Nietzsche, l’arciere, l’arco e la corda tesa della volontΓ 

La vastitΓ  e la complessitΓ  del pensiero nietzschiano trovano una felice sintesi nei simboli evocativi dell’arciere, dell’arco e della freccia; metafore che il filosofo utilizza spesso nei suoi principali scritti, tanto che nel Prologo dello “Zarathustra”, uno dei suoi primi ammonimentiΒ Γ¨: Β«Guai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non scaglierΓ  piΓΉ la freccia anelante al di lΓ  dell’uomo, e la corda del suo arco avrΓ  disimparato a vibrareΒ».

di Beatrice Harrach

Copertina: cavaliere mongolo con arco e frecce, cina, XV/XVI secolo (dinastia Ming)

Incocca, tende, scaglia: il motto della “1^ Brigata aerea operazioni speciali” sintetizza alla perfezione il gesto fluido, preciso e lineare dell’arciere. Un gesto ipnotico, ripetitivo ed ordinato che contraddistingue chi tira d’arco e freccia da qualsiasi altro combattente. Un gesto che assieme all’arma si presta alle simbologie forti ed evocative della regalitΓ  e della conquista. L’arciere, che si trova al di qua del suo bersaglio — pur essendo spesso molto distante da esso — Γ¨ giΓ  proteso nella traiettoria della sua freccia, che si impunterΓ  laddove egli desiderava scagliarla. Questo, perΓ², a patto che egli abbia buona mira e, nondimeno, che la corda del suo arco sia ben tesa. Queste suggestioni guerresche dovettero apparire evocative ed efficaci al filosofo dell’oltreumano, Friedrich Nietzsche, poichΓ© ne trasse cifra velata di una parte consistente del suo pensiero filosofico.

La vastitΓ  e la complessitΓ  del pensiero nietzschiano, infatti, trovano una felice sintesi proprio nei simboli evocativi dell’arciere, dell’arco e della freccia; metafore che il filosofo utilizza spesso nei suoi principali scritti, tanto che nel Prologo dello Zarathustra, uno dei primi ammonimenti del MaestroΒ Γ¨: β€œGuai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non scaglierΓ  piΓΉ la freccia anelante al di lΓ  dell’uomo, e la corda del suo arco avrΓ  disimparato a vibrare” [1]. La voce attraverso cui Nietzsche canta la sua filosofia Γ¨ quella dello Zarathustra/UbermenschΒ in cui la denuncia del β€œDio morto” diviene azione con la proclamazione dell’Oltre-uomo.

PoichΓ© siΒ possa conquistare la natura oltreumana Γ¨ necessario che l’anelito interiore, la tensione della volontΓ , miri al di lΓ  dell’uomo stesso come simboleggia efficacemente l’arciere che tende il suo arco. Nietzsche parla di uno Zarathustra trasformato da dieci anni di solitudine, trascorsi in prossimitΓ  del Sole; eremita in montagna, nondimeno divenne come sole egli stesso ed avvertΓ¬ il desiderio di colpire coi suoi raggi gli uomini, di scendere verso di loro come il grande astro che tramonta infuocando l’orizzonte ansioso. La volontΓ  di Zarathustra anela al Sole, Zarathustra diviene Sole; in questo modo la volontΓ  umana Γ¨ rappresentata magistralmente dalla corda dell’arco come il mezzo essenziale al raggiungimento dello scopo: solo la corda ben tesa puΓ² scagliare con vigore e potenza la freccia, esattamente come solo la volontΓ  piΓΉ indomita e pervicace puΓ² indirizzare con successo le forze verso l’obiettivo. Per il filosofo tedesco, questa immagine Γ¨ fondamentale: la volontΓ  ha la stessa tensione della corda e la lo stesso desiderio bruciante della freccia che brama il suo bersaglio. Zarathustra, trasfigurato dalla sua esperienza ascetica, pronuncia parole pregne di volontΓ  attraverso la metafora:

β€œ[…] Oh, mia volontΓ ! In te si curva ogni necessitΓ , tu sei la mia necessitΓ ! Preservami da tutte le piccole vittorie! Tu provvidenza dell’anima mia, che io chiamo destino! Tu dentro-di-me! Sopra-di-me! Preservami e risparmiami per un grande destino!

E la tua ultima grandezza, volontΓ  mia, risparmiala per la tua ultima impresa, — perchΓ© tu sia inesorabile nella tua vittoria! Ah, chi non soggiacque alla sua vittoria! Ah, a chi non s’oscurΓ² l’occhio in questo ebbro crepuscolo! Ah, a chi non vacillΓ² il piede e non disimparΓ² a stare saldo — nella vittoria!

PerchΓ© io sia, un giorno, pronto e maturo nel grande meriggio: pronto e maturo come metallo incandescente, come nube gravida di folgori e una mammella gonfia di latte:
pronto per me stesso e per la mia volontΓ  piΓΉ occulta: un arco anelante al suo dardo, un dardo anelante alla sua stella:
una stella, pronta e matura nel suo meriggio, incandescente, trafitta, resa beata da distruttori dardi del sole:
un sole e una inesorabile volontΓ  solare, pronta a distruggere nella vittoria!
[…]” [2]

Friedrich Nietzsche (1844 – 1900)

Questo significa, dunque, che in Nietzsche il bersaglio (il superamento di sΓ©, l’obiettivo) colpito, non resta uguale a prima, ma proprio perchΓ© raggiunto dalla volontΓ  che lo aveva preso, letteralmente, di mira, si trasfigura in qualcosa di nuovo, poichΓ© egli era il desiderio ed ora, colpito, diviene egli stesso la volontΓ  di ciΓ² che lo colpisce, come la stella che diviene gioiosamente essa stessa β€œvolontΓ  di sole” quando viene trafitta dai raggi. La volontΓ  umana Γ¨ prima rappresentata dalla tensione dell’arco, ma immediatamente supera se stessa nel volo inebriato della freccia, che rapidissima sconquassa l’obiettivo e,Β raggiungendolo con invereconda forza lo feconda, rendendolo espressione della sua essenza.

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La simbologia dell’arco non si esaurisce, tuttavia, nella rappresentazione della volontΓ . L’arco Γ¨, infatti, un’arma che per sua natura permette di mantenere la distanza, e tale distanza viene colmata dalla freccia. La distanza Γ¨ caratteristica aristocratica e distintiva. Questa caratteristica conferisce una sorta di superioritΓ , quasi morale, all’arma e quindi a chi la possiede (“Dire la veritΓ  e saper adoperare l’arco e le frecce” [3]), poichΓ© non deve approssimarsi al suo nemico per guerreggiare, ma puΓ² distruggere anche da lontano, senza guardare troppo a lungo nell’abisso dal quale Nietzsche mette maliziosamente in guardia. La peculiaritΓ  dell’arco, arma da lancio, caratterizza fortemente anche l’arciere, lo rende differente dagli altri, piΓΉ nobile e distaccato, tanto da far proclamare da Zarathustra, nelle varie esortazioni a combattere, che β€œSolo chi ha la freccia e l’arco Γ¨ capace di assidersi silenzioso: tutti gli altri sono chiacchieroni litigiosi” [4]. L’arciere in questo senso Γ¨ davvero un guerriero — per vocazione spirituale — di contro a colui che fa il soldato.

La corda ben tesa, dunque, conduce ad esiti magnifici e grandiosi, e solamente i migliori, in grado di tendere il proprio arco, porterebbero perciΓ² ad affermarsi ed emergere; Γ¨ proprio per questo che, secondo il filosofo, vi sarebbero stati, inΒ almeno due occasioni, dei tentativi per β€œallentare” questa corda, in maniera tale da rendere gli uomini piΓΉ deboli e manovrabili. D’altronde, la tensione Γ¨ una condizione gravosa e difficile da tollerare, cosΓ¬ come la libertΓ  vera e propria, che richiede un grande sforzoΒ per essere mantenuta, perciΓ² questi tentativi ben orchestrati avrebbero portato i loro frutti ed infiacchito in maniera piuttosto diffusa la volontΓ  di potenza. Si legge infatti in Al di lΓ  del bene e del male: Preludio di una filosofia dell’avvenire:

β€œCerto, l’uomo europeo sente questa tensione come uno stato di emergenza (inteso, qui, come situazione gravosa e penosa, che Β«allertaΒ» i sensi): e sono giΓ  stati fatti due tentativi in grande stile per allentare l’arco, la prima volta col gesuitismo e la seconda con l’illuminismo democratico — come quello che con l’aiuto della libertΓ  di stampa e della lettura dei giornali, potrebbe effettivamente far sΓ¬ che lo spirito non sentisse piΓΉ cosΓ¬ facilmente se stesso come Β«emergenzaΒ» (come qualcosa che, appunto, Γ¨ in tensione per emergere)! (I Tedeschi hanno inventato la polvere da sparo — tutto il mio rispetto! — ma poi hanno subito pareggiato il conto inventando la stampa.) Noi perΓ², che non siamo nΓ© gesuiti nΓ© democratici e neanche abbastanza tedeschi, noi buoni Europei e spiriti liberi, liberissimi — noi ce l’abbiamo ancora tutta, l’emergenza dello spirito e tutta la tensione del suo arco! E fors’anche la freccia, il compito e, chissΓ ? La meta…” [5]

Il concetto viene ribadito, ancora una volta tramite l’immagine dell’arco, sottolineando l’apporto devastante del β€œGesuitismo” sullo spirito, specialmente su quegli spiriti d’eccezione ed aristocratici che per loro natura si elevano dalla β€œmassa”, poichΓ© β€œLe cose piΓΉ cattive e pericolose di cui un dotto Γ¨ capace, gli vengono dall’istinto di mediocritΓ  tipico della sua schiatta: da quel gesuitismo della mediocritΓ  che opera istintivamente all’annientamento dell’uomo d’eccezione e cerca di spezzare o – ancora meglio! — di allentare ogni arco teso.Β Allentarlo cioΓ¨ con riguardo,Β con la mano che risparmia, naturalmente — Β«allentareΒ» con pietΓ  confidenziale […]” [6]. La corda allentata sembra in un primo momento giovare allo spirito, come una cattivitΓ  che provveda alle esigenze primarie, tuttavia quella perduta tensione ideale e volitiva puΓ² essere, perΓ², riconquistata mediante la solitudine, il superamento di sΓ© stessi, l’abbandono dell’interesse per l’opinione comune, sicuramente carezzevole nelle sue promesse. Accostarsi alla filosofia del Nostro richiede una certa familiaritΓ  con le durezze dell’aria pura e forte, e con le vette piΓΉ alte: nel suo Ecce Homo Nietzsche stesso ricorda che:

β€œChi sa respirare l’aria dei miei scritti sa che Γ¨ un’aria delle cime, un’aria forte. Bisogna esser nati per respirare quell’aria, altrimenti si corre il rischio, non piccolo, di raffreddarsi, lassΓΉ. Il ghiaccio Γ¨ vicino, la solitudine immensa – ma che pace illumina le cose! come si respira liberamente! quanta parte di mondo sentiamo sotto di noi!” [7]

Quando un’anima ha abitato β€œaltri monti”, risulta insopportabile ai piΓΉ: β€œUn cattivo cacciatore divenni io! Guardate com’è duramente teso il mio arco! È stato il piΓΉ forte che l’ha teso a tal punto, ma ora guai! È pericoloso questo dardo, come nessun dardo — via di qua! Per la vostra salvezza…” [8]. E dunque, poichΓ© la conquista di una volontΓ  superiore porta orribile scandalo a chi non abbia la forza di tollerare la tensione feconda prodotta dalla volontΓ , Γ¨ necessario prendere coscienza della propria diversitΓ , di quel che si Γ¨ divenuti: arcieri, cacciatori terribili per molti che ci abbandonano:

β€œVi volgete indietro? — O cuore, sopportasti abbastanza, forte restΓ² la speranza; tieni le porte aperte a nuovi amici! I vecchi abbandonali! Abbandona il ricordo! Se un giorno fosti giovane, ora sei giovane meglio! […] O meriggio della vita! Seconda gioventΓΉ! O giardino d’estate! Inquieta felicitΓ  di stare e scrutare e aspettare! Gli amici attendo, giorno e notte pronto, dove siete amici? Venite! È tempo! È tempo!” [9]

La gloriosa giovinezza, Nietzsche, la colse spingendosi oltre l’uomo ed oltre sΓ©, scuotendo con implacabile foga la corda del suo arco, scagliando nell’arco della vita tante β€œsentenze e frecce” da oscurare il cielo. Eppure chissΓ  fino a che punto dovette egli tendere la sua volontΓ , quando addirittura i muscoli del suo corpo iniziarono, come nervi di un arco ad irrigidirsi duramente, a tendersi nella paralisi estrema che, il 25 agosto 1900 lo condusse infine a scoccare la sua ultima freccia ardente nel mistero della Morte.

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Una delle ultime foto di Nietzsche, 1900

Note:

[1] NIETZSCHE F., Così parlò Zarathustra, 10

[2] Ivi, 252

[3] Ivi, 64

[4] Ivi, 49

[5] NIETZSCHE F., Al di lΓ  del bene e del male, 35

[6] Ivi, 159

[7] F. NIETZSCHE, Ecce homo. Come si diventa ciΓ² che si Γ¨ in Opere di Friedrich Nietzsche, 1986Β volume VI, tomo III, 266-267

[8] NIETZSCHE F., Al di lΓ  del bene e del male, 272

[9] Ivi, 272-273

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