Origine e significato del Mรขgรชn Dรขwรฎd – Hildegard Lewy (parte I)

Prima parte della nostra traduzione dello studio comparativo, finora inedito in italiano, sulle antiche religioni di Gerusalemme e di Mecca. A cura di Andrea Casella.

di Hildegard Lewy

ยซArchiv Orientร lnรฌยป, Praga, vol. 18, fasc. 3 (Nov. 1, 1950) pp. 330-365.
Traduzione di Andrea Casella.

Cosรฌ come innumerevoli moschee del Vicino Oriente sono sormontate dalla Luna Crescente, le sinagoghe piรน moderne si identificano dalla stella a sei punte, che usualmente viene chiamata Mรขgรชn Dรขwรฎd, โ€œlo scudo di Davideโ€. Il significato originario di questo simbolo, che รจ stato oggetto di una gran quantitร  di speculazioni [1], รจ alquanto chiarito dalla sua presenza su due impronte di sigillo antico-assire trovate sulle tavolette cuneiformi AO.8758 [2] e AO.8781, ecc. [3] in possesso del Museo del Louvre. Sullโ€™impronta di sigillo della prima tavoletta, il Mรขgรชn Dรขwรฎd compare di fronte a un personaggio di rango divino che regge con le mani un oggetto cerimoniale molto simile a una Menorah. La compresenza su un sigillo antico-assiro di questi due emblemi che sono generalmente considerati cosรฌ caratteristici della fede ebraica, chiarisce che nessuno di essi trova la propria origine nella religione di Yahweh, dal momento che, come noto, non cโ€™รจ alcuna prova che questa religione sia mai stata praticata in Assiria nel periodo antico-assiro. 

Lโ€™immagine di sigillo trovata sulla tavoletta AO.8781, ecc., fornisce alcune importanti informazioni sul Mรขgรชn Dรขwรฎd. Il motivo รจ che ivi รจ strettamente associato a due emblemi il cui significato รจ ben noto, vale a dire la luna crescente e il disco solare. La connessione della nostra stella a sei punte con questi due simboli di divinitร  planetarie, il dio-Luna Sรฎn e il dio-Sole ลœamaล, suggerisce a prima vista che essa fosse a sua volta la rappresentazione di un dio planetario, una conclusione che tra tutte รจ la piรน plausibile, dal momento che le stelle a cinque, sei, sette e otto punte erano utilizzate altrove nellโ€™antico Vicino Oriente per rappresentare gli dei planetari. Come esempi menzioniamo la stella a otto punte che la tavoletta di pietra B. M. 91000 [4] ascrive, sul rilievo del suo dritto, alla dea Iลtar, la rappresentante divina del pianeta Venere, e unโ€™altra stella a otto punte che rappresenta, in accordo a una legenda esplicativa sul rovescio della tavoletta AO.6448 [5] il dio Nabรป-Mercurio. Dal momento che gli emblemi di quattro dei sette dei planetari [6] sono ben identificati dalle fonti cuneiformi, il Mรขgรชn Dรขwรฎd puรฒ rappresentare solo uno dei tre pianeti i cui simboli restano da essere identificati, vale a dire i cosiddetti pianeti superiori, Giove, Marte e Saturno.ย 


Relazione di ล alim con la Dinastia Davidica

Dal momento che la tradizione attribuisce la stella a sei punte sia a Davide che a Salomone [7], la decisione di assegnarla a uno dei tre pianeti che simboleggerebbe dipende in larga parte dalla questione, se cosรฌ รจ, di quale di questi tre pianeti superiori giocรฒ un ruolo nella religione di questi due re. Unโ€™indicazione indiretta che Yahweh non fu lโ€™unico essere divino adorato da Davide e Salomone รจ contenuta nellโ€™affermazione tratta dal Primo Libro dei Re, III, 2 secondo cui la pratica di offrire sacrifici in luoghi elevati (una pratica che secondo I Re, III, 4 era seguita da Salomone) non era in accordo con la religione di Yahweh. รˆ facile ipotizzare che il culto non-Yahwistico cui qui si allude fosse una religione planetaria, dal momento che, come abbiamo sottolineato in altro luogo con grande dettaglio [8], gli adoratori degli astri credevano che le sommitร  delle colline o delle montagne โ€“ ovvero, in assenza di rilievi naturali โ€“ lo spiazzo superiore delle torri dei templi, fossero il luogo appropriato per incontrare le divinitร  astrali, essendo tali luoghi piรน vicini alla loro dimora celeste rispetto alla pianura disabitata. La deduzione che fosse una divinitร  planetaria quella che Salomone adorava su Gabaon e altri luoghi elevati รจ perfettamente in linea con lโ€™episodio, immediatamente successivo al giร  citato passo del Libro dei Re, secondo cui la sua famosa saggezza gli fu infusa in sogno sulla vetta del Monte Gabaon. Perciรฒ, come abbiamo dimostrato nel nostro giร  citato lavoro, la concezione di un re a cui, in una rivelazione onirica, sia fatto dono di saggezza e sapienza di gran lunga superiori rispetto a quelle di un uomo ordinario, รจ rintracciabile altrove solo in relazione a regnanti che fossero dichiarati adoratori degli astri [9]

Unโ€™indicazione circa lโ€™identitร  del pianeta che sembra aver giocato un ruolo importante nella religione di Salomone viene dal nome di suo fratello maggiore, โ€˜Amnรดn. Poichรฉ, come evidenziato da J. Lewy, questo nome รจ derivato dalla radice โ€˜m-n- con lโ€™aggiunta del suffisso -รด/รขn, siamo autorizzati a renderlo con โ€œColui che appartiene allo Stazionarioโ€ [10]. Poichรฉ Saturno era il pianeta che i popoli dellโ€™antico Vicino Oriente designavano come โ€œLo Stazionarioโ€ (akkadico Kaimรขnu, sumero SAG.Uลก [11]) giungiamo alla conclusione che era questa la deitร  stellare a cui Davide aveva consacrato il suo primogenito. 

Possiamo anche ipotizzare il motivo per cui lo fece: nella credenza degli antichi Semiti, un sovrano che si fosse proposto di conquistare una certa cittร  o un certo paese doveva ottenere il favore della divinitร  tutelare al fine di poter essere scelto per regnarvi per grazia del suo divino patrono [12]. Questa concezione era una logica conseguenza delle idee sul potere divino diffuse nel Vicino Oriente. Poichรฉ la divinitร  protettrice di una famosa cittร  (o paese) dovrebbe essere molto piรน potente del piรน potente re sulla terra, era impensabile che un essere umano fosse nella posizione di conquistare una cittร  o una regione contro la volontร  del suo dio protettore [13]. รˆ quindi ragionevole pensare che Davide, pianificando di conquistare Gerusalemme, dovesse tributare omaggio alla divinitร  tutelare di quella cittร . Ora alcune informazioni circa il dio che si pensa possedesse la cittร  di Gerusalemme prima di Yahweh possono essere dedotte dal nome stesso: ื™ืจื•ืฉืœื (neo-assiro รขlUr-sa-li-im-mu [14]). Come ha evidenziato per primo J. Lewy [15], questo nome, essendo composto di un elemento ื™ืจื• (da ricollegarsi a ื™ืจื”, โ€œcreareโ€, โ€œfondareโ€) e il nome divino ล alim (ricorrente anche nelle varianti ล /Salim e ล รขlรดm), significa โ€œCreazione di ล alimโ€, un significato che rende chiaro che il dio chiamato ล alim era considerato il divino creatore e protettore di Gerusalemme. Infatti, da un passaggio – parimenti chiarito da J. Lewy [16] -, della lettera di Amarna VAT 1646 segue che รขlBรฎt dล ulmรขni, โ€œcittร  del tempio del dio ล ulmรขnuโ€, era uno dei nomi sotto i quali la cittร  capitale del mรขtรš-ru-sa-lim-ki, โ€œil paese di Gerusalemmeโ€, era conosciuta nel periodo delle Lettere di Tell-el-Amarna, ossia allโ€™inizio del XIV secolo a.C. Come il nome assirizzato ล ulmรขnu รจ derivato da ล alim o ล รขlรดm con lโ€™aggiunta del succitato suffisso รขn/รดn oltre al nominativo assiro finale -u [17] la designazione della cittร  come รขlBรฎt dล ulmรขni conferma le nostre precedenti conclusioni secondo cui il dio ล alim o ล ulmรขnu era la divinitร  principale della Gerusalemme pre-israelita. Per quanto riguarda la natura di questo divino patrono della famosa cittร , J. Lewy [18] concluse dal vocabolario assiro K. 4339 che gli Assiri lo identificavano con il loro dio Ninurta. Che questa identificazione, lungi dallโ€™essere un mero artificio del dotto autore di quel vocabolario, esprimesse la generale credenza degli Assiri รจ dimostrato dal fatto che un re assiro il quale, scegliendosi come nome ล ulmรขnu-aลกarid (โ€œล ulmรขnu รจ il Supremo [cioรจ tra gli dei]โ€), mise se stesso sotto la speciale protezione del dio-patrono di Gerusalemme, fondรฒ la cittร  di Kalแธซu, la residenza assira del dio Ninurta [19]. Siccome questโ€™ultima divinitร  era la divina personificazione del pianeta Saturno [20], diventa allora chiaro che anche il ล ulmรขnu dellโ€™ovest semitico impersonava il pianeta che gli astronomi e gli astrologi assiri usavano chiamare โ€œil Sole notturnoโ€. Alla luce di questa evidenza, รจ difficile rimanga qualche dubbio che chiamando suo figlio maggiore โ€˜Amnรดn, โ€œColui che appartiene a Saturnoโ€ [21] Davide avesse tributato onore al dio tutelare di Gerusalemme. Poichรฉ, secondo II Samuele, III, 2, โ€˜Amnรดn nacque a Hebron molto prima che Davide intraprendesse la sua campagna di conquista di Gerusalemme, รจ ovvio che egli avesse consacrato il suo primogenito al pianeta Saturno affinchรฉ questo dio potesse scegliere lui e i suoi discendenti per regnare sulla cittร  santa. Questa conclusione รจ giustificata dal fatto che โ€˜Amnรดn non era lโ€™unico dei figli di Davide il cui nome esprimeva la venerazione paterna per il pianeta Saturno. Una volta realizzato che nella sua qualitร  di creatore e protettore di Gerusalemme questa divinitร  era chiamata ล alim o ล รขlรดm, รจ chiaro che anche il terzo figlio di Davide, Ab-ล รขlรดm, il cui nome significa โ€œIl Padre รจ ล alimโ€, portasse un nome che lo poneva sotto la protezione del divo signore di Gerusalemme. Lo stesso รจ ovviamente vero per Salomone il cui nome significa โ€œColui che appartiene a ล alimโ€. Ci rendiamo cosรฌ conto che Davide era perfettamente consapevole della condizione legata alla conquista e al possesso di Gerusalemme: dโ€™ora in poi un posto importante nel pantheon della famiglia reale sarebbe stato occupato da ล alim, il divino patrono della capitale.ย 

Osservando, alla maniera descritta sopra, le pratiche rituali consuete tra gli adoratori degli astri, Salomone, figlio di Davide e suo successore, diede prova di aver accettato il patrocinio di questa divinitร  planetaria. Si pone quindi la questione della misura in cui egli abbia tentato di imporre ai suoi sudditi il culto di ล alim. Questa questione รจ meglio risolta determinando se il Tempio di Salomone come concepito da Davide e Salomone fosse in principio dedicato a Yahweh o a ล alim; dal momento che, nellโ€™opinione degli antichi Semiti, un santuario costruito in onore di un certo dio era un potente mezzo di propaganda del suo culto [22]


Le principali fonti dโ€™informazione sul culto del pianeta Saturno

Prima di provare a determinare se il Tempio di Salomone e le tradizioni attorno a esso rivelino in qualche modo una relazione con il culto del pianeta Saturno, dobbiamo discutere brevemente delle fonti principali da cui le informazioni circa il dio e le forme del suo culto possano derivare. Diciamo anzitutto che Saturno era la divinitร  protettrice della cittร  di Lagaลก, a sud di Babilonia, dove era riverito sotto il nome di Ningirsu, โ€œSignore di Girsuโ€ (Girsu essendo il nome di una zona di Lagaลก [23]). Perciรฒ le iscrizioni che trattano delle successive ricostruzioni del tempio di Ningirsu, lโ€™รˆ-ninnรป, e in particolare i dettagliati resoconti lasciati da Gudea, possono rappresentare un numero di dati utili alla nostra indagine. Da questi testi apprendiamo soprattutto che Ningirsu era adorato insieme alla sua โ€œamata consorteโ€ [24], la dea Bau, alla quale (essendo considerata figlia di Anu, il dio del cielo) ci si riferisce frequentemente come โ€œla regina, la figlia del puro cieloโ€ [25]. Apprendiamo inoltre che Ningirsu era concepito come un potente guerriero dotato di armi terribili, e che era frequentemente designato come โ€œColui che arresta le acque furioseโ€ [26].

Il mito dove originariamente questโ€™ultimo epiteto si riscontra รจ conservato in un testo che gli antichi designavano come Lugal-e ud me-lร m-bi nir-gร l, โ€œRe, Tempesta, il cui splendore รจ eroicoโ€ [27]. Il poema, che probabilmente era recitato o messo in scena durante la festivitร  annuale celebrata nella cittร  di Nippur, a sud di Babilonia [28], in memoria della sua supposta fondazione da parte del dio Ninurta, narra che ci fu un tempo in cui un terribile diluvio minacciรฒ di morte e distruzione tutti gli esseri viventi [29]. Ninurta allora decise di accorrere in aiuto delle sue creature, e venne in barca per affrontare il nemico [30]. Il diluvio non fu lโ€™unico avversario che egli incontrรฒ sul campo di battaglia, poichรฉ le pietre si erano schierate dalla parte delle acque montanti, e ciรฒ sulla scorta dellโ€™idea che durante unโ€™alluvione numerose pietre grandi e piccole si abbattevano sulle cittร  e i villaggi con gran danno e distruzione [31]. Alcune pietre, tuttavia, cambiarono schieramento nel corso della battaglia e aiutarono Ninurta contro il diluvio. Questa parte del mito รจ forse da spiegarsi ipotizzando che alcune rocce si fossero ammassate in modo da formare una diga contro le acque in aumento. Comunque sia, la battaglia terminรฒ con la completa vittoria di Ninurta, che โ€œarginรฒ dentro il paese nemicoโ€ [32] le acque ostili del diluvio. Si comprende cosรฌ che invocando il pianeta Saturno come โ€œColui che arresta le acque furioseโ€, il popolo di Lagaลก attribuisse al loro dio la fine del distruttivo diluvio. 

Le parti del poema che raccontano gli eventi dopo il diluvio (tavolette da IV a VII) sono molto frammentarie; la sola parte chiara รจ contenuta nella tavoletta V, dove รจ detto (rev., l. 6, Geller, loc. cit., p. 287) che Ninurta โ€œcostruรฌ un muroโ€, probabilmente usando le pietre che erano state trascinate via dal diluvio. Sulla tavoletta VIII, dโ€™altro canto, abbiamo ancora un resoconto completo [33]. Qui รจ detto che, probabilmente come conseguenza del fatto che Ninurta avesse confinato le acque del diluvio nel โ€œpaese nemicoโ€, si ebbe una penuria di acqua dolce in tutta la regione, col risultato che le attivitร  agricole si bloccarono. Ma ancora una volta Ninurta venne in aiuto del suo popolo. Sulle montagne egli riunรฌ enormi pietre con cui costruรฌ una cittร  (ll. 15 โ€“ 19 del testo di Langdon). Poi egli raccolse le acque che avevano allagato i campi e le scaricรฒ nel fiume Tigri [34]. Allora il Tigri si gonfiรฒ e riempรฌ dโ€™acqua la rete di canali da cui dipendeva la riuscita di ogni operazione agricola. Dopo aver compiuto questo lavoro, Ninurta nominรฒ sua madre, la dea della terra, governante della cittร  che aveva costruito [35], poichรฉ ella lo aveva valorosamente aiutato nella sua lotta contro il diluvio (tavoletta IX). 

Infine, alcuni dei miti e delle tradizioni contenuti in questa antica Epopea Sumera di Ninurta ricorrono nei frammenti rimasti della Storia della Fenicia di Sanconiatone [36]. Questa fonte, a confronto relativamente tarda, nomina una divinitร  แผจฮปฮฟฯ‚ o ฮšฯฯŒฮฝฮฟฯ‚ come uno degli dei piรน importanti adorati dai Fenici [37]. Che questi fosse una divinitร  astrale deriva dalla dichiarazione del nostro testo che Kronos-Elos era riverito come la โ€œstella di Kronosโ€. Siccome nella terminologia dei Greci la โ€œstella di Kronosโ€ [38] รจ il pianeta Saturno, restano pochi dubbi che per i Fenici di cui si occupรฒ Sanconiatone questo pianeta fosse El, il dio per eccellenza. 

Il dio fenicio Saturno, proprio come la sua controparte babilonese, era ritenuto il figlio della terra, riportata da Filone di Biblo come Gรช [39]. Anchโ€™egli fu coinvolto in una terribile guerra [40], dopo il cui esito vittorioso egli โ€œcircondรฒ la sua dimora con un muro e fondรฒ come prima cittร  di tutte Biblo di Feniciaโ€ [41]. Si apprende cosรฌ che a Biblo, come a Nippur, gli adoratori di Saturno credevano che la loro cittร  fosse stata fondata dal loro dio come la prima cittร  del mondo e che questo insediamento fosse stato costruito intorno a un santuario di Saturno circondato da un muro. In ulteriore accordo con il mito babilonese la versione greca riferisce [42] che la cittร  di nuova fondazione fu data da Saturno a sua madre, il cui nome, Baaltis, ha senza alcun dubbio il significato di โ€œSignora (di Biblo)โ€. Dโ€™altra parte, il resoconto di Sanconiatone contiene unโ€™informazione sul dio Saturno di cui non cโ€™รจ traccia in nessuna fonte babilonese: qualora, in conseguenza di guerre, pestilenze o altra calamitร  generale, i fedeli di Saturno fossero minacciati di catastrofe, era consuetudine che il capo della rispettiva comunitร  sacrificasse il suo figlio piรน amato a quel pianeta [43]. Questa usanza, a sua volta, si spiega mediante il mito che Saturno stesso avesse sacrificato suo figlio sullโ€™altare quando la pestilenza minacciรฒ i suoi seguaci [44]. Il sacrificio del figlio sembra essere stato un tratto cosรฌ tipico del culto del pianeta Saturno che ancora nel Medioevo questa stella era conosciuta come โ€œil pianeta che divora i suoi figliโ€ [45].ย 

In ultimo luogo, il nostro studio sul culto del pianeta Saturno deve servirsi delle fonti arabe medievali, non solo perchรฉ contengono reminiscenze mitiche della religione araba preislamica, ma anche perchรฉ descrivono il culto delle divinitร  planetarie praticato nel Vicino Oriente fino al tempo in cui i Turchi, piรน intolleranti dei loro predecessori, non estinsero gli ultimi resti delle antiche religioni semitiche. Ad-Dimiลกqรฎ, che dedica un intero capitolo della sua Cosmografia alle pratiche religiose degli adoratori degli astri, riporta che un tempio di Saturno โ€œera costruito a forma di esagono, nero (secondo il colore) della pietra lavorata e delle tendeโ€ [46]. Mentre, a giudicare dallโ€™antico tempio di Saturno a Lagaลก, come altrove, il riferimento alla forma esagonale deve essere frutto di una confusione [47], la predominanza del colore nero รจ ben in linea con le informazioni fornite dalle fonti cuneiformi; dal momento che ivi, non meno che nelle opere medievali di astrologia, Saturno รจ frequentemente chiamato โ€œil neroโ€ o โ€œlโ€™oscuroโ€ pianeta [48]. Tuttavia, unโ€™osservazione di al-Masโ€™รปdรฎ [49] suggerisce che non necessariamente lโ€™intero tempio doveva essere costruito in pietra nera; perchรฉ quando questo autore riferisce che, nellโ€™opinione degli adoratori delle stelle, la Kaโ€™ba di Mecca passava per essere un santuario di Saturno, egli sottolinea che tale caratterizzazione dipendeva dalla presenza di una sacra pietra nera, la famosa แธคaฤŸar al-aswad. La correttezza dellโ€™informazione di al-Masโ€™รปdรฎ รจ provata, almeno indirettamente, dal nome del dio che, secondo le unanimi testimonianze delle nostre fonti islamiche, era adorato nella Kaโ€™ba nel periodo precedente a Muhammad. Era chiamato Hubal (ู‡ุจู„โ€Ž) [50], un nome che, derivato dalla radice ู‡ุจู„โ€Ž [hebel n.d.r.], ha il significato di โ€œColui che priva con violenza la madre di suo figlioโ€ [51]. Il modo in cui il divino signore di Mecca si credeva prendesse i figli alle loro madri รจ illustrato dalla ben nota leggenda sul nonno di Muhammad, โ€˜Abd al-Muแนญแนญalib. Si racconta che egli avesse votato al sacrificio uno dei suoi figli a Hubal, nel caso in cui fosse stato benedetto con dieci figli [52]. Cosรฌ รจ chiaro che il dio adorato nella Kaโ€™ba era solito accettare, o forse esigere, sacrifici di bambini dai suoi adoratori. Dal momento che, come abbiamo visto sopra [53], tali sacrifici erano considerati un tratto altamente caratteristico del pianeta Saturno, non rimane dubbio che la tradizione secondo cui la Kaโ€™ba fosse un santuario di Saturno รจ piรน affidabile di quanto generalmente si pensi [54]. Infatti, quando il Corano (III, 96) stabilisce che il tempio sito in Bakka (i. e. la Kaโ€™ba di Mecca) fu il primo santuario costruito per gli uomini, esso allude a una tradizione che, come visto sopra, รจ caratteristica dei luoghi del culto di Saturno: in ognuna di queste cittร , gli adoratori credevano che il loro santuario e la loro cittร  fossero i primi ad essere stati fondati [55].


NOTE:

[1] Riguardo ad alcune di queste speculazioni circa il possibile significato del Mรขgรชn Dรขwรฎd vedi Jahrbuch fรผr Jรผdische Volkskunde I, Berlino โ€“ Vienna 1923, pp. 391 ss. e p. 392, nota 1.

[2] Una riproduzione dellโ€™impronta di sigillo in questione si trova in J. Lewy, Tavolette della Cappadocia, terza serie, terza partita (Museo del Louvre, Dipartimento delle Antichitร  Orientali, Testi Cuneiformi, vol. XXI), Parigi 1937, pl. CCXXXV, n. 74.

[3] Per una riproduzione dellโ€™impronta di sigillo presente su questโ€™ultimo frammento vedi J. Lewy, op. cit., pl. CCXXXIII, n. 48. โ€“ Il Professor Herbert G. May ha gentilmente richiamato la mia attenzione sul fatto che il Mรขgรชn Dรขwรฎd รจ inciso sul muro di un santuario di Megiddo; vedi il suo lavoro, Resti materiali del culto di Megiddo, Chicago 1935, p. 6 e fig. 1 a p. 7. Il muro in questione, in accordo con gli archeologi, risalirebbe al IX-VIII secolo a.C.

[4] Vedi L. W. King, Pietre confinarie babilonesi e Tavolette memoriali nel British Museum, Londra 1912 pl. XCVIII, e cfr. Thureau-Dangin, Rivista di Assiriologia XVI, 1919, p. 139.

[5] Vedi Thureau-Dangin, loc. cit., p. 135 e cfr. Orientalia 18, 1949, p. 168, nota 1.

[6] Cioรจ Sรฎn, ลœamaล, Iลtar e Nabรป.

[7] Mentre la tradizione ebraica si riferisce al nostro simbolo come โ€œscudo di Davideโ€, le fonti islamiche lo designano piuttosto come โ€œsigillo di Salomoneโ€.

[8] Vedi Archiv Orientร lnรฌ XVII (Symbolae Hroznรฝ, vol. II), Praga 1949, pp. 87 ss.

[9] Vedi loc. cit., p. 87, dove, con riferimento alla tavoletta B. M. 38299 (il cosiddetto Resoconto in Versi), si riporta che Nabรป-naโ€™id era stato scelto come destinatario della saggezza divina dal dio-Luna. Con riguardo alla lettera K. 2701a risulta ulteriormente che si riteneva che Sรฎn-ahhรช-erรฎba avesse ricevuto lo stesso dono dal dio nazionale assiro, Aลกลกรปr. Che, nella concezione dei Neo-Assiri, Aลกลกรปr fosse una divinitร  astrale risulta da passi come B. M. 81, 7 โ€“ 1,4 (per questo testo vedi di seguito, nota 111) l. 1, dove il divino patrono dellโ€™Assiria รจ identificato con kakkabApin, โ€œla stella-aratroโ€. Su questa costellazione, che si sovrappone approssimativamente a quella che รจ oggi chiamata Triangolo, vedi Schaumberger, Starnkunde und Sterndienst in Babel, 3. Ergรคnzungsheft, Mรผnster 1935, pp. 328 ss.

[10] Vedi il Dio-Sole dellโ€™antico ovest semitico, Hammu, Hebrew Union College Annual XVIII, 1944, p. 456, note 146 e 147; cfr. ibidem, pp. 469 ss. Sul suffisso รขn/รดn, espressivo dellโ€™idea di appartenenza vedi Noldeke, Zeitschrift der Deutschen Morgenl. Ges. XV, 1861, p. 806, e H. e J. Lewy, Hebrew Union College Annual XVII, 1943, pp. 136 ss. con nota 500. Cfr. ora anche le osservazioni di Thureau-Dangin, Riv. d’Ass. XXXVII, 1940, p. 100; per quanto riguarda lโ€™identitร  di suffissi esprimenti o appartenenza o diminutivi, vedi Brockelmann, Grundriss der vergleichenden Grammatik der semitischen Sprachen, Berlin 1908, vol. I, pp. 400 ss., ยง 221.

[11] Come stabilito da Schaumberger, op. cit., p. 318, nomi come questo alludono alla lentezza della rivoluzione del pianeta Saturno.

[12] Per alcune attestazioni di ciรฒ, tratte sia da fonti bibliche che cuneiformi, vedi J. Lewy, Revue de lโ€™Histoire des Religions CX, 1934, pp. 59 ss.

[13] Ci porterebbe troppo lontano dal nostro argomento analizzare qui come questa credenza fosse stata abbandonata quando la concezione di un dio universale venne generalmente accettata. Basti qui dire che essa puรฒ essere rintracciata fino al VI secolo a.C. Nel testo B. M. 90920, il cosiddetto Proclama di Ciro ai Babilonesi, il conquistatore persiano di Babilonia รจ rappresentato come un devoto adoratore di Marduk. Proprio il dio nazionale dei Babilonesi, cosรฌ si riferisce, ha guidato Ciro alla sua sacra cittร  dopo averlo scelto per regnare sul suo paese. Una simile credenza รจ rintracciabile nel Libro di Geremia dove il profeta cita Yahweh che parla del conquistatore di Gerusalemme come di โ€œNabucodรฒnosor, re di Babilonia, mio servoโ€ (Ger. XLIII, 10) nelle cui mani Egli intendeva mettere la cittร  di Gerusalemme (Ger. XXXII, 3). Anche qui si dร  per scontato che il conquistatore che รจ stato chiamato dalla deitร  protettrice a governare la sua cittร  sia un โ€œservitoreโ€, vale a dire un devoto adoratore di questo stesso dio.

[14] Vedi, e. g., col. III, l. 8 del Prisma di Sennacherib.

[15] Vedi Revue de lโ€™Histoire des Religions CX, 1934, p. 61.

[16] Vedi Journal of Biblical Literature LIX, 1940, pp. 519 ss.

[17] Sulla relazione della forma ล ulmรขnu con la forma ล alim vedi in particolare J. Lewy, Nฤh et Ruลกpฤn, Mรฉlanges Syriens offerts ร  M. Renรฉ Dussaud, vol. I, Parigi 1939, pp. 274 ss., e p. 454 del testo citato sopra, p. 332., nota 10.

[18] Vedi la citazione sopra, nota 16.

[19] Vedi col. III, l. 132 degli Annali di Aลกลกรปr-naแนฃir-pal (Budge e King, Annali dei Re dโ€™Assiria, vol. I, Londra 1902, p. 386): รขlKalแธซu maแธซ-ra ลกร  m dล ulmรขnu ma-nu-aลกarid ลกar mรขt Aลก-ลกรปr rubรป a-lik pa-ni-a รชpuลกuลก โ€œlโ€™antica cittร  di Kalแธซu, che ล ulmรขnu-aลกarid, re dโ€™Assiria, un principe che mi precedette, costruรฌโ€; cfr. il passaggio parallelo ibidem, p. 184, ll. 6 โ€“ 7; p. 219, ll. 14 ss.; p. 244, col. V, ll. 1 ss.

[20] Vedi p. 63, nota 148 dellโ€™opera citata sopra, nota 8. 

[21] Vedi sopra, p. 332. 

[22] Per alcuni passaggi attestanti questa credenza nelle fonti cuneiformi vedi p. 85 con nota 243 dellโ€™opera citata sopra, nota 8.

[23] Il fatto che Ningirsu, il divino patrono di Lagaลก, si identificasse col pianeta Saturno รจ stato evidenziato per la prima volta da Morris Jastrow, Jr., Riv. Dโ€™Ass. VII, 1910, p. 173. 

[24] Cosรฌ nella cosiddetta Statua G di Gudea (col. II, l. 6). Per una traslitterazione e una traduzione vedi Thureau-Dangin, Die Sumerischen und Akkadischen Konigsinschriften, Vorderasiatische Bibliothek, vol. I, Leipzig 1907, pp. 84 ss.

[25] Vedi, e. g., Cilindro B di Gudea (Thureau-Dangin, op. cit., pp. 122 ss.), col. V, l. 15.
26 A-แธซuลก-gi4-a; vedi, e. g., Cilindro A (Thureau-Dangin, op. cit., pp. 88 ss), col. VIII, l. 15; col. IX, l. 20.

[26] A-แธซuลก-gi4-a; vedi, e. g., Cilindro A (Thureau-Dangin, op. cit., pp. 88 ss), col. VIII, l. 15; col. IX, l. 20. 

[27] Come sempre, il nome dellโ€™opera รจ tratto dal primo verso della prima tavoletta. Il primo a richiamare lโ€™attenzione sulla sua importanza รจ stato Hroznำฏ, MV AG VIII, 5, 1903.

[28] Come apprendiamo dal rituale del Capodanno celebrato nella cittร  di Babilonia in onore del suo dio-patrono, Marduk (vedi Thureau-Dangin, Rituali Accadici, Parigi 1921, p. 136, ll. 280 โ€“ 283), secondo cui nel corso di questa festa il sacerdote-urigallu recitava lโ€™Enรปma Eliลก, la storia della vittoria di Marduk su Tiรขmat e la conseguente creazione del mondo, non mancheremo di ipotizzare che a Nippur, dove Ninurta godeva di alto rango tra le divinitร  locali, lโ€™epopea che racconta le sue gesta eroiche e la successiva creazione della prima cittร  dopo il diluvio fosse recitata durante una festa celebrata in suo onore. Questa conclusione รจ di tutte la piรน fondata, dal momento che lโ€™Epopea di Ninurta stessa, nella tavoletta I, ll. 35 โ€“ 36, menziona Ninurta che celebra allegramente una festa istituita in suo onore. (Contiamo le linee secondo la numerazione stabilita da S. Geller, Die Sumerisch-Assyrische Serie LUGAL-E UD ME-LAM-BI NIR-GรL, Altorientalische Texte und Untersuchungen I, 4, Leiden 1917, dove il rilevante passo si trova a p. 279. Nel piรน recente commento e traduzione di Kemal Balkan delle tavolette I, X, XI, e XII, [Dil ve Tarih-CoฤŸrafya Fakรผltesi, Sumeroloji Enstitรผsรผ Neแนฃriyati no. 1, lstanbul 1941, pp. 881-912], la linea in questione, a p. 907, reca il numero 18).

[29] Vedi in particolare il frammento K. 5983 (Geller, loc. cit., p. 316) e tavolette II e III, dove รจ detto che i devoti di Ninurta non sapevano dove andare quando i muri collassarono (?) sotto la pressione del diluvio impetuoso; gli uccelli furono abbattuti al suolo, probabilmente da una forte tempesta (cfr. la menzione di Adad, il dio dellโ€™atmosfera, nella tavoletta III, ll. 7 โ€“ 8), e anche gli altri animali furono minacciati di sterminio. Ninurta stesso fu costretto ad usare una zattera per raggiungere il campo di battaglia.

[30] Vedi nota precedente.

[31] Che questa sia lโ€™idea alla base dellโ€™intervento delle pietre nella battaglia diventa particolarmente chiaro leggendo le ll. 7 โ€“ 14 della tavoletta X (secondo la numerazione di Geller, loc. cit., p. 295; ll. 4 โ€“ 7 (p. 908) nella traduzione di Balkan), dove si riporta che Ninurta maledisse le pietre-ลกammu poichรฉ si erano sollevate contro di lui nelle montagne e lo avevano minacciato nella sua sublime dimora. Una roccia, portata via da una vicina montagna, si era a quanto pare schiantata nel tempio di Ninurta.

[32] Vedi tavoletta III, ll. 13 โ€“ 14 (Geller, loc. cit., p. 284). Abbiamo letto la parola corrotta alla fine della linea 14 i[k]-si-ir-ลกu, poichรฉ il verbo kasรขru รจ usato altrove in riferimento allโ€™arginare fiumi e corsi dโ€™acqua.

[33] La Tavoletta VIII รจ stata ricostruita sulla base di vari frammenti da Langdon, Liturgie Babilonesi, Parigi 1913, No. II, pp. 7 โ€“ 11. Sebbene non identificata dal solito colofone, la linea tipica alla fine del brano rende certa la sua posizione nellโ€™intera serie.

[34] Vedi ll. 23 โ€“ 24, del testo come ricostruito da Langdon, e cfr. Landsberger, Journal of Near Eastern Studies VIII, 1949, p. 276, nota 91.

[35] Landsberger (Dil ve Tarih-CoฤŸrafya Fakรผltesi Dergisi, vol. III, no. 2, 1945, pp. 152 ss.) pensa che โ€œegli (i. e. Ninurta) ammucchia le pietre prelevate su una montagna, le consegna a sua madre Ninlil e le dร  il nome di โ€˜Signora delle Montagneโ€™โ€. Non cโ€™รจ elemento, tuttavia, nelle porzioni rimaste del poema, che supporti una tale affermazione. Al contrario, vari passi del nostro testo rendono chiaro che, quando si parla di gu-ru-ni ลกa ag-ru-nu o simili (vedi, e. g., tavoletta IX, ll. 38 โ€“ 39 [Geller, loc. cit., p. 292]) lโ€™autore dellโ€™opera si riferisce alle mura e alle costruzioni della nuova cittร  e non a una montagna, supponendosi che lโ€™esistenza di montagne e pianure, ovviamente, sia antecedente al primo insediamento post-diluviano. Ci riferiamo non solo alle succitate linee della tavoletta VIII (Langdon, op. cit., pp. 8 โ€“ 9) che chiaramente parlano di Ninurta che ammassava pietre per la costruzione di una cittร , ma anche alla tavoletta XIII, ll. 24 โ€“ 25 (Geller, loc. cit., p. 312) dove il poeta parla della โ€œnuova cittร  edificataโ€ come il regno della madre di Ninurta, Ninแธซursag, la dea della terra. โ€“ Non รจ privo di interesse richiamare in questo contesto Gen. X, 8 โ€“ 12, dove Ninurta (Nimrod) รจ rappresentato come costruttore di cittร , tra cui Kalแธซu, la cittร  santa di Saturno nel territorio assiro (cfr. sopra, p. 333 con nota 19).

[36] Nelle pagine seguenti citiamo Sanconiatone-Filone di Biblo secondo lโ€™edizione di Carl Clemen, Die Phรถnikische Religion nach Philo von Byblos, Mitteilungen der Vorderas.-.ร„gyptischen Ges., vol. 42, 3, Leipzig 1939, pp. 16 ss.

[37] Benchรฉ il nome Elos renda perfettamente chiaro che lโ€™entitร  cosรฌ qualificata era un dio superiore, il testo che ci รจ rimasto rappresenta Elos-Kronos come un re umano divinizzato dopo la morte. Incontriamo qui la ben nota tendenza degli autori greci di dipingere gli dei antichi come esseri umani ai quali furono tributati postumi onori divini. Una tendenza simile รจ rintracciabile nella Bibbia. Come fu suggerito da J. Lewy (Revue de lโ€™Histoire des Religions CX, 1934, p. 45), il Laban hรขarammรฎ di Gen. XXIV ss., fratellastro di Isacco e patrigno di Giacobbe, era nientโ€™altro che il dio-Luna, il divino signore di แธคarrรขn, che, nella regione del Monte Libano, era riverito sotto il nome di Laban (sulla relazione di questa divinitร  con il Monte Libano vedi in particolare J. Lewy, The Old West Semitic Sun-God แธคammu, Hebrew Union College Annual XVIII, 1944, passim). Gli scrittori musulmani, da parte loro, rappresentavano di frequente gli dei arabi preislamici come esseri umani divinizzati. Come esempio riportiamo le storie di al-Masโ€™รปdรฎ (Les prairies d’or, vol. III, Paris 1917, pp. 100 ss.) intorno a Isรขf e Nรขila, gli dei adorati insieme a Hubal (vedi di seguito, nota 54, sub 1) nella Kaโ€™ba di Mecca. In tutti questi casi, uomini che, pur non credendo, o non credendo piรน, allโ€™esistenza di questi antichi dei, dovettero confrontarsi con la persistenza delle leggende mitiche rimaste nella memoria popolare, trasformarono gli antichi dei in esseri umani e conservarono cosรฌ le vecchie storie e leggende come parte del folklore popolare.

[38] Vedi Clemen, op. cit., p. 31, sub 44.

[39] Vedi Clemen, op. cit., pp. 25 ss., sub 16 โ€“ 18. Tuttavia, mentre nel mito babilonese suo padre รจ il dio dei venti e dei fenomeni atmosferici Enlil, Saturno, nel mito fenicio, รจ il figlio di Urano, il dio del cielo.

[40] Nel mito fenicio, รจ lo stesso padre di Saturno, Urano, contro il quale egli combatte e dal cui trono infine lo scaccia. Lโ€™autenticitร  di questa caratteristica รจ provata dal fatto che anche una versione araba del mito di Nimrud riporta che Nimrud (i. e. Ninurta; cfr. sopra, nota 35 in fine) sconfisse e detronizzรฒ suo padre (vedi Moritz Weiss, Kiแนฃแนฃat lbrฤhฤซm,Dissertation Strassburg 1913, pp. 1 โ€“ 8). Secondo questa concezione per cui, come dโ€™uso nella letteratura araba, gli antichi dei sono rappresentati come esseri umani (cfr. sopra, nota 37), il padre di Ninurta รจ avvisato in sogno che il figlio che gli fosse stato generato lo avrebbe ucciso ereditandone il trono. Ecco che allora dร  ordine di uccidere il figlio subito dopo la sua nascita, ma sua madre lo salva. Ninurta cresce senza conoscere i suoi genitori e infine sconfigge e uccide suo padre, si impossessa del trono e pone tutta la terra sotto il suo dominio.

A Nippur dove, come anzidetto, lโ€™Epopea Sumera di Ninurta ebbe origine, una storia come questa poteva non essere menzionata, perchรฉ in questa cittร  Ninurta e il suo culto non soppiantarono mai il culto piรน antico di suo padre Enlil, che rimase la principale divinitร  di Nippur durante tutto il periodo in cui รจ possibile tenere traccia della storia religiosa di quella cittร , il che significa fino al periodo seleucide. รˆ perciรฒ chiaro che lโ€™epopea di Nippur non poteva ricordare il padre di Ninurta, Enlil, come un dio sconfitto e detronizzato dal suo eroe. Tuttavia, non si puรฒ escludere la possibilitร  che anche la versione sumera fosse stata adattata alle condizioni locali sulla base di un mito in cui il nemico di Ninurta era suo padre. Perchรฉ noi sappiamo dal mito babilonese del diluvio che fu proprio Enlil a concepire e realizzare lโ€™intento di scatenare un diluvio al fine di annientare tutta la vita sulla terra. Quindi anche il diluvio contro il quale egli combattรฉ nellโ€™epopea di Nippur, nella versione originale, potrebbe essere stato causato dal lunatico dio della tempesta e dei fenomeni atmosferici Enlil, benchรฉ, per le ragioni evidenziate, nessuna menzione sia stata fatta nel poema esistente della divinitร  che aveva inviato il diluvio. In effetti, quando lโ€™Epopea di Ninurta (che comunque chiama ripetutamente il suo eroe โ€œil figlio di Enlilโ€) parla di Ninurta come di โ€œColui che non sedette con una baliaโ€ e โ€œil rampollo di (e simili) โ€“ Mio padre che non conosco โ€“โ€œ (vedi tavoletta I, rev., ll. 7 โ€“ 10, Geller, loc. cit., p. 280; p. 907, ll. 28 โ€“ 29 della traduzione di Balkan), viene in mente la leggenda araba di Nirmrud in cui Ninurta-Nimrud dopo essere stato allattato da una tigre crebbe senza sapere chi fossero suo padre e sua madre.

[41] Vedi Clemen, op. cit., p. 26, sub 19.

[42] Clemen, op. cit., p. 30, sub 35.

[43] Vedi Clemen, op. cit., p. 16, e p. 31, sub 44.

[44] Vedi Clemen, op. cit., p. 29, sub 33, e p. 32, sub 44.

[45] Vedi Bezold e Boll, Sternglaube und Sterndeutung, Aus Natur und Geisteswelt, vol. 638, Leipzig 1919, pp. 60 ss.

[46] Vedi il suo Kitรขb nuแธซba al-dahr fรฎ ‘agรข’ib al-barr w’al-baแธฅr , ed. Mehren, San Pietroburgo 1866, p. 40.

[47] Come sarร  riferito con maggior dettaglio in seguito, p. 343, la caratteristica forma di un tempio di Saturno era quella di un cubo.

[48] Per riferimenti nella letteratura cuneiforme vedi Schaumberger, op. cit., p. 317. Come Schaumberger osserva, โ€œSaturno รจ chiamato il pianeta nero o oscuro perchรฉ in realtร  di solito appare piรน debole o meno luminoso degli altri pianetiโ€. Con riguardo alle fonti medievali, vedi, e. g., al-Bรฎrรปnรฎ, Kitรขb at-tafhรฎm, ed. R. Ramsay Wright, Londra 1934, p. 240.

[49] Les prairies dโ€™or, vol. IV, Parigi 1914, p. 44.

[50] Vedi, e. g., al-Masโ€™รปdรฎ, Les prairies dโ€™or, vol. IV, p. 46. aลก-ล ahrastรขnรฎ (tradotto da Th. Haarbrรผcker, vol. II, Halle 1851, p. 340) riporta che Hubal, il piรน grande degli dei arabi, aveva la sua sede sul tetto della Kaโ€™ba. แนฌabarรฎ (Annali, ed Leiden, vol. I, 3, 1881 โ€“ 1882, p. 1075), dโ€™altra parte, riporta che Hubal era collocato allโ€™interno della Kaโ€™ba e posto sulla bocca di un pozzo. Di sicuro, le nostre fonti sono unanimi nel qualificare Hubal, allo stesso modo degli altri idoli arabi, come non-arabo, essendo lโ€™adorazione degli idoli, nella loro visione, unโ€™istituzione mutuata dalla Siria in unโ€™epoca relativamente tarda (vedi, e. g., al-Masโ€™รปdรฎ, Les prairies dโ€™or, vol. IV, pp. 46 ss., e cfr. Wellhausen, Reste arabischen Heidentums, Berlin und Leipzig 1927, p. 102, che dichiara: โ€œGli idoli non sono propriamente arabi, vathan e รงanam sono parole importate e cose importateโ€. Tuttavia, da iscrizioni cuneiformi come, e. g., il prisma di Aลกลกรปr-aแธฅ-idinna Th. 1929-10-12, 1 (pubblicato da Thompson, Il Prisma di Esarhaddon e Ashurbanipal, Londra 1931, pl. I โ€“ XIII e pp. 9 โ€“ 28), col. IV, ll. 1 โ€“ 14, si apprende che dalle sue vittoriose campagne contro lโ€™Arabia, il padre di Aลกลกรปr-aแธฅ-idinna, Sรฎn-aแธฅแธฅรช-erรฎba, portรฒ a Ninive come bottino sei divinitร  arabe (tra cui dA-tar-sa-ma-a-a-in, โ€œIลกtar dei Cieliโ€); su richiesta di แธชazรขโ€™il, re degli Arabi, Aลกลกรปr-aแธฅ-idinna resitituรฌ questi dei ai suoi adoratori. Quindi รจ chiaro che allโ€™inizio dellโ€™VIII secolo a.C., gli Arabi rappresentavano i loro dei, e piรน precisamente le loro divinitร  astrali, mediante immagini che potevano essere portate avanti e indietro da Ninive dai re assiri. Che queste immagini fossero, come del resto quelle poste nei templi assiri e babilonesi, statue antropomorfe e non pietre o rocce risulta con particolare chiarezza dal testo K. 3405 di Aลกลกรปr-bรขn-apli (traslitterato e tradotto da Streck, Assurbanipal und die letzten assyrischen Kรถnige bis zum Untergange Niniveh’s, vol. II, Leipzig 1916, pp. 222 ss.), secondo il quale il re assiro, quando restituรฌ per la seconda volta la โ€œIลกtar dei Cieliโ€ (ivi riportata sotto i nomi di Dilbat e Iลกtar) ai suoi adoratori arabi, le fece dono di un pettine dโ€™oro incastonato di gemme (per mulแนญu<muลกแนญu, “pettine”, vedi Meissner, Archiv fรผr Orientforschung V, 1928-29, pp. 183 ss., e in particolare VI, 1930-31, pp. 22 ss., che debitamente evidenzia che, in accordo a un testo rituale assiro, anche la Iลกtar assira riceveva in dono un pettine dโ€™oro). Ci รจ perciรฒ lecito considerare Hubal e le altre divinitร  arabe rappresentate da idoli come genuinamente arabi, tanto piรน che la leggenda sullโ€™importazione di questi dei dalla Siria puรฒ facilmente essere cosรฌ spiegata: quando i musulmani adottarono la credenza che la Kaโ€™ba fosse stata costruita e dedicata da Abramo a suo figlio Ismaele, divenne necessario trovare una spiegazione per il fatto che, prima di Muhammad, il culto dellโ€™idolo di Hubal e non il culto del dio aniconico di Abramo fosse praticato nel famoso antico santuario.

[51] Come ben noto (cfr. Brockelmann, Grundriss I, p. 336) le formazioni semantiche qutal sono aggettivi che indicano che lโ€™azione espressa dal verbo relativo era eseguita in modo violento. โ€“ Manifestamente sotto lโ€™influsso della leggenda sopracitata (vedi precedente nota) circa lโ€™origina siriana dellโ€™idolo, Hitti (Storia degli Arabi, Londra 1937, p. 100) propone di far derivare il nome Hubal dallโ€™aramaico e di tradurlo con โ€œvaporeโ€, โ€œspiritoโ€. Tuttavia, egli non si preoccupa affatto di dar ragione della forma semantica qutal, nรฉ spiega come, nella sua visione, un popolo intelligente sarebbe arrivato ad attribuire un nome come questo a unโ€™immagine fatta di pietra e metallo.

[52] Vedi Annali di แนฌabarรฎ, edizione di Leida, vol. I, 3, 1881 โ€“ 1882, p. 1074. 53 Vedi p. 339.

[53] Vedi p. 339. 

[54] Wellhausen, nel suo discorso intorno allโ€™แธคaฤŸฤŸ di โ€˜Arafa (op. cit., pp. 79 ss.) non ne fa mai menzione. Nรฉ ha tentato di interpretare i โ€œresti di paganesimo araboโ€ conservati nel rituale di quella festa alla luce delle informazioni fornite dalle fonti cuneiformi sulle piรน antiche religioni semitiche. Siccome ci condurrebbe troppo lontano dal nostro argomento discutere qui nel dettaglio il motivo che rende chiaro che il culto preislamico di Mecca fosse una delle religioni astrali praticate dai Semiti in tutto lโ€™antico Vicino Oriente, menzioniamo soltanto quelle corrispondenze che possono avere una qualche rilevanza sullโ€™oggetto del presente scritto:

(1) Hubal, la divinitร  a capo di Mecca, non era lโ€™unico dio venerato nella Kaโ€™ba. Oltre a diverse sue figlie, le nostre fonti menzionano spesso una coppia divina, Nรขila e Isรขf, che, secondo aลก- ล ahrastรขnรฎ (Haarbrรผcker, op. cit., II, p. 340) erano venerati sulle colline di Marwa e ลžafa, sovrastanti il santuario. Come le divinitร  planetarie assire e babilonesi erano venerate insieme alle loro famiglie divine (come esempio pertinente menzioniamo Ningal, Nusku e Sadarnunna, rispettivamente consorte, figlio e figliastra di Sรฎn, che, secondo col. II, l. 18 dellโ€™iscrizione del cilindro di Nabรป-naโ€™id B. M. 82, 7 โ€“ 14, 1025 [traslitterato e tradotto da Langdon, Die Neubabylonischen Kรถnigsinschriften, Vorderasiatische Bibliothek, vol. IV, Leipzig 1912, pp. 218 ss.] e col. II, l. 13 della sua cosiddetta iscrizione di Eski-แธคarrรขn [ibidem, pp. 288 ss.] erano adorati insieme a Sรฎn nellโ€™Eแธซulแธซul di แธคarrรขn), non mancheremo di concludere che Nรขila e Isรขf erano ritenuti parenti prossimi di Hubal. Dal momento che a Nippur il pianeta Saturno era adorato congiuntamente ai suoi genitori, e dal momento che, come anzidetto, sia nellโ€™Epopea Sumera di Ninurta, sia nella leggenda mitologica tramandata da Sanconiatone, la madre di Saturno, la dea della terra, giocava un ruolo importante, possiamo ulteriormente dedurre che la divina coppia di Nรขila e Isรขf era creduta essere quella dei genitori della divinitร  a capo di Mecca. Possiamo perfino azzardare unโ€™ipotesi riguardo alla consorte di Hubal: nella letteratura cuneiforme, la sposa di Ninurta, Gula o Bau, รจ spesso menzionata come โ€œla grande guaritriceโ€ (per riferimenti vedi Tallqvist, Akkadische Gรถtterepitheta, Helsingforsiae 1938, p. 5); dal momento che i Musulmani attribuiscono allโ€™acqua amarognola del pozzo di Zemzem, situato nel cortile antistante la Kaโ€™ba, il potere di guarire ogni sorta di malattie, possiamo legittimamente concludere che questo pozzo rappresentasse la dea guaritrice, la consorte di Saturno.

(2) I resoconti degli scrittori musulmani indicano che la Kaโ€™ba ospitava non solo la statua del suo dio tutelare, Hubal, ma insieme ad essa anche trecentosessanta idoli, tutti distrutti quando il profeta conquistรฒ Mecca (per alcuni riferimenti vedi Wellhausen, op. cit., p. 72). Non cโ€™รจ ragione di dubitare (con Wellhausen) della correttezza di questa informazione, dal momento che egli ricorda unโ€™affermazione di ad-Dimiลกqรฎ (op. cit., p. 42) secondo cui i templi dedicati al culto del Sole contenevano numerose statue fatte di legno, pietra, o metallo che, collocate intorno allโ€™immagine del dio-Sole, si diceva rappresentassero gli antichi re delle rispettive cittร  della regione. Che quelle immagini non fossero, tuttavia, una caratteristica dei templi del Sole, รจ provato dal fatto che nellโ€™arcaico tempio di Iลกtar a Mรขri, la statua della dea rappresentate del pianeta Venere fu trovata dagli archeologi attorniata dalle immagini di re e alti personaggi in atteggiamento di devozione (vedi A. Parrot, Mari, une ville perdue, Parigi 1936, pp. 89 โ€“ 92). Lo scopo di queste statue รจ ben illustrato dallโ€™iscrizione su unโ€™arcaica statuetta di Lagaลก in cui la madre di uno dei governatori di questa cittร  dichiara di aver collocato la propria immagine vicino allโ€™orecchio della sua divina signora affinchรฉ potesse rivolgere preghiere alla dea (vedi Thuerau-Dangin, op. cit., pp. 64 ss., sub f). Ugualmente illuminante รจ unโ€™informazione contenuta nella col. II, ll. 9 ss. e 22 ss., dellโ€™iscrizione del cilindro di Nabรปโ€™naโ€™id di Sippar B. M. 81-4-28, 3 e 4 (traslitterato e tradotto da Langdon, op. cit., pp. 252 ss.), in cui il re babilonese dichiara che, come segno manifesto di continua devozione per il dio-Sole, egli collocรฒ un proprio ritratto (ลกalam ลกarrรปtiia) nel santuario di ล amaลก a Sippar; questa statua aveva lo scopo manifesto di rappresentarlo davanti al suo dio quando i suoi doveri ufficiali gli impedivano di rendere omaggio personalmente al divino signore di Sippar. Se quindi re, regine e altri alti dignitari continuarono per secoli a porre le proprie effigi nel tempio accanto allโ€™immagine dei loro divini signore o signora, non sorprenderร  che, come si riporta intorno a Mecca, trecentosessanta statuette circondassero quella del dio. Dal momento che Muhammad rifiutรฒ lโ€™idea di rappresentare in immagine un essere vivente, non importa se animale o umano, i suoi seguaci distrussero, insieme alla statua d Hubal, le effigi con cui i loro precedenti re avevano espresso la loro devozione al dio patrono di Mecca.

(3)  Il famoso pellegrinaggio di โ€˜Arafa (cfr. Wellhausen, op. cit., pp. 79 ss.) reca tutti gli aspetti caratteristici della festa assiro-babilonese dellโ€™akรฎtu. Come ben noto, queste festivitร  erano incentrate su una processione della statua del dio dalla sua dimora principale a un santuario periferico, con trasferimento effettuato in parte mediante carro, in parte mediante zattera. Come si sa in particolare dal rituale dellโ€™akรฎtu di แธคarrรขn cosรฌ come conservatoci da an-Nadรฎm nel suo Kitรขb al-fihrist (ed. Flรผgel, vol. I, Leipzig 1871, p. 325, ll. 23 ss.), la festa culminava quando i cittadini, sia maschi che femmine, uscivano in massa per attendere il ritorno del dio in mezzo a loro (una dettagliata analisi del rituale dellโ€™akรฎtu di แธคarrรขn sarร  pubblicata da chi scrive in un prossimo studio sulla religione di แธคarrรขn). Una popolare processione di questo genere, interrotta da ripetute โ€œsoste di attesaโ€, ha anche oggi un ruolo preponderante nellโ€™แธคaฤŸฤŸ verso Minรข e โ€˜Arafa.Inoltre, proprio come a แธคarrรขn la processione seguiva il corso del Balรฎแธซ fino al tempio dellโ€™akรฎtu nella cittร  di Dahbรขna, i pellegrini di Mecca procedono lungo il letto del torrente che collega Minรข e โ€˜Arafa con la valle di Mecca; dal che รจ ragionevole concludere che nel periodo preislamico la zattera che trasportava la statua di Hubal viaggiava su questo fiume fino ad โ€˜Arafa (che, almeno in certi periodi dellโ€™anno, questo corso dโ€™acqua contenesse acqua a sufficienza da tenere a galla una zattera, risulta dal racconto del suo straripamento cosรฌ come riferito da T. F. Keane, Sex Months in Meccah, Londra 1881, p. 177). Ulteriore attenzione deve essere richiamata sul fatto che a แธคarrรขn, cosรฌ come in altre comunitร  assire e babilonesi, uno dei temi principali della festa dellโ€™akรฎtu era la mortificazione e lโ€™auto-punizione degli adoranti seguite da una riconciliazione con la divinitร ; un tema che, per quanto concerne แธคarrรขn, รจ espresso con particolare chiarezza dal nome attribuito dalle fonti medievali al tempio dellโ€™akรฎtu fuori da แธคarrรขn. In quanto questo nome, derivato dal verbo akkadico salรขmu, โ€œriconciliareโ€, ha il significato di โ€œRiconciliazione di Sรฎnโ€ o โ€œRiconciliazione con Sรฎnโ€. Che lo stesso tema giocasse una parte nella festa meccana รจ evidente dal nome โ€œGiorno del Perdonoโ€ proprio del nono giorno del mese di Duโ€™l แธคiฤŸฤŸa,il primo giorno del Pellegrinaggio (vedi al-Bรฎrรปnรฎ, Kitรขb al-รขtรขr al-bรขqiya ed. Sachau, Leipzig 1878, p. 334) e dallโ€™usanza dei musulmani odierni di confessare e perdonare tutti i peccati passati dopo il loro arrivo a Minรข (vedi Keane, op. cit., pp. 143 ss., secondo cui il secondo giorno del Pellegrinaggio era il giorno in cui i pellegrini โ€œdovevano essere assolti da tutti i loro peccati passatiโ€). 

[55] Dโ€™Herbelot (Bibliothรจque Orientale, ou Dictionnaire Universel, vol. I, La Haye 1777, p. 433) riporta una tradizione secondo cui โ€œi dottori misticiโ€ tra gli studiosi musulmani definiscono la Kaโ€™ba come โ€œil primo Tempio che Dio costruรฌโ€. Si noterร  che questa tradizione รจ ancora piรน vicina alle summenzionate leggende provenienti da Nippur e Biblo di Siria rispetto alla solita storia araba che menziona Adamo e Abramo come i due consecutivi costruttori della Kaโ€™ba.


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