Alessandro Magno, l’India e gli Yogin

Un po’ di anni fa ci fu chi credette di ravvisare tra i modelli minori dell’Eneide il Mahābhārata, grandioso poema indiano d’incerta datazione che Virgilio avrebbe conosciuto forse attraverso una traduzione greca.Β Il Mahābhārata narra, come tema centrale, la contesa e la rivalitΓ  tra i cinque fratelli PāṇḍavaΒ e i loro cugini, i Kaurava, i cento figli del re cieco DhαΉ›tarāṣṭra. Il capo dei Kaurava Γ¨ il perfido Duryodhana, sempre sostenuto nelle sue imprese dal fratello DuαΈ₯śāsana. Il loro antagonismo Γ¨ incentrato sulla successione al trono che per diritto spetterebbe ai Pāṇḍava. NelΒ quinto libro del Mahābhārata Γ¨ narrato il ritorno dei Pāṇḍava nella loro terra dopo l’esilio imposto dai Kaurava che avevano precedentemente usurpato il trono. Secondo alcuni studiosi l’episodio avrebbe ispirato l’arrivo dei Troiani nel Lazio (Aen. VII) per volere del fato, e fors’anche l’epopea fantascientifica di Dune. Anche l’intervento di Aletto, che attraverso un sogno istiga Turno alla battaglia (Aen. VII, 421-434), sarebbe da ricollegare all’episodio di Duryodhana che, mal ispirato, vuole la guerra contro i Pāṇḍava, che invece erano disposti a una soluzione pacifica. Questi e altri materiali analizzati da Cristiano Dognini in Aevum, 71 (1997, pp. 71-77), rimandano alla straordinaria impresa di Alessandro Magno in Oriente.Β 


Sull’argomento oggi Γ¨ tornata una giovane studiosa della Sapienza di Roma, Chiara Di Serio con il libro Alessandro e i Brahmani. La costruzione di un’alteritΓ  ideale dalla Grecia antica al Medioevo (Chi Siamo / Storia delle Religioni, 51; Bulzoni Editore, Roma 2024). Quando, nel cosiddetto Romanzo di Alessandro(2,37),Β un’elaborazioneΒ delΒ tutto fantastica in greco cheΒ risale alΒ III secolo d.C., giuntaciΒ nelΒ latino di Giulio Valerio, Leone Arciprete,Β eΒ due ulterioriΒ versioni latine indipendenti e assaiΒ piΓΉ complete, il re macedone dopo aver conquistato quello che era l’impero di Dario III, decide di spingersi ad esplorare le regioni piΓΉ remote ad Est di quel regno, le guide lo sconsigliano, senza perΓ² ricevere ascolto ai loro prudenti suggerimenti; tanto che, dopo le prime sconcertanti scoperte di luoghi strabilianti, al re, che vuole spingersi ancora in avanti, rispondono sconsolati di non aver piΓΉ nozione di dove lo stanno conducendo, esortandolo a tornare sui suoi passi. CiΓ² che hanno visto, e che vedranno Alessandro e il suo esercito, Γ¨ presentato come un misto di fantastico e di tremendo; in ogni caso, tutto l’opposto dell’ambiente in cui sono abituati a vivere e, per assurdo, ben differente da qualsiasi realtΓ  ostile, seppur nota. Un mondo avverso in ogni senso. Oltrepassare il limite, guardare, esplorare, acquisire nuovi spazi: dopo, la realtΓ  non sarΓ  piΓΉ la stessa; cosΓ¬ come per coloro che tale confine extra-umano hanno varcato. Le guide al seguito di Alessandro lo esortano a non spingersi piΓΉ oltre – ci racconta il celebre Romanzo β€’, ma per il tracotante dinasta non Γ¨ piΓΉ una questione di conquista; giunto al fiume Indo, che aveva segnato il limite per l’avanzata della mitica regina Semiramis, resta l’esigenza di vedere e di scoprire, e in Alessandro emerge prepotentemente l’identitΓ  dell’esploratore. È, del resto, questo un elemento che ritorna piΓΉ volte nelle narrazioni che riguardano le imprese del macedone, nelle quali egli non appare mai unicamente come un conquistatore. Il bel libro di Chiara Di Serio intende guidarci in questo tragitto, fra immaginato e vissuto, alla ricerca d’uno spazio antropico costruito sulla meraviglia.

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L’«alteritΓ  idealeΒ» β€’ come la chiama la nostra autrice β€’, cioΓ¨ la rappresentazione del paesaggio che fa da sfondo alle vicende belliche della campagna in Oriente e la caratterizzazione di luoghi e popolazioni come componenti essenziali, tanto dei successi sul campo di battaglia, quanto della configurazione di uno spazio umano, risultano funzionali a una ridefinizione dell’Oriente sul piano culturale, quasi un ridisegnare la mappa di questa porzione di mondo, una volta che Alessandro, percorrendola, l’ha acquisita; e un riassetto di questa realtΓ  nel momento in cui ha dovuto fare sua la presenza del macedone e delle sue schiere. Non contento d’inviare i suoi legati a scandagliare nuove vie, Alessandro si fa egli stesso audace, superbo e ansioso cercatore di luoghi nuovi, oltre il limite del conosciuto. Avanza sempre piΓΉ verso Oriente, come in un itinerario epico, incontro a una realtΓ  che puΓ² configurarsi a un tempo come mirabile e mostruosa. Ma a questo punto, non c’è per lui altro che il ritorno, un regresso verso la morte e poi la cerimonia funebre, trasportato dai suoi compagni verso l’Egitto; ancora uno spazio Β«altroΒ», lo spazio del dio Amon-RΓ’, che sancirΓ  cosΓ¬ definitivamente il suo passaggio nella dimensione dell’extra-umano.

L’aspirazione alla conquista Γ¨ spesso sovrapposta all’ansia dell’esplorazione, cioΓ¨ la ricerca di quegli spazi idillici che il mito aveva raccontato quale meta o rifugio per un nugolo d’eletti, oppure come luogo separato di perfezione. Da allora, dai resoconti degli incontri di Alessandro con i gimnosofisti, i saggi nudi indiani, verisimilmente yogin,Β e della loro lezione esemplare di saggezza e distacco, l’India con i suoi asceti e santi, ma anche con le sue favolose ricchezze, sarΓ  sempre presente nell’immaginario occidentale come la terra incantata della spiritualitΓ . Per esempio Plotino (204 ca.-270) cercherΓ  di giungere in India aggregandosi alla sfortunata spedizione militare dell’imperatore Gordiano, e Dante nel Paradiso coglierΓ  lo spunto da una figura esemplare d’indiano virtuoso per porre il problema capitale della giustizia divina e della salvezza per chi non ha conosciuto il Cristo. I gimnosofisti corrisponderebbero a una specie particolare di yogin, identificabile nella cerchia ascetica dei Digambara, la forma piΓΉ intransigente del Giainismo, Brahmani eterodossi sulla soglia della liberazione dal ciclo delle rinascite. La parola greca Γ¨ un composto di gymnos, Β«nudoΒ» e sophistΔ“s, Β«sapienteΒ»,Β corrispondente del sanscrito Digambara, Β«vestiti d’ariaΒ», cioΓ¨ nudi,Β con allusione alla pratica della totale nuditΓ  degli appartenenti alla setta. I Greci conobbero i gimnosofisti in seguito all’impresa di Alessandro e alle relazioni degli storici che lo accompagnarono. Onesicrito di Astipalea, in particolare, filosofo cinico oltre che storico di Alessandro, narrΓ² le loro dottrine, mettendone in rilievo le affinitΓ  con gli ideali etici della scuola cinica. Verso la fine del IV secolo san Gerolamo, nel quadro d’una polemica antipagana, scriveva nel Contro Gioviniano che i gimnosofisti, i Β«saggi nudiΒ» dell’India, ritenevano che il Buddha, primo maestro della loro dottrina, fosse stato procreato dal fianco d’una vergine: ma i Buddhisti non erano gimnosofisti e la loro tradizione non insisteva sulla verginitΓ  di Māyā quanto piuttosto sull’eccezionalitΓ  del concepimento e della nascita.Β 


Attraverso le varie versioni del Romanzo di Alessandro, cioΓ¨ la Β«Lettera di Alessandro sulleΒ meraviglie dell’IndiaΒ», che circolavano nel Medioevo, i portenti in cui incappΓ² il re macedone ebbero larghissima fortuna; anche grazie alla β€˜pubblicità’ recata da Isidoro di Siviglia (560 ca.-636) nelle enciclopediche Etimologie. Sant’Ambrogio, citando una versione particolarmente bella della lettera che il gimnosofista Calano avrebbe inviato ad Alessandro, faceva trasparireΒ tutta la personale ammirazione:Β ilΒ filosofoΒ indianoΒ aveva una Β«mente piena di libertΓ Β»; era giunto a quel sereno disprezzo per la morte che l’avrebbe reso indomabileΒ nonΒ solo alΒ fuoco,Β maΒ ancheΒ a qualsiasi minaccia Alessandro potesse rivolgere a lui e aiΒ suoi seguaci. Plutarco ricorda che, fra gli Β«altri sapienti dell’IndiaΒ», Alessandro ebbe al suo seguito anche un certo Calano, il cui vero nome sarebbe stato Sfine. Il dipinto di Jean-Baptiste de Champaigne (1631-1681), L’ambasciata indiana e Calano a cospetto di Alessandro Magno, del 1672, sulla volta del Salone di Mercurio a Versailles, raffigura il grande condottiero seduto sul suo trono mentre i filosofi indiani gli recano le notizie. Le ultime parole di Calano rivolte ad Alessandro, che furono Β«ci rivedremo in BabiloniaΒ», sono state viste come una profezia sulla sua morte; perΓ², in quel momento il re non aveva nessuna intenzione d’andare a Babilonia. Avrebbe, piΓΉ tardi, cambiato i piani, e l’ultima parte della sua vita si svolse a Babilonia.

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I cristiani avrebbero dovuto considerare i gimnosofisti come dei nobili saggi, venerarli come iΒ Padri delΒ Deserto, sia per la loro vita ascetica cheΒ per il loro credere in un solo Dio?

Nella corrispondenza fra Alessandro e il re dei Brahmani Dindimo β€’ una compilazione cristiana del III secolo la cui versione latina ci Γ¨ rimasta nel manoscritto diΒ Alessandro ora a Bamberga e copiato inΒ ItaliaΒ meridionale attorno alΒ Mille β€’ il macedone esordisce chiedendo alΒ bramino se ilΒ suo inusuale stile di vitaΒ sia rettoΒ dalla saggezza,Β perchΓ© allora,Β Β«Se possibile, anch’ioΒ seguirΓ² ilΒ tuoΒ modoΒ di vivere.Β SempreΒ infatti,Β sin dall’infanzia,Β hoΒ avutoΒ ilΒ desiderio d’imparareΒ».Β Dindimo replica che la vitaΒ d’un bramino Γ¨ troppoΒ duraΒ perΒ unoΒ come Alessandro,Β e la descrive pura eΒ semplice,Β ricca nellaΒ povertΓ  cheΒ tutti i braminiΒ condividono, fondataΒ soloΒ sulΒ cibo che la Madre Terra offre senza essere coltivata (oggi lo definiremmo un β€˜fruttariano’). Nell’ultima parteΒ della lettera, poi,Β Dindimo perde tutta la suaΒ serenitΓ  e si scaglia inΒ unaΒ polemica palesementeΒ cristiana: AlessandroΒ eΒ iΒ suoiΒ compatrioti β€’ egliΒ scrive β€’ nonΒ sonoΒ che politeisti e idolatri, e dopo la morte saranno puniti per i loroΒ errori.Β IlΒ sapienteΒ bramino haΒ gettato laΒ maschera, rivelandosiΒ unΒ collericoΒ Padre della Chiesa cheΒ sfrutta l’aura esotica di Alessandro e dell’India per fornire una seducente cornice narrativa al proprio zelo apologetico. Un primo studio su questa Collatio Alexandri et Dindimi, con la traduzione italiana, Γ¨ uscito sulla rivista on-line Chaos & Kosmos a cura di una giovane allieva della prof. Chiara Tommasi, Caterina Fregosi, e si puΓ² leggere qui.


Altri resoconti su Alessandro e i gimnosofisti hanno un tono piΓΉ β€˜frivolo’ e un andamento narrativo quasi da fiaba.Β Ci sonoΒ diverse versioniΒ inΒ cui Alessandro,Β perΒ mettere alla prova la loro saggezza, pone ai gimnosofisti una serie di domande apparentemente filosofiche, alle quali essi rispondono con prontezza di spirito assolutamente evasiva, battendo il re in una tenzone d’indovinelli. Alessandro aveva deciso d’uccidere il sapiente che avesse risposto meno bene, ma per mezzo di un’abilissima risposta conclusiva l’ultimo sapiente fa sΓ¬ che leΒ vite diΒ tuttiΒ vengano risparmiate.Β OΒ ancora, alla fineΒ iΒ sapienti supereranno in astuzia ilΒ conquistatoreΒ mettendolo di fronte all’evidenza della sua tracotanza, la sua hybris.

Accanto alΒ braminoΒ Dindimo,Β il sovrano che fu l’avversario intellettualeΒ diΒ Alessandro, i testiΒ nominano Poro,Β il reΒ indiano che fuΒ l’antagonistaΒ politico piΓΉ coraggioso e piΓΉ forte.Β AncheΒ dopo unΒ combattimento in cui sarΓ  ferito quasi a morte,Β Poro,Β parlando con Alessandro,Β manterrΓ  laΒ sua Β«grandezza di spiritoΒ», e il reΒ macedone lo eguaglierΓ  accogliendolo Β«non soloΒ con compassione, ma con onore: curΓ² ilΒ re malato come se questi avesse combattuto per lui… prestoΒ gliΒ conferΓ¬ un regno piΓΉ grande di quello che aveva primaΒ».Β 

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IlΒ resocontoΒ piΓΉΒ sensazionale dell’esperienza indianaΒ diΒ Alessandro è contenutoΒ nel Romanzo di Alessandro, vi sonoΒ molte variazioni e di dettaglio e di rilievo,Β sia fra i testi latini cheΒ fra quelli volgari che da essi dipendono,Β ma in sostanzaΒ laΒ narrazione,Β nelle versioniΒ piΓΉΒ estese,Β ci conduceΒ dallo splendore incomparabileΒ delΒ palazzoΒ diΒ Poro β€’ i muriΒ d’oro massiccio delloΒ spessore d’unΒ dito,Β i viticciΒ d’oro con uvaΒ diΒ cristallo, gli uccelliΒ dai becchiΒ doratiΒ alleΒ cuiΒ orecchieΒ pendono perle β€’ agli straordinariΒ pericoliΒ che il re eΒ iΒ suoiΒ uominiΒ affrontano con incomparabile fortezza d’animo quando percorrono l’India.Β Questi ultimiΒ comprendono moltiΒ degli esseriΒ meravigliosi della tradizione pseudoscientifica che leggiamo inΒ PlinioΒ eΒ Solino, ma ancheΒ creazioniΒ nuoveΒ come l’odontotyrannus,Β piΓΉΒ grosso d’un elefante, con treΒ corniΒ sullaΒ fronte,Β cheΒ massacra ventiquattroΒ macedoniΒ e ne calpestaΒ altri cinquantadueΒ primaΒ cheΒ Alessandro riesca a ucciderlo. NelΒ RomanzoΒ leΒ fantasieΒ diΒ pericoliΒ mortaliΒ non escludono sogniΒ diΒ tipoΒ sensuale:Β ecco che inΒ un ruscelloΒ delleΒ donne dai capelli lunghi eΒ di meravigliosaΒ bellezza attiranoΒ fra leΒ canne gliΒ uomini diΒ AlessandroΒ e quindi li affogano oppure liΒ uccidono con tecniche erotiche (probabilmente tantriche), vagine insaziabili dai coiti infiniti e mortali.

L’IndiaΒ di Alessandro è ilΒ paese degli eccessi:Β sfrenatezze di crudeltΓ  eΒ coraggio, di sopportazioneΒ e d’abbandono.Β L’India, con le incredibili meraviglie e i pericoli altrettanto incredibili, le infinite ricchezze e l’infinitaΒ ricerca di sapienza spirituale, i modelli di perfetta magnanimitΓ  e di perfetto distacco dai sentimenti, riflette in definitiva ciΓ² che Alessandro desiderava dominare: era l’omologo delΒ controlloΒ diΒ sΓ©, della propria natura. IlΒ momento culminanteΒ del Romanzo di Alessandro racchiude una meraviglia che non ha paralleliΒ fra iΒ prodigi e iΒ mostri tradizionali,Β eΒ sembra l’invenzione d’uno scrittore tardoanticoΒ dalla sensibilitΓ  particolarmente acutaΒ verso ilΒ mito del re macedone.Β Il bosco sacro dove Alessandro consulta gli alberi oracolari del Sole e della Luna, che parlano sia in greco che in vedico (sanscrito), possiede, persino nella prosa goffa e disadorna delleΒ versioni latine,Β unΒ notevole potere d’evocazione e d’attrazione, e costituisce un vero e proprio picco narrativo. E il destino che iΒ dueΒ alberi prediconoΒ ad AlessandroΒ ha l’ambiguitΓ  delle streghe di Macbeth: Β«Sarai signoreΒ del mondo,Β ma nonΒ tornerai a casa vivoΒ».

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