Il Neo-Vedanta e il suo rapporto con la tradizione e con la “religione”

Soprattutto nelle elucubrazioni degli autori ascrivibili alla corrente Neo-Vedanta, l’elaborazione di un discorso sulla “religione” sembra caratterizzare in modo significativo la storia del pensiero indiano moderno e costituisce la base del confronto con l’Occidente.Β 

di Claudio Capo

L’incontro tra India ed Europa Γ¨ stato anche l’incontro tra tradizione e modernitΓ . Secondo Willem Halbfass per gli indiani moderni avere a che fare con l’Occidente non Γ¨ una questione di scelta o predilezione, ma una situazione storica con la quale confrontarsi. L’ingombrante presenza europea ha esposto la cultura indiana di fronte a categorie di pensiero del tutto inedite. Questa esposizione senza precedenti ha generato varie forme di risposta che hanno determinato la nascita del pensiero indiano moderno e contribuito ad autorappresentazioni e rappresentazioni dell’induismo tout court. L’elaborazione di un discorso sulla religione sembra caratterizzare in modo significativo la storia del pensiero indiano moderno e costituisce la base del confronto con l’Occidente. 

Il termine β€œreligione”, come vedremo in seguito, rappresenta una categoria con la quale si esprime il pensiero europeo – soprattutto nelle fasi ultime della sua storia, sorprendentemente estranea alla tradizione indiana dei Ṛṣi. Tuttavia, incontrando – di nuovo – l’Europa agli albori del XIX secolo, l’India sarΓ  chiamata a confrontarsi con essa. La dialettica sulla religione verrΓ  posta al centro di una β€œsituazione ermeneutica” molto complessa che sarΓ  determinante per la formazione del pensiero indiano moderno. Nel presente saggio cercheremo di osservare come la β€œreligione” venga significata nel neo-Vedānta, e il rapporto che ne scaturisce il confronto con la tradizione e con le altre religioni. 

Paul Hacker, in un’ampia classificazione, ha suddiviso il pensiero indiano moderno e il suo atteggiamento in risposta all’Occidente in β€œneo-induismo” e β€œsopravvissuto all’induismo tradizionale”. Queste rappresentano le due tendenze principali del panorama intellettuale indiano, due modi di rapportarsi alla tradizione incontrando l’Europa nel XIX secolo. CiΓ² che le distingue Γ¨ il diverso modo in cui si fa appello alla tradizione e il grado di ricettivitΓ  nei confronti delle idee della modernitΓ . Le due categorie elaborate da Hacker non si escludono vicendevolmente e non sono sempre chiaramente distinguibili, la possibilitΓ  che queste si compenetrino e si sovrappongano in forme spesso inedite, rende chiaramente difficile osservarle in maniera statica. 

Secondo Halbfass, i termini “neo-Vedānta” e “neo-induismo” si riferirebbero “all’adozione di concetti e standard occidentali e alla disponibilitΓ  a reinterpretare le idee tradizionali alla luce di queste nuove modalitΓ  di pensiero importate e imposte”. Il neo-Vedānta segna una nuova fase interpretativa nella storia dell’India che si origina dall’incontro con la modernitΓ , a dimostrazione dell’incredibile plasticitΓ  della stessa India. Se per un canto il neo-Vedānta rielabora filoni interpretativi presenti nella tradizione indiana, d’altro canto appare innegabile come l’ispirazione primaria di diverse idee-forza – quali su tutte proprio quella della religione – gli derivi da un campo ideologico altro.

Halbfass in India and Europe ha piΓΉ volte sostenuto come l’apologetica dei pensatori neo-vedāntin tenda presentare le idee occidentali come preesistenti e contenute – seppur in forma diversa – all’interno della tradizione dell’Advaita Vedānta. Nel neo-Vedānta, infatti, si andrΓ  affermando l’idea che i piΓΉ alti valori occidentali non siano in realtΓ  estranei alla civiltΓ  indiana, e che questa li avrebbe giΓ  conosciuti nella forma piΓΉ pura e originaria, anche se in modi differenti. Sembra che nel complesso circolo ermeneutico tra India ed Europa, molte idee propagandate come autentiche e interne alla tradizione, siano piuttosto debitrici in varia misura alle categorie di pensiero occidentali. 

Un clamoroso esempio Γ¨ dato proprio dalla β€œreligione”. Questa, pur ricoprendo una posizione centrale nel pensiero del neo-Vedānta, rappresenta una categoria squisitamente europea che non Γ¨ presente nella tradizione indiana. Come sosterrΓ  Bankimchandra Chattopadhyay nelle sue Letters on Hinduism, esaminando la vasta letteratura scritta dell’India, non si troverΓ  – se non per l’appunto negli scritti moderni – alcuna menzione di una siffatta “religione induista”; Bankim arriverΓ  addirittura a negare la pertinenza per l’induismo del termine β€œreligione”. 

Bankimchandra Chattopadhyay

Per β€œreligione” il popolo indiano non aveva maturato alcuna concezione in quanto era mancata la differenziazione (Ausdifferenzierung) da altri campi semantici del pensiero che ne facessero un’entitΓ  separata. A questo proposito, e per ovvie ragioni, l’isolamento della componente religiosa ha la mera validitΓ  ideale e dialettica, giacchΓ© nella realtΓ  la troviamo sempre mescolata e intrecciata tra le altre varie componenti del pensiero indiano. Halbfass ci dice che il termine β€œreligione” ha incanalato la reazione degli indiani in due direzioni: in primo luogo verso un’autodefinizione e una nuova interpretazione della tradizione in nome della β€œreligione”, in secondo luogo, a una riaffermazione dei concetti indiani – su tutti dharma e darΕ›ana – contro quelli portati dall’Europa. 

L’atteggiamento del neo-Vedānta nei confronti della β€œreligione” Γ¨ un esempio evidente della reinterpretazione del contenuto della tradizione alla luce delle categorie di pensiero occidentali. La torsione alla quale il termine β€œreligione” viene sottoposto nelle formulazioni di pensatori neo-vedāntin come Vivekananda, Γ¨ evidentemente fortissima: universalitΓ  e inclusivitΓ  ne diventano le componenti fondamentali, tanto da porre in secondo piano il contenuto dottrinale e teologico. Sembra evidente come questa concettualizzazione del termine β€œreligione” sia debitrice all’irruzione, nel contesto culturale indiano, delle correnti filosofiche moderne, cosΓ¬ come sembra altrettanto evidente che i pensatori neo-vedāntin montino dalle categorie europee per operare sulla tradizione. Infatti, l’introduzione dei mezzi di orientamento europei mediano una nuova appropriazione degli insegnamenti originari della tradizione. Questi mezzi, per i pensatori neo-vedāntin, sarebbero in grado di far riemergere le potenzialitΓ  della tradizione indiana, senza tuttavia aggiungere niente. 

Vivekananda

Nonostante queste difficoltΓ , i pensatori neo-vedāntin fanno proprio della religione uno dei loro centri. Questa viene identificata come β€œil piano piΓΉ alto del pensiero e della vita umana”. Il neo-Vedānta viene presentato come β€œla religione nel suo significato piΓΉ profondo e universale”. Questo, in materia di β€œreligione”, si propone di indagare i fatti della vita umana, e non solo quelli fenomenici, ma anche quelli piΓΉ profondi inerenti all’attivitΓ  dello spirito. La religione viene a configurarsi come uno sforzo per svelare la realtΓ  piΓΉ intima dell’essenza umana ed entrare in costante rapporto con essa.

Β« Siamo come bambini in riva al mare che cercano di riempire le nostre conchiglie con l’acqua del mare. Anche se non possiamo esaurire le acque degli abissi per mezzo dei nostri gusci, ogni goccia che tentiamo di raccogliere nei nostri minuscoli gusci fa parte delle acque autentiche. Le nostre rappresentazioni intellettuali differiscono semplicemente perchΓ© mettono in evidenza diverse sfaccettature dell’unica realtΓ  centrale. Β»

In queste parole di Sarvepalli Radhakrisnan Γ¨ riassunto metaforicamente l’ideale religioso del neo-Vedānta e il rapporto che esso intrattiene con le religioni in generale. Radhakrisnan afferma che la religione consista in una ricerca comune delle β€œacque autentiche”. Questa ricerca trova culmine nell’esperienza e nell’intuizione della realtΓ  (anubhava). Per Radhakrisnan l’unitΓ  di spirito che osserviamo in tutte le religioni Γ¨ questa tensione verso la ricerca, le forme in cui questa viene organizzata non sono sufficienti a determinare un β€œdistanza” tra le religioni. 

Sebbene le religioni, nella loro eterogeneitΓ , vengano considerate tutte egualmente valide in quanto rappresentazioni di esperienze del divino, al Vedānta viene riservato un posto speciale. Questo ci autorizza a pensare che il neo-Vedānta assuma una posizione metareligiosa e che si presenti come β€œspiegazione ultima” sull’essenza della religione. Una sorta di β€œreligione” sottostante che, in qualche modo spiega e permette di comprendere le altre religioni.

L’inclusivitΓ  espressa dai pensatori neo-vedāntin proclama per un verso la veritΓ  e la bontΓ  di ogni religione – tutte considerate valide vie d’accesso al divino, e per l’altro sottolinea la primizia della sapienza spirituale indiana, giacchΓ© il fondo della realtΓ  ultima viene fatto coincidere con il non-dualismo della metafisica del Vedānta. In tal senso il neo-Vedānta si sottrae al confronto paritario con la pluralitΓ  delle altre religioni e assume il ruolo di β€œcentro di tutte le religioni”. Per concludere con un’immagine icastica, non crediamo sia fuori luogo esprimere il rapporto tra il neo-Vedānta e le altre religioni alla stregua di un passo contenuto nella BαΉ›hadāranyaka UpaniαΉ£ad in cui si afferma:

« Come tutti i raggi sono confitti nel mozzo e nel cerchio della ruota, così in questo Ātman sono confitti tutte le creature, tutti gli dei, tutti i mondi, tutte le facoltà vitali, tutti gli individui. »

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