Šamaš, Sole e Saturno

Traduzione integrale del celebre articolo dell’orientalista Morris Jastrow Jr. sulla cosmoteologia assiro-babilonese, finora inedito in italiano, pubblicato sul Revue d’Assyriologie et d’Archeólogie Orientale nel 1910.

di Morris Jastrow Jr.

originariamente pubblicato sul
Revue D’Assyriologie et d’Archéologie Orientale,
Septième Volume (Vol. VII), Paris 1910

copertina: Shamash, Hatra, Iraq, II-III secolo d.C., Iraq MUSEUM

Thompson(1) nell’Introduzione alla sua raccolta di resoconti astrologici ha notato che il pianeta Saturno era anche designato come Šamaš, cioè “sole” dagli astrologi babilonesi-assiri e cita l’affermazione di Igino secondo cui Saturno era chiamato “la stella del sole”(2). Tuttavia, nella sua raccolta non ha riconosciuto un gran numero di passi in cui ricorre questo uso. Le Relazioni nn. 173-183B sono state raggruppate sotto la voce “Presagi dal Sole”, mentre è evidente che nei nn. 174, 174 A, 175, 176 e 180(3) Šamaš deve riferirsi a Saturno, così come nei nn. 89 rev. 6; 90 obv. 3; 99 obv. 6; 101A obv. 5; 102 obv. 5; 107 obv. 3 (da ripristinare); 114A obv. 3; 115C obv. 3; 144 rev. 1 — molti dei quali sono stati correttamente considerati tali da Thompson(4); anche nei nn. 107 obv. 3 e 216B obv. 3. In quasi tutti questi casi il presagio si legge enuma(il)Šamaš ina tarbas Sin izziz (o ititiz(5)), cioè “quando Šamaš si trova nell’alone della luna”. Poiché questo fenomeno può verificarsi solo di notte, Šamaš non può ovviamente essere il sole. La prova che si tratta di Saturno è fornita dagli stessi astrologi:

  1. Nel n. 176(6) rev. 3 c’è una glossa che recita: (Mul) Lu-Bat Sag-Uš(7) Mul (il) Šamaš šu-u, cioè “il pianeta Saturno è Shamash”(8).
  2. In alcuni casi viene aggiunta la spiegazione:
    (Mul) Lu-Bat Sag-Uš ina tarbas Sin izzaz,
    cioè “Saturno sta nell’alone della luna”.
    Così nei nn. 90 obv. 5, 101A rev. 1-2 (da ripristinare); 144 rev. 3 (Lu-Ba Sag-Uš da fornire); 180 obv. 5 e 8, e nella fonte comune per questi passaggi, Virolleaud, Sin Nr. III, 140-141, dove la nota recita: “La luna ha un’aureola intorno a sé e Saturno (Lu-Bat-Sag-Uš) sta in essa”.
  3. La presenza di Lu-Bat Sag-Uš al posto di Šamaš nell’identico presagio e con la stessa interpretazione, ad esempio Nr. 100 obv. 1-4, dove la lettura corretta è chiaramente Lu-Bat [Sag-Uš], rispetto al n. 90 obv. 3-4, dove troviamo Amna=Šamaš.
  4. Nel n. 175, dove il presagio recita “Se Šamaš [(An) Ut] entra nella luna”, c’è una nota (obv. 7) “Saturno (Lu-Bat Sag-Uš) è entrato nella luna”.
  5. Nr. 176, dove il presagio recita (obv. 1-4):
  • enuma (il) Šamaš ina man-za-zi (il) Sin izziz šar mâti ina kussî i-ka-na;
  • [enuma] Rum–Me(9) elânu Sin saplânu Sin izziz [šar- mâti] išid kussî i-ka-na ecc.

cioè

  • “Quando il sole starà al posto della luna, il re del Paese sarà saldo sul suo trono”.
  • “Quando un finto sole sta sopra la luna (o) sotto la luna, le fondamenta del trono del re saranno salde”.

La spiegazione recita (rev. 2) “(Mul) Lu-Bat Sag-Uš si avvicina a (il) Sin”. Alla luce di ciò, è abbastanza certo che Saturno sia inteso anche nei nn. 215A (dove la stessa spiegazione è da fornire al n. 3), 144 E n. 6, nonché nel n. 177 obv.1-4. In tutti questi casi il segno rilevato è la posizione di Šamaš sopra o sotto Sin. Al contrario, nel n. 173 il presagio

“Se Šamaš ha un’aureola intorno a sé, pioverà”

si intende il sole. Lo indica l’interessante nota:

Šamše it-mi,
cioè “Šamaš del giorno”
(10)


SATURNO, SOLE NOTTURNO

Lo scopo è quello di chiarire che si intende la luce del sole e non Saturno, che è, per così dire, il “sole della notte” (11). Anche in un caso come quello di Thompson Nr.195A obv. 1, “quando Giove (Sag-Me-Gar) [sta] nel sole (An-Ut)”, è evidente che si intende Saturno e non Šamaš, poiché il fenomeno in questione appartiene alla notte. Lo stesso vale per il n. 89 rev. 6 e varrebbe per il n. 215 obv. 5, a condizione che la lettura (An) Ut sia corretta(12). Anche un termine così caratteristico del sole come il nome dell’eclittica harran Šamaš: “strada del sole”(13) è stato applicato a Saturno. Così nel Thompson n. 103 rev. 4 leggiamo(14): clistere (Mul) Apin harran Šamaš(15) ikšud(16) hašah bu-u-lim su-un-ku ibaši “Se Marte raggiunge la strada del sole, scarseggia il bestiame. Ci sarà una carestia”. Questo è spiegato come equivalente a (Mul) Za1-Bat (a-nu) (Mul) Lu-Bat Sag-Uš i-kaš-ša-ad-ma, cioè “Marte ha raggiunto Saturno”(17). Alla luce di ciò, ne consegue che nel n. 88 obv. 5, harran Šamaš è anche Saturno, poiché il testo tratta di presagi riguardanti Saturno e Marte.

I segni e le interpretazioni presenti nella raccolta di relazioni astrologiche di Thompson rappresentano tutti citazioni della grande serie di Anu-Enlil che sembra essere stata quella ufficialmente riconosciuta(18) e grazie all’edizione migliorata di un gran numero di frammenti di questa serie da parte di Virolleaud, abbiamo ora in molti casi la fonte per le citazioni nei Rapporti delle tavolette(19). Dovremmo quindi aspettarci di trovare nei frammenti di questa serie alcuni casi aggiuntivi dell’uso di Šamaš per Saturno. E così è stato. Oltre alla fonte per il n. 174 obv. 1-5, ossia Virolleaud, Sin Nr. III, 140-141, e che contiene la nota esplicativa che “Šamaš nell’aureola della luna” significa (l. 141) “Lu-Bat Sag-Uš, nell’aureola”(20) abbiamo un’interessante illustrazione in un elenco di presagi legati a Dilbat. Virolleaud, Ishtar Nr. VI, 10-11, leggiamo: enuma (Mul) Dilbat ana (an) Ut it-hi šarru(21) i-gal-lil, cioè “Se Venere si avvicina a Šamaš, il re perirà”. A questo presagio si aggiunge una nota: ana Lu-Bat Sag-Uš it-hi, cioè “si avvicina a Saturno”. È chiaro che non si può dire che Venere si avvicini al sole e lo scopo della nota è quello di richiamare l’attenzione sul fatto che si intende Saturno. Šamaš quindi in questo caso è usato per Saturno.

Ancora, quando si dice, a proposito dell’oscuramento (atalû) del sole, che “Venere e Giove sono visti con esso”(22) (itti-schu), è chiaro che ci si riferisce a Saturno e l’uso è interessante perché mostra come un termine sia intercambiabile con l’altro. Allo stesso modo, la spiegazione alternativa data al fenomeno della “corona solare” (agû šam ši) sopra Venere può essere dovuta o (a) al fatto che(23) “Saturno (Sag-Uš) si trova di fronte a lei”, oppure (b) al fatto che Venere(24) “si avvicina a Šamaš”. Si può dire che Venere si avvicina a un pianeta o a una stella, per cui le due espressioni devono essere considerate sinonimi. Lo stesso uso è alla base dell’affermazione(25) che Venere (Dilbat) “entra in Šamaš” o “si avvicina a Šamaš” — che naturalmente si può applicare solo a un fenomeno notturno. Una corona di “Šamaš” sopra la luna(26), viene spiegata come “Lu-Bat [in piedi] presso la luna”, con cui si intende ancora una volta Saturno(27).

Possiamo ora comprendere l’affermazione contenuta in un frammento che fornisce i nomi dei pianeti(28), (An) Sag-Uš(29) (An) UT, cioè “Saturno = Šamaš”. La stretta associazione del Sole con Saturno è ulteriormente illustrata da alcuni passaggi di un testo di scuola astrologica, che trattano esclusivamente di fenomeni lunari e sono caratterizzati dai commenti aggiunti a ogni segno notato e che forniscono la spiegazione dello stesso(30). La riga 63 di questo testo recita: enarna Sin a Šamaš šu-ta-tu-u šar mâti uzna urappaš. “Se la luna(31) e il sole sono visibili(32), il re del paese sarà saggio”. A questo presagio si aggiungono due commenti esplicativi:

  1. che il 14° giorno del mese Dio è visto con Dio” (cioè la luna con il sole)(33) oppure
  2. “Saturno (Lu-Bat Sag-Uš) il 14° giorno va con la luna” (cfr. Virollead, Supplemento, n. XV, 27 e 29).

Questi commenti rappresentano diverse spiegazioni tratte da diversi testi scolastici e qui riunite dal compilatore, con l’avvertenza che l’una o l’altra si adatta alle condizioni della tegola. Poiché il presagio stesso recita chiaramente “luna e sole”, ne consegue che il segno di Šamaš(34) può essere interpretato sia letteralmente come il sole, sia come il segno di Saturno. Questo passaggio è citato in uno dei Thompson, Reports, Nr. 144, obv. 8-9(35), e l’interpretazione di Šamaš = Saturno si accorda con i vv. 1-3 dove il presagio “Šamaš in piedi nell’aureola della luna” si riferisce necessariamente a Saturno, ed è così spiegato nel commento al passo(36). Alla luce di ciò, anche gli altri casi di questa relazione in cui ricorrono Sin e Šamaš (obv. 1 e 4) possono riferirsi a Sin e Saturno, cosicché l’intero testo(37) si riferirebbe alla posizione di Saturno presso la luna al momento del plenilunio. Questo stesso presagio, che “il 14° giorno Saturno si trovava vicino alla luna”, si trova nel n. 176 obv. 3-5; Nr. 177 (senza commento); Nr.144 E. rev. 6-7 (da ripristinare di conseguenza) = Sin Nr. III, 64, in relazione a un segno, che recita: enuma Rum-Me elânu Sin u šaplânu .Sin (izziz, šar mâti išid kussî-šu ikân(38) u šar, mâti ina kit-ti-šu izza, cioè “se un finto sole sta sopra la luna o sotto la luna, il trono del re della terra sarà saldo e il re della terra rimarrà saldo”. A questo si aggiunge il commento in Sin III, 65: “Saturno sta vicino alla luna il 14° giorno”, mentre in Thompson, Nr. 176 obv. 3-5, dove si dice “che il finto sole e la luna appaiono insieme” (šu-ta-tu-u), la spiegazione (rev. 1-3) è che “in questa notte Saturno si avvicinò (o “era vicino” ik-ti-ri-ib) alla luna”.


LA QUESTIONE DEI “FINTI-SOLI”

Sembra quindi che l’associazione del sole con Saturno sia stata portata al punto da utilizzare anche il termine che indica un’immagine del sole dovuta alle condizioni atmosferiche per rappresentare Saturno. Naturalmente un “finto-sole” o parhelion non può trovarsi al di sopra o al di sotto della luna o essere visto in prossimità di essa. Il termine si riferiva a una “finta luna” e il fenomeno di una seconda luna è stato spiegato come dovuto alla presenza o al riflesso di Saturno vicino o in prossimità della luna. Mi azzardo a pensare che in questa ingenua spiegazione di un fenomeno atmosferico che sembra abbastanza semplice per l’astronomo moderno, ci sia un suggerimento sull’origine e sul significato di questa interessante associazione del sole con Saturno, che ha portato all’uso diffuso dei segni di Šamaš (An-UT e Amna) per rappresentare Saturno. Per quanto possa sembrarci strano, il pianeta Saturno sembra essere stato considerato come “il sole della notte” corrispondente a Šamaš come “il sole del giorno”(39) e la causa della luce che la notte fornisce.

Si argomentò che, poiché esisteva un sole che forniva la luce del giorno, doveva esistere una potenza corrispondente che provocasse l’illuminazione dei cieli durante la notte. Saturno fu scelto, a preferenza della luna, per la lentezza del suo movimento, che lo rendeva visibile ininterrottamente per un lungo periodo(40), mentre Giove, Marte e Venere scomparivano frequentemente durante lo stesso periodo, e la luna per alcuni giorni alla fine di ogni mese; Mercurio, a causa della sua posizione vicino al sole, era visibile solo per periodi molto brevi(41). La luna, inoltre, alterava le sue fasi, mentre Saturno, come indica il suo nome Lit-Bat Sag-Uš, cioè il pianeta “stabile”, rimaneva “costante”, almeno per un lungo periodo. La luce della luna, dei pianeti e delle stelle era attribuita a Saturno e la comparsa di “finte lune” sopra e sotto il satellite era una conferma della teoria. Questi “soli notturni” erano attribuiti alla presenza del grande sole notturno — Saturno — vicino alla luna, così come i “finti-soli”, che potevano essere addirittura sette, erano attribuiti a Saturno(42) erano considerati secondari rispetto al grande “sole diurno” — Šamaš — e, quindi, anch’essi associati a Saturno – come “luogotenente” di Šamaš.

Passiamo ora ai testi astrologici(43), in cui sono riportati i presagi legati ai “finti-soli”, non è certo casuale che questi finti-soli vengano qualificati come Sag-Uš(44), proprio come Saturno è descritto come Lu-Bat Sag-Uš; e la prova che questa qualifica va presa nel senso di “stabile” è fornita dalla variante di lettura Gi-Na(a)(45) = kênu (Brünnow, Nr. 2424) — il termine comune per “stabile”. Ci viene detto, ad esempio, che(46) enuma Rum-Me Sag-Uš izzi-ma ištên Rum-Me ina imitti izziz sarru ša illatê-šu kussâ isabat, cioè: “Se c’è un finto-sole fisso, un finto-sole che sta a sinistra, il re con le sue forze si impadronirà del trono”.

Se un “finto-sole fisso” si trova a sinistra, il presagio è sfavorevole(47): “le tue forze saranno contro il trono, il re di Amurru avanzerà e si impadronirà del trono”; se ce n’è uno a destra e uno a sinistra, “sebbene il re, la città e il popolo si sforzino per la pace, le città saranno devastate, le mura distrutte e la gente spazzata via” — anche questo è un presagio sfavorevole. Allo stesso modo si registrano presagi per i “finti-soli” fino al numero di sette, con interpretazioni che variano per i vari mesi e a seconda dei giorni del mese in cui si verifica il fenomeno: 1°, 11°, 12°, 14°, 15°, 20° o 30° giorno(48).

È difficile resistere alla conclusione che questo Sag-Uš, aggiunto come qualificazione a Rum-Me, non sia in qualche modo da associare a Sag-Uš aggiunto a Lu-Bat come specificazione per indicare il pianeta Saturno. Si potrebbe essere portati a supporre che Rum-Me, senza qualifica, si riferisca a un finto-sole, mentre Rum-Me Sag-Uš, cioè un finto-sole Sag-Uš o “Saturno”, si riferisca al fonemeno quando è dovuto a Saturno — o in altre parole a un finto-sole notturno. Questa supposizione, tuttavia, incontra un’obiezione ai nn. 176 e 177 delle Relazioni di Thompson, dove il Rum-Me, senza alcuna qualificazione, è spiegato come dovuto alla vicinanza di Saturno alla luna – quindi un “finto-sole notturno”. Senza ulteriore materiale, il problema in questione non può essere risolto in modo soddisfacente, ma si può affermare in modo plausibile, se non certo, che si supponeva che ci fosse una qualche connessione tra i finti-soli e il pianeta Saturno e, provvisoriamente, vorrei chiedermi se l’apparizione dei finti-sole non abbia suggerito a sacerdoti dalla mente speculativa, ma ignoranti delle leggi del cielo, l’idea che Saturno fosse un finto-sole “fisso” o “permanente”, che svolgeva la stessa funzione di fornire luce di notte che Šamaš svolgeva di giorno.

Essendo inferiore in forza a Šamaš, era naturale che la sua luce fosse notevolmente più debole, ma si supponeva che la luce che la notte aveva fosse dovuta al “luogotenente” del grande orbe del giorno — al brillante pianeta, ininterrottamente visibile per un periodo esteso e continuo nei cieli. Bisogna tenere presente che nell’emisfero meridionale le notti, anche quando la luna non è visibile, sono molto più luminose che nei climi settentrionali. I cieli sono pieni di luce e le notti veramente buie come quelle che viviamo noi sono l’eccezione piuttosto che la regola. Questo fattore deve essere preso in considerazione per spiegare l’affermarsi di una teoria ingenua, secondo la quale esisteva un “sole notturno” e un “sole diurno”(49). Comunque sia, tutte le prove indicano l’esistenza di tale teoria a Babilonia. Questa teoria sembra essere alla base dell’associazione del sole con Saturno nei testi astrologici e porta alla situazione che ci si presenta in uno studio del sistema astrologico babilonese-assiro dell’applicazione intercambiabile del termine Šamaš sia al grande orbe del giorno sia al pianeta Saturno.


SATURNO E NINIB

Partendo da questo scambio, possiamo seguire l’ulteriore associazione di idee che ha portato all’identificazione del pianeta Saturno con Ninib(50). Nel pantheon babilonese più antico Ninib è la più importante personificazione del sole accanto al culto di Šamaš — quest’ultimo compare sotto le forme di A-UT e Babbar nei centri di culto solare — Sippar e Larsa. Dal momento che la serie Anu-Enlil si rifà al periodo successivo ad Hammurabi(51), l’identificazione di Saturno con Ninib riflette le condizioni esistenti nel periodo precedente all’assorbimento dei culti solari locali da parte di quello portato avanti a Sippar. Il centro del culto di Ninib era l’antichissima città di Nippur, e ci sono buone ragioni per credere che Ninib fosse un tempo la divinità principale del distretto di cui Nippur era il centro, ma che fosse costretto a cedere la prerogativa all’intruso “sumero” Enlil e fosse diventato figlio di quest’ultimo. Come sopravvivenza e concessione a questa precedente posizione, gli fu concesso il privilegio di essere un secondo Šamaš, un “luogotenente” del successivo dio del sole per eccellenza. Essendo Ninib stesso un dio-sole, l’associazione con Šamaš era particolarmente appropriata: Šamaš diventava, per così dire, il sole maggiore e Ninib il sole minore, e i due insieme formavano le due luci principali del cielo, una per servire di giorno e l’altra di notte(52). Thompson, n. 174 obv. 5 — citato da Virolleaud, Sin Nr. III, 140 — fornisce la prova definitiva dell’identificazione di Ninib con Saturno, poiché nel resoconto abbiamo il frequente presagio “del sole che sta nell’aureola della luna” spiegato (obv.) come “Ninib che sta lì”, mentre il passo sorgente riporta Lu-Bat Sag-Uš. Non c’è dubbio, quindi, che Kugler(53) abbia ragione nello spiegare la frase “il pianeta (Lu-Bat) il cui nome è Ninib” presente in un testo astrologico(54) che tratta dei presagi di Saturno, Marte e Mercurio, si riferisce a Saturno.

È altrettanto certo che Virolleaud, Sin Nr. X, 18, Ninib stia per Saturno(55) e sulla base di un confronto con Thompson Nr. 174, obv. 5, il verso è evidentemente da ripristinare “Se la luna ecc. ha un’aureola intorno a sé e Ninib [vi sta]” ecc. Ninib è presente anche in Virolleaud, Supplement, Nr. VII, 40. Il verso è difettoso, ma non c’è motivo di dubitare che Ninib = Saturno anche in questo passo.

L’associazione di Saturno con il sole, il cui ruolo principale nella teologia babilonese-assira è quello di giudice, che dispensa la giustizia, è un’altra cosa(56) si traduce anche nell’attribuzione a Saturno della denominazione di ki-tum “giustizia”, ad esempio Virolleaud, Ishtar Nr. XXV, 26 e XXX, 20. La prova che si tratta di Saturno è fornita dalla spiegazione aggiunta in quest’ultimo passaggio

(Mul) ki-tum = (An) Sag-Uš,

e in aggiunta abbiamo nell’elenco esplicativo sopra citato(57), II R. 47, Nr. 3, 41, l’equazione

(Mul) Gi-gi (Mul) kit-ti u me-šar(58) = (An) Sag-Us (An) Ut,

cioè “La stella Gi-gi(59) = stella della giustizia e della rettitudine = Saturno (e) Šamaš”.

Ningirsu che è assorbito da Ninib e diventa una forma di quest’ultimo(60) si incontra anche due volte nei testi astrologici. Purtroppo entrambi i passaggi sono frammentari(61), ma in uno di essi (Sin Nr. XIX, 22) abbiamo l’equazione:

Ningirsu = (An) Lu-Bat,

cioè Ningirsu è un pianeta. Ora, poiché Ningirsu è identico a Ninib, possiamo concludere che Lu-Bat in questo caso sta per il pianeta Saturno, così che Ningirsu, come una sorta di “doppio” di Ninib, è usato anche per designare il pianeta Saturno. Questo ci porta all’ultimo punto da considerare: l’uso di Lu-Bat per Saturno.

Secondo il sillabario II R. 49, Nr. 3, 44, Lu-Bat con la lettura fonetica bi-ib-bu è l’equivalente di (An) Gu-ud, che è Mercurio(62). Ciò è confermato da CT. XIX. Pl. 19, 56 = II R. 48, riv. 53, dove

(il) bi-ib-ba = (An) Lu-Bat-Gu-ud(63).


MERCURIO, VENERE, GIOVE E MARTE

Sulla base di passaggi come questi era naturale concludere che Mercurio fosse considerato per qualche motivo il pianeta per eccellenza. Ho accettato questo punto di vista(64) e per il periodo successivo sembra effettivamente corretta. Tracce della posizione speciale accordata a Mercurio sono visibili nei molteplici tratti di cui è dotato nell’astrologia greca e medievale. È l’unico dei pianeti che viene concepito sia come maschio che come femmina e incarna, per così dire, una sintesi delle qualità di tutti i pianeti(65). D’altra parte, è stato difficile trovare una ragione soddisfacente per questa presunta preminenza concessa al più piccolo dei pianeti e a quello più difficile da osservare, il cui ruolo effettivo, inoltre, nell’astrologia babilonese-assira non suggerisce affatto che i presagi legati a Mercurio avessero un significato speciale; inoltre, nell’enumerazione più antica dei pianeti Mercurio occupa sempre un posto dietro Saturno(66), mentre in quella successiva(67) precede Saturno ma è ancora dietro Giove e Venere. Questa precedenza rispetto a Saturno non è priva di significato, come vedremo in seguito, e riflette la posizione apparentemente più elevata accordata a Mercurio nei tempi successivi; d’altra parte, però, la circostanza che nell’enumerazione più antica Mercurio occupi un posto accanto all’ultimo è sufficiente a dimostrare che non poteva essere considerato, almeno nel periodo più antico, come il pianeta per eccellenza.

A seguito delle mie ricerche sull’astrologia babilonese-assira, che mi hanno impegnato per oltre due anni, credo si possa ora affermare con certezza che Lu-Bat era originariamente usato come denominazione generale per uno dei tre pianeti: Saturno, Mercurio o Marte. La prova dettagliata di questa tesi sarà esposta in un articolo separato(68).

Sembra che all’inizio solo Giove e Venere fossero distinti in modo specifico tra i pianeti. Ciò è indicato dal fatto che sia nell’enumerazione più antica che in quella più tarda dei pianeti, essi occupano sempre il primo posto. In questo senso, nell’astrologia dei Babilonesi e degli Assiri i fenomeni legati a questi pianeti hanno un ruolo molto più importante degli altri tre. Si può anche capire perché Giove e Venere siano stati i primi a essere individuati. Giove era l’astro più luminoso, il cui percorso poteva essere seguito più facilmente, e Venere era stata individuata in virtù del sorprendente fenomeno di essere una stella della sera durante una parte dell’anno e una stella del mattino durante l’altra. Gli altri tre pianeti erano conosciuti semplicemente come Lu-Bat, di cui troviamo abbondanti tracce sia nei resoconti astrologici sia nei frammenti della serie Anu-Enlil, da cui sono stati tratti i presagi nei resoconti, come abbiamo visto. Un secondo stadio di differenziazione fu raggiunto quando, con la migliore conoscenza dei movimenti di questi pianeti, essi vennero distinti con epiteti descrittivi aggiunti a Lu-Bat, vale a dire

Lu-Bat Sag-Uš per Saturno,
Lu-Bat Dir(69) per Marte,
Lu-Bat Gu-Ud per Mercurio,

cioè Saturno era distinto come il “fisso”, Lu-Bat per la lentezza e la regolarità dei suoi movimenti, Marte il pianeta “di colore scuro” per il suo colore e in parte forse per l’associazione di idee cupe con questo pianeta, mentre Mercurio era il pianeta “a scacchi” per i suoi movimenti irregolari(70). Che questi tre pianeti fossero considerati una classe a sé stante, a parte Giove e Venere, è dimostrato dal fatto che Lu-Bat non è mai associato a nessuna delle denominazioni di Giove o Venere, ma solo a Saturno, Mercurio o Marte. Non troviamo mai Lu-Bat Sag-Me Gar o Lu-Bat Dun-Pa-Uddu ecc. per Giove, o Lu-Bat Dil-bat o Lu-Bat-Dar ecc. per Venere. Ciò è di per sé sufficiente a dimostrare che Sag-Uš, Gu-ud e Dir sono solo epiteti descrittivi aggiunti in un momento in cui, con l’aumentare delle conoscenze, questi pianeti sono stati differenziati in modo più netto ed è diventato auspicabile, o se si vuole necessario, specificare a quale Lu-Bat ci si riferiva. Essendo la serie di Anu-Enlil una produzione composita, le cui parti che la compongono risalgono a periodi diversi, in parte si rifà al periodo precedente all’introduzione della differenziazione tra i tre pianeti, in parte invece a questo periodo successivo. Troviamo quindi numerosi passi in cui Lu-Bat viene usato per uno dei tre pianeti, altri in cui vengono aggiunti gli epiteti qualificativi, mentre i commenti aggiunti nei primi casi per chiarire quale Lu-Bat si intenda risalgono anch’essi ai periodi successivi. Ciò che vale per la serie vale ovviamente per gli estratti della serie nei Rapporti e nelle Lettere. Dei tre pianeti, Saturno sembra essere stato considerato il più importante, come indica la vecchia enumerazione: Saturno, Mercurio e Marte(71).

Quindi, in questa fase, se c’era un Lu-Bat per eccellenza era Saturno e l’equazione sopra citata Ninib = Lu-Bat = Saturno sarebbe quindi un uso che sopravvive da questo periodo. A metà strada tra questa fase e quella successiva, in cui ciascuno dei tre pianeti aveva un epiteto descrittivo, si trova la condizione indicata dall’uso di Šamaš per Saturno, che si basa, come abbiamo visto, su una teoria ingenua riguardo alla funzione di questo pianeta. L’accostamento di Sole e Saturno è allo stesso tempo una testimonianza della preminenza accordata al pianeta tra i tre raggruppati e un primo tentativo di distinguere Saturno dagli altri due Lu-Bat. Per quanto riguarda Mercurio e Marte, la testimonianza dei testi astrologici è altrettanto decisiva nel dare la preferenza a Marte. Quando ad esempio due stelle(72) si parla di due stelle, si intendono Saturno e Marte. La prova di ciò è fornita dal fatto che, nei casi in questione, Marte e Saturno costituiscono l’oggetto dei presagi(73) introdotti. Per questo motivo è probabile a priori che, quando in un testo astrologico(74) leggiamo di un presagio “Quando Lu-Bat si avvicina a Lu-Bat”, possiamo interpretarlo come riferito a Saturno e Marte, e allo stesso modo quando la frase che “Dilbat è addobbato con due corone(75)” viene spiegata come riferita a “Due Lu-Bat(76) in piedi davanti a lei”, i due pianeti sono con ogni probabilità Saturno e Marte. Mercurio, essendo il più piccolo dei pianeti e il più difficile da osservare, era chiaramente quello che svolgeva il ruolo meno significativo nel periodo più antico dell’astrologia babilonese-assira. La conclusione ragionevole è che fu l’ultimo a essere differenziato in modo specifico(77).

Messo in ombra da Saturno e Marte, divenne noto come Lu-Bat non per la sua importanza, ma al contrario perché, in conseguenza della sua relativa insignificanza, era un residuo. Con Saturno distinto come il Lu-Bat “stabile” e Marte, oltre ad altri nomi, come il Lu-Bat “di colore scuro”, Mercurio poteva fare a meno di qualsiasi epiteto descrittivo, essendo l’unico altro Lu-Bat rimasto. Se, quindi, in tempi successivi Mercurio viene designato come Lu-Bat e riceve l’appellativo di bibbu, cioè “pianeta” in generale(78), non è perché Mercurio sia mai stato il pianeta per eccellenza, ma perché, essendo il meno significativo dei pianeti, si riteneva sufficiente designarlo come semplice Lu-Bat, un pianeta senza alcuna prerogativa o posizione speciale. Quando il pianeta fu identificato con il dio Nebo e il pianeta Giove con Marduk, la stretta associazione tra Marduk e Nebo nel culto di Babilonia, dopo che Babilonia e l’adiacente Borsippa (sede del culto di Nebo) erano diventate il centro politico e religioso della valle dell’Eufrate, trovò la sua espressione esteriore nell’elevare Mercurio al di sopra di Saturno e Marte(79).

Allo stesso tempo, a causa della forza conservatrice della tradizione consolidata, solo in un periodo molto tardo si compie il passo logico di cambiare l’ordine nell’enumerazione dei pianeti e di collocare Mercurio subito dopo Giove e Venere. È inoltre al periodo successivo dell’astrologia babilonese-assira che appartiene l’uso che ha esteso l’applicazione di Lu-Bat a qualsiasi dei cinque pianeti e persino al sole e alla luna. La limitazione originaria a Saturno, Marte e Mercurio perse la sua ragion d’essere quando si trovarono nomi specifici per questi pianeti, e l’elemento Lu-Bat fu naturalmente considerato come una designazione generale per “Pianeta”. Pertanto, in alcune parti della serie Anu-Enlil, Lu-Bat con il segno plurale viene introdotto come designazione di tutti e cinque i pianeti(80), mentre nelle liste astrologiche incontriamo Luna, Sole e i cinque pianeti designati collettivamente come i sette Lu-Bat(81).


NOTE:

1. [Era la nota n. 1 p.163]. Relazioni dei maghi e degli astrologi di Ninive e BabiloniaII, pag. xxv e segg. Il termine “maghi” in questo titolo è fuorviante. La raccolta consiste esclusivamente di relazioni astrologiche.

2. [#2 p.163] Iginio, Astronomica (ed. Bunte), II, 42, 6-10. Si veda anche Diodoro, Bibl. Hist., II, 30, 3-4, che afferma espressamente che i Babilonesi chiamavano Saturno “stella solare”.

3. [Nell’indice, tuttavia, vol. II, p. 142, ha annotato i nn. 174, 174 A e 180 come riferiti a Saturno. Cfr. anche Jastrow Religion Babyloniens und Assyriens, II, p. 483, nota 4; 578, nota 2, e 651, nota 12. L’affermazione di p. 445, nota 1, deve essere corretta di conseguenza.

4. [#4 p.163] Vedi Indice, vol. II, p. 142. Anche il n. 136 S. obv. 8 (Šamaš da restaurare) appartiene anch’esso al gruppo.

5. [#5 p.163] Cfr. Harper, Lettere n. 565, obv. 10; Thompson, Reports Nr. 180, obv. 8.

6. [#6 p.163] Questo testo non è un resoconto ma chiaramente un frammento di un testo scolastico astrologico con commenti, come Virolleaud, L’Astrologie chaldéenne, Sin Nr. III; Ishtar Nr. XXV, ecc. Senza dubbio faceva parte della serie Anu-Enlil, come Thompson n. 192, che non dovrebbe essere incluso tra le relazioni. Quest’ultimo frammento è stato correttamente inserito da Virolleaud nella sua edizione della serie Ana-Enlil, Ishtar Nr. XIX, di cui Virolleaud, Supplemento, Nr. XLIII, riv. 24-26 è un duplicato.

7. [Su questo nome di Saturno e sul suo significato, si veda il saggio dell’autore “Sign and Name for Planet in Babylonian”, (Proc. Amer. Philos. Society, vol. 47, pag. 155 e segg.

8. [#8 p.163] È possibile anche la resa di Thompson “Saturno è la stella del sole” (II, p. LXIII). Tuttavia, nel testo originale c’è un segno di divisione tra Mul (=kakkab) e Šamaš, per cui, se questo secondo Mul non è un lapsus dello scriba, la traduzione più accurata sarebbe “Il pianeta Saturno (come) stella è Shamash” o “Saturno è la stella del sole”.

9. [Rum-Me (o Aš-Me) “un cerchio” è la denominazione dei finti soli che, per effetti atmosferici, appaiono in un alone intorno al sole. Cfr. infra, p. 169, e Jastrow, Religion, II, p. 573, nota 8 e 602, nota 9, mentre nadu, che Thompson ritenne essere il termine per il parhelion, designa i raggi di luce intorno o vicino al sole. Cfr. Jastrow, II. p. 477, nota 2 e 581, nota 1. Rum-Me ricorre anche Thompson, 176 obv. 6, e Nr. 177 obv. 1 e 4, e nella fonte di questi presagi, Virolleaud, Sin Nr. III, 64. La lettura fonetica di Rum-Me è scharnschatu “cerchio solare”, come indicato nella nota citata (Jastrow, Religion, II, p. 602) e dove viene discussa anche l’opinione di Kugler (Sternkunde, II, 1, p.107 segg.). I frammenti Virolleaud, Shamash nn. II-IV, trattano di questi “finti-soli”. Vedi sotto, p. 170.

10. [#2 p.164] Vedi Jastrow, Religion, II, p. 583, nota 4. D’altra parte in Harper, Nr. 405 obv. 15, dove abbiamo la nota û-mu (il) Ša-maš, lo scopo è quello di indicare che ûmu nelle righe 9 e 12, è usato nel senso di sole. Si veda anche Virolleaud, Adad Nr. XXXIII, dove Ud sta in tutto e per tutto per sole o luce solare. Allo stesso modo, Thompson, Nr. 270, rev. 10, dove si potrebbe anche tradurre Ud come “tempo”. Cfr. Jastrow, Religione, II, p. 578, nota 4.

11. [#1 p.165] Vedi Jastrow, Religion, II, p. 483, nota 4; 578, nota 4. Vedi sotto, p. 171.

12. [#2 p.165] Thompson aggiunge un segno di interrogatorio.

13. [#3 p.165] Riconosciuto molti anni fa da Sayce, Monthly Notices of the Astronomical Society, vol. 40, Nr. 3. Vedi Kugler, Sternkunde and Sterndienst in Babel, I, p. 259.

14. [#4 p.165] Kugler, Sternkunde, II, I, p. 104, è giunto indipendentemente alla stessa conclusione.

15. [#5 p.165] Kaskal Amna (Brünnow, Nr. 4457) con la glossa har-ra-na (il) Ša-maš.

16. [#6 p.165] Kur (ud) con una glossa ik-šu-ud.

17. [#7 p.165] Nel brano di partenza Virolleaud, Supplement Nr. XLIX, 9 (cfr. anche Supplemento Nr. L, 28, LV, 27), il commento è omesso. Che Apin = Marte è indicato dal commento a Virolleaud, Ishtar Nr. V, 16-17, e l’elenco dei nomi di Marte CT., XXVI, 42, col. II, 10. Si veda anche Thompson, Reports, II, p. LIV.

18. [Nelle lettere astrologiche incluse nel Corpus di Harper (Assyrian and Babylonian Letters), per un riassunto delle quali si rimanda il lettore a Jastrow, Religion, II, p. 504, nota, abbiamo anche citazioni da questa serie, ad esempio Nr. 679 obv. 9-12, che è tratto da Virolleaud, Ishtar Nr. XX, 92-94, e Nr. 565 obv. 12-13 = Ishtar Nr. XIX, 1. Si veda Jastrow, Religion, II, p. 630, per la prima lettera, e p. 644, per la seconda. È questa la serie che in Harper Nr. 519 è tre volte indicata come Ku-Kar, cioè “la serie” per eccellenza e in questo caso due dei presagi con le interpretazioni citate sono inseriti come “non tratti dalla serie (la ša Ku-Kar) e mentre del terzo si dice che è “scritto (ina libbi Ku-Kar ša-tir) nella serie”, cioè rappresenta una citazione. Cfr. Jastrow, Religione, II, p. 656-59. L’argomento sarà trattato più approfonditamente in un prossimo articolo sulla serie Anu-Enlil.

19. [#9 p.165] Ad esempio i nn. 5 e 8 = Virolleaud, Adad Nr. XXXIII, 26; n. 25 obv. 3-5 e 27 rev. 1-4 = Virolleaud, Sin Nr. III, 68-69; Nr. 25 rev. 1-2 e 27 rev. 5 = Sin Nr. III, 71; Nr. 43 obv. 5 = Sin Nr. XVIII, 33; Nr. 82 pbv. 1-2 = Sin Nr. III, 31, che ci permette di correggere il numero 13 del testo di Thompson in 16; Nr. 82 obv. 78- = Sin Nr. III, 39; Nr. 83 = Sin Nr. III, 22; Nr. 85 obv. 1 = Sin Nr. III, 89; Nr. 88 obv. 5 = Ishtar Nr. XX, 104; Nr. 90 obv. 3-4 = Sin Nr. III, 140; Nr. 119 obv. 4-8 = Sin Nr. IV, 11-12; Nr. 120-123 obv. 1-5 – Sin Nr. IV, 14; Nr. 124 obv. 6-9 = Sin Nr. IV, 15-16; Nr. 126 = Sin Nr.III,62; Nr. 144 obv. 8-9=Sin Nr. III, 63; Nr. 153 obv. 1-3 = Sin Nr. III, 37; Nr. 153 obv. 4-6 = Sin Nr. III, 34 (da completare di conseguenza); Nr. 153 obv.7-8 = Sin Nr. III, 46; Nr. 164 obv. 5-7 = Sin Nr. III, 30; Nr. 166 rev. 2-3 = Sin Nr. IV, 2; Nr. 174 obv. 1-5 = Sin Nr. III, 140-141; Nr. 184 obv. 6-7 = Ishtar Nr. XXIV, 15; Nr. 185 obv. 1-2 e 186 obv. 1-2 = Ishtar Nr IV. 34 = Supplemento Nr. XLIV, 1-2; Nr. 185 obv. 3-13 e 271 obv. 11-15 = Ishtar Nr. XVII, 10-14; Nr. 186 obv. 5-6 = Ishtar Nr. XVII, 9; Nr. 200 rev. 7-9 = Sin Nr. XIX, 16; Vr. 205 obv. 2 = Ishtar Nr. V, I; Nr. 209 obv. 4-6 = Ishtar Nr. II, 23; Nr. 217 obv. 7-9 = Ishtar Nr. XX, 102; Nr. 221 obv. 4-7 = Ishtar Nr. XXXII. 5-7 e Nr. XXX, 1; Nr. 224 obv. 3-4 = Ishtar Nr. XX, 10; Nr. 227 obv. 6-7 = Ishtar Nr. XXV, 15; Nr. 246B obv. 1-3 = Ishtar Nr. XXXIV, 6; Nr. 255 obv. 5-6, e 257, e 258 obv. 4-5 = Adad Nr. IX, 18; Nr. 256B obv. 6-7 = Adad Nr. XXXV, 32; Nr. 236C obv. 1-2 = Adad Nr. I, 5; Nr. 258 rev. 3-5 = Adad Nr. 1X, 6; Nr. 262D, 263 = Adad Nr. XX, 51; Nr. 265A rev. 3-5 = Adad Nr. XX, 39; Nr. 265 C obv. 1-2 = Adad Nr. XX, 42; Nr. 266 rev. 1-2 = Adad Nr. XX, 45; 26; Nr. 266 rev. 3-4, e 267 rev. 1-2 = Adad Nr. XX, 52; Nr. 267, 14-15 = Adad Nr. XX, 46. Attraverso questi passaggi paralleli è possibile ripristinare il testo di molte delle Relazioni, e viceversa i passaggi della serie possono essere completati attraverso le Relazioni.

20. [#1 p.166] Alla luce di questo passo, è probabile che qualche riga più in alto (Sin III, 134), dove si pone il caso di “o la luna o il sole che hanno un’aureola”, si intenda anche Saturno, cosa confermata da Thompson Nr.l74 obv. 6, dove abbiamo invece Rum-Me. Vedi sotto, p. 169, e Jastrow, Religion, II, p. 577, nota 1.

21. [#2 p.166] Variante di šar-kiššati “re del dominio mondiale”, cioè il re di Babilonia e Assiria. Si veda anche Jastrow, Religione, II, 629, note 5-6, e 670, nota 2.

22. [#3 p.166] Virolleaud, Shamash Nr. X, 34 e 58, ma nel passo parallelo Nr. IX, 39 itti-schu è omesso.

23. [#4 p.166] Virolleaud Supplement Nr. XXXVI, 14.

24. [Ib., 1. 20. Queste “corone” sopra Venere, di cui sono menzionati vari tipi nella serie di Anu-Enlil – scure, bianche, verdi, rosso scuro, larghe, piccole, “corona ad arco”, “corona del sole”, “corona della luna”, “corona di Giove” (Virolleaud, Ishtar Nr. II, 19-25; Supplemento Nr. XXXVI, 8-23) — si riferiscono chiaramente ai raggi che sovrastano Venere, i diversi colori sono attribuiti ai diversi pianeti che le stanno di fronte, verde = Marte, rosso scuro = Mercurio, mentre altre denominazioni, allo stesso modo, descrivono le presunte cause specifiche, una corona “arco di pioggia” è dovuta all’arco di pioggia, una corona “luna” alla luna ecc. Vedi Jastrow, Religione, II, p. 637 e seguenti. Anche della luna si parla spesso come di una “corona”, per la cui spiegazione si veda Jastrow, Religion, II, p. 460, nota 3. Si vedano i testi interessanti, Virolleaud, Supplemento nn. I-VI, dove si parla di tutti i tipi di corona sopra la luna. Secondo il n. V, il numero di queste corone sopra la luna può variare da una a quattro, mentre nel caso di Venere non se ne sentono mai più di due (ad esempio Virolleaud, Ishtar n. III, 3, VII, 29; Supplemento n. XXXVI, 18); si vedano le osservazioni di Kugler in Sternkunde, II, 1, pp. 101-103, e Jastrow, Religion, II, p. 638, nota 2.

25. [#1 p.167] Virolleaud, Supplemento Nr. XXXVI, 27-28.

26. [#2 p.167] Supplemento, n. 1, 29-30.

27. [#3 p.167] Per Lu-Bat = Saturno, vedi sotto, p. 174, nota 6.

28. [#4 p.167] II R., 49, Nr. 3, 41 (riprodotto in modo più completo da Lenormant, Choix de Textes cunéiformes, Nr. 23), e di cui II R. 51, Nr. 2, 58-71, è un duplicato parziale. L’elenco contiene 11 nomi di Marte (11. 30-40) seguiti da 3 nomi di Saturno e da Mercurio. Prima di Marte sono stati registrati i nomi di Giove e probabilmente all’inizio della tavoletta Venere. I pianeti sono qui enumerati nell’ordine di importanza in astrologia. Si veda anche Jastrow, Religione, II, p. 483, nota 4.

29. [#5 p.167] (An) Sag-Uš per (Mul) Lu-Bat Sag-Uš si trova occasionalmente nei testi astrologici, ad esempio Thompson, Nr. 167 rev. 4, mentre al n. 9 si usa l’altra forma. Inoltre, nel passo parallelo al n. 167 rev. 4, cioè Nr. 172 rev. 2, si trova Lu-Bat Sag-Uš.

30. [Per una traduzione della maggior parte del testo con spiegazioni complete si veda Jastrow, Religion, II, p. 568 e seguenti; per il passo in discussione, si veda p. 573, nota 7.

31. [La luna precede sempre il sole – anche nei testi più recenti di ogni tipo – una sopravvivenza dell’uso in astrologia, dove la luna ha un ruolo più importante. Vedi Jastrow, Religione, II, p. 457.

32. [#8 p.167] Šu-ta-tu-u. In una recente discussione di questo difficile termine (Jastrow, Religion, II, p. 472, nota 6) l’ho collegato a šuttu šuttatu “buco”, e l’ho spiegato come riferito al fenomeno per cui, al momento della luna piena, luna e sole non si vedono insieme. Questo, però, è un errore che vorrei correggere. Un ulteriore studio dei passaggi in cui šuttatu ricorre nei testi astrologici mi convince che è sinonimo di altre due frasi che descrivono l’opposizione della luna e del sole al momento del plenilunio: (a) “la luna e il sole si vedono insieme” e (b) “la luna e il sole sono equilibrati”. La prima è la più frequente delle due (itti ahamiš innamrû o innamar), ad esempio Thompson, nn. 119-125; 127-138A; 142-114A; 146-148; 152; 155 ecc. ma anche la seconda (šitkulu) ricorre abbastanza spesso, ad esempio nn. 127-129;131, 135A, 136,136B, 136E,136F, 136H; 136I, 136L, 136M, 136T, 137-138; 139, 141 ecc. La differenza tra le due è che la prima, in quanto espressione più generale, può riferirsi a un’opposizione anticipata al 12° giorno (ad esempio Thompson, n. 119 obv. 4) o al 13° giorno (nn. 120-123A) o a un’opposizione tardiva al 15° o 16° giorno (nn. 156-165A; 166-167; Harper, n. 359 obv. 14) così come all’opposizione puntuale del 14° giorno (nn. 124-136 ecc.), mentre “equilibrato” è limitato all’opposizione del 14° giorno ed è il termine specifico per l’apparizione della luna piena al momento normale. Alla luce di ciò, la cifra 15° giorno nel n. 160A obv. 5, deve essere un errore per 14. Allo stesso modo, šuttatu è applicato solo all’opposizione del 14° giorno (nn. 126, 128, 130, 131, 134, 135, 135A, 136, 136B, 136E, 136 F-136U, 137-138A; 143-144A, 144 D-151, 154 ecc.), e poiché è spiegato come riferito a “la luna e il sole che appaiono insieme il 14° giorno” (ad es. nn. 126, 128, 130, 131, 134, 136B, 136F, 136I, 136 K, 136T, 138A, 144, 144A. 144D, 145) (šutatû e šitkulu), non ci sono dubbi sull’interpretazione. Tuttavia, ci deve essere una sfumatura tra šutattû e šitkulu, perché, ad eccezione del n. 145, non c’è nessun caso in cui il commento appena citato sia aggiunto nel caso di šitkulu, e poiché l’interpretazione data a šitkulu in questo caso è quella che appartiene a šutatû, cioè “il re sarà saggio” (obv. 6), è ragionevole supporre che šitkulu qui sia un errore per šutatû. Le interpretazioni di šutatû e šitkulu, va aggiunto, come nel caso di altri termini, sono coerentemente le stesse. Cfr. Jastrow, Religione, II, p. 473. Sembrerebbe quindi che šutatû e šitkulu si riferiscano entrambi al plenilunio del 14° giorno, ma il primo indica inoltre che luna e sole sono effettivamente visti insieme in quel giorno. Per quanto riguarda il termine šuttatu, proporrei di identificarlo con uno degli equivalenti della combinazione ideografica I-Gi-In-Zu nel sillabario V.A. Th. 244 pubblicato in ZA., IX, p. 159 sgg. e che è scritto esattamente come la nostra parola. Cfr. Meissner, Assyr. Ideogr., n. 2648. Il significato è senza dubbio “visibile” e, contrariamente a quanto ho supposto in precedenza, può essere ricondotto o collegato ad atû, come afferma Muss-Arnolt, Assyr. Dict., p. 1138a. A fianco di questo šuttatu c’è però un’altra parola nel senso di “buco”, e questo significato proporrei ancora per il passo, IV R.2 , Pl. 24, n. 1, 36-37, da me citato, Jastrow, Religione, II, p. 472, nota 6.

[Cfr. ora Jastrow, Religion, II, p. 573, nota 6, e 642, nota 13, dove faccio riferimento al fatto che Kugler, Sternkunde, II, 1, p. 55, era giunto indipendentemente alla stessa conclusione riguardo a šuttatû, senza però l’ulteriore differenziazione qui proposta tra i tre termini].

33. [#1 p.168] Ilu itti ili è usato in modo intercambiabile con Sin itti Šamaš. Cfr. Thompson, n. 124 obv. 5 e 12; 126 obv.3; 134 obv. 8; ecc. con i nn. 144 obv. 4; 136 F rev. 1; 136 I rev. 3; Harper, lettere n. 359 obv. 14, abbiamo ilani per luna e sole.

Ša-niš “in secondo luogo”, spesso usato nei testi astrologici (ad esempio Thompson, Nr. 88 obv. 8, ša-ni-iš) per introdurre una seconda spiegazione. Corretto Kugler, Sternkunde, II, 1, p. 55, che per un errore ha interpretato i due segni come ša Šamaš. Un commento simile si trova in Thompson, Nr. 180 obv. 6-8, dove dopo aver spiegato l’affermazione introduttiva “[La luna] fu vista il 13° giorno. Se il sole sta nell’aureola della luna” ecc., nel modo consueto in cui questo significa che “Saturno sta nell’aureola della luna”, viene aggiunto l’ulteriore commento “Il segno corrisponde al 13° giorno. Che la luna sia stata vista (sc. in opposizione al sole) corrisponde a Saturno nell’alone della luna”. Cfr. Jastrow, Religion, II, p. 661, nota 9.

34. [#2 p.168] Amna (Brünnow, Nr. 9960).

35. [#1 p.169] Ša-niš o U è evidentemente da inserire nella lacuna lasciata da Thompson.

36. [#2 p.169] Vedi sopra, p. 161, Lu-Bat-Sag-Uš è ovviamente da fornire.

37. [#3 p.169] I segni notati sono in tutto sei:

  1. “Il peccato circondato da un’aureola” spiegato come “Saturno nell’aureola”,
  2. “Sin e Šamaš visti insieme” (affermato come fatto obv. 1 e come presagio citato dalla serie Anu-Enlil obv. 4),
  3. “Il peccato riposa nel suo corso” spiegato come “visibile il 14° giorno”, cioè con il sole o Saturno,
  4. “Sin e Šamaš visti insieme” (šu-ta-tu-u spiegato come “dio con dio è visto” o “Saturno con la luna il 14° giorno” (il testo di Thompson ha erroneamente 15),
  5. “Šamaš nell’alone della luna” spiegato come “Saturno nell’alone della luna” e ancora,
  6. “Šamaš (da rifornire) nell’alone della luna” (rev. 4).

38. [#4 p.169] Gub (an) qui, come anche in Thompson, Nr. 177 obv. 3, va letto ikan, come dimostra la scrittura fonetica in Thompson, Nr. 176 obv. 4 e anche Thompson, Nr. 144 rev. 5. Anche in quest’ultimo passo l’interpretazione è identica a quella di Sin Nr. III, 64, e il verso va quindi completato [šar mâti išid] kussi-i-ka-na, mentre nel verso precedente dobbiamo evidentemente fornire Šamaš, e nel commento esplicativo .”(Mul) Lu-Bat Sag Uš ina tarbas“]. Sin izzaz.

39. [#1 p.170] Vedi sopra, p. 164.

40. [#2 p.170] Cfr. Flammarion e Gore, Popular Astronomy (traduzione inglese), p. 432. La rivoluzione di Saturno vista dalla Terra dura circa 29 anni e mezzo ed è visibile ogni anno per diversi mesi senza interruzioni.

41. [#3 p.170] Flammarion e Gore, l.c., p. 350. Si veda anche Jastrow, Religione, II, p. 664.

42. [#4 p.170] Vedi Virolleaud, Shamash n. II, 22-34.

43. [#5 p.170] Virolleaud, Shamash nn. II-IV.

44. [#6 p.170] N. II, 6-11.

45. [#7 p.170] N. III, 9 e 12.

46. [#8 p.170] Virolleaud, Shamash n. II, 9.

47. [#9 p.170] II. 10-11.

48. [#1 p.171] N. II, 23-34, per i primi due mesi. Il resto del testo è interrotto.

49. [#2 p.171] [Kugler, Sternkunde, II, 1, p. 105, fa lo stesso suggerimento, anche se senza alcun riferimento alla connessione tra i finti-soli (e le finte-lune) e il pianeta Saturno].

50. [#3 p.171] Vedi Jastrow, Religion, II, p. 442 e 445.

51. [#1 p.172] Cfr. Jastrow, Religion, II, p. 503, nota 2, e un articolo dello scrittore Gli Ittiti in Babilonia nella Recue sémitique, vol. 18, pp. 87-96.

52. [#2 p.172] Il collega Prof. J.-A. Montgomery solleva l’interessante questione se in Genesi, I, 16, le due “luci” non si riferiscano un tempo al Sole e a Saturno.

53. [#3 p.172] Sternkunde und Sterndienst in Babel, I, p. 221 e seguenti.

54. [#4 p.172] Virolleaud, Ishtar Nr. XX, 20. Ricorre anche in Virolleaud, Sin Nr. XIX, 14, ma in un passaggio frammentario da cui non si possono trarre conclusioni.

55. [#5 p.172] Allo stesso modo, Nebo è usato per Mercurio. Vedi sotto, p. 178, nota 1.

56. [#6 p.172] Si vedano gli inni a Šamaš in Jastrow, Religion, I, pp. 426-436, ad esempio IV R2 , 28, n. 1, che inizia con “la legge degli uomini tu dirigi, eternamente giusto in cielo tu sei (i-ša-ru ina šamê ka-a-ma-nu at-ta) giustizia e saggezza per tutte le terre — tu (kit-tum bi-rit uz-ni ša mâtâti at-ta)”.

57. [#1 p.173] Sopra, p. 167.

58. [I termini kêttu e mešaru sono chiaramente designazioni del dio Sole nella sua veste di dispensatore di “giustizia e rettitudine”, ma che, conformemente al carattere della teologia babilonese-assira, sono stati personificati e conferiti al rango di assistenti di Šamaš. Vedi Zimmern, Beiträge, p. 90 e 104; Jastrow, Religion, I, pp. 175-176. Nel nostro passo, kêttu è chiaramente l’equivalente di Saturno, mentre mešaru è equiparato a Šamaš, ma il risultato principale è che Saturno e Šamaš sono sinonimi. Un’altra designazione di Saturno presente nei testi astrologici è lu-lim “ariete”, ad esempio Virolleaud, Supplement, Nr. L, 9-10 e dove viene nuovamente aggiunta la spiegazione: lu-lim = (un) Lu-Bat Sag Uš. Ciò è confermato, inoltre, da II R., 48, riv. 52 (= CT. XIX, 19): (an) lu-lim = (an) Lu-Bat Sag-Uš, ma lu-lim sembra essere una denominazione applicata come Lu-Bat (cfr. infra, p. 174) a Saturno, Marte o Mercurio. In ogni caso Virolleaud, Ishtar, Nr. XXV, 72, (Mul) lu-lim è equiparato a (Mul) A-nim che è una designazione di Marte (Jastrow, Religion, II, p. 653, nota 7.) Un’altra designazione di Saturno è En-Me Šar-ra (“Signore della legge dell’universo”) che in V R.46, Nr. 1. obv. 21, è inserito come equivalente di (Mul) lu-lim. Cfr. Virolleaud, Ishtar, Nr. XXX, 16 = Thompson, Nr. 184, obv. 6. Cfr. Jastrow, Religion, II, p. 669, nota 7.

59. [#3 p.173] Il valore comune di Gi è kênu o kânu (Brünnow, Nr. 2391; Meissner, Assyr. Ideogr., 1395).

60. [#4 p.173] Jastrow; Religione, I, p. 56 e seguenti.

61. [#5 p.173] Virolleaud, Sin Nr. XIX, 22, e Ishtar Nr. XXXIII, 11.

62. [#6 p.173] (An) Gu-ud è usato per (Mul) Lu-Bat Gu-ud, esattamente come (an) Sag-Us per (Mul) Lu-Bat-Sag-Us. Vedi sopra, p. 167, nota 5, e per altri esempi di (An) Gu-ud, Virolleaud, Ishtar Nr. XXX, 4, 13, 15, 17, 24, ecc.; Thompson, nn. 105 obv. 8; 103 obv. 3, ecc. Per Lu-Bat Gu-ud = Mercurio, e il significato della forma ideografica, si veda Jastrow, Religion, II, p. 447 sgg. e Sign and Name for Planet in Babylonian (Proc. Amer. Philos. Society, vol. 47, p. 182 sgg.). Per II R. 39, n. 5, 62, (il) bi-ib-bu = (An) Lu-Bat, cfr. sotto, p. 177, nota 5.

63. [#1 p.174] Vedi anche Thompson, Nr. 184 obv. 4, (Mul) bi-ib-ba = Mercurio, al fianco di Lu-Bat Gu-ud (obv. 3 e rev. 1) e Mul Marduk (obv. 1) “stella di Marduk” un’altra designazione di Mercurio, per la quale si veda Kugler, Sternkunde, II, 1, p. 77 segg. e Im Bannkreis Babels dello stesso autore, p. 124, nota 1, con ulteriori esempi in Jastrow, Religion, II, p. 666, nota 2.

64. [#2 p.174] Jastrow, Religione, II, p. 446.

65. [#3 p.174] Cfr. Bouché-Leclercq, L’Astrologie grercque, p. 101; 321-23.

66. [L’ordine nei testi precedenti al 400 a.C. è Giove, Venere, Saturno, Mercurio e Marte. Questo ordine si trova ad esempio in Harper, Letters Nr. 648 obv. 8-11.

67. [#5 p.174] Giove, Venere, Mercurio, Saturno, Marte. Cfr. kugler, Sternkunde, I, p. 13. 663

68. [#6 p.174] Da pubblicare con il titolo Lu-Bat in Babyloniaca, vol. IV. Cfr. Religione, II, p. 663 e segg. Per Lu-Bat = Saturno, cfr. ad es. Thompson, n. 103 obv. 6, “Se la luna è circondata da un’aureola e Lu-Bat sta in essa” ecc. a cui si aggiunge il commento (1. 8) “Lu-Bat Sag-Uš (cioè Saturno) stava nella luna”. Per Lu-Bat = Marte, si veda ad esempio Thompson, n. 101, che tratta interamente dei fenomeni marziani e dove troviamo obv. 5-6, “Se la luna è circondata da un’aureola e Lu-Bat si trova al suo interno, il re sarà chiuso dal suo esercito”. Si veda anche Virolleaud, Ishtar Nr. XXX, 24, 30, 31, dove Lu-Bat è spiegato come l’equivalente di (An) Zal-Bat (a-nu). In 1. 32 (An) Dil-Bat è probabilmente un lapsus per Zal-Bat (a-nu). Per Lu-Bat = Mercurio, è sufficiente notare, Thompson, Nr. 199 A, obv. 5, Lu-Bat al fianco di Lu-Bat Gu-ud (obv. 2).

69. [#1 p.175] Si veda ad esempio Thompson, nn. 146 riv. 6 e 193 riv. 2, dove una nota afferma espressamente Lu-Bat Dir = Zal-Bat (a-nu), cioè Lu-Bat Dir = Marte. Si veda anche Virolleaud, Ishtar Nr. VI, 26 [ugualmente Dir = Zal-Bat (a-nu)]; VIII, 16 [Lu-Bat Dir = šum (An) Zal-Bat (a-nu)], cioè Lu-Bat Dir = nome di Zal-Bat (a-nu) ; XX, 53-62 – XXV, 72-74. Il nome (Dir = sâmu) significa “pianeta di colore scuro”, ed era appropriatamente dato a Marte per il suo colore rosso scuro. In tempi successivi, la designazione più comune del pianeta è Mul (o An) Zal-Bat (a-nu) da leggersi mutânu sulla base di Thompson, Nr. 232 obv. 3, ([Zal-Bat (a-nu)] a-na mu-ta-ni ka-bi), cioè “il pianeta della morte” a causa del suo carattere maligno. Vedi Jastrow, Religione, II, p. 650, nota 16. Marte è, nell’astrologia babilonese-assira come in quella greca e medievale, il pianeta “sfortunato” per eccellenza. La spiegazione di Zal-Bat (a-nu) come muštabarrû mutânu fornita in V R., 46, Nr. I rev. 42, cioè “sazia di morte”, appare fantasiosa come le altre spiegazioni degli astri in questo testo. Cfr. la spiegazione di Nebo-Mercurio come muštabarrû salimi “sazio di grazia” (V R., 43 rev. 39). Oltre a Lu-Bat-Dir e Zal-Bat (a-nu) ci sono molti altri nomi di Marte che ricorrono nei testi astrologici. Si veda un articolo di chi scrive su “Segni e nomi del pianeta Marte” che apparirà nell’American Journal of Semitic Languages, vol. XXVII, Nr. 1.

70. [#2 p.175] Gu-ud = šahâtu “controllare, ostacolare” ecc. (cfr. Jastrow, Religion, II, p. 366, nota 9) rappresenta un contrasto con Sag-Uš = ka-ma-a-nu “fermo”. Una spiegazione diversa, ma che non sembra più soddisfacente, è data da Kugler, Sternkunde, II, 1, p. 123, nota 1.

71. [#1 p.176] Diodoro, come citato sopra (p. 163, nota 2), indica anche che la ragione per cui i Caldei chiamavano Saturno con il nome di Sole era perché era il più “prominente” dei cinque pianeti o stelle e più usato degli altri nella divinazione. È interessante anche notare che Igino, citando Eratostene (supra p. 163, nota 2), identifica Saturno con Fetonte, lo sfortunato figlio del Sole che, per la sua imprudenza nel tentare di guidare il carro del padre, fu colpito dal fulmine di Giove e degradato dalla sua alta posizione per essere posto tra le stelle. In questo modo – raccontando la nota vicenda che Ovidio, Metamor., II, 1-356, riporta in dettaglio – spiegherebbe l’associazione di Saturno con il sole, dal momento che Fetonte è usato anche per il sole stesso. Questa fase dell’argomento che rimanda chiaramente alle influenze babilonesi è da riservare a un articolo speciale.

72. [#2 p.176] Ad esempio Thompson, nn. 39 riv. 3 ; 101A rev. 4; 102 obv. 8; e 115 C obv. 6.

73. [Nel n. 115C manca il riferimento a Marte, a causa del carattere difettoso del testo, mentre Šamaš in questo testo designa Saturno.

74. [#1 p.177] Virolleaud, Ishtar, XX, 47 = Supplemento, Nr. XLIX, 3 (anche l.1 ). Non posso quindi concordare con Kugler, Sternkunde, I, p. 221, nota, che vuole rendere “un pianeta si avvicina all’altro”. Hommel, Aufsätze, p. 454, aveva almeno ragione nel supporre che si intendessero due pianeti specifici.

75. [#2 p.177] Virolleaud, Ishtar Nr. VII, 29, e Supplemento, Nr. XXXVI, 18.

76. [#3 p.177] Scritto Lu-Bat con segno plurale.

77. [Il fatto che, nonostante ciò, a Marte fosse assegnato l’ultimo posto in un’enumerazione dei pianeti era probabilmente dovuto alla circostanza che si trattava del pianeta “sfortunato”. Inoltre, la più antica testimonianza di questo ordine si trova nelle tavolette della biblioteca di Ašurbanapal (II R., 48 riv. 48-54; III R., 57, n. 6, 63-67; Harper, Lettere n. 648 obv. 8-11) e potrebbe quindi risalire a un periodo in cui, sebbene Saturno mantenesse ancora la sua posizione di capo dei tre Lu-Bat, Mercurio, in virtù della sua identificazione con Nebo (in quanto figlio e socio di Marduk), aveva già assunto un’importanza maggiore. Cfr. p. 178, nota 1.

78. [#5 p.177] È da notare, tuttavia, che bibbu non designa sempre Mercurio. In Virolleaud, Isthar Vr. XXVIII, 40, il contesto indica che si tratta di Marte, così come in V R. 21, Nr. 1, 27 c-d, bi-ib-bu è inserito come equivalente di Nin-Gir-Ban-da, una designazione di Nergal con cui il pianeta Marte era identificato (Jastrow, Religion, II, p. 442 e 445). È quindi naturale trovare bibbu inserito anche come equivalente di Lu-Bat (ad esempio II R. 39, Nr. 5, 62), il che, secondo la spiegazione sopra esposta, significa che bibbu può stare per Marte, Saturno o Mercurio. Cfr. Jastrow, Religione, II, p. 663, nota 1. In Rm. 301 (Virolleaud, Babyloniaca, III, p. 301) bi-ib-[bu] sta probabilmente per Mercurio, al quale quindi è stato applicato più in particolare, dopo che Lu-Bat era diventato la denominazione specifica per questo pianeta.

79. [Un’interessante illustrazione ed espressione di questa associazione tra Giove-Marduk e Mercurio-Nebo, che ha portato ad assegnare a Mercurio un posto subito dopo Giove, si trova in una lettera di Balast (Harper Nr. 354. rev. 9-10) in cui Mercurio (Lu-Bat Gu-Ud) è equiparato al “figlio del re” – il complemento, quindi, di Giove come stella “re” (šarru), che in effetti è una delle denominazioni di Giove. Cfr. Jastrow, Religion, II, p. 643, nota 2, e 652, nota 13. Alla luce di ciò, non dobbiamo esitare a equiparare (Mul) Na-bu-u (Virolleaud, Supplemento, n. VIII, 7) a Mercurio – lì contrapposto a Dun-Pa-Ud-Du (o Dun-Pa-ê) = Giove.

80. [#2 p.178] Ad esempio Virolleaud, Ishtar Nr. XXV, 41, Lu-Bat (Meš) i-ba’-il-u-ma, cioè “i pianeti sono luminosi” è la spiegazione di kakkabê isarrihû “le stelle brillano fortemente” nel verso precedente. Allo stesso modo in 1. 48 “stelle del cielo” sono inserite come equivalenti a Lu-Bat (Meš), cioè “pianeti”. Altri passaggi per Lu-Bat (Meš) nel senso generale di pianeti sono Virolleaud, Ishtar Nr. VII, 11; Sm. 2074 (Bezold, Catalogue, p. 1529), e l’interessante definizione di pianeti in Thompson, Nr. 112 rev. 7-8, secondo cui “Lu-Bat (Meš) sono quelle stelle che passano l’una oltre l’altra lungo il loro percorso”.

81. [#3 p.178] 7 Mul Lu-Bat (Meš) (III R., 57, n. 6, 65-67 = CT. XXVI, 45, 19-21). Altri passaggi si trovano in Jastrow, Religion, II, p. 66, nota 4.

(Questo articolo è stato inviato alla Revue nell’ottobre 1909, ma a causa della morte del direttore M. Ledrain, la sua pubblicazione è stata ritardata. Nella bozza sono state fatte alcune aggiunte, tra cui i riferimenti a Kugler, Sternkunde und Sterndienst in Babel, II, 1, che non mi erano ancora pervenuti al momento della stesura dell’articolo. M. J., Jr.]

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