Caratteri esoterici ed exoterici dell’Occultazione del Mahdi nell’escatologia sciita

Certamente la Terra non sarà mai privata di un garante di Dio. Ma gli uomini saranno ciechi, incapaci di vederlo, a causa del loro ottenebramento, delle loro stravaganze e dei loro crimini contro di sé (contro le loro anime).

Henry Corbin

È apparso di recente un articolo proposto da Maurizio Blondet dal titolo Israele teme il Mahdi. Da questo scritto vorremmo ricavare alcuni spunti argomentativi intorno a un tema, praticamente sconosciuto nei nostri lidi, che invece, come emerge dai contenuti dall’intervento appena citato, riveste un’importanza davvero epocale. L’aggettivo “epocale”, impiegato con una certa disinvoltura nelle più diverse occasioni, è, nella circostanza, davvero congruo perché tutto quello che si riferisce alla apparizione del Madhi può essere rilevante, non solo per il mondo Mediterraneo ma per l’intero globo terracqueo, essendo il personaggio espressione apocalittica dell’escatologia shi’ita a carattere universale. Si tratterà quindi della figura che apporterà l’ultima definitiva Rivelazione e, dopo di essa, il presente ciclo giungerà a compimento, come insegnano le scritture.  

La tematica, così come la presenta Maurizio Blondet, giornalista di schierata fede cattolica e dichiaratamente “complottista”, ha natura strettamente politica ed è la sua (e delle sue fonti) una lettura degli eventi che pone, in lizza tra loro, due contendenti portatori di una opposta visione del mondo ed in cui il terreno di gioco è appunto la contesa del potere sul nostro globo terracqueo. Tanto aspro si delinea il conflitto che esso dovrebbe condurre a un Armaggedon. In realtà, per impiegare un neologismo utilizzato dal Panunzio, relazionato agli eventi descritti nel testo di Blondet, nonché in questo nostro intervento, il predetto tema lo si potrebbe definire senz’altro di natura metapolitica, essendo l’argomento in oggetto intriso di escatologismo [1].

Per affrontare quindi l’argomento con cognizione di causa è però necessario operare alcune premesse introduttive e, per procedere in tal senso, si utilizzeranno i testi di Henry Corbin, che, com’è noto, è stato uno dei massimi interpreti del pensiero religioso formatosi nell’area iranica, con particolare riferimento al suo ricchissimo libretto L’Imam Nascosto.

Henry Corbin (1903 – 1978)

Secondo me le religioni esprimono una verità unica però è solo la scuola sciita che spiega in modo chiaro e lampante come questa Verità possa essere rimanere viva. Secondo me lo Sciismo ha ben rappresentato il carattere di questa verità che media incessantemente fra il mondo umano e quello divino.

Henry Corbin, dialogo con Allamah Tabataba’i, teologo e filosofo musulmano

Lo sh’ismo, la gnosi dell’Islam, è un indirizzo religioso nato contemporaneamente alla prima predicazione del Profeta con l’investitura dell’imamato al genero di Muhammad, Ali Ibn Abi Talib, sposo di Fatima. I due sono i genitori di Hasan e Husain che saranno l’uno dopo l’altro i successori del padre all’imamato [2]. Un hadith fissa i termini di questa investitura che rappresenta il fondamento dello shi’ismo:

Illustrazione che mostra il profeta Maometto nel momento in cui nomina ‘Alì suo successore, a Ghadir Khumm. Come nota Alessando Bausani, nell’islam sciita il profeta Maometto viene identificato come l’«Intelletto Universale» (aql-i kull), mentre l’imam è considerato come l’«Anima Universale» (nafs-i kull). Dopo la morte di ‘Alì il titolo di Imam passò prima a suo figlio maggiore Hassan – che divenne dunque il secondo Imam sciita – e poi, nel 680, a suo figlio minore Hussein, continuando in seguito la linea dei discendenti carnali del profeta fino a al dodicesimo Imam, Muhammad al-Mahdi – «l’Imam del tempo» – che secondo la tradizione sciita entrò in occultamento nell’874. 

Evidentemente tutti i passaggi dell’hadith rivestono una importanza capitale, tuttavia davvero illuminante è l’ultimo di essi in quanto esso fonda i presupposti della gnosi iranica (l’Iran si definisce in Costituzione “il paese della gnosi” [3] dal momento che fissa precisamente i termini delle competenze tra la scansione profetica e quella dell’imamato). A tutti i sette profeti, nel tempo della loro manifestazione, è spettato il compito  di portare agli uomini il messaggio divino i cui contenuti sono proporzionali allo stato spirituale dell’umanità di una certa epoca — da qui l’inficiarsi della pretesa progressista sostituita dalla constatazione della discesa catabatica –, mentre all’Imam è affidato un diverso compito rispetto alla comprensione letterale della Parola e alla disciplina delle prescrizioni da essa impartite. 

Scrive Corbin: A partire dal momento in cui si conclude il ciclo della Profezia, comincia il Ciclo dell’Iniziazione, quello in cui gli Imam gli Amici di Dio e gli Amati da Dio devono iniziare i loro adepti all’esoterico della Profezia (Corbin: 2008, 72) [4]. La scansione è questa: Il verbo divino scende e, grazie a un Profeta legislatore, la Parola di Dio si fa “umana” e quindi diviene a tutti comprensibile in relazione alle circostanze storiche in cui questa si manifesta. Tuttavia questa comprensione “democratica” non esaurisce i significati contenuti in essa, in quanto la parola “gridata dai tetti” rappresenta solo la “facciata” ma il “senso vero” della stessa è ascoso in essa ed è coperto da un numero indeterminato di veli.  Avviene così che l’ermeneutica non è mai chiusa ma si presenta costantemente suscettibile di offrire nuovi significati, sempre comunque aderenti al testo. 

In senso generale anche nell’Islam legalistico (sunnita) l’interpretazione del Verbo non è rimessa a un magistero dogmatico, che ne cura imperituramente il tramandamento, come avviene nel cattolicesimo, tuttavia nell’ordine exoterico delle cose si può senz’altro affermare che nel sunnismo prevale assolutamente una precettistica legalistica, si potrebbe dire… “talmudica”, tanto che Corbin ha potuto scrivere: Gli umani non hanno più nulla da attendere dopo il Sigillo degli Iniziati. Di conseguenza, la maggioranza si è votata fanaticamente alla cieca salvaguardia della lettera(Corbin: 2008, 90).   

Allamah Tabataba’i, uno dei maggiori filosofi e teologi musulmani del XX secolo, autore di numerose opere di argomento religioso, storico, filosofico, gnostico e scientifico. Fu maestro di Seyyed Hossein Nasr, il celebre scienziato e filosofo trasferitosi negli Stati Uniti.

Alla linea dell’imamato è assegnato un diverso e complementare compito, che è espressione della “scienza della bilancia” [5], ovvero dell’equilibrio tra exoterico ed esoterico, che è una condizione sempre perseguita in queste dottrine islamiche che, appunto, prendono a paragone la corrispondenza che regna tra la durata del giorno e quella della notte. Si tratta quindi di ricondurre l’espressione della lettera alla sua origine, quando il Verbo era nella mente di Dio. Allo scostarsi di ogni velo corrisponde la “scoperta” di un significato e per conseguenza l’ermeneutica spirituale si presenta come una cornucopia di intimi sensi che sono tutti collocati in successione tra di loro e in cui, come in uno spartito musicale, la melodia può essere eseguita su diverse ottave. Dal momento che il “senso vero”, contenuto nel Verbo, diviene accessibile in virtù della qualificazione propria all’imamato, provvidenzialmente garantito dalla sua scansione “dinastica” nel presente ciclo, avverrà che, esaurito il pleroma dei dodici, il tempo si sigillerà “solidificandosi” e il ciclo terminerà definitivamente. 

Per l’Islam il dodicesimo Imam, apparso circa 1200 anni fa, s’è prodigiosamente occultato da bambino, all’età di cinque anni, in concomitanza a una vicenda che tra poco brevemente si narrerà. Il sapientissimo fanciullo, la cui presenza nei secoli è tuttavia testimoniata dalle sue apparizioni e da sue azioni latenti, nel momento di massima discesa spirituale dell’umanità, uscirà dal suo occultamento per ricomparire insieme a Cristo (sesto nell’Ordine dei Profeti secondo la concezione islamica) come descritto nell’hadith sopra riportato [6]. In questo caso si instaura una sorta di contemporaneità tra l’uscita dall’occultamento del dodicesimo Imam e la seconda venuta del Cristo “Profeta” e tale sincronia è giustificata dal fatto che con tale evento costituirà il sigillo definitivo dell’era presente. (Si precisa che nella concezione iranica ogni ciclo profetico è scandito dall’apparizione di dodici Imam che formano un totale pleromatico di 84 personaggi). 

Non stupisca più di tanto il ruolo gerarchico rivestito dal Cristo che è anteposto al Profeta dell’Islam; Ibn Arabi, che è il più celebrato dei sufi come il Doctor maximus (Shaiykh al Akhar) dell’esoterismo islamico, ebbe di Lui a scrivere: “Chi si ammala del Cristo non può guarire” e quindi è indubbia la devozione che riservano i musulmani tutti (quindi anche gli shi’iti) al Cristo e a sua Madre Maryam avendo loro anticipato il dogma dell’Immacolata Concezione rispetto agli stessi cristiani. Questo il quadro, delineato per somme linee.

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Gettando sommessamente lo sguardo alle vicende attuali e avvertendo gli scricchiolii di un cattolicesimo sempre più volto al “sociale”, osservando le fenditure sempre più estese presenti nella grande muraglia dogmatica, eretta dopo secoli di controversie conciliari, è conseguente pensare che se si dovesse realizzare uno sfondo plausibile agli eventi apocatastatici [7] descritti, c’è da ipotizzare un possibile avvicinamento tra la più “tradizionale” Chiesa ortodossa con l’Islam sh’ita, piuttosto che con la Chiesa di Roma, in quanto quest’ultima può apparire agli occhi dei “conservatori” come un pianeta ormai sfuggito alla sua orbita e destinato a vagare nello spazio [8] diversamente dall’ortodossia orientale certamente più conservatrice e orientata dottrinalmente alla theosis.


La walayat è l’esoterico, l’idea gnostica della profezia (nobowwat); la profezia è l’essoterico e la forma visibile della walayat. Tutti i profeti sono stati epifanie (mazahir) del Sigillo dei profeti, tutti gli iniziati sono forme che manifestano colui che è il Sigillo degli Iniziati.

Henry Corbin

La pietà shi’ita s’è particolarmente concentrata sul racconto degli ultimi due Imam dei dodici del ciclo attuale, descrivendo quegli eventi storicamente lontani in una molteplicità di racconti che vanno letti, come insegna Corbin, come ierostorie e non certo interpretati alla luce dello storicismo o del materialismo storico [9]. Si tratta comunque di ierostorie davvero magnifiche che fanno di questi scritti delle “commoventi” — nel senso pienamente etimologico del termine e sottolineamo che tali, condivise, aggettivazione laudativa è impiegata dal Corbin al fine introdurne la lettura —  testimonianze della fede di un popolo. Siamo di fronte a racconti letterali che poi certamente solo letterali non sono, dal momento che la loro comprensione risveglia sicuramente i sopiti sensi spirituali del devoto lettore [10].

In queste concordanti versioni dell’evento escatologico più importante della pietà shi’ita, si narra come una principessa bizantina (e quindi cristiana) dal nome di un fiore, Narciso (uno pseudonimo), venga rapita dai musulmani che ne ignorano il grado di nobiltà e venga quindi condotta al mercato per essere venduta come schiava. Tutta l’operazione si trova sotto la gestione di una regia occulta che con preveggenza ha apparecchiato gli accadimenti descritti affinché Narciso conosca il suo futuro sposo e subitaneamente, ricambiata, se ne innamori, incontrando frequentemente la sua persona nella dimensione della “visione”.

Narciso discende direttamente dalla stirpe di Simon Pietro che, nell’ottica della processione degli eventi, è il primo dei dodici Imam che seguirono Gesù nel suo ciclo. A causa di questa sua “forte” discendenza ella, in qualche modo, partecipa di quella “cristologia” alternativa che è caratteristica di una forma gnostica che attende di fiorire. Ciò accadrà non appena Narciso diventerà parte attiva degli eventi che qui sommariamente si sono descritti. Gli incontri onirici con il futuro marito, al-Hasan al-Askari, costituiscono l’iniziazione della principessa cristiana alla gnosi islamica, ai cui contenuti ella aderirà convintamente nel corso degli eventi [11].

Ne scrive Corbin: “È questa una delle basi su cui si possono studiare certe impressionanti corrispondenze tra la cristologia e l’imamologia shi’ita. Tali corrispondenze trovano, così mi sembra, un’illustrazione tra le più stupefacenti nella visione in sogno della della Principessa Narciso, madre del dodicesimo Imam” (Corbin: 2009, 87). Sarà quindi il suo futuro sposo, l’undicesimo Imam, che la indirizzerà all’Islam mostrandogli il carattere profetico della figura di Gesù e il conseguente sviamento della religione cristiana da quella cristologia angelica e profetica che ne sarebbe stata la caratteristica fondante dell’origine. Tutto il racconto quindi verte sulla pacificazione delle due religioni che nell’imamato duodecimano si fondono come in un unico corso d’acqua. 

Narciso, divenuta infine sposa dell’undicesimo Imam, sarà madre di un fanciullo meraviglioso e straordinario, un “fanciullo perfetto” o “uomo perfetto”, la cui infanzia è agiograficamente caratterizzata da numerosi prodigi e che prenderà il nome di  Muhammad al-Mahdi. Qual sia il destino di questo “uomo”, giunto il momento della sua Parusia, lo illustra il Corbin in questo straordinario passaggio: L’Uomo perfetto, essendo la teofania perfetta, penetra il segreto teofanico degli esseri, attraverso di lui si attualizza la perfezione latente e virtuale di ogni essere, il suo segreto, il suo senso esoterico. Non solo le pietre, le piante e gli animali, ma tutte le dottrine, tutte le religioni sveleranno il loro senso nascosto, e così l’Unità divina apparirà come essenza nella moltitudine delle sue teofanie (Corbin: 2008, 93). Un brano quasi scopertamente perennialista che annuncia in maniera insuperabile gli eventi connessi all’apokatastasis che determineranno “la fine dell’età oscura della presente umanità inaugurando in governo universale  e la restaurazione della Tradizione primordiale” (dalla presentazione del testo di Al Fadr ibn Shadhan an-Nischapuri, Il ritorno del Madhi) [12].


Il senso profondo della ghaylat (occultazione) consiste nel fatto che sono stati gli uomini stessi a velare ai loro occhi l’Imam, divenendo incapaci o indegni di vederlo.  

Henry Corbin

Nella teologia shi’ita sono concepite due diverse forme di occultazione: la “minore” e la “maggiore”. Questo è un tema lungamente ruminato dai filosofi locali perché in esso si concentra tutto il mistero dei tempi ultimi e per tale motivo gli accadimenti che riguardano questa specificità dottrinale dello sh’ismo sono di estrema significazione. 

In estrema sintesi questi gli accadimenti legati all’occultazione. L’undicesimo giovanissimo Imam era appena defunto quando suo figlio, prescelto per essere il dodicesimo, dopo pochi giorni o poche ore dalla morte del padre scomparve misteriosamente nei sotterranei della Moschea di Samarra in cui era uso pregare intensamente con il genitore. Abbiamo quindi due eventi praticamente concomitanti: la morte del padre e la scomparsa del figlio.

A Samarra odiernamente esistono due santuari. Uno ospita quattro tombe: quella del decimo Imam, quella di suo figlio, quello della sposa di costui, la principessa bizantina Narciso, quella infine di sua zia; tutti personaggi che sono presenti nei racconti meravigliosi e commoventi che narrano della confluenza in un’unica fede islamica e cristiana, evento determinatosi al fidanzamento della principessa Narciso. Un secondo santuario ospita il luogo sotterraneo attraverso il quale scomparve il giovane Imam Mohammed al Qa’im o al-Madhi, che da allora è l’Imam nascosto (Corbin: 2020, 510).

Quando si parla di Samarra se ne deve comprendere la specifica geosophia: infatti, a seguito di tali straordinari avvenimenti, la moschea è oggi anche un santuario che si trova ubicato in territorio iracheno, ed è santuario perché questo è il luogo nel quale l’Imam si è occultato agli uomini o, come sottolinea Corbin, s’è reso invisibile ai loro occhi carnali [13]. Al contempo v’è un altro santuario che è in diretto collegamento con  Samarra ed è quello di Jam Karan in Iran, e il loro legame assume natura simbiotica in quanto è diretta espressione della legge della Bilancia di cui si è fatto cenno in precedenza. Difatti se il primo è il luogo della “scomparsa” del fanciullo, il secondo è il luogo privilegiato per le sue apparizioni, apparizioni possibili grazie “agli occhi di quell’organo sottile senza il quale un’antropologia resta incompleta“. Aggiunge Corbin: “Pertanto il compimento reale o mentale del pellegrinaggio che sia a Samarra o a Jam Karan presuppone in tutti i pellegrini il passaggio dalla percezione sensibile a un altro modo di percezione superiore” (Corbin: 2020, 386) [14].

Sei chilometri ad est della città di Qum si trova la straordinaria bellezza della moschea di Jam Karan. Nel 986 AD, un musulmano devoto di nome Hassan ibn Muthlih ebbe un’esperienza mistica in cui l’Imam al-Mahdi (l’Imam delle Ere e figlio dell’undicesimo Imam, al-Hasan al-Askari) e il profeta Khizr (il «Saggio Verde», altra figura fondamentale dell’Islam esoterico) gli apparvero e gli ordinarono di organizzare la costruzione di una moschea sul terreno sacro di Jam Karan. La moschea è stata costruita dallo sceicco Afif Saleh Hassan ibn Mosleh Jamkarani in 1006 e da allora ha attirato un gran numero di pellegrini.

Quando si parla di “occultazione minore” si intende un periodo di tempo che inizia dalla morte di Hasan padre (260/873) e che si protrae da quella data fino al 330 (942). Il trapasso di Hasan, in realtà, non è stato una vera morte quanto piuttosto una traslazione nel Malakut [15]. Da questo piano “intermedio” e per tutta la durata del tempo indicata, l’undicesimo Imam ha continuato misteriosamente a comunicare di “persona” con i suoi delegati, pur essendo invisibile alla gente “comune”. 

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La “occultazione maggiore” riguarda invece il dodicesimo Imam che, appunto, scomparve in età infantile per non essere più ritrovato, sottraendosi così anche alla ricerca dei nemici dell’imamato d’allora, i califfi abbassidi che avevano tenuto prigioniero il padre per diversi anni e che volevano rivolgere le loro poco benevole attenzioni al figlio del cui “ritorno” (e del significato del suo ritorno) ci siamo spesi in qualche considerazione nelle pagine precedenti.   


Quando si solleverà il nostro Qa’im (lett. «colui che solleva»), metterà la mano sulla testa dei servi di Dio riunendo i loro intelletti e perfezionandoli, dopodiché il Signore perfezionerà la loro vista e il loro udito, in modo tale che non vi sia più alcun ostacolo tra loro e i Qa’im. In tal modo quando vorrà parlare con loro, essi potranno sentirlo e vederlo (da ogni luogo) senza che egli muova dal posto in cui si trova.  

Imam Muhammad al Barqir, quinto emiro sciita

Come affermato nell’articolo, che ha ispirato questo breve intervento, la venuta del Madhi è certamente spasmodicamente attesa dai suoi fedeli adepti ma, allo stesso modo, il suo riapparire, nonostante il carattere paradisiaco che ne contraddistinguerebbe la venuta, è massimamente temuto da altre consorterie religiose che immaginano la figura come una sorta di “Saladino redivivo” o, peggio, di un “Bin Laden con super poteri”. Questo è un fatto e non un’opinione ed è singolare che tale credenza apocalittica, del resto condivisa con altre religioni, ad esempio il buddismo che attende Maitreya, il Budda futuro, invece di essere magari reputata come una “fantasia religiosa” e quindi risultare essere una innocua pia fraus, destinata ad alimentare in maniera astratta la fede dei suoi fedeli, venga presa davvero molto sul serio al punto di ricercare questo “Resurrettore” per ogni dove e da diversi anni, anche utilizzando mezzi non propriamente… leciti. A tale scopo stralciamo un raggelante brano dall’articolo di Blondet laddove si legge: “Ciò divenne evidente durante l’occupazione americana dell’Iraq nel 2003, quando era routine torturare gli iracheni nelle carceri… e una delle domande più sconcertanti poste durante gli interrogatori era: “Dov’è l’uomo chiamato Imam Mahdi, dove si nasconde?”.

Come abbiamo visto (Corbin docet) c’è una profonda differenza dal nascondersi e dall’occultarsi e quindi come il padre al-Hasan al-Askari, il “fanciullo perfetto”, è invisibile agli occhi dei sensi, che non sono in grado di scorgerlo, svelandosi solo ai suoi inviati prescelti ai quali ha impartito e impartisce comunque istruzioni che riguardano le strategie dell’età ultima. 

In conclusione si può affermare che la venuta del Madhi, come la seconda venuta del Cristo, che secondo l’Apocalisse di Giovanni tornerà “tra le nuvole”, mostra la totale inadeguatezza della mentalità moderna a concepire un livello spirituale in cui inquadrare gli accadimenti della ierostoria e allo stesso modo è proprio questa ottusa cecità a rendere consapevole l’interprete che la “fine del tempo” non può che essere prossima. Ha ragione il già citato Panunzio quando scrive: “Saranno gli agenti ‘della mano sinistra di Dio’, le forze che hanno prodotto la lacerazione moderna, a farla (la contemporaneità, ndr) implodere“.


[1] Che si stiano vivendo i tempi ultimi è opinione da molti condivisa perché i segni del tracollo appaiono evidenti e non è più necessaria una lettura tra le righe dei fenomeni contemporanei. Anche i più sensibili uomini di Chiesa avvertono, nell’apostasia dilagante, il segnale dell’avvitarsi dell’era come preconizzato dallo stesso Cristo con “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). […] Questa la premessa per giustificare la presentazione del presente brano, tratto da una recensione al libro Metapolitica del Panunzio: “A questo punto è bene chiedersi qual sia per Panunzio la reale funzione della Metapolitica. Egli attribuisce due compiti essenziali alla Metapolitica. 1) Sviluppare in termini organici e analitici la critica della modernità; 2) Ricostruire il disegno divino in terra. Gli uomini dovrebbero preliminarmente riconoscere la necessità di compiere tabula rasa del presente, in vista di una rinascita. Anzi, Panunzio è fermamente convinto che saranno gli agenti “della mano sinistra di Dio”, le forze che hanno prodotto la lacerazione moderna, a farla implodere. […] La visione panunziana della storia mira a un fine, è centrata sull’«ottimismo finale, ma trascendente»”. Forse è un poco blasfemo ma il concetto si accosta alla “fiduciosa disperazione” di Lutero.

[2] Questa originaria pentade assume per la coscienza religiosa shi’ita dei contenuti davvero vertiginosi su cui è impossibile soffermarsi. I “cinque del mantello”, così sono denominati a mostrare il carattere indissolubile, non solo familiare ma pleromatico che lega Il Profeta a Ali Ibn Abi Talib, l’ermeneuta spirituale della rivelazione coranica. La discendenza carnale del primo Imam, inaugurata da Fatima (la splendente) si concluderà con la principessa Narciso appartenente alla “famiglia” di Cristo, sposa dell’undicesimo Imam e madre del dodicesimo, così da suggellare l’epoca presente. 

[3] Diversamente dalla “gnosi cristiana” che non gode di nessun apprezzamento (semmai il contrario) lo shi’ismo, seppur numericamente minoritario rispetto all’Islam sunnita con le sue varie sfaccettature spesso in lizza, risponde a un requisito fondamentale dell’ottica iranica forse derivato dal precedente humus zoroastriano. Si tratta di questo: ogni elemento visibile ha una controparte invisibile e congiuntamente l’apparente e l’occulto formano una biunità. Come si spiegherà più avanti, la Profezia, come discesa del verbo della carne (incarnazione grammatica scrive Panunzio) rappresenta la fisicizzazione della parola divina, la cui esegesi ultima però compete all’imamato spirituale di natura iniziatica che ne rappresenta la gnosi. Solo all’apparizione del dodicesimo Imam, sigillo dell’Iniziazione, completato il ciclo della Grande Occultazione, avverrà che il senso ultimo delle Sacre Scritture sarà rivelato senza più alcun velo.

[4] Nell’islam shi’ita la descrizione dei tempi ultimi, in sintonia con la scansione del kali yuga induista e dell’apparire del Resurrettore, è affidata anche a questo hadith che è il ventiduesimo del testo compilato da Al-Fadl Ibn Shadan an-Nishapuri presente nel suo scritto profetico dedicato al dodicesimo Imam e alla sua Occultazione: “…Un uomo chiese a Abu Abdilah [Ja’ far as Sadiq]Quando apparirà il tuo Qa’im?’. Egli disse ‘Quando la guida deviata crescerà, e la retta guida diminuirà, l’oppressione e la miscredenza aumenteranno, e la giustizia e la bontà diminuiranno; gli uomini soddisferanno la loro lussuria con gli uomini e le donne con le donne, gli ulama saranno inclini al mondo e la maggioranza delle persone alla poesie [futili] e ai cantastorie un gruppo di eretici sarà trasformato in scimmie e maiali. Sufyani (il Sufyani è una figura malvagia nell’escatologia islamica, solitamente descritta negli hadith come un tiranno che diffonderà corruzione e malizia) sarà ucciso e apparirà il Dajjal (un essere malvagio destinato a regnare nel mondo per un periodo di 40 giorni prima del Giorno del Giudizio; quale figura anti-messianica, è comparabile all’Anticristo della escatologia cristiana e all’Amilus della escatologia ebraica medioevale) facendo il suo massimo nello sviare e deviare [i popoli]; a quel tempo il nome del Qa’im sarà annunciato al sorgere del ventitreesimo giorno del Ramadan” (Al-Fadl Ibn Shadan an-Nishapuri: 2015, 44).

[5] Questo stralcio di H. Corbin servirà a meglio comprendere l’importanza che riveste questa scienza peculiare per l’Islam ma di valore universale, in quanto essa corrisponde a una necessità ontologica: “L’idea dell’equilibrio delle cose e quindi dell’equità divina […] vanno di pari passo, per affermarsi nel simbolo della Bilancia quale simbolo escatologico (cfr. Corano 21.48). Nella gnosi islamica la Bilancia segna l’equilibrio fra la luce e le tenebre. Nella gnosi ismailita […] la Bilancia delle cose religiose permette di precisare la corrispondenza tra la gerarchia esoterica terrena e la gerarchia angelica celeste, e in generale le corrispondenze tra il mondo spirituale e i mondo corporeo. La parte visibile d’un essere presuppone infatti che essa sia equilibrata dalla sua controparte invisibile, celeste. Quel che appare, l’exoterico (zahir) è equilibrato dal nascosto (Batin). La negazione agnostica moderna ignora questa legge dell’essere integrale e non fa dunque che mutilare l’integrità di ogni essere” (Corbin: 2009, 14).

[6] Secondo Elia Benamozegh la Torah, per rendersi ancora idonea alla comprensione decaduta degli uomini, “scende” e, appunto, si solidifica divenendo, alla fine di questa catabasi, una mera, seppur indispensabile, precettistica. Giunto però il tempo della Rivelazione, quello in cui gli uomini si svestiranno finalmente delle loro “pelli di serpente”, essa sarà di nuovo pienamente comprensibile in quanto il suo contenuto spirituale si svelerà completamente. Questa è la stessa prospettiva indicata da Gioacchino da Fiore nella sua tripartizione delle età, di cui l’ultima sarà integralmente pneumatica e in cui per conseguenza sarà rivelato il senso pneumatico delle scritture. 

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[7] La qual cosa è esplicitamente citata in questo passaggio di H. Corbin: “La soteriologia e l’escatologia zoroastriane erano dominate dall’idea di frashkart, la trasfigurazione o rigenerazione del mondo, operate dal Saoshyant e dai suoi compagni che avrebbero preparato la restaurazione finale di tutte le cose. L’escatologia sh’ita è dominata dalla figura di colui che fa risorgere (il Qa’im) e dei suoi compagni; tende a un nuovo cominciamento a un Aion che è una apokatastasis, e non separa l’idea di “resurrezione minore” che è l’esodo individuale dal corpo soggetto a perire, dall’idea di resurrezione maggiore che è l’avvento di un nuovo Aion” (Corbin: 74).

[8] Il carattere della venuta del Madhi congiuntamente al Cristo non prevede un Armageddon e ciò è in perfetta adesione all’hadith sopra citato. In un’intervista della NBC con il presidente Ahmadinejad nel 2009, l’intervistatore ha cercato di provocarlo a parlare dell’Imam nascosto che porterà “un’apocalisse in Occidente”. Ahmadinejad ha invece affermato: “Ciò che si dice di una guerra apocalittica e di una guerra globale… Questo è ciò che sostengono i sionisti. L’Imam invece verrà con la logica, con la cultura, con la scienza. Verrà affinché non ci sia più la guerra. Niente più inimicizia, odio. Niente più conflitti…. ritornerà con Gesù Cristo. I due torneranno insieme. E lavorando insieme, riempirebbero questo mondo di amore”. Curiosamente anche un altro leader, il defunto Hugo Chavez, affermò che non c’era da meravigliarsi che stia crescendo il bisogno di un salvatore mistico, dal momento che: “Per noi veri cristiani, Gerusalemme è un luogo molto santo dove il profeta Gesù verrà, mano nella mano con Hazrat Mahdi; allora la pace prevarrà in tutto il mondo”. 

[9] È bene precisare agli “scettici” che il tema dell’occultazione e delle sue modalità non è stato ricostruito ex post ma è presente nella profezia degli accadimenti che il sapiente Al Fadr ibn Shadhan an-Nischapuri, autore Il ritorno del Madhi, aveva descritto in questo suo prezioso opuscolo. L’autore infatti morrà prima che quanto lui descritto accadesse (Sayyes Seed Aktar Rizvi nella prefazione di Al Fadr ibn Shadhan an-Nischapuri, Il ritorno del Madhi, p. 11).

[10] Una breve precisazione per quanto riguarda il tema della letteratura e della musica nel contesto islamico e shi’ita in particolare a confronto con l’Occidente. La grande diffusione della letteratura e della musica d’intrattenimento in Occidente, del tutto assente da qualsiasi riferimento al sacro e non indirizzata a un fine superiore, risponderebbe alla volontà di proporre/imporre un addormentamento delle coscienze. In particolare l’odierna importanza di certi generi musicali in grado persino di dissolvere le capacità della coscienza di veglia e la corrispettiva mitologia dei loro esecutori sono il risultato di un ben determinato piano di indottrinamento posto in essere da “superiori ben conosciuti” dietro cui agiscono forze che non appartengono a questo piano di esistenza.  

[11] Si noti questo passaggio incentrato sul tema del rapporto tra gnosi cristiana e islamica: “La questione dell’imamologia è legata per certi aspetti a quello che si è vissuto in ambito cristiano, con una grande differenza basata sul fatto che la Sh’ia probabilmente è più vicina ad alcuni settori gnostici della Chiesa che non alla chiesa ufficiale” (Corbin in Allamah Tabatataba’i: 2014, 125).

[12] Il tema dei Guardiani e/o dei custodi del mondo è assai studiato nell’universo  islamico e H. Corbin nei suoi scritti accenna diffusamente alla funzione di costoro che, quale gerarchia superna, sono destinati a reggere l’umanità fino al suo punto di collasso che avviene con ciclica ricorrenza. Un testo di riferimento sul tema è quello di Ibn Arabi Il Mistero dei Custodi del mondo, testo non solo definibile importante quanto piuttosto fondamentale per la comprensione del tema. Questo è uno dei tre libri che, diversamente dagli altri della sua immensa produzione, il teosofo andaluso dichiara di aver ricevuto per Rivelazione. Per conseguenza,  per quanto questo scritto si componga di poche pagine, esso non è affatto “opera minore” dello stesso, ma contributo autorevole e fondamentale in cui si allude al carattere esoterico della Scienza del Polo che sta dietro il complesso simbolismo dei Custodi del mondo. Pregnante è una sottolineatura di Michel Valsan sull’argomento in relazione alla Tradizione Primordiale: “Questi esseri (i guardiani del polo, ndr) o piuttosto queste funzioni sono le colonne della Tradizione pura, la quale è, evidentemente la Tradizione primordiale e universale con cui l’Islam nella sua essenza si identifica. Bisogna aggiungere che, se queste funzioni primordiali sono così designate da Profeti apparsi soltanto nel corso del ciclo umano, per lo Shaiykh al Akhar questa è solo una maniera per confortare, mediante realtà conosciute dalla tradizione islamica in generale, l’affermazione dell’esistenza di un Centro supremo al di fuori della forma particolare dell’Islam e al di sopra del centro spirituale islamico” (in Ibn Arabi: 2001, 9). Possiamo affermare, leggendo le cose da questa angolazione, che la figura del Madhi si identifica escatologicamente, e in parallelo a quanto dichiarato nella citazione, con i Guardiani. Egli infatti è descritto come il Restauratore della Tradizione primordiale e non con l’instauratore del ciclo di una tradizione particolare, come è quella islamica, come del resto ha ben sottolineato Henry Corbin in più occasioni.         

[13] Il significato profondo della ghaybaqt (occultazione) riposa sul fatto che sono gli uomini a essersi velati all’Imam, a essersi resi incapaci o indegni di vederlo. Trasponendo potremmo anche dire:  “lo storico sacro racconta che Dio ha esiliato Adamo dal paradiso, ma il mistico scopre che è Adamo (l’uomo), ad aver cacciato Dio dal paradiso. Questa è la realtà dell’infernum” (da Corbin: 4, 485).

[14] Non possiamo purtroppo dilungarci sul tema ma H. Corbin con la consueta prosa trascinatrice in questo suo testo ci dettaglia della manifestazione epifanica del dodicesimo Imam che ha dato luogo all’erezione di un santuario in un luogo identificante “geophisicamente” peculiare, pressoché intermedio tra il sensibile e lo spirituale e quindi speculum del mondo celeste.

[15] Nella cosmologia araba la concezione del malakut, come mondo o spazio intermedio, è molto complessa e non univoca nei commenti degli autori. Ne diamo un cenno generale in questa nota rilevando che Il regno di Malakut (ʿālam al-malakūt, lett.  ”mondo del regno [di Dio]”), noto anche come Hurqalya o Huralya, è un regno invisibile proposto della cosmologia islamica medievale. Malakut è talvolta usato in modo intercambiabile con ‘ālam al-mithāl o regno immaginale, ma altrimenti distinto da esso come un regno tra ‘ālam al-mithāl e ‘ālam al-jabarūt. In questo contesto, Malakut è un piano al di sotto degli angeli superiori, ma più alto del piano dove vivono i jinn o i demoni. I regni superiori non sono mondi spazialmente separati ma influiscono sui regni inferiori. Tuttavia per approfondire il tema può essere estremamente utile leggere i quattro volumi de Nell’Islam iranico di H. Corbin dove l’argomento è esaminato da molteplici punti di vista e in molteplici contesti. Sul tema è parimenti indispensabile dello stesso Corbin Corpo spirituale e terra celeste.


Iba Arabi: Il Mistero dei Custodi de mondo, Il Leone Verde, Torino, 2001 

Al Fadr ibn Shadhan an- Nischapuri: Il ritorno del Madhi Irfan, San Demetrio Corone  (CS) 2015 

Daniele Bianchi: L’origine del cristianesimo nel pensiero di Elia Benamozegh. Tesi laurea Università degli studi Udine, Anno accademico 2008/2009, disponibile in rete

Henry Corbin: La scienza della Bilancia e le corrispondenze tra i mondi della gnosi islamica, SE, Milano, 2009

Henry Corbin: L’Imam nascosto, SE, Milano,2008   

 Henry Corbin: Nell’Islam iranico vol.1, Mimesis, Milano Udine, 2012

Henry Corbin: Nell’Islam iranico vol.2, Mimesis, Milano Udine, 2015

Henry Corbin: Nell’Islam iranico vol.3, Mimesis, Milano Udine, 2017

Henry Corbin: Nell’Islam iranico vol.4, Mimesis, Milano Udine, 2020

Henry Corbin: Tempo ciclico e gnosi ismailita, Mimesis, Milano-Udine, 2013

Allanah Tabataba’i: Islam sciita, Dialoghi con Henry Corbin, Irfan Edizioni, San Demetrio Corone 2014  

I quaderni della sapienza, a cura del Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza”:  VOLUME II – “Tempi ultimi e Restaurazione finale”, San Demetrio Corone (CS)  

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