I segreti di “Dune”. Mistica e psichedelia del popolo Fremen

Dopo tre anni di incubazione dal precedente articolo sull’esoterismo di Dune, torno a riflettere sull’immenso universo generato da Frank Herbert, in occasione di due eventi concomitanti: l’uscita nelle sale cinematografiche della seconda parte del film girato da Denis Villeneuve e la pubblicazione del testo I segreti di Dune (Mimesis 2024), scritto a quattro mani da Paolo Riberi e Giancarlo Genta, che mi dà l’opportunità di approfondire alcuni temi che avevo lasciato in sospeso. 

I segreti di Dune è senza ombra di dubbio uno degli studi più approfonditi in lingua italiana sul mondo creato dalla penna di Frank Herbert. Il testo è una panoramica a tutto tondo su ogni aspetto della saga letteraria dell’autore, che si estende poi all’universo cinematografico di Villeneuve e al primo esperimento di David Lynch. Il libro analizza ogni dettaglio in cui si dirama l’opera monumentale di Herbert, dalla politica alla geografia, dalla tecnologia agli usi e costumi delle popolazioni, fino ad arrivare a una dettagliata cartografia dei mondi abitati al di là dell’atmosfera di Dune e le complesse trame geopolitiche che li vedono coinvolti. Non potendomi soffermare su tutti questi aspetti, nel presente articolo ho intenzione di affrontare una tematica particolarmente importante analizzato nel testo, che fa da filo conduttore all’intera opera di Dune: quello della mistica dei Fremen e della loro ribellione di stampo sacrale-religioso.


Il tema è affrontato da Riberi e Genta nel capitolo quarto, Il sacro e la mistica in Dune. Come sottolineano anche gli autori, la questione è il perno centrale attorno al quale ruota l’intera saga, il punto di convergenza in cui si incontrano i giochi politici, presenti e passati, i progetti a lungo termine del Bene Gesserit, il dominio cosmico dell’Imperatore, le trame di potere degli Harkonnen, la trasmutazione geologica di Dune, il controllo della Spezia e, ultimi ma non meno importanti, le visioni, i sogni, di Paul Atreides e le profezie “innestate” (come vedremo) nei Fremen che prenderanno risvolti imprevisti e incontrollabili.

Il complesso e controverso afflato religioso che permea l’intero ciclo di Dune è così importante che, come sottolineano Riberi e Genta, lo stesso Herbert

ha definito il Duneverso l’opera di uno spiritual melting pot, ossia un ribollente calderone spirituale in cui coesistono diverse tradizioni religiose. La definizione è quanto mai calzante: l’intero universo di Dune è pervaso dal tema del sacro.

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Come analizzato nel precedente articolo, e come più approfonditamente trattano gli autori nel capitolo Prima di Dune: l’intelligenza artificiale, la religiosità che permea l’Imperium cosmico è una diretta conseguenza del Jihad Butleriano, durante il quale gli esseri umani si sono ribellati al dominio delle macchine e delle intelligenze artificiali, riaffermando la centralità e i poteri della mente umana mediante lo sviluppo di facoltà extrasensoriali – o, sarebbe più corretto dire, “supersensoriali”.

Questo sviluppo è avvenuto però in due direzioni; abbiamo infatti la dottrina exoterica, rivolta alle masse, sistematizzata e dogmatizzata nella cosiddetta Bibbia Cattolica Orangista, che pone al centro la sacralità e l’unicità della mente umana ponendo restrizioni allo sviluppo di intelligenze artificiali, una legge divina che, come i precetti delle tavole della legge, fornisce prescrizioni “in negativo”; e, nell’ombra, una dottrina o, meglio, una pratica esoterica, dedicata a iniziati di ordini segreti che ordiscono le trame nel mondo, legata allo sviluppo di poteri psichici mediante esercizi spirituali e mentali.  Come scrivono Riberi e Genta:

La velata critica di Frank Herbert nei confronti delle ingerenze dei confessori gesuiti del Seicento è piuttosto evidente, ma il tema rientra anche in un sistema politico-religioso ben più vasto, che risulta assai simile a quello dell’antica Roma a cavallo tra la tarda repubblica e la prima età imperiale. All’epoca, la carica pagana di pontefice massimo era universalmente considerata una semplice tappa della carriera politica che conduceva al consolato e poteva essere rivestita anche da personaggi […] che erano considerati ben lontani da ogni sentimento religioso. In definitiva […] l’ordine Bene Gesserit e la Bibbia Cattolica Orangista di Dune sono mere espressioni di una religione di stato che serve soltanto a legittimare l’ordine politico dell’Imperium […] la sfera della religione viene sempre considerata da tutti i personaggi della saga […] alla stregua di una mera sovrastruttura politica e sociale una costruzione ideologica che serve soltanto a sostenere l’autorità di chi siede sul trono. 

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Un controllo che, tuttavia, a un certo punto sfugge agli stessi controllori; e qui entra in gioco un’altra forma di religiosità: quella dei Fremen. 


Il ribollire del secondo evento epocale dell’epopea di Dune avviene in seno alla popolazione dei nuovi oppressi: i Fremen. Genta e Riberi ricostruiscono con precisione la miriade di punti di riferimento a cui Herbert si ispirò per creare la complessa società dei Fremen, in cui nulla è lasciato al caso: politica, organizzazione sociale, usi e costumi, religione, sono tutti descritti così nel dettaglio da Herbert da rendere Dune un vero e proprio trattato di antropologia e sociologia. Come sottolineano gli autori, nella cultura di questa popolazione convergono sfumature giudaiche, soprattutto per quanto concerne la lotta contro il potere imperiale, il forte fervore messianico e il sogno di una verdeggiante Terra Promessa, ma soprattutto la cultura arabo-musulmana, tanto l’Islam radicale quanto le correnti esoteriche sufi. Scrivono Genta e Riberi:

La contrapposizione non è tra un presunto Islam moderato e un Islam estremista, bensì tra un Islam esoterico e spirituale con antiche radici medievali e un Islam integralista e letteralista di nuova generazione.

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A ciò si aggiunge l’influsso delle

gesta fiere e bellicose di popolazioni islamiche sunnite del Caucaso a metà dell’Ottocento, che dal 1829 al 1859 ingaggiarono una guerra santa – o jihad – per respingere l’invasione di un gigantesco impero straniero intenzionato a utilizzare le loro terre come viatico commerciale e militare per raggiungere le ricchezze dell’Oriente: la Russia degli zar.

[3B]

Veri e propri Mujaheddin del deserto, dagli occhi interamente blu, trasmutati dall’assuefazione alla spezia – che ricordano gli abiti blu dei Tuareg o gli occhi azzurri dei Berberi – i Fremen si sono perfettamente adattati alle numerose ostilità di Dune e vivono in perfetta simbiosi con il deserto. Per adattarsi alla carenza d’acqua, hanno sviluppato delle sofisticate tute distillanti che riciclano ogni liquido del corpo. Per sopravvivere all’arsura del deserto, ma anche alla ferocia degli Harkonnen, vivono in paesi sotterranei chiamati Sietch, e si spostano prevalentemente di notte. Per non attirare i Vermi delle Sabbie, esseri immensi che solcano le dune del deserto inghiottendo tutto ciò che incontrano, hanno sviluppato un passo dal ritmo asincrono, che ricorda gli spostamenti della sabbia mossa dal vento – che rende ogni loro movimento simile a un mutamento naturale.  La loro etica è diventata rigida come le condizioni del pianeta, e tuttavia vi è in essa un rigore e una coerenza da lasciare ammirato Duncan Idaho, l’esploratore inviato dagli Atreides per studiare i loro costumi; è proprio il loro sistema di regole etico-religiose a rendere coesa, combattiva e imbattibile la popolazione, temprata da anni di battaglie con il deserto e con i terribili Harkonnen.

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Questi ultimi, infatti, hanno instaurato un dominio opprimente sull’intero pianeta. Interessati a spremere la Spezia fino all’ultima manciata di polvere, gli Harkonnen reprimono con il sangue ogni tentativo di ribellione da parte dei Fremen, che considerano e trattano alla stregua di bestie. 

Come accennato in precedenza, vi è uno spirito religioso che aleggia per tutto il romanzo e anche i Fremen, con la loro cultura, non sono da meno e, anzi, incarnano l’aspetto allo stesso tempo più puro e fanatico dell’anelito religioso.

In questo contesto, i Fremen rappresentano una realtà misteriosa, che non è possibile inquadrare nell’ordine cosmico costituito. Sebbene, come sostengono Riberi e Genta, l’afflato messianico dei Fremen sia condizionato dalla mano invisibile del Bene Gesserit, vi è nel loro popolo uno spirito combattivo che in seguito al Jihad Butleriano gli ha permesso di mantenere una parziale autonomia, complice il clima ostile di Dune e il loro occultamento nel sottosuolo che li ha preservati dall’influenza totalizzante della religione imperiale. Al contrario della massa, infatti, non sono stati condizionati dai precetti “in negativo” della Bibbia Cattolica Orangista e come il Bene Gesserit possiedono uno stile di vita ascetico, necessario per sopravvivere alle asperità del deserto, rituali dedicati agli iniziati e cerimonie psichedeliche legate all’espansione della coscienza. 

Il loro stile di vita è inattuale; non è votato all’economia e al commercio, ma alla simbiosi con l’ambiente circostante, nonché a una guerra perpetua contro gli invasori che stanno sfigurando il loro pianeta. Nessuno conosce realmente il loro modo di vivere. 

Gli Harkonnen li ritengono bruti e sottosviluppati, ma non riescono a spiegarsi come possano sopravvivere in un ambiente così ostile con una attrezzatura rudimentale; e, cosa più importante, ignorano il loro reale numero. Come djin del deserto, essi appaiono direttamente dalla sabbia – aspetto reso in maniera magistrale dalla trasposizione cinematografica di Villeneuve.

La loro inafferrabilità è legata al mito dell’occultamento della civiltà. Come già accennato, i Fremen vivono nei Sietch, “Luogo dove ci si riunisce in momenti di pericolo”, secondo la loro lingua, grotte e gallerie sotterranee, dalla forte carica simbolica. Fin dall’antichità, la grotta è il luogo di confine tra due mondi, il mondo materiale e il mondo invisibile, che serba in sé il segreto della Creazione. Come scrive, ad esempio, Porfirio ne L’antro delle ninfe:

Gli antichi consacravano convenientemente gli antri e le caverne del mondo, considerato sia nella sua totalità sia nelle sue parti, attribuendo alla terra il simbolo della materia di cui il mondo è composto; perciò taluni ne inferivano pure che la terra fosse materia, e che gli antri significassero che il mondo viene dalla materia. Poiché generalmente gli antri hanno formazione spontanea e sono congeniti alla terra, racchiusi in una roccia uniforme, concavi all’interno, si spingono all’esterno verso l’indefinito spazio della terra.

[4]

La relazione tra la caverna e la sacralità si ritrova anche nel mondo Islamico, alla cui cultura è chiaramente ispirata la popolazione dei Fremen. La Sura della Caverna è una delle Sure che più ha stimolato l’immaginazione religiosa dei mistici. In essa viene narrato l’occultamento sotterraneo di un gruppo di santi rifugiatosi dal mondo, che ricorda da vicino l’occultamento guerriero dei Fremen nel mondo sotterraneo dei Sietch. Come si legge nel Corano:

Non sai tu forse, Mohammad, che la Gente della Caverna ed i loro rotoli sono stati i migliori tra i Nostri Segni, una vera e propria meraviglia tra i Credenti. Quando quei giovani si sono rifugiati nella caverna, si rivolsero a Noi e così Ci pregarono: O Dio! Concedici la Tua Misericordia e fai che marciamo sempre sul Retto Sentiero. E noi li facemmo cadere in un sonno che durò moltissimi anni.

[5]

Un mito, quello della civiltà relegata in un mondo sotterraneo in attesa dell’avvento dell’Età dell’Oro, ricorrente in diverse tradizioni, come analizzato da René Guenon ne Il Re del Mondo [6], che rende la vita e, soprattutto, la rivolta dei Fremen di una carica mistica che non può lasciare inermi i lettori. E sempre al mondo ctonio è legata la religiosità dei Fremen, anzitutto con il culto dei Vermi delle Sabbie.


I Vermi delle Sabbie sono venerati dai Fremen alla stregua di divinità. A loro spetta il nome di “Creatori”, emissari del dio-verme Shai-Hulud:

Il Verme delle Sabbie di Arrakis, il Vecchio del Deserto, il Vecchio Padre dell’Eternità, il Nonno del Deserto. Questo nome, pronunciato con un certo tono o scritto con l’iniziale maiuscola, designa la deità terrena delle superstizioni familiari dei Fremen.

[7]

Questa venerazione non è soltanto una forma di religione primitiva, legata a una forma di animismo primordiale, ma è strettamente legata al rapporto di simbiosi tra i Vermi delle Sabbie e il pianeta Dune. Sono i Vermi, infatti, con la loro azione incessante, a triturare ogni cosa che passa attraverso le loro enormi fauci. L’infinita distesa di dune è dunque opera del loro perpetuo peregrinare sotto le sabbie del deserto; ma la materia che scorre attraverso il loro corpo, oltre a essere ridotta in polvere, subisce anche una vera e propria trasmutazione alchemica che dà vita all’elemento più pregiato di Dune: la Spezia. Sono i Vermi a produrre la Spezia rossa dagli effetti psichedelici di cui è cosparso l’intero pianeta. Da qui il rapporto di terrore e venerazione instauratosi con le popolazioni autoctone. 

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Come accennato in precedenza, la maestosità dell’universo creato da Herbert risiede proprio nell’accuratezza dei dettagli, siano essi religiosi, sociali, antropologici o ecologici e anche in questo caso l’intuizione dell’autore non è da meno. L’azione degli enormi Vermi che popolano Dune non è altro che la riproposizione, su vasta scala, di quello che realmente avviene sul nostro pianeta, nel microcosmo del terriccio sotterraneo. Come scrive Darwin nel suo L’azione dei vermi:

I vermi hanno giocato un ruolo nella storia del mondo che è più importante di quanto la maggior parte della gente possa supporre. Sono straordinariamente numerosi in quasi tutti i paesi a clima umido e a dispetto della loro dimensione dispongono di una grande forza muscolare. In molte parti d’Inghilterra più di 10 tonnellate di terra asciutta per acro di terreno passa ogni anno attraverso i loro corpi e viene riportata in superficie, così che l’intero strato superficiale di terriccio vegetale passa attraverso il loro corpo in pochi anni. Tramite questi espedienti, superfici sempre fresche del terreno vengono continuamente esposte all’azione dell’acido carbonico e degli acidi dell’humus, che pare siano ancora più efficaci della decomposizione delle rocce. […] Quando contempliamo una grande distesa d’erba, dovremmo ricordarci che la sua regolarità, che ha tanta parte nella sua bellezza, è principalmente dovuta al fatto che tutti i dislivelli sono stati smussati dai vermi; è straordinario pensare che tutto quanto il terriccio di superficie in un qualsiasi prato è passato, e passerà ancora, nel giro di pochi anni attraverso il corpo dei vermi.

[8]

Per questo, anche nell’universo di Dune, ai Vermi delle sabbie spetta il nome di “Creatori”; la loro non è una semplice simbiosi con il pianeta: sono loro a co-creare le condizioni atmosferiche e fisiche di Arrakis, non solo triturando incessantemente ogni cosa che incontrano e producendo la Spezia, ma anche relegando l’acqua – che per loro è un mortale veleno – in grotte e pozzi del sottosuolo. 

Come scrivono anche Riberi e Genta:

Rispetto al benevolo Dio Padre delle tre grandi religioni monoteistiche, lo Shai-Hulud di Dune rappresenta un autentico “Anti-Dio”, che ne capovolge  e rivoluziona radicalmente ogni caratteristica […]. Shai-Hulud non è un’entità spirituale e celeste, bensì un mostro fisico che dimora nel sottosuolo. Non è un dio mortale e onnisciente, bensì un animale mosso dal puro istinto, privo di consapevolezza e con un ciclo biologico ben definito. Non è un sovrano che dimora in un giardino verdeggiante, bensì un parassita che genera il deserto circostante. Non è neppure un paterno e benigno creatore, bensì un’entità minacciosa che si limita a condurre la propria esistenza senza curarsi delle sorti dell’umanità.

[9]

Insieme ai Vermi, l’acqua e la Spezia sono gli altri due elementi sacri ai Fremen, anch’essi, vedremo, legati al mondo sotterraneo e con una stretta relazione reciproca. L’acqua è l’elemento più prezioso per i Fremen e, all’interno della comunità, è usata perfino come moneta di scambio. Grazie alla precisa costruzione dell’ecosistema di Dune e alla descrizione delle sue colline aride, Herbert è riuscito a portare alla luce l’importanza vitale e sacrale dell’acqua proprio in virtù della sua assenza. Immergendosi nell’inferno di Arrakis per poi ritornare al mondo reale, il lettore non potrà riguardare con gli stessi occhi la sovrabbondanza che si nasconde in un semplice ruscello di montagna. Allo stesso modo l’acqua, per i Fremen, non è un semplice elemento legato alla sopravvivenza corporea. Attorno all’acqua si è sviluppata una vera e propria ascesi religiosa, la Disciplina dell’Acqua: l’autocontrollo del corpo e delle emozioni affinché, nemmeno con il pianto, si possa sprecare una singola goccia d’acqua.

Essa rappresenta un’entità sacra, la fonte stessa della vita e l’elemento di coesione dell’intero gruppo. L’acqua è lo spirito vitale, universale, che accomuna ciascun membro del Sietch, come testimonia il detto: “La carne appartiene al defunto, ma la sua acqua all’intera tribù”, legato al rituale funebre con il quale i Fremen separano i liquidi corporei del morto per riconsegnarli all’intero gruppo. Un’usanza che non è legata esclusivamente al riciclo di un elemento sacro, ma che assume un significato affine a quanto teorizzato da alcuni filosofi Cinici e Stoici dell’antichità, per i quali il cannibalismo del defunto rappresenterebbe un rituale per assimilare l’essenza dell’antenato e impedirne, in tal modo, l’estinzione [10].

Le fonti più preziose di questo elemento si trovano nascoste in pozzi sotterranei, dove l’acqua viene accumulata da “trappole del vento”, sui quali sorgono alcuni Sietch, la cui atmosfera mistica ricorda luoghi sacri come i Pozzi Nuragici della Sardegna, come testimonia il tono mistico con cui ci vengono presentati da Herbert quando, per la prima volta, Paul viene ammesso a uno di essi:

Paul sentì i gradini sotto i piedi, che discendevano curvando a sinistra. La luce gialla danzò sulle teste incappucciate, mentre i Fremen proseguivano sempre più in basso, lungo una spirale […]. I gradini finirono e il gruppo attraversò un’altra porta. La luce del globo luminoso si disperse in un’immensa cavità sotterranea dall’altissimo soffitto a cupola. […] In questa atmosfera di cattedrale, creata dallo stillicidio dell’acqua, un’immobilità assoluta sembrò impadronirsi dei Fremen. Ho visto questo luogo in un sogno, pensò Paul.

[11]

Non a caso a questi pozzi è legata una cerimonia mistica, dal carattere dionisiaco, la creazione della cosiddetta Acqua della Vita:

uno dei veleni illuminati. In particolare, il liquido secreto da un Verme delle Sabbie nel momento della sua morte per annegamento. Nel corpo di una Reverenda Madre si trasforma nel narcotico che provoca l’orgia tau del Sietch. Una droga psicotropica che ha l’effetto di estendere lo spettro percettivo.

[12]

Se la Spezia, è la droga più comune diffusa tra la popolazione, vi è tuttavia un agente psichedelico misterico, dedicato esclusivamente alle Reverende Madri iniziate alla mistica di Fremen, l’Acqua della Vita, appunto. Come la Spezia, anch’essa viene prodotta dai Vermi delle Sabbie e rappresenta una forma ancor più potente di veleno, che soltanto l’addestramento iniziatico del Bene Gesserit può rendere tollerabile al corpo, per annullare gli effetti venefici e amplificare quelli psichedelici. Scrive Herbert, per descrivere gli effetti dell’Acqua della Vita:

Il silenzio turbinò intorno a Jessica, ogni fibra del suo corpo aveva accettato la profonda trasformazione che avveniva in lei. Le sembro di essere un infimo granello di polvere cosciente, più piccolo di qualsiasi particella subatomica e tuttavia capace di muoversi e di percepire il mondo intorno a sé. Il velo si squarciò e lei si accorse improvvisamente di una estensione psichica, sensoria e motoria di se stessa. […] Dentro di lei la droga era un turbine di particelle danzanti, così rapide che neppure l’arresto del tempo riusciva a fermarle.

[13]

Come scrivono Genta e Riberi:

Proprio come l’haoma persiano, la Spezia e l’Acqua della Vita sono sostanze dalle proprietà mistiche e curative, che, da un lato, affinano i sensi dell’individuo fino a condurlo alla soglia dell’alam al-mithal e, dall’altro, conferiscono al suo organismo una vita molto più lunga del normale.

[14A]

Ma, soprattutto,

Si tratta di un elemento cruciale nell’economia narrativa della saga di Dune, dove la Spezia di Arrakis rappresenta l’unico elemento genuinamente sacro dell’universo: a ben vedere, nel corso delle avventure di Paul Atreides, i poteri della droga, prodotta da Shai Hulud, sono la sola vera entità soprannaturale a non essere frutto di ingegneria religiosa e manipolazione genetica!

[14B]

In aggiunta alle parole degli autori sottolineerei come, nonostante l’educazione Bene Gesserit consenta di reggere la dose eroica della Spezia e di sopravvivere al cerimoniale, seppur dopo giorni di morte apparente che molto ha in comune non solo con le iniziazioni sciamaniche ma, soprattutto, di rituali psichedelici estremamente impegnativi come quelli legati al culto dell’Iboga, il contenuto delle visioni date dalla Spezia è uno dei pochi momenti in cui Paul sembra assaporare una conoscenza metafisica, una autentica rivelazione o sensazione religiosa che trascende tutte le trame di potere e che lo mettono a contatto con il segreto stesso dell’universo. Scrive Herbert in quello che, a mio parere, è uno dei passi più potenti dell’intera opera di Herbert: 

Paul, nell’ombra della caverna, era accanto a Chani: sentiva ancora il sapore del cibo che lei gli aveva dato: carne di uccello e grano impastati con miele di spezia e avvolti in una foglia […]. Sapeva che quell’essenza di spezia lo avrebbe ancora più trasformato, facendo di lui sempre più un Veggente. […] Paul respirò profondamente, cercando di placare la tempesta interiore. […]. Lo percepiva. Quella coscienza razziale alla quale non poteva sfuggire. Quella sua mente così acuta, quel flusso d’informazioni, la consapevolezza gelida, precisa. Scivolò a terra, appoggiandosi a una roccia, abbandonandosi a quella sensazione. La consapevolezza fluì in quello strato immobile da cui poteva contemplare il tempo, percepire i sentieri aperti davanti a lui, le correnti del futuro, e quelle del passato: passato, presente e futuro visti con un occhio solo, tre immagini combinate in una visione tridimensionale, come se il tempo fosse diventato spazio. C’era il pericolo, poteva sentirlo, di andare troppo lontano. Doveva afferrarsi disperatamente al presente, mentre la sua esperienza era sempre più confusa e distorta, nel continuo fluire di ogni istante, e nel consolidarsi di ciò che è nel perpetuo è stato. Per la prima volta, aggrappandosi al presente, percepì la monumentale regolarità del movimento del tempo, complicata dovunque da vortici, onde, flussi e riflussi; lo schiumeggiare continuo di un mare contro una scogliera a picco. Questo gli fornì una nuova comprensione della sua presenza e percepì la fonte del cieco fluire d’innumerevoli istanti, la fonte prima dell’errore, e rabbrividì all’immediato contatto della paura.

[15]

La rivelazione è così forte da cambiare l’intero ciclo della storia. Una Missionaria Protectiva del Bene Gesserit aveva cominciato a diffondere miti e profezie affinché i Fremen avessero riconosciuto i segnali di un possibile Kwisatz Haderach, pensando di poter piegare indirettamente i Fremen alla fedeltà dell’intento della congrega. Ma il Bene Gesserit aveva sottovalutato il potere dei desideri, della mistica e delle profezie autoctone. Paul Atreides aveva già avuto il suo involontario Giovanni Battista: il Planetologo Kynes che, con il suo piano di “trasmutazione planetaria” aveva reso possibile, in via teorica, la trasformazione di Dune in un pianeta rigoglioso e ricco di acqua. E presto i Fremen riconoscono in Paul non soltanto il profeta del Bene Gesserit, ma soprattutto il profeta di Dune, colui che avrebbe trasformato il pianeta in un paradiso in terra. La mistica terrena dei Fremen prende presto il sopravvento sul piano cosmico del Bene Gesserit e perfino Paul, che si troverà a incanalare queste forze, ne sarà sopraffatto, consapevole di non essere altro che un “Individuo Cosmico”, come lo definirebbe Hegel: un essere umano che, seppur in una apparente posizione di potere, non è altro che un burattino mosso dai fili invisibili di forze cosmiche molto più grandi di lui, che lo costringono a percorrere un sentiero già tracciato. Un sentiero che, per tutto il romanzo, in ogni visione, non fa altro che condurre Paul verso il Jihad cosmico.

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[1] P. Riberi, G. Genta, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, Mimesis Edizioni, Milano 2024, p. 119. 

[2] P. Riberi, G. Genta, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, Mimesis Edizioni, Milano 2024, pp. 123-124.

[3] P. Riberi, G. Genta, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, Mimesis Edizioni, Milano 2024, p. 63.

[4] Porfirio, L’antro delle ninfe, Arché, Milano 2019, pp. 18-19.

[5] Corano, XVIII, 9-11.

[6] Per approfondire: D. Perra, Il mito dell’occultamento nelle tradizioni eurasiatiche e A. Bonifacio, Caratteri esoterici ed exoterici dell’Occultazione del Mahdi nell’escatologia sciita, su «axismundi.blog».

[7] F. Herbert, Dune, Fanucci, p. 625.

[8] C. Darwin, L’azione dei vermi, a cura di G. Scarpelli, trad. di M. Graffi, Mimesis, Udine 2012, pp. 165-168.

[9] P. Riberi, G. Genta, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, Mimesis Edizioni, Milano 2024, p. 126.

[10] C. Avramescu, An Intellectual History of Cannibalism, Princenton University Press, 2011.

[11] F. Herbert, Dune, Fanucci, pp. 382-383.

[12] F. Herbert, Dune, Fanucci, p. 602.

[13] F. Herbert, Dune, Fanucci, pp. 424-425.

[14] P. Riberi, G. Genta, I segreti di Dune. Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, Mimesis Edizioni, Milano 2024, p. 141

[15] F. Herbert, Dune, Fanucci, Milano 2021, pp. 358-359.

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