La Madonna di Kazan, un episodio poco noto di “teologia della storia”

L’icona tradizionale è un’immagine sacra che intende rappresentare la dimensione divina contemplata dall’artista in virtù della sua comunione diretta e senza intermediazione con il piano di gerarchie spirituali raffigurato. Secondo la tradizione ortodossa l’icona è una vera e propria finestra aperta fra il Cielo e la Terra, una realtà sacramentale che diventa “segno” del mistero di Salvezza, contemporaneamente efficace per le grazie che veicola e ricco di valori che vanno molto oltre il piano delle apparenze, della semplice corporeità e del transeunte. Con impeccabile chiarezza Pavel Florenskij spiegava che «l’icona ha lo scopo di elevare la coscienza al mondo spirituale, mostrando “spettacoli misteriosi e soprannaturali”». 

Per raggiungere questi risultati, l’iconografo non utilizza le sostanze minerali nella loro apparenza grossolana e materiale, ma opera direttamente sulla loro natura più “essenziale” e “sottile”, trasfigurando le sostanze adoperate e riconducendole alle radici pre-formali da cui hanno preso forma e consistenza. In virtù della sua speciale arte sacra, per es., l’oro non sarà solo la materia grezza conosciuta dall’uomo ordinario, ma il veicolo della luce divina. La sua incorruttibile aura rivelerà l’inesauribile ricchezza dello splendore celeste precedente la sua stessa cristallizzazione come minerale. Riprendendo le indicazioni custodite dai maestri iconografi, Paul Evdokimov ricordava che l’icona «rappresenta l’Ipostasi e fa vedere Dio nell’Uomo». Si tratta di una “forma” molto speciale di rivelazione. Perciò tutte le forme di “contemplazione orante” ordinate ritualmente davanti a un’icona devono condurre l’uomo di preghiera ad oltrepassare ogni parvenza meramente rappresentativa, a svincolarsi dalle apparenze sensibili, a contemplare i suoi contenuti simbolici e a vivere intimamente i valori teofanici veicolati dalla sacra icona.

Quando il fedele si accosta fisicamente a un’icona troneggiante in una chiesa, è sul punto di oltrepassare quella che in realtà appare come una vera e propria “porta regale”. Non si tratta di ritrarre eventi o personaggi biblici, e neanche di prospettare il racconto figurato di un evento fondamentale della storia della Salvezza, ma di ricondurre all’esperienza diretta di una autentica dimensione sacra una realtà divina concreta e vissuta che si svela nella sacra liturgia e nella preghiera. È una vera e propria “Presenza” sacramentale che si articola su aspetti fondamentali della Rivelazione ed è intimamente connessa con la contemplazione, con l’esperienza mistica e con lo stesso mistero di Salvezza. Per riprendere ancora le illuminanti parole di Pavel Florenskij,

In questa prospettiva fondamentalmente tradizionale può avere un interesse speciale attirare l’attenzione sulla veneratissima icona russa della Madonna di Kazan, la Madre di Dio dipinta su legno da un ignoto iconografo bizantino che alcuni studiosi d’arte sacra e di iconologia ritengono di poter far risalire con sicurezza almeno al XIII secolo. È questo il periodo che i racconti popolari russi hanno sempre considerato come la datazione del primo “casuale” ritrovamento di questo straordinario dipinto. Come tutte le icone della Theotokos che ritraggono sempre la Madre di Dio insieme al Figlio, anche qui la Madonna è raffigurata senza la minima corrispondenza effettiva con la sua realtà storica ed umana, ma in una dimensione archetipale, principiale, “originaria”, con il volto girato verso il Bambino Gesù che sta eretto, in piedi sulle sue ginocchia, colto nell’atto sovrano di benedire con la mano destra. È l’autentico Axis mundi che orienta, regge e alimenta ogni aspetto del creato.

Il capo della Madonna è leggermente inclinato sul Bambino non per esternare transeunti affettuosità, ma per indicare al contemplativo “Dove” trovare la Verità, l’autentica Via che conduce al trionfo della luce, alla vittoria sul disordine e alla trasfigurazione spirituale. Seguendo il medesimo archetipo che, per es., trionferà ovunque con l’icona di Nostra Signora di Vladimir, il Cristo è raffigurato come il Puer Aeternus che ha abolito ogni forma di mutamento e di divenire. Perciò è coperto come un adulto con la tunica e un mantello di colore oro che risplende ininterrottamente come un sole perpetuo che non conosce il tramonto ed irraggia le infinite grazie elargite dalla sua mano benedicente. L’icona sembra aver voluto raffigurare una “forma” della stessa Sapienza Divina, non il Bambino Gesù ma il Verbum Dei che regalmente concede la sua luce trasfigurante all’intero cosmo e a tutte le gerarchie celesti che ne custodiscono l’ordinamento e la ragion d’essere.

Dopo essere stata trasportata da Costantinopoli in un monastero di Kazan, l’icona scomparve nel 1209. Non si hanno sue particolari notizie fino al 1552. Quell’anno però lo zar Ivan il Terribile decise di combattere i Tartari che continuavano ad impedire ai Cristiani persino l’esercizio più elementare delle loro tradizioni sacre. Il 1 ottobre di quest’anno fatidico per l’intera storia della Russia, in occasione del Pokrov, la festa che celebra la “Protezione” materna della Madonna sul popolo russo, lo zar riuscì a battere i Tartari e ad entrare finalmente nella città di Kazan, allora capitale degli invasori occupanti il territorio nazionale. Qualche anno dopo la città fu devastata da un terribile incendio. Pensando che le distruzioni causate da questo evento potessero trovare i Russi militarmente impreparati perché dolorosamente colpiti, i Musulmani tentarono di occupare la città e di riuscire finalmente a sottomettere la popolazione cristiano-ortodossa. 

Durante questi terribili eventi la Madonna apparve tre volte a Matrëna (Matrona), una fanciulla di nove anni figlia di un soldato, povera fra i poveri, e le ordinò di cercare fra le rovine della città la sua icona nascosta dai fedeli per sottrarla ai Tartari. Non fu, né poteva essere, un’impresa facile, ma dopo varie traversìe l’8 luglio del 1579 Matrëna finalmente trovò fra le macerie la sacra icona della Madonna di Kazan protetta dalle intemperie e dalla malvagità degli uomini solamente da un tenue velo di stracci, ma splendente di una straordinaria luce che a poco a poco travolse tutti i dubbi, anche quelli avanzati dalla troppa prudenza della gerarchia episcopale.

Lo stesso giorno due ciechi, Giuseppe e Nikita, ebbero la grazia di recuperare la vista e perciò da allora l’icona continua ad essere venerata anche come la donatrice della vista ai “puri di cuore”. La stessa famiglia imperiale si pose sotto la speciale protezione della Madonna di Kazan che così, quasi come un riflesso immediato e “naturale” che estendeva la consacrazione a tutto il popolo russo, divenne anche la protettrice di tutte le famiglie dell’Impero. Per una lunga continuità di secoli la sua immagine fece parte integrante del corredo nuziale e veniva donata in occasione di tutte le cerimonie nuziali. Durante la processione che conduceva gli sposi verso la nuova dimora doveva essere proprio l’icona ad aprire la strada, a guidare il corteo festante e ad entrare trionfalmente per prima nella nuova casa.

Dopo il rinvenimento dell’icona da parte di Matrëna comincia quella che il popolo russo ha sempre considerato la sua “missione” protettrice a beneficio di tutta la Russia. Lo stesso zar Ivan il Terribile non rimase estraneo a questa speciale forma di devozione e ritenne che le stesse sue straordinarie vittorie sui Tartari e sui Musulmani, che aprirono la strada alla formazione del nucleo essenziale del futuro impero russo, fossero il frutto della protezione diretta della Madonna di Kazan. 

Alcuni anni dopo, la Russia fu pesantemente invasa dalle armate polacche che devastarono il suo territorio e giunsero fino a Mosca. Al culmine dell’occupazione, i Polacchi non esitarono a lasciare morire di fame il Patriarca German, colpevole di continuare ad essere fedele alle sacre tradizioni ortodosse, ma il 22 ottobre del 1612, dopo avere invocato ancora una volta la protezione della Madonna di Kazan, la popolazione moscovita insorse. Ancora una volta i Russi portarono nelle piazze la venerata icona diventata ormai il simbolo stesso delle loro aspirazioni alla vittoria e alla liberazione. Al grido di “Liberatrice della Russia” col quale veniva invocata la Madonna, il 27 novembre di quello stesso anno i Polacchi furono finalmente scacciati e costretti ad abbandonare definitivamente il territorio russo.

Pietro il Grande (1672 – 1725)

Quasi un secolo dopo, nel 1709, in occasione dell’invasione svedese che minacciava ancora una volta di cancellare la tradizione ortodossa a favore del protestantesimo rivoluzionario, lo zar Pietro il Grande travolse gli occupanti svedesi nella memorabile battaglia di Poltava. Prima dello scontro decisivo con gli Svedesi, lo zar e l’intero suo esercito avevano implorato per tre giorni e tre notti la Madonna digiunando e pregando. Il trionfo delle armate imperiali fu unanimemente attribuito alla presenza nel campo di battaglia della santa icona che ormai i Russi consideravano la custode dell’identità spirituale della Nazione. Subito dopo l’icona fu trionfalmente portata nella cattedrale di San Pietroburgo e ancora un secolo dopo, durante la terribile invasione napoleonica condotta all’insegna del nichilismo rivoluzionario che intendeva distruggere le basi spirituali della loro millenaria tradizione, i Russi continuarono ad invocare la Madonna di Kazan. Ogni cittadino russo radicato nei sacri valori tradizionali ricorda sempre che la svolta vittoriosa contro gli invasori francesi ha una data precisa, il 22 ottobre del 1812, in provvidenziale coincidenza dell’inizio del ciclo di tre giorni che il calendario liturgico ortodosso consacra alla festa della Madonna di Kazan.

Trasportata a Mosca, la nuova capitale dell’Impero, per circa un secolo la sacra icona ha continuato a custodire l’identità tradizionale russa. Il 29 giugno del 1904, in occasione dei sommovimenti rivoluzionari scoppiati in concomitanza della disfatta nella guerra contro il Giappone, la sacra icona fu misteriosamente asportata dalla cattedrale della città e sparì proprio in coincidenza della rovina russa causata dall’ingresso nella prima guerra mondiale a fianco delle democrazie occidentali e dal successivo scoppio della rivoluzione bolscevica. L’ultimo atto politico ufficiale dello zar Nicola II ormai alla fine del suo regno a causa del trionfo della rivoluzione, fu la consacrazione nel 1918 della Russia alla Madonna di Kazan.

Qualche giorno dopo Trotsky, ben consapevole del significato trans-storico e della portata trasfigurante di questo speciale evento emerso dalle nebbie di una realtà “tradizionale” e pre-moderna, ordinò che l’intera famiglia imperiale venisse sterminata. Era uno dei capi rivoluzionari più permeato da quell’occulta volontà di annientamento e di distruzione delle radici sacre della Russia che caratterizzava tutti i capi bolscevichi, spinti nella loro azione da una oscura volontà promanante da una dimensione pre-politica assimilabile solo ad una sorta di potenza infera. È questo lo spartiacque che intendeva condurre alla fine dell’identità spirituale russa e della base tradizionale che l’aveva sostenuta per secoli.

Fatima

Nel 1964, in occasione dell’Esposizione Internazionale di New York, l’icona riapparve misteriosamente e fu esposta al pubblico. Fu così che l’Armata Blu dell’Apostolato di Fatima riuscì ad acquisirla e il 26 luglio del 1970 l’icona trovò il suo “luogo” nella Cappella Bizantina della Domus Pacis della fatidica cittadina di Fatima. Come è ben noto, durante il suo pontificato Giovanni Paolo II cercò in vario modo di fare un viaggio pastorale nella Russia post-rivoluzionaria, ma il Patriarcato Ortodosso di Mosca impedì in tutti i modi che tale evento, al quale alcuni spiriti di grande fede attribuivano un carattere parusiaco, potesse concretizzarsi. Poi, durante il nuovo pontificato di Benedetto XVI, adempiendo il voto del suo predecessore, ma nell’impossibilità fisica di visitare la Russia a causa dei continui veti, il nuovo Papa fece dono della sacra icona al Patriarcato di Mosca nella cui cattedrale ora può finalmente troneggiare dopo la sua secolare assenza. 

La presenza dell’icona della Madonna di Kazan a Fatima può sembrare un puro caso. Ma è proprio così? Tutti sanno che una delle tre rivelazioni più importanti per le conseguenze spirituali, dottrinali e storiche fatte ai tre Veggenti di Fatima dalla Madonna è stata proprio quella relativa al destino della Russia. Il 13 luglio del 1917, prima del trionfo del bolscevismo, la Madonna dirà ai Veggenti:

Lo stesso sito di Fatima, d’altronde, presenta delle particolarità che forse bisognerebbe rilevare. A cominciare, per es., dallo stesso nome del paesino che, secondo una tradizione locale, non sarebbe altro che quello di una nobildonna musulmana convertita al Cristianesimo e perciò ricordata in questo modo. Si tratta di una tradizione che ricorda quella delle specialissime Dame “islamiche” di cui, senza averle mai viste o sentite, si dichiaravano amanti-servitori alcuni Trovatori la cui cultura “tradizionale” ha permeato da sempre le regioni attorno ai Pirenei. Ma forse non è superfluo ricordare che Fatima era la figlia prediletta del Profeta dell’Islam e ha sempre coperto un ruolo assai particolare connesso ad una precisa funzione escatologica e al suo legame con Alì, il suo cavalleresco marito, il quarto Califfo, il “Ben Diretto”, il genero di Mohammed ed iniziatore di una serie di confraternite spirituali dal forte spirito guerriero, per molti aspetti legate ad una dimensione “sacrificale” della Via di Dio

Attorno alla cittadina di Fatima ancor oggi si trovano tre importanti chiese dedicate alla Vergine Maria, ognuna delle quali rivela una sua speciale forma di religiosità connessa a quella che Henry Corbin chiamava “cavalleria spirituale” e al combattimento contro il disordine. Ad Alcobaça c’è la chiesa dedicata a Maria Assunta fin dal XII secolo: è la chiesa che celebra il trionfo parusiaco della Vergine; a Batalha si trova un celebre convento domenicano la cui cappella è dedicata a Santa Maria della Vittoria dove fino a tempi recentissimi le armate portoghesi di ritorno dalle battaglie andavano a rendere omaggio alla Regina della Vittoria lasciando come ex-voto armi e quant’altro potesse ricordare la loro lotta per l’Ordine; a Nazaré c’è un piccolo ma celebre e frequentato santuario dedicato alla Madonna del Latte, ossia alla Madonna della Sapienza che, come appare evidente, sembra completare in una dimensione mistico-realizzativa le prospettive parusiache sottese anche dagli altri due santuari.

Da quest’arco geografico che fa da corona a Fatima ed è delineato da venerati santuari mariani particolarmente vicini alla spiritualità cavalleresca, cominciò la riconquista cristiana del Portogallo e la riconversione di questa regione così importante per tutta la Cristianità. Poco lontano, vero cuore della regione, nella città-piazzaforte di Tomàr si trova il Convento do Cristo costruito a partire dal 1160 dai Cavalieri del Tempio, presso cui ancora oggi è possibile officiare la Santa Messa nella Cappella che appartenne al celebre Ordine formato da misteriosi monaci-guerrieri. Se ora poniamo a mente ai legami dei Templari con alcuni aspetti della spiritualità islamica, alla loro funzione fondamentale di “Guardiani della Terra Santa” e all’importanza del culto della Madonna nella spiritualità di San Bernardo (ispiratore della Regola che reggerà per secoli il Tempio), si potrà cominciare ad intravvedere una dimensione degli accadimenti umani solitamente trascurata.

Così, la storia cristiana della Russia sembra enigmaticamente intrecciarsi con quella della più importante apparizione della Vergine nel XX secolo, il secolo della violenza e delle persecuzioni contro la Chiesa di Cristo. Aggiungeremo un particolare enigmatico, che tuttavia può finalmente essere compreso dopo quanto si è detto fin qui. In seguito all’attentato che tentò di interrompere sul nascere il pontificato di Giovanni Paolo II — secondo alcuni veggenti la sua elezione ha segnato il trionfo della Vergine sulle forze del male che intendevano operare pesantemente anche nel Conclave — il 13 maggio dell’anno successivo all’attentato il Pontefice si recò a Fatima e “restituì” alla Madonna la pallottola che si era fermata ad un millimetro del suo cuore. Il proiettile fu incastonato nell’“apice” della corona della statua mariana come segno indelebile ed indiscutibile del Suo trionfo.

In quell’occasione i responsabili della Cappella Bizantina della Domus Pacis di Fatima, i custodi dell’icona della Madonna di Kazan, consegnarono al Pontefice la straordinaria icona in vista della sua visita apostolica in terra di Russia che tutti allora ritenevano prossima. Doveva essere l’occasione storica perché il Vicario di Cristo potesse consegnare alla Russia il “tabernacolo” della presenza nel mondo della Custode Celeste della sua identità spirituale e ricostruire quella “Chiesa a due polmoni” ripetutamente ricordata da Giovanni Paolo II anche nella preghiera formulata per la Madonna di Kazan, l’autentica unità ecclesiale cui anelano da sempre i Cristiani. Nella conclusione della sua lettera che accompagnava il dono dell’icona al Patriarcato di Mosca, così spiegava il Papa:

È, questo, un aspetto dell’annuncio fatto ai tre Veggenti a Fatima dalla stessa Madonna («Infine il mio Cuore Immacolato trionferà») nel lontano 1917, esattamente 72 anni — un numero ciclico dal valore simbolico capitale — prima del fatidico 1989, l’anno che ha concluso i misfatti rivoluzionari che hanno devastato il secolo ventesimo.

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