uno dei piΓΉ sconcertanti del Manoscritto. In teoria, El Borach e Waat dovrebbero essere β€œspiriti elementali” delle rispettive forze della natura (fulmine e vento) della religione zoroastriana o mazdea: ma in essa, ovviamente, non esistono con questa denominazione occultistica, e il nome Waat nelle mitologie e nelle religioni non sembra corrispondere a nulla; gli unici nomi analoghi e parzialmente simili nella pronuncia sono il persiano Vata e l’induistico (ma anche indo-iranico) Vayu, divinitΓ  del vento (vāta in sanscrito) [28]. La parola borak o borach col significato di fulmine si puΓ² ricollegare alla lingua cananea o fenicio-punica parlata ad esempio dai Cartaginesi: il cognome Barca o Barka, appartenente allo storico nemico di Roma, Annibale, aveva appunto questo significato. β€œFulmine” si traduce in modo simile anche in arabo, e infatti el-Borak non Γ¨ che una trascrizione alternativa di al-Buraq, nome della cavalla soprannaturale sulla cui groppa – secondo la tradizione islamica – il profeta Muhammad (Maometto) raggiunse in volo il Paradiso nella visione mistica durante la Notte del Destino (Laylat ul-Qader) [29]. 

Curiosamente, El Borak Γ¨ anche il soprannome del pistolero dotato di velocitΓ  fulminea protagonista di alcuni racconti del noto scrittore americano Robert E. Howard (1906-1936), a partire da The daughter of Erlik Khan (La figlia di Erlik Khan) del 1934. Questo titolo dimostra che l’ideatore di Conan il Barbaro conosceva senza dubbio qualcosa delle antiche tradizioni eurasiatiche: che egli possa aver tratto il nome El Borak proprio dall’eventuale lettura di un testo stampato dai Mazdaznan negli Stati Uniti?


1 – Traduzione dell’autore. Jim Farley (USA, 08/01/1882 – 12/10/1947) e Sydney H. Greenstreet (Sandwich, UK, 27/12/1879 – Hollywood, USA, 18/01/1954) erano attori cinematografico-teatrali; Greenstreet era β€œcorpulento, mellifluo e soavemente ambiguo”, descrizione che potrebbe confermare sia il sovrappeso sia l’omosessualitΓ  (cui si accennerΓ  in seguito) del conte Walewski. 

2 – Barry Miles, I Settanta. Da William Burroughs ai Clash, da Allen Ginsberg a Patti Smith. Avventure nella controcultura, Milano, Il Saggiatore, 2014, pp. 175-176. I thangka tibetani sono stendardi buddhisti, dipinti o ricamati per lo piΓΉ a soggetto mitologico-religioso; gli ushabti sono le statuette egizie dei servi-lavoratori agricoli, collocate nel sarcofago o sepolte insieme alla mummia con l’auspicio che coltivassero poi nell’AldilΓ  i vasti β€œCampi Hotep”, o β€œCampi Iaru”. I flauti d’osso ricavati dai femori umani erano effettivamente oggetti caratteristici della liturgia tibetana, insieme ad altri manufatti aventi la stessa peculiare origine: ad esempio, l’agente diplomatico britannico John Claude White, il primo europeo a visitare le impervie regioni himalayane del Sikkim tra gli anni ΚΌ80 e i ΚΌ90 del secolo XIX, nel suo resoconto Sikkim and Bhutan (Londra, 1909) ricordΓ² di aver visto presso il monastero buddhista di To-lung (β€œValle pietrosa”) oggetti intagliati da ossa umane; questi strumenti – riassume una guida turistica – durante i riti quotidiani accompagnano la recitazione dei mantra producendo all’interno del tempio vibrazioni significative, soprattutto per allontanare certi potenti spiriti del male, ma anche in determinate cerimonie tantriche viene suonato il khang lin, o kangling, cioΓ¨ un femore umano forato e usato come una tromba; vedi ad es. Maria Guendalina Raineri, Enrico Crespi, Sikkim e Darjeeling. Nelle terre sopra le nubi, Bologna, Calderini, 1992, pp. 89-90 e 77. A diademi composti di teschi e ossa umane, tipici del Buddhismo tantrico vajrayana, che prevede un superamento del tabΓΉ della morte, accenna anche Maurizio Assalto, Per chi suona il ruggito del Buddha, β€œLa Stampa”, 19 giugno 2004.     

3 – Cfr. ad es. Titus Burckhardt, Alchimia. Significato e visione del mondo, Parma, Guanda Editore, 1974 / 1986, pp. 115-117; Omraam Mikhael AΓ―vanhov, I segreti del libro della Natura, Moiano (PG), Prosveta Edizioni, 1996, p. 178.  

4 – Gianfranco Bertagni, Georges Ivanovič Gurdjieffhttps://www.gianfrancobertagni.it/materiali/gurdjieff/pagsugurd2.htm.

5 – Walter Catalano, Enneagramma: la ricettazione di un simbolohttp://www.gianfrancobertagni.it/materiali/gurdjieff/enneagramma.htm (anche per le due citazioni successive). Ci si puΓ² chiedere se le misteriose sacerdotesse-danzatrici che Gurdjieff disse di aver visto, possano essere state da lui immaginate sul modello delle deva-dāsi (β€œle serve del dio”), note in Occidente col nome greco di ierodule o quello portoghese di bajadere,esecutrici di danze liturgiche (ma anche profane) nei templi induistici: cfr. ad es. Pio Filippani-Ronconi, L’Induismo, Roma, Newton & Compton, 1994, p. 91.

6 – Mike Plato, Alla ricerca del popolo del segreto, https://mikeplato.myblog.it/2018/04/17/alla-ricerca-del-popolo-del-segreto/ .  

7 – D. M. (Daniele Mansuino) e L. D. C., Il Neomazdeismohttps://www.riflessioni.it/esoterismo/neomazdeismo-1-htm. Si ringraziano i redattori del sito per l’autorizzazione a riprodurre gli estratti dal testo. Lo studio cui ci si riferisce Γ¨ Loris Bagnara, Paolo Rumor, con la collaborazione di Giorgio Galli, L’altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea, Castelfranco Veneto (TV), Panda Edizioni, 2017.

8 – Citato in Il Neomazdeismo, cit.. Alla presunta mappa dell’Egitto prima del Diluvio da lui trovata, Gurdjieff accenna anche nel suo La vita reale, trad. it. Milano, Basaia, 1987, p. 33.

9 – Il Neomazdeismo, cit., https://www.riflessioni.it/esoterismo/neomazdeismo-1-htm.

10 – Comunicazioni private all’autore, 27 novembre-9 dicembre 2023; cfr. Daniel Egmond, Western Esoteric Schools, in Gnosis and Hermeticism from Antiquity to Modern Times, a cura di R. van den Broek e W. J. Hanegraaff, Albany, State University of New York Press, 1998, pp. 336 e 345, citato in Don Karr, The Study of Christian Cabala in English: Addenda, p. 24. A sua volta, il libro A system of Caucasian Yoga fu ampiamente sfruttato, senza mai citarne autore e titolo, dal massone austriaco-statunitense Albert Leon Schutz per il proprio testo sullo β€œYoga Perfetto”, che menziona una sola volta il conte Walewski tra i vari ricercatori spirituali di tradizioni iniziatiche del Caucaso (cfr. A. L. Schutz, Kosher Yoga, Santa Barbara, California, USA, 1987, p. 15).    

11 – Cfr. il brano citato in Wikipedia, voce Georges Ivanovič Gurdjieff , nota n. 11 (cons. 13 marzo 2023).

12 – Vedi ad es. Mel Gordon, Incontro con un teatro straordinario. I movimenti dimostrativi di Gurdjieff, in β€œSipario – Trimestrale monografico di teatro”, anno XXXV n. 406 / III trimestre 1980, Sipario dell’Oriente per l’Occidente, pp. 45-50.

13 – Vd. Sebastiano Fusco, Arcana Arcanorum. Uno spiraglio sull’Assoluto, prefazione al MdYc, nuova edizione cit., pp. 12-13; per l’oracolo cinese: I Ching. Il Libro dei Mutamenti, a cura di Richard Wilhelm, con prefazione di Carl Gustav Jung, trad. it. Milano, Adelphi, 1991. 

14 – Mircea Eliade, Diario portoghese, trad it. Milano, Jaca Book, 2009, p. 198 (corsivo nostro), citato in Davide Ermacora, Mircea Eliade e la realtΓ  dei poteri paranormali, in β€œStudi e Materiali di Storia delle Religioni”, 81 (2), Brescia, Morcelliana, 2015, p. 701.

15 – Mircea Eliade, La conoscenza gordiana, 1937 (?), in Id., Fragmentarium, trad. it. Milano, Jaca Book, 2008 (ed. or. 1994), citato in Ermacora, op. cit., p. 723.

16 – Occultismo, mistero e magia, collana β€œGrandi temi”, Novara, De Agostini, 1976 (ed. or. Barcelona, Salvat Editores, 1973), p. 97.

17 – Vedi ad es. Giuditta Dembech, Rol, il grande Precursore, Torino, L’Ariete, terza edizione 2013, pp. 135-136; Leo Talamonti, Universo proibito. Una rigorosa inchiesta sulla dimensione occulta della vita, Milano, Mondadori, 1966, pp 180-187.

18 – Cfr. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle Sorgenti. Il mio incontro con Gandhi e con l’India, Milano, Jaca Book, 1978, p. 195.  

19 – Testimonianza di Lorenzo Pellegrino registrata sul canale Youtube di Franco Rol, citata anche in Piervittorio Formichetti, Paralleli tra la dottrina induistica del Tripurārahasya e alcune facoltΓ  di Gustavo A. Rol, sul blog Pagine Filosofali, 13 febbraio 2022. 

20 – Cfr. MdYc, nuova edizione cit., p. 175 nota n. 190; Emanuele Prezioso, I complessi delle Piramidi. Sviluppi architettonici e culturali dall’Antico al Medio Regno, tesi di laurea in Scienze dell’AntichitΓ -Letterature, Storia e Archeologia, relatore prof. Emanuele M. Ciampini, UniversitΓ  di Venezia β€œCa’ Foscari”, A.A. 2011-2012, pp. 14-15; Graham Hancock, Impronte degli Dei, tr. it. Milano, Corbaccio, 1996, p. 455. Boris de Rachewiltz, nel suo Dizionario in appendice al Libro dei Morti degli antichi Egizi – Il papiro di Torino (Roma, Edizioni Mediterranee, 1986 / 2001, p. 162) ne ricorda la rappresentazione antropomorfica e la relazione con il Sole all’alba e al tramonto.

21 – Per lo sciamanesimo fra gli Eschimesi cfr. ad es. Silvio Zavatti, Il popolo dei ghiacci. Vita e cultura degli ultimi Eschimesi, Milano, Longanesi & C., 1977, pp. 144-145; Barry Lopez, Artico: l’ultimo paradiso, Milano, Mondadori – Club degli Editori, 1986, pp. 241 e 243; per i profeti estatici (nebiim) ebraici, cfr. I libro di Samuele, 19, 18-24 (regni di Saul e Davide, circa l’anno 1000 a.C.); I libro dei Re, 22, 10-23 (regno filo-fenicio del re Acab e di sua moglie Yezabel, circa 860 a.C.).

22 – Cfr. ad es. su Axis Mundi Piervittorio Formichetti, L’umanesimo degli antichi Egizi e la sua attualitΓ  (1a parte), recensione a Primavera Fisogni, Nel segno del pensiero: come pensavano gli antichi Egizi, Cosenza, Santelli Editore, 2019.   

23 – Cfr. ad es. Titus Burckhardt, Alchimia. Significato e visione del mondo, cit., pp. 115-117.

24 – Franco Rol, Gustavo Rol: un Buddha occidentale del XX secolo, in β€œMistero Magazine”, agosto 2021, p. 40.

25 – Maurizio Ternavasio, Gustavo Rol. La vita, l’uomo, il mistero, Torino, Lindau-L’etΓ  dell’Acquario, 2008, p. 40; citato anche in Piervittorio Formichetti, Gustavo Adolfo Rol – 3a parte: il verde e il cinque, sul blog Pagine Filosofali (anche su “Luce e Ombra”, rivista di ricerca parapsicologica della Fondazione-Biblioteca β€œBozzano – De Boni” di Bologna, anno CXXII n. 1 / gennaio-marzo 2022, p. 67 e sgg.).   

26 – F. Rol, Gustavo Rol: un Buddha occidentale del XX secolo, cit., pp. 42-43.   

27 – Vedi ad es. Mike Dash, Al di lΓ  dei confini, Milano, Corbaccio, 1999 (ed. or. Borderlands, Cambridge UK, 1998), pp. 58-59; Maxime Rodinson, Maometto, Milano, RCS Quotidiani, 2005, p. 201 (Collana Protagonisti della Storia, β€œCorriere della Sera”, vol. 9; ed. or. Paris, Editions du Seuil, 1967, tr. it. Torino, Einaudi, 1973/1995), p. 65.

28 – Cfr. Albert Olmstead, L’impero persiano, tr. it. Roma, Newton & Compton, 1997, p. 22; Filippani-Ronconi, L’Induismo, cit., pp. 22 e 82-83.

29 – Vedi ad es. Anthony S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, tr. it. Roma, Newton & Compton, 1988, p. 140.  

Un commento su “Il β€œManoscritto dello Yoga caucasico” del Conte Colonna Walewski: un enigma esoterico e letterario (I parte)

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