di Marco Maculotti
βΓ essenziale imbattersi nella problematica del tempo. Nella prospettiva della dottrina dei Cicli essa concerne i morti forse piΓΉ dei vivi. Il tempo si espande in tutte le direzioni formando un cerchio, [poichΓ©] Γ¨ ciclico.β
β Carl HentzeβQuello che Γ¨ circolare Γ¨ eterno, e quello che Γ¨ eterno Γ¨ circolare.β
β Aristotele
Gli antichi avevano una vera e propria ossessione per la circolaritΓ : essi concepivano il cosmo come un βunico vasto sistema pieno di ingranaggi che contenevano altri ingranaggi, enormemente intricato nei suoi collegamenti e paragonabile a un orologio dai molti quadrantiβ [Santillana, Dechend 74].
OKEANOS, IL Β«CIRCONDANTEΒ»
Gli antichi greci inizialmente identificavano il tempo con Oceano (dal sanscrito aΔΓ’yΓ’na, Β«il circondanteΒ») [Philipsson 257], il fiume divino che circondava la terra come un anello e includeva anche lβuniverso sotto forma di un corso dβacqua circolare o di un serpente che si mangia la coda e che porta sulla schiena lo zodiaco [Franz 10].
Gli epiteti di Oceano nei testi sono Β«profondo-fluenteΒ», Β«rifluente su se stessoΒ», Β«instancabileΒ», Β«placidamente fluenteΒ» e queste immagini βsuggeriscono silenzio, regolaritΓ , profonditΓ , quiete, rotazioneβ [Santillana, Dechend 229]: immagini tipiche, oltre che del cosmo, anche del Tempo. Okeanos scorre con calma, incessantemente, eternamente: la sua βpotente forzaβ tiene insieme tutto il mondo. Γ lβorigine di tutti gli dΓ¨i, anzi: di tutte le cose [Philipsson 257-8]. Di ogni cosa Γ¨ la sorgente. βGenesi di ogni cosa e di ogni fenomeno che in sΓ© racchiude, non ha, nel suo cerchio chiuso, nΓ© principio nΓ© fine: tali concetti anzi perdono in lui ogni validitΓ β [Philipsson 259].
Per dirlo con Serrano, βSebbene lo spazio non sia circolare, la situazione si compie in un Cerchio, quello dellβEterno Ritorno e, in una certa maniera, Γ¨ una reincarnazione e una resurrezioneΒ (β¦) Γ il futuro che torna al passato per riscattarloβ [Serrano 51-2]. Con parole diverse, diversiΒ millenni prima, Eraclito veicolΓ² lo stesso concetto esoterico nellβaforismaΒ [Eraclito 132]:
βComune [Γ¨] il principio e la fine nel cerchio.β
AION E KRONOS: TEMPO CICLICOΒ E TEMPO LINEARE
Soltanto in epoche successive la funzione di dio del tempo fu riconosciuta a Kronos: anchβesso veniva chiamato dagli antichi Ellenici Β«lβelemento circolareΒ». Nei Saturnalia di Macrobio si legge: βPoichΓ© il tempo Γ¨ una misura fissa, esso Γ¨ derivato dalle rivoluzioni del cielo. Il tempo inizia lΓ , e a partire da quel momento si ritiene che esso sia nato da Kronosβ [Franz 29].Β Per gli orfici Chronos era il paredro di Ananke, la NecessitΓ , la quale, secondo i pitagorici, circonda anchβessa lβuniverso. Tempo e NecessitΓ cingono lβUniverso, come un duplice cerchio [Santillana, Dechend 229].
Aion, divinitΓ spesso associata a Kronos, era considerato il dio del tempo infinito, creatore e distruttore di ogni cosa. Lβorante si rivolgeva a lui con queste parole: βTu che consumi tutte le cose e di nuovo tu stesso le accresci in senso contrarioβ. La Franz riconosce in Aion βunβimmagine dellβaspetto dinamico dellβesistenzaβ, di ciΓ² che oggi potremmo chiamare un Β«principio di energia psicofisicaΒ». Tutti gli opposti (cambiamento e durata, tempo e spazio, luce e tenebre, vita e morte, spirito e materia) sono racchiusi in questo principio cosmico primordiale. La testa leonina con la quale sovente veniva rappresentato, spaventosa a vedersi, secondo Godwin βimplica una distruzione, un essere divorati, quando si viene assimilati al dioβ [Godwin 194]βvale a dire, per dirlo in modo piΓΉ chiaro, un essere fagocitati dal dio dellβeternitΓ in seguito alla morte fisica sul piano materiale della realtΓ .
Questa interpretazione Γ¨ confermata anche da Howard Jackson, secondo il quale βla testa leonina, in quanto quintessenza del potere celeste, non puΓ², allora, essere stata una forza irrimediabilmente oppressiva, ma, poichΓ© divora le anime, potrebbe dunque aiutarleβcon lβiniziazione e non con la costrizioneβa liberarsi da tale incarnazioneβΒ [Godwin 194].
Crono e Aion sono due manifestazioni dello stesso dio o, per meglio dire, Aion Γ¨ la manifestazione primordiale di Kronos, precedente alla partizione originaria tra spazio e tempo, spirito e materia, luce e oscuritΓ . Se, infatti, Aion Γ¨ il tempo infinito (originariamente non-separato dallo spazio), Kronos Γ¨ invece il tempo finito, ciclico ed inesorabile, portatore di morte e distruzione (simbolismo della falce).
ZRVN: IL TEMPO COME CAUSA DI DECADENZA E MORTE
Nella tradizione iranica, il dio del tempo Zrvan (ancheΒ Zarvan, Zervan, Zurvan)βanchβesso scindibile in unβemanazione infinita, akarana, e in una finita, daregochvadhataβera considerato la causa della decadenza e della morte ed era a volte addirittura identificato con Ahriman, il principio del male [Franz 12].Β Tuttavia, i suoi adoratori, lo vedevano come la scaturigine sia di Ormadz, il principio del bene nel dualismo persiano, che del suo antagonista Ahriman: egli era dunque considerato βun dio al di lΓ della circonferenza cosmica e del tempo che conosciamo, cosa che induce chiaramente a pensare a una divinitΓ sovra-cosmicaβΒ [Godwin 197].
Egli, esattamente come Aion nella tradizione ellenica, era il piΓΉ potente, ma anche βsinonimo di morte: la morte del macrocosmo come pure del microcosmo umanoβΒ [Godwin 197], vale a dire il nume dellβeternitΓ che, cosΓ¬ come assorbe lβanima umana in seguito alla sua dipartita dal corpo fisico al momento della morte, cosΓ¬ pure assorbe lβintera manifestazione del mondo al termine dellβEone.
LE DUE FORME DI BRAHMA
Riguardo la tradizione indiana, Γ¨ Coomaraswamy a esporre il mistero della duplicitΓ del tempo, riferendosi al dio Brahma e affermando: βci sono invero due forme di Brahma: il tempo e il Non-Tempo (β¦) ciΓ² che Γ¨ anteriore al Sole Γ¨ il Non-Tempo senza parti; ma ciΓ² che inizia con il Sole Γ¨ il tempo che ha parti, e la sua forma Γ¨ quella dellβannoβ [Coomaraswamy (1) 21].
Nelle note, lβautore precisa che lβatman, il sΓ© solare trascendente e immanente, βΓ¨ chiamato tempo (kala) che divora tutte le esistenze come nutrimentoβΒ [Coomaraswamy (1) 30]. Tuttavia, le divinitΓ indΓΉ che piΓΉ ci interessano in questa sede sono altre: il dio della morte e del dharma Yama e soprattutto Shiva, Β«il Gran DistruttoreΒ»βe divoratore di anime.
SHIVA,Β IL Β«TEMPO CHE TUTTO DIVORAΒ»
βTutto lβuniverso, invero, non Γ¨ altro che nutrimento e mangiatoreβ [BrhatΒ Aranyakas Upanisad, 14, 6]
Lβellenico Kronos era, come tutti sanno, il dio che divora i propri figli. NellβIndia vedica, di Yama, dio della morte e re del dharma, si affermava: βin veritΓ Yama Γ¨ la morte. Egli si accinge a divorare tuttoβΒ [JaiminΔ«ya-BrΔhamana, I, 28].
Similmente, nella successiva tradizione induista, uno degli appellativi di Shiva Γ¨ KΔla Rudra, Β«il tempo che tutto divoraΒ» [Franz 13]. Secondo la sapienza Εivaita, tutto ciΓ² che nasce deve morire: il principio della vita Γ¨ dunque associato al tempo, ossia al principio della morte; in altri termini, dal momento che la vita si alimenta con laΒ morte, il dio creatore Γ¨ anche il dio distruttore. Per questa ragione Shiva ha anche un aspetto terrificante (Bhairava) e viene chiamato con epiteti oscuri (Rudra, Il Β«Signore della LacrimeΒ»; MahΔkΔla, Il Β«Tempo del TempoΒ», il Β«Gran DistruttoreΒ»): in questa veste, lo si venera soprattutto sotto lβaspetto dellβenergia che manifesta: KΔlΔ« (da kΔla, Β«tempoΒ») la dea terribile dalla pelle nera. Per questo motivo, KΔlΔ«/DurgΔ βvenne eretta a Β«Signora del TempoΒ» e dei destini umaniβ, in quanto rappresentante soprattutto lβaspetto distruttivo di Εiva, il Β«Divoratore del Tempo» [Sanjakdar 175]. Anche lβassociazione simbolica tra il colore blu della pelle del dio e la βnotte come rete cosmica di ritmi vitaliβ Γ¨ connessa alla valenza escatologico-cosmologica della figura di Εiva come Β«Signore del Tempo» [Sanjakdar 156].
Si aggiunga, inoltre, che kΔla, oltre che Β«tempoΒ», significa anche Β«nero, oscurato, macchiatoΒ». Secondo lβesegesi di Eliade, βil tempo Γ¨ nero perchΓ© duro, irrazionale, senza pietΓ . Chi vive sotto il dominio del tempo Γ¨ soggetto a sofferenze di ogni specie e la sua liberazione consiste anzitutto nellβabolizione del tempo, nellβevadere dal mutamento universaleβ [Eliade (1) 189].Β
Magnone aggiunge: βChi Γ¨ il Grande Istigatore (β¦) se non KΔla, il Tempo, con le sue personificazioni: il maschio KΔlaβepiteto di Εiva, lβipostasi annichilitrice della trimΕ«rti, o appellativo di Yama o Mrtyu, il signore della morte e degli inferni; e la femmina KΔlΔ«βlβaspetto tenebroso della Grande Dea, lβenergia del divenire che corre tra i poli della vita e della morte, madre e assassina di tutte le creature?β [Magnone 77].
Queste peculiaritΓ sinistre furono considerate tipiche anche di Saturno inteso in senso astrologico-astronomico, ovvero come pianeta: il simbolismo astrologico lo considera Β«il Grande MaleficoΒ» e lo rappresenta con le sembianze di un vecchio con una gamba di legno e una falce, con la quale miete le vite di tutti i suoi figli. La stessa simbologia si ritrova nella tradizione astrologica dellβantica India [Biedermann 466-8].
Secondo la versione di uno dei PurΔna piΓΉ antichi, ilkali-yugaβlβetΓ oscura in cui viviamo attualmente, governata dallβaspetto saturnino del divino rintracciabile in KΔla, il Tempo, e KΔlΔ«, la dea neraβΓ¨ βlβetΓ durante la quale il tempo si rivela completamente. Infatti Εiva Γ¨ il Tempo e quindi rappresenta anche lβintima essenza degli yuga, ma si mostra compiutamente solo in KΔlΔ«, quando tutti gli esseri sono Β«divorati dal TempoΒ»β [Sanjakdar 130].Β Esiste, dunque, una correlazione tra lβattitudine crepuscolare del kali-yuga di Β«assorbireΒ» il tempo e la funzione specifica di Εiva/Kronos, che Γ¨ quella di riassorbire periodicamente il cosmo [Magnone 78].
Tuttavia, la funzione di Εiva come Β«Gran DistruttoreΒ» non Γ¨ meramente negativa. Coomaraswamy scrive: βΕiva Γ¨ un distruttore, ama i luoghi della cremazione, ma che cosa distrugge? Non soltanto i cieli e la terra alla fine del ciclo, ma anche le catene che legano ogni anima individuale. Dove si trova e che cosβΓ¨ il campo crematorio? Non Γ¨ il luogo in cui i nostri corpi terreni vengono cremati, ma quello in cui i cuori di chi Lo ama vengono annientati e desolati. Il luogo in cui lβio Γ¨ distrutto indica la condizione nella quale lβillusione e le azioni vengono bruciate: Γ¨ quello il rogo, il campo crematorio in cui danzaβ Β [Coomaraswamy (2) 116].
Εiva, dunque, Γ¨ βil Tempo in quanto presiede alla manifestazione, preservazione, e occultamento del cosmo e alla liberazione dellβuomo e quindi rappresenta anche lβintima essenza degli yugaβ [Sanjakdar 136].
La visione del dio che, attraverso i millenni e gli Eoni, danzando continuamente distrugge e ricrea daccapo il cosmo, aveva dunque anche una funzione soteriologica: secondo Eliade, la semplice contemplazione del panorama cosmico formato da cicli che si ripetono allβinfinito βterrorizza lβuomo e lo forza a convincersi che deve ricominciare miliardi di volte questa stessa esistenza evanescente e sopportare senza fine le stesse sofferenze, e questo ha per effetto di esacerbare la sua volontΓ di evasione, cioΓ¨ di spingerlo a trascendere definitivamente la sua condizione di Β«esistenteΒ»β [Eliade (2) 152].
Dallβanalisi delle tradizioni antiche, si comprende invero come morte e vita siano βlβambivalenza nella quale culmina il mistero, ma (β¦) anche il manifestarsi dellβincedere del tempo e la realizzazione di un sacrificio ripetuto. Il procedere della vita necessita della morteβΒ [Ruini 17]. Per questo, secondo Serrano, βbisogna imparare a danzare come Shiva, un giorno nella luce e lβaltro nellβombraβ [Serrano 50].
RAFFIGURAZIONI DELΒ Β«TEMPO DIVORATOREΒ»: TβAO TβIEH E KΔLAMUKHA
Il topos del Β«Tempo divoratoreΒ», che abbiamo giΓ documentato nella tradizione ellenica (Kronos), in quella persiana (Zrvan) e in quella induista (Εiva/Yama), si ritrova anche nellβiconografia protostorica cinese nel Tβao Tβieh, una maschera ornamentale dalle sembianze animali che Hentze suppose legata alle idee arcaiche sul divenire [Sanjakdar 112].
I simboli che si ritrovano su questa maschera sonoΒ legati a unβidea di ciclicitΓ , di morte e rinascita. Il Tβao Tβieh Γ¨ infatti βmunito di corna di bufalo, di montone o di toro (β¦) che, accanto ai vari motivi spiraliformi, simboleggiano la falce lunareβ, che sappiamo essere anchβessa simbolo cosmico del divenire ciclico. Hentze ne dedusse che il Tβao Tβieh βΓ¨ un demone dellβoscuritΓ che crea la luce e la vita, responsabile anche del rinnovamento vitale e della crescitaβ [Sanjakdar 113].
Riconnettendoci nuovamente alla tradizione indiana, aggiungiamo che Coomaraswamy, citato dalla Sanjakdarβalla cui opera per questo paragrafo ci rifacciamoβ, βstabilisce un parallelo tra la maschera demonica protocinese di cui sopra e la rappresentazione iconografica indiana, generalmente Εivaita, nota come KΔ«rttimukha (Β«volto della gloriaΒ») o Sinhamukha (Β«volto del leoneΒ»)β [Sanjakdar 120], il che lo lega anche allβiconografia greca di Aion, dio dellβeternitΓ atemporale, il quale pure, come abbiamo visto, veniva rappresentato con un volto leonino.
Vogliamo riportare per esteso questo estratto illuminante dallβopera della Sanjakdar [Sanjakdar 121]:
βLa sua bocca divoratrice rappresenta il Dio della morte, Yama, o KΔla inteso come il passaggio solare o porta dellβaldilΓ ; ma simboleggia anche lβEssere Supremo in quanto sole radioso che dissecca e conduce alla carestia, distrugge e divora. La sua criniera leonina tende a sovrapporsi allβimmagine dei capelli di Εiva quali simboli dei raggi solari. Pur assumendo un aspetto orribile, in quanto rappresenta anche il demone delle eclissi,Β il KΔ«rttimukha Γ¨ tenebroso solo in apparenza, in realtΓ , infatti questa figura Γ¨ glorificante. Da una parte la maschera ci mostra il transito dalla vita alla morte individuale e alla distruzione cosmica, e dal manifestato al non-manifestato, dallβaltra il KΔlamukha Γ¨ il volto della DivinitΓ Suprema che Β«assimilaΒ» chi effettua il passaggio attraverso questa porta stretta: essere divorati da questa figura mitologica significa morire al mondo e quindi raggiungere la liberazione, la muktiβ.
Anche per Coomaraswamyβe noi appoggiamo senza alcun dubbio tale ipotesiβsi tratta di differenti immagini divine connesso allβarchetipo del Β«Dio DivoratoreΒ», in piena concordanza con quanto abbiamo ipotizzato in questo saggio. Entrambi simboleggiano βlβidea di Assoluto che si Β«temporalizzaΒ» e Β«divoraΒ» gli esseri: infatti la tarda denominazione della maschera demonica cinese (β¦) significa letteralmente Β«ghiottoneΒ» o Β«divoratoreΒ», proprio come lβindiana Β«bocca della morteΒ», il KΔlamukha, vocabolo composto dalle parole KΔla (Β«tempoΒ») e mukha (Β«boccaΒ»)β [Sanjakdar 122]. Le due maschere, dunque, rappresentano il Β«Tempo DivoratoreΒ», che dΓ la vita ma anche la morte: lβidentitΓ suprema dei contrari o la coincidenza dei dualismi in unβunica essenza, Aion, lβeternitΓ atemporale che inghiotte tutti gli esseri sottoposti al giogo del tempo.
Alle due maschere di cui sopra Γ¨ accomunabile, in area italica, la raffigurazione del dio etrusco dellβaldilΓ Charun, poi βassorbitoβ in etΓ classica dal Caronte greco-romano: βi denti digrignanti, sui monumenti in cui essi sono scoperti dal ghigno crudele e dalle labbra, evocano (β¦) lβimmagine di un carnivoro, pronto a divorare le sue vittime. Dopo aver ucciso la sua vittima, Charun lβaccompagna nel viaggio verso gli Inferi, ma la sua funzione termina allβingresso dellβaltro mondo, dove, se giudichiamo dalle scene dipinte sui muri delle tombe, il defunto trova una post-esistenza ricca di piaceriβ [Eliade (3) 133-4].
Testi citati:
- H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli (Garzanti, Milano, 1991).
- A. Coomaraswamy (1), Tempo ed eternitΓ (Mediterranee, Roma, 2013).
- A. Coomaraswamy (2), La danza di Shiva (Adelphi, Milano, 2011).
- M. Eliade (1), Trattato di storia delle religioni.(Bollati Boringhieri, Torino, 1996).
- M. Eliade (2), Il mito dellβEterno Ritorno (Boria, Bologna, 1968).
- M. Eliade (3), Storia delle credenze e delle idee religiose. Vol. II (Sansoni, Firenze, 1980).
- Eraclito, Dellβorigine, a cura di Angelo Tonelli (Feltrinelli, Milano, 1993).
- M.L. von Franz, Lβesperienza del tempo (TEADUE, Milano, 1997).
- J. Godwin, Il mito polare (Mediterranee, Roma, 2001).
- P. Magnone, I dadi e la scacchiera. Visioni indiane del tempo, in Aa.Vv. βI quaderni di Avallon. Rivista di studi sullβuomo e il sacroβIl senso del tempoβ, 34 (Il cerchio, Rimini, 1995).
- P. Philipsson, Origini e forme del mito greco (Boringhieri, Torino, 1983).
- M. Ruini, introduzione a E. Chiavarelli, Diana, Arlecchino e gli spiriti volanti (Bulzoni, Roma, 2007).
- L. Sanjakdar, Mircea Eliade e la Tradizione. Tempo, Mito, cicli cosmici (Il Cerchio, 2013).
- G. de Santillana, H. von Dechend, Il mulino di Amleto (Adelphi, Milano, 1983).
- M. Serrano, Nietzsche e la danza di Shiva (Settimo Sigillo, Roma, 2013).
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