Il Cristianesimo originario, il giudeo-cristianesimo o esseno-cristianesimo, quella dottrina che il Cristo consegnΓ² al suo βfratello pneumaticoβ Giacomo, insegnamento che RenΓ© GuΓ©non vedeva impenetrabilmente avvolto nella riservatezza piΓΉ discreta, fu una gnosi? Si puΓ² rispondere affermativamente esaminando le rappresentazioni del grande tappeto musivo ispirate a temi del giudeo cristianesimo presenti nella cattedrale di Aquileia. La loro peculiare iconografia fornisce ben piΓΉ di un indizio a suffragio di questa tesi.
di Antonio Bonifacio
La sostanziale differenza βermeticaβ tra il cristianesimo ed altre tradizioni consiste nel fatto che mentre la liturgia ufficiale e la ritualitΓ sacramentale si sono progressivamente staccate dalle modalitΓ iniziatiche del proto cristianesimo, la comprensione della ritualitΓ occulta Γ¨ stata sempre riservata realmente a pochi iniziati e sono state trasmesse regolarmente proprio perchΓ© occultare nellβimmenso patrimonio misterico, visibile a tutti ma comprensibile a pochissimi.
Claudio Lanzi, Ermetismo e mistica, p. 9
AvvertenzaΒ
Nel corso del presente intervento si userΓ prevalentemente la locuzione giudeo-cristianesimo perchΓ© Γ¨ quella che correntemente negli studi identifica gli βebrei credenti in GesΓΉ Cristoβ. Questβultima dβaltronde sarebbe la formulazione piΓΉ corretta per identificareΒ tale βmovimentoβ dal momento che di cristianesimo si dovrebbe cominciare a parlare solo ben piΓΉ avanti nella storia. Tuttavia uno studioso del calibro di Simone Claude Minouni ha potuto parlare di βcomunitΓ nazoreana cristianaβ di Gerusalemme, alludendo evidentemente alla primigenia comunitΓ del Sion che, per questo ricercatore, sarebbe stata fondata dallo stesso Cristo antecedentemente alla sua Passione e Resurrezione. Le cristofanie sarebbero quindi giΓ momenti successivi lo stabilimento di una comunitΓ di adepti giΓ delineata e incardinata e quindi consegnata al fratello di GesΓΉ, ovvero Giacomo, prima della crocifissione che ne doveva perpetuare lβinsegnamento e le pratiche dopo la Resurrezione.
Premessa introduttivaΒ
Il termine gnosi Γ¨ quello che suscita le piΓΉ urticanti allergie tra i presunti custodi della tradizione cristica integrale (ovvero la grande Chiesa), nonchΓ© dei veri e propri attacchi di panico se si osa associare il termine βgnosiβ allβaggettivo βcristianaβ. Troppo lungo sarebbe entrare nello spinoso argomento in poche righe, sprecando frettolosamente la possibilitΓ di argomentare sufficientemente a contraris la bontΓ di questa definizione del primo cristianesimo gerosolimitano.Β
La gnosi cristiana Γ¨ espressione perfettamente ortodossa del cristianesimo pneumatico e, solo per citare un esempio, la sua appropriatezza e la sua superioritΓ gerarchica sulla fede Γ¨ riconosciuta proprio da uno dei Padri della chiesa antica e vale a dire San Clemente Alessandrino e, dopo di lui, da Origene, suo discepolo e successore nella cattedra al DidaskalΓ©ion, un gigante del pensiero cristiano, che perΓ² a seguito dellβassunzione di certe posizioni contrastanti con la dogmatica in via di formazione, ha subito una certa damnatio memoriae che renderebbe non utilizzabili le sue affermazioni sul tema gnosi in ambito ortodosso.
Si sottolinea, solo con un piccolissimo cenno, che secondo taluni la gnosi clementina origeniana non sarebbe comunque lβoriginale gnosi cristica, quanto piuttosto un suo amputato derivato, come paradossalmente sarebbe stato βimperfettamenteβ gnostico lo stesso Paolo che si definiva gnosei (2 Cor. XI, 6). Tuttavia non Γ¨ opportuno inoltrarci ulteriormente in un simile campo minato e quindi torniamo a Clemente,
In una delle sue opere, gli Stromata (VI 7m 61,1), il citato Clemente asserisce che la Gnosi Γ¨ una forma superiore di conoscenza (conoscenza per identitΓ β conoscente conosciuto e atto del conoscere β e quindi non dianoetica) e cosΓ¬ questi la definisce: βsapienza, scienza e comprensione di ciΓ² che Γ¨ stato e di ciΓ² che sarΓ , SOLIDA E SICURA in quanto RIVELATA E TRASMESSA DAL FIGLIO DI DIOβ (che per conseguenza ne rappresenta lβorigine prima [ndr], perciΓ² va conquistata con ascetico sforzo per appropriarsi di un abito eterno ed inalterabile di contemplazione (cit. da P Galiano; 2016, pp. 102-103).Β
Dichiarazione, questa, lapidaria, e incontrovertibile circa lβorigine dellβinsegnamento βriservatoβ in cui lβelemento della grazia sembra ridotto se non assente (βascetico sforzoβ, indirizza sullo sforzo volontaristico) Γ¨, del resto, posizione confermata dal card. Jean Danielou che, come ci ricorda Nuccio dβAnna, evidenziΓ² in un suo lavoro la conoscenza diretta e la pedissequa pratica, da parte di Clemente, delle piΓΉ arcane tradizioni misteriosofiche e delle forme meno note della Gnosi ortodossa, facendo riferimento, come elemento di sfondo, soprattutto a quella fucina di popoli e di idee che Γ¨ stata Alessandria dβEgitto (che Γ¨ in qualche modo speculare ad Aquileia di cui si dirΓ ) e ciΓ² con lβausilio di ampio apparato documentale, un apparato di tale abbondanza che ciΓ² dovrebbe piuttosto imbarazzare i negatori della gnosi cristiana (N. DβAnna: 2022, p. 78).Β
Allo stesso modo, facendo un passo in avanti nel tempo, non si puΓ² non ricordare accorge che tutta lβundicesima parte della Filocalia Γ¨ costellata di espressioni che, inequivocabilmente, rimandano alla santitΓ della gnosi. La bella antologia sul tema dal titolo I filosofi greci padri dellβesicasmo, curata da Lanfranco Rossi, un teologo che ha insegnato allβUniversitΓ lateranense e da cui sarebbe possibile estrarre un cospicuo florilegio di espressioni pro-gnosi di una qualche decina di pagine, Γ¨ la prova piΓΉ che evidente che gnosi e cristianesimo sono categorie tuttβaltro che antipodali e che la problematica della possibile convivenza della chiesa βpneumaticaβ con quella βpsichicaβ deriva esclusivamente dalla pretesa della seconda di sostituirsi alla prima. Tutto ciΓ² detto al massimo della sintesi perchΓ© non si possono tranciare cosΓ¬ nettamente le due legittime βchieseβ. Si aggiunge, per mera notizia, che la tesi prospettata da Lanfranco Rossi suggerisce lo sviluppo della Filocalia, di cui lβesicasmo Γ¨ lβespressione operativa piΓΉ evidente, come direttamente derivante dal preesistente mondo pagano, secondo una prospettiva di lettura βeckhartianaβ della saggezza dei sapienti pagani che giunsero oltre il limite paolino del viaggio celeste al terzo cielo. Semmai si potrebbe distinguere una gnosi cristiana regolare e uno gnosticismo eretico, traendo il concetto dal titolo di un validissimo studioso dellβargomento quale Γ¨ Paolo Galiano.Β
E proprio il viaggio celeste dellβanima disancorata dal legame somatico che formerΓ lβoggetto di questo intervento, un intervento che necessita perΓ² di qualche ulteriore puntello preliminare per essere meglio compreso nei suoiΒ contenuti.
La chiesa delle Origini Β
Il termine giudeo-cristianesimo indica le comunità dei primi cristiani, cioè gli Ebrei (e, nella sola ed unica accezione della Chiesa gerosolimitana, anche i gentili) che costituivano i nuclei originali del gruppo di seguaci del galileo, Yeshua di Nazareth (Gesù di Nazareth). Essi, in quanto giudei così come il loro maestro, rispettavano tutte le prescrizioni della Legge mosaica contenute nella Torah (circoncisione, tabù alimentari, Shabbat, preghiera e festività bibliche ecc.). Dagli altri movimenti giudaici venivano chiamati Notzrim (nazareni), in quanto seguaci di Yeshua il nazareno. Il termine viene utilizzato per indicare anche alcune sette che discendevano più o meno direttamente dalle comunità cristiane primitive: nazareni, ebioniti, elcasaiti e altri gruppi relativi a questi; essi sono citati nei frammenti dei vangeli apocrifi indicati come Vangeli giudeo-cristiani.
(da Wikipedia)
Uno dei piΓΉ perspicui studiosi del cristianesimo delle origini Γ¨ fuor di dubbio il citato Simone Claude Mimouni che ha dedicato molti anni di ricerca a Giacomo il Giusto, da qui il significativo titolo di uno dei suoi magistrali lavori; Jacques le Juste frere del Jesus de Nazareth. Histoire dela communautΓ© nazoreene/cretienne de Jerusalemme du IΒ° au IVΒ° sec. Il riporto del pedissequo sottotitolo si Γ¨ palesato particolarmente necessario dal momento che suggerisce la presenza di una speciale comunitΓ cristiana presente a Gerusalemme la cui presenzaΒ abbraccia un arco di tempo piuttosto vasto che va dalla morte di GesΓΉ per giungere fino al IV secolo. Ma quale era la posizione di questa comunitΓ nei confronti di quella che poi diventerΓ la Chiesa di Roma o, altrimenti, Chiesa dβoltremare o grande Chiesa? Mimouni lo suggerisce in questo passaggio che, nella circostanza, si Γ¨ lievemente parafrasato rispettandone evidentemente il contenuto essenziale che costituisce il vero nocciolo del tema di cui qui si tratta:
Giacomo il Giusto, fratello di GesΓΉ, fu, dopo la morte di questβultimo, il CAPO della comunitΓ nazoreana/cristiana di Gerusalemme. Ma le autoritΓ cristiane, quelle che emergono PROCLAMANDO se stesse come la Chiesa, la Grande Chiesa, sembrano aver minimizzato la sua importanza soprattutto a causa dei suoi scontri con Paolo, cercando di sostituirle la figura piΓΉ SECONDARIA di Pietro β eppure in questi tre casi, sono cristiani di origine giudea, ma che presentano orientamenti ideologici radicalmente diversi.

Accantoniamo ora il tema, dopo questa citazione riassuntiva del lavoro di Mimouni, facendone opportunamente tesoro, perchΓ© davvero in quattro righe lβautore ha praticamente giΓ βdetto tuttoβ, e facciamo cenno, utilizzando un altro passaggio, alla diaspora dei giudeo-cristiani di Gerusalemme che si allontanarono dalla cittΓ santa dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C., secondo linee ben definite di migrazione, accompagnate, nel caso egli Ebioniti che si rifugiarono, almeno secondo alcuni validi studiosi,Β a Pella, sul Giordano, preceduti da avvertimenti soprannaturali, che determinarono la scelta della loro destinazione.Β
Un gruppo di essi, denominati Nazareni, in dissenso con gli Ebioniti, e in possesso di un loro proprio vangelo, giuntoci perΓ² estremamente frammentato, si ricongiunse con la famiglia di GesΓΉ, a Nazareth in una sorta di ritorno alle origini. Questi desposynoi (i membri del βclanβ di GesΓΉ) da Nazareth erano partiti e lΓ¬ ritornarono nei luoghi dove si svolse la trentennale vita nascosta di GesΓΉ. Γ particolarmente interessante osservare come, proprio in questa localitΓ , sono state scoperte e infine comprese, nel loro valore cultuale e rituale, delle vestigia architettoniche che sono da supporto a un rito davvero complesso, ovvero il cosiddetto βtriplice battesimoβ, un rito riservato evidentemente agli adulti che Γ¨ supportato da una pregressa iniziazione.Β
Esso, essenzialmente, si articolava in svariati passaggi rituali secondo un certo ordine di svolgimento (battesimo di Fuoco di Acqua e di Spirito Santo), il che si traduceva in un viaggio cosmico dellβanima del catecumeno, un viaggio, quindi, compiuto per tappe e conducente dal Chenoma al Pleroma (termine βgnosticoβ indicante la totalitΓ divina, usato perΓ² anche da San Paolo nella sua lettera ai Colossesi). Esso non aveva molto a che fare con il rito attuale, superandone in toto per finalitΓ lβaspetto di βremissione dei peccatiβ e quindi di βbattesimo di penitenzaβ come meglio si dettaglierΓ in appresso.Β
Questo βviaggio β risulterΓ un pattern costante in altri iniziazioni giudeo-cristiane ed esso aveva la caratteristica di poter essere iniziaticamente compiuto sia da vivi che da morti, ciΓ² in perfetta equivalenza ai viaggi descritti dai vari βLibri dei Morti Egiziβ o, possiamo dire, in similitudine al viaggio trasmutativo dantesco . Questo Γ¨ quanto scrive il francescano Padre Testa, uno specialista del tema, a proposito del rito giudeo cristiano:
I riti dβiniziazione dei vivi e dei morti avevano lo scopo di facilitare il buon viaggio del mistico o del defunto dalla terra o dalla tomba alla presenza di Dio, attraverso le tre regioni cosmiche: la tomba, lβaria, e i sette cieli che si trovano nel Chenoma e nel Pleroma.
Ora, ci si puΓ² domandare: perchΓ© Nazareth Γ¨ cosi importante per questo cristianesimo originario? Lo Γ¨ solo per un legame affettivo con il Cristo e la sua famiglia che colΓ visse per altri tre secoli o per ulteriori motivi meno βsentimentaliβ? Certamente il legame di βsangueβ che univa la comunitΓ nazoreana ai nazareni gerosolimitani transfughi a Cristo e, quindi, al fratello di questo, ovvero Giacomo β descritto da un notevole esegeta del tema quale Γ¨ L.M.A. Viola quale fratello pneumatico del Cristo e primo riconosciuto vescovo di Gerusalemme β erano fondamentali nella scelta della destinazione dopo la diaspora gerosolimitana, vista lβimportanza enorme che rivestiva la βcomunitΓ β, come organismo compiuto, nel mondo ebraico.
Questo dato, tuttavia, Γ¨ βsuperatoβ da due ulteriori elementi che attengono allβinsegnamento che GesΓΉ parrebbe aver riservato a questo gruppo familiare esteso e che a Nazareth (e anche a Betlemme) ha trovato il suo naturale pieno dispiegamento, quasi cartina di tornasole di una possibile iniziazione originaria cristica e poi cristiana di carattere gnostico. Per dare un fondamento solido a questa asserzione si ricorrerΓ , al solito, a insospettabili fonti documentali.Β La prima di esse proviene da uno studio proposto dal francescano padre Jean Briand che scrive, nel prezioso volumetto La chiesa primitiva nei ricordi di Nazareth, queste parole:
Tuttavia nel secondo secolo Nazaret cominciΓ² a essere conosciuta dagli ambienti cristiani della Palestina precisamente a causa dei ricordi conservati gelosamente dalla famiglia di GesΓΉ. Sappiamo in effetti da Giuliano lβAfricano che Β«i parenti del SignoreΒ» vivevano ancora nel III secolo e conservavano le genealogie della famiglia.
ivi: 1993, p. 18
Successivamente il medesimo autore aggiunge:
I risultati li conosciamo bene: fu la scoperta dei luoghi tradizionali dellβIncarnazione e della Vita Nascosta del Salvatore (si riferisce ai trenta anni della Β«vita nascostaΒ» del Cristo in cui questi costruisce la sua funzione messianica n.d.r.), costituti da tutto un insieme di grotte, di sili, di cisterne, vasche e pavimenti in mosaico, graffiti, iscrizioni disegni e segni simbolici. Tutto questo ci parla della vita religiosa dei giudeo cristiani e ci offre prove di un valore inestimabile sullβautenticitΓ dei due piΓΉ grandi santuari di Nazaret.
NDR: i due santuari citati e descritti sono lβattuale Basilica dellβAnnunziata o Annunciazione e la Chiesa di San Giuseppe.

La contemplazione del mosaico della chiesa nazaretana dellβAnnunziata chiamatoΒ βmosaico della coronaβ o βmosaico del diagrammaβΒ era parte essenziale del rito battesimale originario ed esso Γ¨ quindi, per tutta una serie di evidenti motivi, ben piΓΉ antico di quello della chiesa bizantina successiva, pertinente la primigenia chiesa sinagogale giudeo cristiana.. Anche questo mosaico nelle sue due parti non Γ¨ coevo. La parte piΓΉ antica Γ¨ quella contiene un doppio quadrilatero la cui ornamentazione simboleggia la dimora celeste. Nella parte inferiore della figura geometrica Γ¨ iscritto un quadrilatero attraversato da diagonali. Probabilmente raffigura il paradiso terrestre con gli alberi della Scienza e della Vita che sono identificabili in due croci e i Cherubini con la spada sfolgorante sono simbolicamente rappresentati da sei segni disposti tuttβintorno come a guardia del luogo paradisiaco resosi pressochΓ© inaccessibile dopo la Caduta. Il paradiso terrestreΒ quadrangolare fa perΓ² da vestibolo al regno di Dio, che Γ¨ rappresentato dal contiguo mosaico ovvero quello mutilo. Nellβaltra rappresentazione musiva Γ¨ presente una croce circondata da tre cerchi concentrici, verosimilmente espressione pittografica della TrinitΓ , riuniti in corona con al centro la croce cosmica (da Jean Briand, p. 43). Γ quindi ben netta la distinzione che separaΒ due tappe dellβitinerario: la prima βcontemplazione/meditazioneβ si riferisce al re-ingresso al difeso Paradiso terrestre, la seconda al regno di Dio vero e proprio. Β

Questo Γ¨ uno degli esempi di ciΓ² di cui parla in Briand nel suo scritto, ovvero la rappresentazione non figurativa ma fortemente simbolica di un apparato segnico comprensibile ai soli catecumeni.Β Γ da notare la presenza anche in questo mosaico dei due alberi del Paradiso raffigurati per il tramite di due crocette. Per i dettagli interpretativi intorno alle figure generate dalle intersecazioni delle linee geometriche, la cui comprensione Γ¨ assai ardua, siΒ rimanda direttamente a padre Testa (2004, p. 146) e a P. Galiano (2016, p. 234).Β Riportiamo il passaggio conclusivo di Galiano a commento di questa immagine βepopticaβ:
Al neofita che compiva il percorso iniziatico per entrare nella gnosi il Cristo si rivelava in tutta la sua potenza quale Stella Polare e Drago Celeste.
Appena in precedenza si Γ¨ evidenziato il passaggio βvita nascosta del Salvatoreβ perchΓ© qui, con ogni verosimiglianza, il religioso allude a episodi extracanonici della vita di Cristo in cui perΓ² Γ¨ da ritenersi che questi impartisse insegnamenti che trovavano articolazione operativa in quel sistema sotterraneo di ambienti, atti allβespletamento di riti iniziatici, come si vedrΓ appena piΓΉ in appresso. Questi βinsegnamentiβ parrebbero praticamente del tutto assenti nel vangeli canonici e, purtuttavia, se ne intuisce in trasparenza la presenza mercΓ© i suggerimenti offerti in qualche enigmatico passaggio come ad esempio la pericope di Nicodemo del Vangelo di Giovanni, dove si parla dei βnati due volteβ, o lβepisodio della βnuditΓ β del Cristo sul monte Tabor durante la trasfigurazione e altro ancora.
Per non dare lβimpressione di arrampicarci suggestivamente sugli specchi su unΒ cosΓ¬ fondamentale argomento, si fornisce una robusta testimonianza sul tema proveniente dalloΒ storico Eusebio di Cesarea (265-340 ca.), autore della Storia ecclesiastica, una delle piΓΉ autorevoli fonti del cristianesimo antico. Γ questo autore che ci illumina ampiamente su tale tematica e lβimportanza di questo passaggio dellβantico storico Γ¨ tale che Γ¨ stata ripreso dal giΓ citato padre Emmanuele Testa, autore di una monografia di dimensioni davvero cospicue dedicata allβargomento e di importanza concorrente al suo βspessoreβ, che cosΓ¬ scrive:
Γ dunque a questi Nazareni che appartenevano le grotte di Nazareth, di cui parla Eusebio lodando Costantino per aver glorificato con i suoi monumenti β cioΓ¨ le chiese da lui erette nel IV secolo d. c. β le grotte in cui il Β«Cristo salvatore di tuttiΒ», come attesta la verace storia, fece lβiniziazione dei suoi discepoli ai misteri arcani.
(NDR: Altro che proclamazione sui tetti!)
Laude Cost. IX in Pl 20,137, Vita Const. III 43 in Pl 20 1102
Poi ancora scrive:
Tali riti di iniziazione a altri simili, non solo erano praticati da correnti eterodosseΒ o da fedeli fanatici, ma erano un elemento comune a tutta la corrente giudeo cristiana, accettato anche dal clero ortodosso. Eusebio infatti loda Costantino per aver nei suoi monumenti glorificato le mistiche spelonche venerate da secoliβ¦
Aggiunge ancora padre Testa: βAnche se tale affermazione non abbia tale vantata base storica, pure ci testimonia lβopinione dei fedeli palestinesi al tempo del suo autore...β (E. Testa: 2014, p. 116). CiΓ² si salda inoltre con quanto il medesimo padre Testa scrive (p. 84): βA Nazareth siamo senzβaltro dinanzi a un ciclo dβiniziazione, raffigurato secondo i criteri praticati dagli ebrei cristiani, prima del trionfo dei Bizantini in Palestinaβ.
Quali ulteriori elementi occorrono per convincere che il Cristo stesso a Nazaret, in luoghi oggi riconoscibili in quanto finalmente archeologicamente decifrati β seppur relativamente da pochi anni, ovvero dalle scoperte di Bellarmino Begatti delle istoriate vasche battesimali β compiva questi riti dβiniziazione che poi furono proseguiti dai suoi successori in linea con lβinsegnamento del Rabbi? Γ una conclusione da far tremare i polsi, eppure emerge con chiarezza adamantina dal combinato disposto delle fonti esegetiche citate che, Γ¨ il caso di dirlo e di accentuarlo, hanno piena approvazione ecclesiastica.
A questo punto Γ¨ opportuno introdurre un altro contributo e far perciΓ² intervenire un altro autore, non certo sospettabile dβeresia, qual Γ¨ Silvano Panunzio, proponendo un suo lungo passaggio, tratto dal suo libro Il Vangelo eterno, centrato sullβinsegnamento del Cristo in tema di βpeccatoβ. Panunzio offre unβinformazione generale di come dovrebbe essere compreso esattamente il termine βpeccatoβ, cui il battesimo avrebbe rimediato e di conseguenza quale potrebbe essere stato lβinsegnamento pneumatico del Cristo in proposito, ricordando qui il passaggio genesiaco in cui il corpo di luce dei nostri due progenitori fu ricoperto di pelli di βanimali mortiβ che velarono lo sguardo giΓ compromesso della disobbedienza primordiale e fecero precipitare la creazione a livello materiale, quasi come conseguenza βquantisticaβ dellβincontro tra osservatore e osservato (sul tema estesamente si puΓ² vedere il nostro scritto: Il terzo occhio, organo dellβImmaginazione creatrice). Leggiamolo:Β
Peccata [β¦] Γ¨ un plurale stranamente adoperato nellβuso liturgico: ma amartia Γ¨ singolare. Proprio Girolamo puΓ² spingerci a tradurre e interpretare in differente modo [β¦]. Il mio Gamaliele (Eugenio Zolli) ricordava che i testi evangelici sono stati pensati e concepiti in ebraico-aramaico, prima di essere dalla medesima penna volti e vergati in grecoβ¦ In concreto, il passo relativo al Battista potrei tradurlo cosΓ¬: ecco Colui che ci solleva (verbo airo) dallβerrore cosmico (Amarthiaβ¦ significa errore di giudizio e non peccatoβ¦. non partecipare alla veritΓ e al bene). Ma esaminiamo lo stesso Latino. Peccato viene da peccusΒ che significa βpiede difettosoβ β¦.perΓ² il difetto non consiste nello zoppicareβ¦ bensΓ¬ nello sbagliare strada nella foresta. Ora qual Γ¨ il vocabolo ebraico che con abuso alla medesima potenza viene tradotto nei linguaggi neolatini con il solo e solito βPeccatoβ come se non esistessero sinonimi piΓΉ espressivi e rispondenti, giungendosi a dare unβesistenza allβinesistenza? β¦ Il vocabolo Γ¨ attΓ voce maschile indicante i peccatori: attaΓ¬m. Ma il verbo attΓ , che ne sta allβorigine, non significa peccare, bensΓ¬ βfallireβ, βerrareβ. Eugenio Zolli spiegava: questo vocabolo dΓ lβidea di una mancanza, di un venir meno. PerΓ² non si tratta di un vuoto morale-psicologico, [bensΓ¬] molto di piΓΉβ¦ Il vero senso di attaim, Γ¨ β¦βmancantiβ. Qui ci si puΓ² ricordareΒ che il Creatore (libro di Giobbe) trova macchie persino nelle Stelle, e cioΓ¨ negli angeli. Γ chiaro che questi Spiriti sono macchiati, cioΓ¨ mancanti, non per un peccato morale-psicologico, ma per deficienza di essere.
Silvano Panunzio: 2007, pp. 52-54
Questa la premessa fondamentale perchΓ© da questo inquadramento tematico si puΓ² far scaturire, quasi con naturalezza, la successiva considerazione che ci permettiamo di definire βrivoluzionariaβ e atta a una comprensione diversa della dottrina cristiana nel suo aspetto piΓΉ profondo:
Il Signore GesΓΉ Cristoβ¦ ci ha liberato dallβERRORE cosmico (amarthia tu Kosmu), ha sollevato per noi quello che gli indΓΉ chiamano βvelo di Mayaβ, LβILLUSIONE CHE CI SEPARA dallβUnitΓ tra di noi, e di noi con il Principio Divino degli esseri. Ecco IL VERO E UNICO βPECCATOβ, ECCO LA MANCANZA PIUβ AMPIA, PIΓ DIFFUSA, PIΓ PERSISTENTE E PIΓ GRAVE. Γ la mancanza della VeritΓ β¦Β continuare A ROTOLARSI NELLβIGNORANZA DEI MIRAGGI. Risiede qui il significato profondo del gesto della Veronica CHE ASCIUGA GLI OCCHI INSANGUINATI, OTTENEBRATI DAL PESO TERRESTRE, affinchΓ© il velo sia tolto e UNA NUOVA SUPERIORE VISTA SIA MIRACOLOSAMENTE RAGGIUNTA.
Silvano Panunzio: 2007, p. 65
Quanto asserisce Panunzio puΓ² essere associato a similari contenuti presenti diffusamente nel testo di Seyyed Hossein Nasr intitolato Conoscenza sacra. Proprio da tale suo lavoro traiamo un altro fondamentale passaggio, non dimenticando di sottolineare che lo scritto di questo autore Γ¨ stato di testo allβUniversitΓ cattolica del Sacro Cuore in Indiana:
Anche se la cristallizzazione del Cristianesimo occidentale nelle varie formulazioni dottrinali e teologiche tendeva a porre in risalto la caduta dellβuomo e la sua inclinazione al peccato, e a delineare un tipo di cristologia che metteva a fuoco non il ruolo di Cristo come fonte di conoscenza e di illuminazione, ma come quello di redentore dei peccati dellβuomo, lβimportanza della conoscenza come mezzo per raggiungere il sacro non venne del tutto dimenticata.Β Β
S. H. Nasr: 2021, p. 42
A questo punto ben si associano le parole di un altro notevolissimo ricercatore. Il giΓ citatoΒ L.M.A. Viola che, ulteriormente, contribuisce a rafforzare il ruolo di βliberatoreβ assunto dal Cristo che, insegnandoci a sradicare lβerrore cosmico, proprio della creaturalitΓ , e quindi a pervenire alla liberazione/divinizzazione, riassumendo cosΓ¬ finalmente la veste di luce, offuscata dallβimmersione materica, proprio per il tramite dellβinsegnamento iniziatico da Lui impartito.Β Per questoΒ la gnosi cristiana puΓ² essere confrontata con altre linee tradizionali, dove il percorso di realizzazione Γ¨ senzβaltro diversamente declinato, ma la meta da conseguire β βil non dualeβ β appare essere identica:
La via puramente gnostica costituita da Pitagora Apollo non differisce essenzialmente dalla via puramente pneumatica istituita da GesΓΉ Cristo nΓ© da quella istituita da Budda Sakyamuni, espressioni, in contesti e forme religiose diverse, del medesimo principio dellβIntelletto Eterno di Dio, del Dio considerato nella sua assoluta infinitΓ metafisica, perciΓ² incondizionato e sovrapersonale.
L.M.A. Viola: 2017, p. 111
Ci arrestiamo qui, anche se molto e molto altro ci sarebbe da dire, sperando dβaver tracciato, in queste poche righe, le linee essenziali del possibile primigenio insegnamento cristico di cui il depositario primo fu il fratello pneumatico del GesΓΉ, Giacomo. Dβaltronde siccome sΓ¬ Γ¨ insistito sul tema dellβinsegnamento, richiamiamo, nellβoccasione, la lettera evangelica di Giacomo, dove non si parla del sacrificio sulla croce, come unico mezzo per conseguire la salvezza, ma della necessitΓ che βla parola sia innestataβ nella mente/corpo/cuore dellβadepto. A ciΓ², alla potenza della parola, del verbo, si dedicheranno alcune brevi considerazioni che scaturiscono proprio da quello che Γ¨ considerato il piΓΉ lungo periodo di insegnamento post-resurrezionale del Cristo (undici anni), ovvero il testo gnostico conosciuto con il titolo Pistis Sophia e alla sua sorprendente βtraduzioneβ in pietra, ovvero il mosaico della Basilica di santa Maria Assunta ad Aquileia.


Il mosaico dellβabside della Chiesa di Santa Pudenziana a Roma Γ¨ una meravigliosa illustrazione dellaΒ Gerusalemme cristiana, dove lβimmagine della cittΓ eterna e intelligibile si innesta sullβaspetto temporale e spaziale della cittΓ , attraverso la simboleggia dai suoi principali santuari. La grande croce dβoro incastonata di pietre preziose, in piedi elevata sulla roccia del Golgota, fa da centro della composizione come vero e proprio βaxis mundiβ della montagna sacra e vuole richiamare la scoperta della reliquia del Legno della Croce dal 326 al 327, e lβapparizione luminosa del 351. A Santa Pudenziana si assiste quasi a una manipolazione βpoliticaβ degli eventi che condussero allβestinzione della chiesa gerosolimitana,Β ovvero alla riconciliazione della vecchia chiesa di origine giudaica (con i capelli bianchi), nellβatto di incoronare lβapostolo dei gentili (Paolo), con la giovane chiesa dei gentili (con i capelli neri), nellβatto di incoronare la prima guida della chiesa di Gerusalemme (Pietro). Le due figure femminili con le corone in mano personificano dunque la Ecclesia ex circumcisione e la Ecclesia ex gentibus, secondo il commento di Gerolamo ad Ezechiele, mentre sullo sfondo si vede la cittΓ di Gerusalemme con lβAnastasis ed il complesso costantiniano da una parte e dallβaltra parte la Santa Sion (la collina sud-occidentale di Gerusalemme) con annesso il portico ottagonale fatto costruire da Cirillo poi purtroppo demolito sebbene la sua struttura fosse indicatrice dellβinfluenza operativa del viaggio dellβanima (merkavΓ ) della tradizione estatica giudaica. Β
Ricordiamo che la Maddalena non solo Γ¨ figura straordinariamente importante nel testo della Pistis ma, parimenti, la sua presenza Γ¨ ben rimarcata nei Vangeli canonici dove, in Giovanni, compare come colei che per prima vede e riconosce il GesΓΉ risorto, meritando per questo lβattributo di APOSTOLO DEGLI APOSTOLI, titolo indelebilmente inciso nella cripta della magnifica Basilica di Vezelay a lei dedicata βper significare la rilevanza di questa donna che mostrΓ² un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amataβ (papa Francesco). Questo pertanto stabilisce un ordine di primazialitΓ che, quindi, Γ¨ sancito dagli stessi canonici. In una dimensione piΓΉ βesotericaβ (diciamo cosΓ¬, pur nel sostanziale abuso del termine) la Maddalena rappresentΓ² una delle tre linee di insegnamento pneumatico extragerosolimitano che annovera con lei tra gli iniziatori lβaltro Giacomo, ovvero il Maggiore (il fratello di Giovanni) evangelizzatore in Spagna e di cui si ricorda il celebre itinerario βstellareβ che conduce a Santiago de Compostela e Giuseppe dβArimatea che diffuse un ulteriore linea di cristianesimo βesotericoβ nelle albioniche terre, un personaggio che concorse a formare lβhumus da cui su svilupperΓ la celeberrima ierostoria del Graal. Β
Qualche riflessione comparativa sul mosaico βgnosticoβ di AquileiaΒ
La potenza che Γ¨ scaturita dal Salvatore e che Γ¨ adesso lβuomo di luce allβinterno di noiβ¦ Mio Signore! Non soltanto lβuomo di luce in me ha orecchie, ma la mia anima ha inteso e compreso tutte le parole che tu hai pronunciatoβ¦ Lβuomo di Luce in me mi ha guidata; egli si Γ¨ rallegrato e palpita in me come se desiderasse uscire da me e passare in te.
Pistis Sophia: Nuovo Testamento dellβuomo di luce
Dopo la necessaria introduzione al tema, avendo sempre ben in mente che il giudeo cristianesimo Γ¨ espressione della Chiesa madre di Gerusalemme e quindi di Giacomo, suo primo riconosciuto vescovo, cui sono seguiti a breve distanza di tempo uno dallβaltro, altri quattordici vescovi circoncisi, in questa sezione affrontiamo la disamina una preziosissima testimonianzaΒ archeologica inerente la possibile ortoprassi di questo cristianesimo delle origini, che morΓ¬ (anzi si occultΓ²) per insabbiamento dottrinale e non certo di morte naturale, stretto, come cosΓ¬ Γ¨ stato, tra le pinze potenti del nascente cristianesimo universalista e lβopposizione ferrea del giudaismo ortodosso. Questo βprimo cristianesimoβ, come detto, fu istituito prima delle terribili ore che portarono alla Passione e alla morte di Cristo, secondo la dotta opinione di Simone Claude Mimouni, le cui chiare convinzioni sul tema si Γ¨ giΓ avuto modo di citare nelle prime pagine di questo intervento.
Ci si appoggia ancora una volta a una fonte confessionale per presentare le argomentazioni. Stavolta Γ¨ padre Bargil Pixner a parlare. Egli Γ¨ il piΓΉ convinto sostenitore della tesiΒ alla che la radice del cristianesimo giacobita sia essena, perchΓ© il Cenacolo al Sion, dove il Cristo aveva la sua stanza, era nel quartiere esseno di Gerusalemme, e per questo scrive, congiuntamente a una sua collega, lβarcheologa Elizabeth McNamer, queste parole:
Nel passaggio dal IV a V secoli pochi nazorei rimasti sul Monte Sion furono gradualmente integrati nella chiesa imperiale ortodossa. Γ da rimpiangere che il ramo ebraico del cristianesimo sia scomparso. Schiacciati tra lβincudine del giudaismo rabbinico e il martello della cristianitΓ bizantina, i nazorei non ebbero mai la possibilitΓ di sopravvivere benchΓ©, secondo il pellegrino di Piacenza ci fossero giudeo cristiani a Nazareth quando egli la visitΓ² nel 570.
E.McNarner, B. Pixner: 2011, p. 141
Anche Henry Corbin Γ¨ perfettamente consapevole dello βstrangolamentoβ subito dalla chiesa di Gerusalemme e, per vie proprie, arriva alle medesime conclusioni dei due autori precedentemente citati confermando che per la riuscita dellβoperazione vi fu una vera e propria βsostituzione etnicaβ, conseguente allβinnesto di vescovi estranei al milieu giudeo-cristiano alla santa Sion di Gerusalemme e cosΓ¬ ne scrive:
Ma intanto un altro cristianesimo comincia a conquistare il mondo, un cristianesimo ben lontano dalla dottrina e dalla gnosi professate dalla prima comunità apostolica di Gerusalemme fondata da coloro che furono i compagni del Cristo; così lontano che questa dottrina fu descritta e considerata dai Padri della Chiesa come una «abominevole eresia».
H. Corbin:1983, p. 230
Ma proprio a proposito di questa βabominevole eresiaβ e delle sue espressioni simboliche, proprie del linguaggio della sua prassi operativa, che si fonda su cinque pilastri che qui ci si limita ad elencare: nomina sacra, sigilli, lingua mistica, numeri sacri, mysterium absiconditum, che padre Emmanuele Testa scrive queste significative parole:Β
La teologia cristiana dal primo al quarto secolo, amΓ² manifestare la propria fede, piΓΉ che con formule teologiche e metafisiche (come farΓ invece la greco-latina) con un sistema simbolico di segni, quasi proiezione della fede creduta. Tale sistema suscitΓ² nel cuore dei fedeli una tendenza pronunziata a una gnosi piΓΉ profonda, a un amore sentito del mistero.
Ora queste peculiaritΓ operative che conducono a una rivelazione ultima che unifica CONOSCENTE, CONOSCIUTO E ATTO DI CONOSCERE, hanno trovato espressione compiuta ad esempio negli impianti battesimali di Nazareth dove opere musive, a carattere fortemente astratto e, ci si permette ragionevolmente di dire, βmandalicoβ, accompagnavano i catecumeni nel loro percorso di conoscenza fino, βdantescamenteβ, condurli a INDIARSI in vita.Β
Allo stesso modo, per fare un accostamento significativo, il prodigioso mosaico palestinese del piccolo misconosciuto romitorio di Beth ha Shitta, risulta essere un compendio angelologico di eccezionale importanza che riassume, in un unico manufatto e quindi in un unico itinerario, tutte le stazioni del viaggio cosmico che compie lβestatico nelle regioni ultraterrene che sono descritti nei testi in circolazione allβepoca (Ascensione di Isaia, ad esempio). Principalmente tale mosaico, distinto in settanta caselle di cui quarantanove relative ai cieli planetari e 21 allβogdoade, costituisce la traduzione musiva della straordinaria esplorazione celeste descritta nel libro di Enoc, il patriarca mai morto e trasfigurato presente nel canone della chiesa Etiope e menzionato nella lettera di Giuda, come fonte autorevole. Γ solo un breve cenno, consentito dalla circostanza, perchΓ© del mosaico palestinese si avrΓ occasione di parlare altrove.

Avendo alle spalle questi consolidati contributi operativi (Le grotte di Nazaret e lβallena accennato mosaico di Bet ha-Shitta) costituiti da itinerari che βmostranoβ ai soli adepti, provvisti delle chiavi ermeneutiche necessarie alla comprensione, il tracciato dellβanima a Dio, compiuto attraverso un percorso βgnosticoβ, si rivolge ora lβattenzione a unβopera di assoluta singolaritΓ che si evidenzia nel fatto che essa Γ¨ ubicata allβinterno di una Basilica ed Γ¨ lΓ¬, perchΓ© lΓ¬ Γ¨ nata ed Γ¨ in funzione di questo edificio che il maestoso lavoro Γ¨ stato accuratamente βprogettatoβ.Β Si tratta della Basilica di Santa Maria Assunta ad Aquileia di cui il mosaico pavimentale presente Γ¨, ad essa, praticamente coevo.Β
In considerazione della sua estensione, una superficie di ben 760 mΒ², e della sua vetustΓ , il manufattoΒ consegue un doppio primato. Esso Γ¨ infatti il piΓΉ antico mosaico occidentale cristiano e, soprattutto, Γ¨, dimensionalmente, il piΓΉ grande, da qui la sua notevolissima importanza. Unβopera di tale imponenza β e conseguente costo β non Γ¨ certo immaginabile che sia stata progettata per una localitΓ defilata e secondaria e, infatti, Aquileia, allβepocaΒ era al suo massimo splendore, essendo un porto tra i piΓΉ importanti nellβintero Mediterraneo, una sorta di Alessandria adriatica, cittΓ con cui vanta numerose similitudini Γ¨ centro di massima importanza culturale, ovvero religiosa.Β
Le raffigurazioni principali del pavimento sono ripartite in quattro campate, partendo dallβentrata; qui non ci addentreremo certamente nel loro esame complessivo rimandando, ovviamente, alle varie fonti che ne danno una descrizione completa.Β Per quanto riguarda questa speciale sezione βgnosticaβ, invece fa da guida uno dei testi sul tema proposto dal ricercatore Renato Iacumin, studioso purtroppo prematuramente scomparso, dal titolo Le porte della salvezza. Gnosticismo alessandrino e grande Chiesa nei mosaici delle prime comunitΓ cristiane. Si tratta di unβopera densissima, ben illustrata, che raccoglie il frutto di tanti anni di studio appassionato del competente autore.Β
Egli, osservando prolungatamente questβopera per decenni fin quasi ad imbibirsene, giunse a una scoperta davvero notevole, una scoperta premiata dallβapprezzamento di Luigi Morandi, noto specialista di gnosi e gnosticismo, di cui tra poco si andrΓ a parlare. Un merito particolarmente notevole non solo in sΓ©, ma anche perchΓ© il manufatto, pur conservandosi complessivamente in buono stato, ha sopportato alcuni pesanti interventi alteranti praticati nel corso dei secoli di cui si andrΓ adesso a fare un cenno, come si dice βa volo dβuccelloβ che ne hanno compromesso fortemente la leggibilitΓ (e difatti nessuno prima dello Iacumin sembra che sia stato in grado di leggerlo). Β

La βcensuraβ ha βgiustamenteβ colpito una delle immagini piΓΉ esplicite del percorso gnostico descritto ad Aquileia trasformando il drago celeste in un insignificante capretto. Il drago nella circostanza fungerebbe da guardiano della soglia precludendo ai non qualificati lβingresso al Pleroma.Β Si ricorda che, secondo una certa linea interpretativa il limite del cristianesimo devozionale Γ¨ costituito dallβOgdoade, posta oltre il Settenario, mentre lo gnostico ascende oltre essa fino al Pleroma:
Gli Ilici, troppo soggetti alle passioni, non avrebbero possibilitΓ di salvarsi, perchΓ© legati e sottomessi alla sfera sublunare degli elementi, Gli psichici avrebbero accesso a una Β«gnosi inferioreΒ», e realizzerebbero il compimento del loro stato attraverso la fede e le opere ma non possono andare oltre la scala dei cieli, lβogdoade, la quale costituisce la soglia del Pleroma divinoβ¦ Ai pneumatici, invece, il possesso della gnosi ontologica offre la facoltΓ di reintegrarsi giΓ in questa vita con il Pleroma divino.
cfr. ampiamente sul tema L.M.A. Viola: 2018, p. 162 e ancora Renato Iacumin: p. 210
Le modificazioni subite sono dovute a molteplici fattori. Ristrutturazioni secolari della Basilica determinate da mutate esigenze ecclesiastiche nonchΓ© mutamenti liturgici, in conseguenza dei quali si operarono improvvidi stravolgimenti architettonici compromettendo la sistemazione pavimentale (come Γ¨ avvenuto per i labirinti di alcune cattedrali francesi) hanno congiuntamente concorso a modificare il preesistente. Tuttavia le piΓΉ gravi menomazioni al coerente tessuto narrativo pavimentale sono conseguenza delle volontarie deformazioni di alcune rappresentazioni, modificazioni volte allo scopo di occultarne la simbologia divenuta evidentemente imbarazzante, almeno da una certa epoca in poi ossia una volta ostilmente mutato il vento della teologia. Si Γ¨ trattato di un processo di annichilimento del ruolo simbolico delle immagini operato attraverso una vera e propria falsificazione, compiuta per mezzo di una parziale βriscritturaβ degli stessi mosaici. CiΓ² Γ¨ stato eseguito sostituendo parzialmente le tessere musive e ciΓ² accadde nel momento in cui le immagini furono giudicate oramai troppo compromettenti per non ricorrere a un loro indispensabile e parodistico βaggiustamentoβ.
Era difatti necessario rettificarle lβimpianto per uniformarlo al credo post niceano della Chiesa che, difatti, solo per fare un esempio βfamiliareβ, visto che se ne Γ¨ parlato in precedenza, ha dottrinalmente e quindi liturgicamente cancellato, quel triplice battesimo nazaretano, di cui prima si Γ¨ accennato, che costituiva un articolato rito dβiniziazione, sostituendolo con un rito di ben diverso spessore, come ben mostra lβimpiego della formula conciliare: professo un solo battesimo per la remissione dei peccati.Β
Si Γ¨ giΓ visto in precedenza come, secondo lβinterpretazione panunziana, vada possibilmente collocato il concetto di βpeccatoβ secondo lβottica gesuana che questo autore crede sia corretto indicare come originaria. Il peccato, ribadiamo, Γ¨ prioritariamente un difetto di βpercezioneβ (ricordiamo la maya estremo-orientale e il mito platonico della caverna come esempi accostabili a quanto si va esponendo), difetto o errore da cui tutto discende a cascata (una posizione quasi giansenista e, comunque, βenochianaβ), in sintesi il peccato Γ¨ un effetto conseguente allβignoranza (metafisica) rimuovendo questa il peccato, quale epifenomeno dellβerrata percezione della realtΓ , svanisce.Β
Questa βrestrizioneβ rituale richiama, oltre le parole di H. Corbin precedentemente menzionate, anche la decisa presa di posizione di Rudolph Steiner di fronte alle dogmatizzazioni dottrinali che sono scaturite dal predetto Concilio, nonchΓ© da quello successivo di Costantinopoli. Per Steiner tali determinazioni sposarono una linea dottrinale a carattere fortemente catabasico e questo ricercatore, che aveva fatto della disciplina spirituale pressochΓ© una scienza esatta, attribuΓ¬ a quei turbinosi eventi di allora la non lieve responsabilitΓ della decadenza spirituale dellβOccidente.Β
Attraverso le determinazioni allora assunte sulla metempsicosi (reincarnazione, secondo Steiner?), che, comunque, era ed Γ¨ presente nella dottrina ebraica e, soprattutto, in conseguenza dellβannullamento della tripartizione soma-psiche-nous, o altrimenti, corpo anima e animo, Γ¨ stata cassata, nella sua precisa autonomia, la distinzione spirito e anima che si sono quasi fuse in unβunica entitΓ , in cui il terzo elemento dellβantica triade Γ¨ solo un aspetto della seconda. Da ciΓ² evidentemente discende che, dopo questa ablazione, si sarebbe reso impraticabile ogni possibile percorso gnostico che fonda, necessariamente, la propria operativitΓ su tale tripartizione antropica, e sulla conseguente prigionia dellβelemento pneumatico che tende alla liberazione e aspira βnostalgicamenteβ a ritornare al Pleroma da cui sente di provenire, come magnificamente Γ¨ espresso nel celebre e bellissimo testo gnostico conosciuto con il titolo Canto della perla.

Come si accennava giΓ in precedenza nel corso di un convegno, tenutosi a Aquileia in anni relativamente recenti, il citato Luigi Moraldi, traduttore della Pistis Sophia, ebbe modo di incontrare il predetto Renato Iacumin che da parecchi anni, fin da bambino praticamente β dal momento che accompagnava il genitore che faceva da guida allβinterno dellβedificio ecclesiale β conduceva ricerche sulla Basilica e, nello specifico, sul suo immenso tappeto musivo, cercando le chiavi esegetiche per interpretare correttamente il senso dellβiconografia presente al suolo, avendo sentore che le riproduzione musive potessero concordare con un qualche itinerario riscontrabile nei testi.Β
La vastissima rappresentazione oggetto delle sue attenzioni suggeriva senzβaltro la possibilitΓ che lβaula nord della Basilica, descrivesse verosimilmente una psicanodia gnostica (viaggio dellβanima) ma di essa non si riusciva a individuare una fonte testuale dβappoggio che rendesse possibile tale confronto. Nel suo sforzo di comprensione il ricercatore si era provato ad accostare queste rappresentazioni con le descrizioni presenti in disparate fonti letterarie (per esempio i cieli dei misteri di Mitra) ma ognuna di queste fonti colloca diversamente la gerarchia dei mondi planetari, per conseguenza nellβarticolato catalogo che Iacumin aveva a disposizione, nessuna delle uranografie consultate sembrava calzare, senza forzature, alla circostanza e questo non permetteva di riconnettere ad alcunchΓ© di noto lβordine astronomico descritto nella rappresentazione a terra.
Iacumin, alla fine ebbe una felice intuizione, accompagnandola da indispensabili accurate verifiche e gli sembrΓ² che lβunico itinerario compatibile fosse quello descritto nella Pistis Sophia. Per questo ne approfondΓ¬ la conoscenza confrontando i suoi passaggi con le immagini del mosaico e con lβordine nel quale i quadri musivi erano stati apposti al suolo, che si supponeva che lβadepto dovesse percorrere, non solo mentalmente, ma fisicamente, ribadiamo: qui si Γ¨ di fronte a una ortoprassi misterica e non a vane βdecorazioniβ. Questo itinerario pavimentale, attraversando diversi ambienti, trovava riverbero e corrispondenza nella precisa mappa interiore attuando operativamente e compiutamente la relazione microcosmo-macrocosmo. Questo procedere iniziatico puΓ² somigliare a quello proprio dei grandi pellegrinaggi universali in cui, mischiati alla onesta devozione dei partecipanti, dei contemplativi di grado elevato ripercorrevano le tracce dβuna dimensione spirituale dimenticata ma non perduta. Scrive in questo passaggio Nuccio dβAnna, proprio in riferimento allβambiente spirituale del pellegrinaggio medioevale:
Questi enigmatici peregrini seguivano un percorso geografico ben preciso che aveva il corrispettivo in alcune adattazioni liturgiche dei simboli aritmosofici, nella posizione degli astri e persino nei movimenti ciclici di alcuni corpi celesti.
Nuccio dβAnna: 2022, p. 23

Uno dei tanti indizi del carattere celeste del percorso Γ¨ dato da questa immagine, relativa al tema delle porte celesti. La porta solstiziale del Cancro Γ¨ raffigurata dallβastice. La torpedine il cui veleno Γ¨ paralizzante sottolinea ulteriormente il carattere solstiziale della rappresentazione.Β Il solstizio Γ¨ il momento in cui la porta del cielo Γ¨ aperta, lβattimo atemporale βcairologicoβ in cuiΒ cielo e terra comunicano come βin illo temporeβ. Come ben si vede, e come meglio si vedrΓ appresso con maggior dettaglio, ci si muove secondo coordinate interpretative ubiquitarie in tema di porte celesti facenti riferimento allo pattern.

Il grande percorso iniziatico alchemico-astrosophico (secondo il neologismo impiegatoΒ da Willi Sucher) che relazione microcosmo e macrocosmo cosΓ¬ comβΓ¨ descritto nelle celebri tavole dellβopera Theosophia Practica di J. GeorgeΒ Gicthel,Β in cui si mostra il passaggio dallβuomo βtenebrosoβ allβuomo βluminosoβ ovvero dal Chenoma al Pleroma come processo che avviene allβinterno di se stessi utilizzando le proprie βminiere interioriβ. Comunque, al di lΓ di questa digressione, al termine del suo studio per Iacumin giunse il desiderato risultato e, con esso, la sorpresa, sorpresaΒ che il ricercatore nel suo libro espone con queste parole:
La sequenza dei cinque piani sovrapposti Γ¨, infatti, la sequenza dei cinque cieli planetari nellβordine esatto con cui ci vengono presentati in un antico codice gnostico intitolato Pistis Sophia. Questa perfetta corrispondenza Γ¨ un elemento fondamentale per la Β«letturaΒ» dei mosaici. Il fatto che la sequenza dei cieli planetari presente sul mosaico di questβaula sia proprio quella del testo citato ci consente di entrare in un universo sconosciuto.
R. Iacumin: 2006, p. 33
Tale scoperta assume un doppio significato in quanto Γ¨ estremamente rilevante che un itinerario celeste, gnosticamente caratterizzato, che presupponeva la disincarnazione dellβanima in vita, fosse solidalmente incardinato allβinterno di una Basilica cattolica e, in secondo luogo,Β che proprio in questo luogo ci si ispirasse a un testo, praticamente un unicum, in cui si descriveΒ come lβinsegnamento riservato, cui il predetto itinerario musivo era conseguenza, fosse stato consegnato, in maniera inaudita, dal Cristo a una βdonnaβ che Γ¨ stata direttamente e preferenzialmente accompagnata dal Cristo alla comprensione della nascita interiore dellβUomo di luce, e che, come detto in precedenza, βmostrΓ² un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amataβ.Β
Tra lβaltro annotiamo β a moβ dβinciso, magari un inciso di spessore meramente suggestivo ma certamente efficace a stabilire una possibile catena di trasmissione βnascostaβ β il seguente interessante collegamento. Era convinzione della corrente gnostica dei Naasseni il fatto che Giacomo avesse istruito alla Gnosi la stessa Maria di Magdala; il fratello di GesΓΉ assume il ruolo di βfigura interpostaβ, essendo egli il consegnatario diretto della gnosi cristica integrale. CiΓ² quindi non diminuisce affatto il significato dellβapostolato primaziale della Maddalena, cosΓ¬ come prospettato dalla Pistis. Per conseguenza questa relazione stabilisce un filo di possibile continuitΓ (vero o immaginario che sia) tra gli insegnamenti di Giacomo e il mosaico di Aquileia per la mediazione di Maria di Magdala.
Le immagini, quindi, traducevano pressochΓ© calligraficamente i contenuti del testo e mostravano, congiuntamente, lβimbarazzanteβ presenza di una cultualitΓ , affine al giudeo-cristianesimo, perchΓ© in questa categoria Γ¨ rubricato oggettivamente il mosaico, la cui impostazione Γ¨ perΓ², verosimilmente βereticaβ, in quanto accentuatamente gnostica. Una forma di gnosi che, si potrebbe definire teorico-pratica, una ortoprassi appuntoΒ mantenutasi, apertis verbis, per lungo tempo in questa cittΓ dellβalto Adriatico, che costituiva, per la diversitΓ dei saperi in essa ospitati, una sorta di corrispettivo speculare della cosmopolita Alessandria nel Mediterraneo.
Guglielmo Cocco, uno specialista del tema, nel suo articolo Eco giudaiche e giudeo cristiane nella teologia liturgia e architettura della Chiesa di AQUILEIA, evidenzia parimenti come questo edificio religioso costituisca davvero un unicum nella storia della Chiesa in Occidente, in quanto, se le chiese orientali, in particolare quelle asiane e siriache, conservavano tracce di un influsso giudeo-cristiano e in Occidente la stessa Chiesa di Roma dei primi secoli puΓ² rientrare in questo alveo, solo ad Aquileia lβinflusso giudeocristiano, secondo gli ultimi studi multidisciplinari richiamati dal Cocco, ha potuto incidere cosΓ¬ intensamente nella religiositΓ della regione. La profonditΓ di questa penetrazione si dispiega parimenti nel tempo e nello spazio, essa quindi sui rivelaΒ sia nella visione teologica, che si ricava dalle opere dei Padri (Rufino, Cromazio, ma anche Vittorino di Petovio ed Erma), sia nella peculiare liturgia descritta dagli stessi, e, infine, come risultato, nellβiconografia dei mosaici delle aule paleocristiane e nella loro architettura, che, con tale teologia e prassi liturgica, si sposano in modo completo e sofisticato.Β
Non per nulla, come anticipato, la βgrande Chiesaβ intervenne solo successivamente sullβopera, con una manipolazione tanto pesante quanto maldestra mutando quelle composizioni che, da un certo momento in poi, risultarono sgradite, sostituendo goffamente con altre tessere quelle precedenti, al fine di nascondere questo recentissimo βpassatoβ divenuto progressivamente βereticoβ. Come si diceva la sofferta conclusione dello Iacumin Γ¨ stata pienamente avallata dal traduttore della Pistis, Luigi Moraldi, che addirittura adottΓ² nella copertina della suo testo dedicato a questo scritto gnostico, unβimmagine del mosaico aquileiense sancendo così appieno la validitΓ dellβinterpretazione dello studioso locale.Β

Per conseguenza Γ¨ fuor di dubbio che questo documento aquileiense sia della massima importanza sotto diversi profili e, per quanto riguarda questo scritto, lo Γ¨ dal momento che Β mostra lβelevata diffusione del giudeo-cristianesimo nellβImpero e, per conseguenza,Β lβimpiego che si faceva di βriti paralleliβ allβinterno della Basilica dove, per noi eteroclitamente, venivano letti testi di varia estrazione. Su ciΓ² insiste ripetutamente lo Iacumin, come a dire che se non ci si impadronisce del milieu dβallora tutto resterΓ oscuro e congetturale. Queste le sue parole: βResta il fatto che per poter Β«leggereΒ» questo mosaico occorre conoscere i testi che i cristiani di allora leggevano in queste auleβ.Β Tra di essi ricordiamo il provato impiego liturgico di almeno due opere non canoniche comunque definite ecclesiastiche, ossia il Vangelo di Pietro e il Pastore di Erma.
Proprio del Pastore di Erma Iacumin evidenzia specificatamente il carattere angelofanico con cui Γ¨ presentata la figura del Salvatore, ribadendo, quindi, una ben possibile connessione originaria con il giudeo cristianesimo ebionita, anchβesso comunque di derivazione fortemente giacobita, che leggeva, in questa modalitΓ , la figura cristica e alla luce di questa lettura interpretava e viveva la sua conseguente soteriologia. Parimenti significativa, risulta la compresenza nello stesso contesto liturgico del predetto Pastore, testo comunque βortodossoβ ed βecclesiasticoβ, associato alla Pistis Sophia (testo indubitabilmente gnostico). Una compresenza βsenza conflitto dβinteressiβ, comβera del resto allβorigine quando Ebioniti e Nazareni si βtolleravanoβ reciprocamente, come ben mostra questo brano:
Gli Ebioniti e i Nazorei dissentivano circa lβidea della natura del Cristo, ma vivevano fianco a fianco. Cβera spazio per la flessibilitΓ delle opinioni nella chiesa primitiva e questa situazione fu definita per la prima volta.
Elisabeth Mc Narmer e Bargil Pixner, GesΓΉ e il cristianesimo, p. 10
Sembra di poter affermare che, fino a un certo punto, questa reciproca βtolleranzaβ vigesse parimenti in questa localitΓ dellβalto Adriatico. Il predetto mosaico sembra quindi poter validamente suggerire lβesistenza di un ulteriore importante indizio in relazione alla possibilitΓ dellβesistenza di un ipotetico ponte tra lβessenismo e la forma di gnosi descritta nella Pistis Sophia.Β Che lβessenismo possa essere considerata una forma gnosi lo hanno sostenuto e lo sostengono vivacemente molti ricercatori di ambito ortodosso, vedendo in esso addirittura unβeresia giudaica tout court. Aquileia, di par suo, ci rivela la consistenza di indizi dβordine archeologico che sommariamente mostrano la presenza di una certa intimitΓ dβordine operativo tra due sistemi, apparentemente non contigui, ricordando perΓ² che il Pastore di Erma Γ¨ stato accreditato come possibile prodotto dβun esseno convertitosi al cristianesimo della Chiesa Madre.Β
Non vorremmo infittire questa relazione di troppi spunti, che corrono il rischio di rimanereΒ soffocati nella brevitΓ dβuna esposizione evidentemente preliminare e, quindi, giocoforza sommaria, intorno a temi di colossale importanza meritevoli di ben altra estensione espositiva, tuttavia non ci sottraiamo a questa tentazione, rischiando magari di tediareΒ chi legge, ricordando che il filone gesuano-esseno si Γ¨ rinvigorito recentemente di nuovi interessantissimi contributi. Padre Mario Canciani ha condensando i risultati delle sue ricerche in un suo scritto, specificamente dedicato al tema del pasto eucaristico al Cenacolo del Sion, che reca il significativo titolo Lβultima cena degli Esseni. Questi scrive:
In seguito a ciΓ², si ebbe sul Sion, lβelezione del primo vescovo cristiano di origine non ebrea (la sostituzione βetnicaβ di cui si Γ¨ parlato in precedenza ndr). CominciΓ² allora a sbilanciarsi lβequilibrio tra la Chiesa dei Giudeo Cristiani circoncisi e i Cristiani di origine greca, che si accentuerΓ poi con la venuta dei Bizantini. Γ piΓΉ facile allora pensare come sia finita, come un ramo secco, la Chiesa Giudeo Cristiana che rappresentΓ² sino al quarto secolo una spina nel fianco della Chiesa che aveva invece progetti universalistici.
M. Canciani: 1995, p. 47
Questa spina doveva essere ben fastidiosa se un terziario domenicano come Paolo Virio, noto esponente di quel filone che si puΓ² etichettare come βesoterismo cristianoβ e che, tra lβaltro, Γ¨ stato indefesso sostenitore dellβessenicitΓ del Cristo, ha potuto scrivere:
Γ noto che questi occulti iniziati cristiani furono costretti per secoli e secoli a dissimulare le loro conoscenze esoteriche ed a negare lβappartenenza iniziatica, se interrogati in proposito, non solo per non turbare le masse ignoranti e fanatiche dei popoli occidentali, ma anche e soprattutto per sfuggire alle repressioni ecclesiastico-secolari del papato, divenuto, fin dalla decadenza di Roma, del tutto esteriorizzato e implacabile nellβescludere e combattere dottrine della religione cristiana diverse dalla propria, geloso della sua organizzazione centralizzata e DISPOTICA.
Paolo M. Virio: 2018, p. 138
La tesi di Padre Canciani, che sostanzialmente riprende quella pregressa di Padre Pixner con cui questo autore Γ¨ stato in sodale amicizia e che Γ¨ stato pressochΓ© lo scopritore del quartiere esseno a Gerusalemme, di cui la Santa Sion Γ¨ parte, Γ¨ che lβultima Cena Pasquale del Cristo sia stata una cena essena (quindi vegetariana). Questo fa sΓ¬ che unβaltra impeccabile studiosa del tema, ovvero Vittoria Laura Guidetti, abbia inclinato a definire questo primigenio giudeo cristianesimo con un nuova indicazione, ossia esseno-cristianesimo, sulla scorta dei suoi studi ultradecennali su Giacomo (il fratello di GesΓΉ), lβuomo che, verosimilmente, Γ¨ stato ritratto nel Vangeli come il βportatore di broccaβ (un segno evidente di βessenicitΓ β) che, interrogato dal Cristo gli indicava la stanza assegnatagli al Cenacolo per i riti di Pasqua come sua stanza.Β
In conseguenza di ciò possiamo comprendere perché il mosaico riveli una così sorprendente e cospicua presenza di documentazione di espressioni giudeo-cristiane (o esseno cristiana) documentate dalla presenza di elementi tipici della sinagoga, quali la cospicua insistenza della rappresentazione del nodo di Salomone, unito ad altri suggerimenti architettonici di simile derivazione, che sembrano pienamente validare tale supposizione.
In realtΓ il nodo di Salomone, come il cosiddetto βfiore della vitaβ, Γ¨ un simbolo da considerarsi universale e affatto precipuo dellβebraismo in quanto esso Γ¨ diffusamente presente anche in altri contesti. In ogni caso in questo luogo e, precisamente nelle aule teodoriane della Basilica di Aquileia, la sua presenza Γ¨ ben massiccia e, di certo, non βesteticamenteβ casuale in quanto ci si trova in presenza della bellezza di oltre 260 nodi istoriati, alcuni di grandi dimensione, spesso posti in corrispondenza delle figure di maggior rilievo. Il nodo di Salomone Γ¨ solitamente formato da anelli β schiacciati, ogivali o dβaltra forma β incatenati fra loro, in maniera simmetrica, cosΓ¬ da richiamare sia la croce che il cerchio. Il segno allude quindi allβintreccio come legame, ma, congiuntamente, anche allβinfinito. Γ noto, anzi, per meglio dire, proverbiale, che Salomone, figlio di Davide, sia considerato il piΓΉ saggio dei re di Israele, colui che aveva ricevuto da Dio la capacitΓ di distinguere il bene dal male, ma egli Γ¨, sopratutto e ante omnia, considerato lβedificatore del Tempio, dellβunico Tempio, che permetterebbe lβunione tra il divino e lβumano sulla terra.
Questi simboli βpalestinesiβ si sono vivificati qui in Aquileia in quanto sono stati inseriti, non certo decorativamente, allβinterno diΒ un percorso iniziatico indiscutibilmente trasmutativo, che procede per tappe in progressione (di ottava in ottava, direbbe Corbin) ed Γ¨ quindi legittimo immaginare che, quanto meno, in questo ambito cosmopolita sia avvenuta la sincrasia di diversi orientamenti speculativi e pratici.Β
Ora, indicate le possibili ascendenze βfilosoficheβ dellβopera, sarΓ il caso di esaminare, certo solo sinteticamente, il carattere itinerante decritto dalla struttura mostrando solo qualche passaggio essenziale del lungo iter animico che non Γ¨ assolutamente possibile descrittivamente comprimere oltre il consentibile.
Il complesso itinerario Γ¨ necessariamente scandito in diverse sezioni che si distinguono nettamente tra loro, lβultima, quella che segue lβOgdoade, Γ¨ denominata, appunto, Pleroma e, del suo carattere di dimora ultraterrena elettivamente riservata agli pneumatici, si Γ¨ giΓ detto in precedenza. A proposito di ciΓ² non ci esimiamo dal notare che lβidentificazione dellβOgdoade, con la KyriakΓ©, rimanda al segno presente nellβAriete zodiacale rappresentato ad Aquileia, cosΓ¬ come Γ¨ descritto dallo Iacumin, in unβannotazione della massima importanza: βSopra la figura dellβAriete probabilmente cβera lβiscrizione CYRIACOL oppure CYRIACΓ²N [β¦]. Stava a indicare il punto in cui gli gnostici sarebbero stati glorificati, unici loro rispetto alla restante umanitΓ ilica o psichicaβ (R. Iacumin: 2006, p. 87). La cosa evidentemente Γ¨ propria della gnosi ma suscita meraviglia in queste circostanze dal momento che troviamo questa pressochΓ© esplicita dichiarazione allβinterno di una Basilica cattolica.Β
Lβaula, nella sua parte piΓΉ antica (IIIΒ° e IVΒ° campata), aveva per pavimento la descrizione delle tre parti del cosmo gnostico: il Kerasmos (i cieli planetari), lo Stereoma, le costellazioni, il Pleroma (la pienezza di Dio).Β Questo dispiegamento descrittivo stabiliva un percorso attraverso le diverse βzoneβ sapientemente interrotte tra loro da βveliβ. Essi segnano dei veri e propri punti critici, ovvero βtrappole arconticheβ nelle quali lβanima poteva essere catturata, come nelle βdoganeβ descritte nella Teolonia della Chiesa Ortodossa e che identicamente riguardano al percorso iniziatico e/o postmortale dellβanima, solo che, diversamente dalla Teolonia, come del resto nel viaggio descritto nel libro di Enoc, parrebbe che nella circostanza non sia previsto lβintervento di angeli soccorrevoli che si possano battere con e per il viator e, quindi, per la salvezza della sua anima.
Lβanima, nella circostanza, doveva provvedere da sola alla sua incolumitΓ , magari perchΓ© si era giΓ provvista alla partenza di un congruo apparato di βstrumentiβ idoneo a farle superare i perigli dellβincerto percorso. Qui, come nellβascesa ai palazzi celesti descritti nella letteratura hekhalothica della mistica ebraica, lβaspetto volontaristico assumeva una decisiva pregnanza e il superamento della varie stazioni determinava il successo dellβimpresa e quindi lβincontro del solo con il Solo. Diversamente, nel giudeo cristianesimo βortodossoβ, lβanima era accompagnata da Michele β waw, oppure, in Occidente, da Pietro clavigero fino alla soglia del βMisteroβ.Β
La riuscita del drammatico passaggio, che comportava un vero e proprio βrovesciamento percettivoβ, in quanto, in modalitΓ entasica secondo il neologismo eliadiano, il βcontenenteβ diventava il βcontenutoβ, era, conseguentemente, determinata dalla sola βconoscenzaβ che il praticante aveva ottenuto per mezzo degli insegnamenti operativi ricevuti, congiuntamente ad altri ausili βmagiciβ in suo possesso, ritenuti indispensabili per compiere vittoriosamente il suo βviaggioβ, una caratteristica questa piΓΉ volte rimarcata in relazione al giudeo-cristianesimo dβimpronta essena, come, infatti, esseno, ormai quasi senza alcun dubbio, sembra essere stato Giacomo, secondo gli studi giΓ citati di Bargil Pixner e Vittoria Luisa GuidettiΒ e di molti altri.
Per la specificitΓ rivestita vorremmo solo sottolineare che tra questi ausili magici, che naturalmente avrebbero bisogno di una esplicazione di ben piΓΉ vasta portata, cβera ordinariamente la necessitΓ di tatuare il corpo con varie incisioni, ovvero lettere ebraiche, sigilli, croci e quantβaltro. Queste operazioni possono accostarsi a ciΓ² che Silvano Panunzio descrive, ricollegandosi probabilmente a Marco lo Gnostico o al Profeta dellβIslam, con la locuzione βincarnazione grammaticaβ. Queste βsegnatureβ infatti non rappresentano atti di stoicismo o di ascesi fine a se stessa, piuttosto esse sono destinate a produrre efficaci effetti trasmutativi sullβanima in virtΓΉ, lo si ripete ancora, della efficacia operativa prodotta sullβanima stessa e, come detto, tali accorgimenti (diffusissimi nel cristianesimo celtico) appaiono come armi essenziali per sostenere i combattimenti sul piano sottile della manifestazione. Β
Iacumin individua il deposito di queste istruzioni (ad esempio quelle che servivano a utilizzare il favore dellβopposizione planetaria tra Giove e Venere, uno dei punti cruciali del percorso), atte a scampare alle ghigliottine planetarie, mettendo in pratica le formule e i rituali meticolosamente riportati in due altri testi gnostici, ossia Jeu 1 e in Jeu 2 (Gnosi del dio invisibile),facenti parte del codice Bruce (Codex Brucianus) ed i testi sono simili a quelli contenuti nel Codex Askevianus (quello della Pistis Sophia), il che induce ormai a concludere, senza alcun ulteriore tentennamento, che ad Aquileia fosse in uso un vero e proprio canone gnostico finalizzato anchβesso inequivocabilmente al viaggio mistico (o cosmico che dir si voglia).Β

Due figure emblematiche del mosaico di Aquileia. Lβariete rappresenta il Prepadre (es. gnosi valentiniana), lβorigine di tutto. La sua connotazione zodiacale, principiando lo zodiaco con lβarmento, Γ¨ sottolineata dalla apposizione sul muso dellβanimale del segno dellβAriete zodiacale, il segno dellβinizio. Nellβaltra figura si rappresenta la lotta tra lβelemento luminoso, il gallo, con lβopposto principio tenebroso (la tartaruga = il tartaro). La contesa si svolge sotto il dominio del Pleroma rappresentato da una boccetta di balsamo profumato. Non Γ¨ superfluo rimarcare che lβemanazione profumata Γ¨ una caratteristica del Cristo risorto in similitudine a ciΓ² che accade agli uomini santi il cui piacevole olezzo penetra anche lo spessore della tomba. Contrariamente a questo mondo dallβafrore puteolente, il Pleroma Γ¨ quindi olezzante di inebriante profumo. In riferimento a questa importantissima immagine si aggiunge una puntuale considerazione dello Iacumin relativa allβarcaicitΓ Β della tartaruga come simbolo del Tartaro:
Ricordiamo anche che nel Vangelo la alektorofonΓ¬a, o canto del gallo (gallicinium) Γ¨ riferito al primo albore del mattino (e quindi allude al risveglio iniziatico n.d.r.). Ancor piΓΉ antichi sono Esiodo e Omero, i quali nella Teogonia e nellβIliade ci dicono dellβabisso delle Β«tenebreΒ» e del Β«regno dei mortiΒ». Nella Apocalisse di Pietro lβangelo custode dei morti Γ¨ chiamato Β«TatirΓ¬kosΒ». NellβApocalisse di Paolo si chiama Β«TartaroΓΉkosΒ» lβangelo che presiede ai tormenti negli inferi. Nei Libri Sibillini si dice che Β«nelle tenebre della notte stanno le tremende fiere del TartaroΒ» e Β«gli spiriti sotterranei degli angeli abitatori del TartaroΒ»; nel Trattato dei due spiriti il demonio Γ¨ detto Β«il neroΒ» e si oppone allβangelo della luce.
Le formeΒ geometriche che inquadrano e ripartiscono le figure tra loro (cerchi, quadrati, ottagoni) non sono rappresentazioni casualiΒ o meramente decorative ma corrispondono a precisi significati. Il mosaico, dβaltronde, esprime parimenti il carattere escatologico-millenaristico dei suoi utilizzatori anchβesso di diretta derivazione giudeo cristiana. Infatti nella IV campata dellβaula nord si ha la raffigurazione di cinque alberi che rappresentano i cinquemila anni giΓ trascorsi e che preparano allβattesa della fine del tempo, che si avvertiva allβepoca come relativamente imminente.Β
I cristiano-gnostici vivevano nella consapevolezza di vivere nel sesto millennio ovvero lβultimo secondo la loro Rivelazione. Dopo di esso, nel settimo, GesΓΉ Cristo avrebbe regnato con i suoi santi fino allβavvento del Padre e quindi si sarebbe assistito al ripristino di tutto il creato originario (ottavo millennio). Questa circolaritΓ era vissuta come un grande ritorno di tutto al momento stesso in cui era venuto in essere e quindi a una realtΓ pienamente rinnovellata, in similitudine a GesΓΉ che era risorto allβottavo giorno (dopo il sabato ebraico, settimo giorno), adottando perciΓ² una prospettiva millenarista che Γ¨ caratteristica del giudeo cristianesimo palestinese, ma anche del giudaismo stesso, e che sembra pienamente coincidere con la condannata Apokatastasis origeniana.
Giunti questo punto non riteniamo di doverci spingere in ulteriori argomentazioni su questo tema, dato il carattere descrittivo dellβintervento, ma sicuramente il testo dello Iacumin, sinotticamente accostato a quello del Morandi dedicato alla Pistis Sophia, puΓ² essere considerato fonte pressochΓ© inesauribile di suggerimenti interpretativi, grazie alla esuberante messe di comparazioni che si puΓ² ricavare confrontando gli scritti dei due ricercatori. Un ulteriore e assai proficuo accostamento andrebbe operatoΒ con lo sterminato materiale che padre Emanuele Testa ha messo a disposizione sullβiniziazione nel giudeo cristianesimo palestinese e al tema, in esso, pressochΓ© ubiquitario, del viaggio cosmico topico della sua iniziazione.Β
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