Metamorfosi romaniche: lo Zodiaco ermetico dell’Abbazia di Santa Fede a Chivasso

Il più antico testo ermetico trasmesso alla latinità non appartiene propriamente alla letteratura magica e divinatoria, ma costituisce una delle sue potenziali fonti grazie alle sue implicazioni filosofico-religiose [1]. Si tratta dell’Asclepio, una libera traduzione di un testo greco perduto, il Teleios logos, il «Discorso finale» o «Discorso perfetto», documentato a partire dal IV sec. d.C. Una versione copta di una parte di esso fu ritrovata nel 1945 in uno dei tredici codici gnostici affiorati dalle sabbie di Nag Hammadi, nell’Alto Egitto [2]. Il frammento traduce una lezione del Teleios logos talmente genuina, da superare in completezza l’Asclepio latino [3]. Esso racconta, con dovizia di particolari, il destino delle anime nell’aldilà. Una visione nitida: nel viaggio attraverso le pianure celesti, le anime incontrano un grande Demone, il Demoniarca, il «Principe dei Demoni» (Lact. Div. Inst. 2, 14, 6) [4] collocato dal Dio sommo quale «guida» (episkopos) e «giudice» (dikastēs)  nello spazio atmosferico (aēr) fra terra e paradiso. Qualche anima è salvata, altre necessitavano di purificazione e si reincarnavano, altre ancora sono dannate per sempre [5]

Sappiamo da tutta una letteratura patristica dell’assimilazione e della «cristianizzazione» della figura di Ermete Trismegisto: un’impresa difficile, però. Secondo l’Asclepio, come Dio creò gli dèi celesti, così l’uomo creò gli dèi terreni [6]. L’uomo foggiò gli dèi in una duplice natura, divina nell’essenza, umana nella forma [7]. Comprensibile, quindi, la violenta reprimenda di un padre come sant’Agostino (Civ. Dei 8, 23-27), il quale dopo aver letto l’Asclepio arriverà a definire Ermete Trismegisto araldo del demonio [8].

È uso suddividere l’ermetismo in due correnti principali: l’ermetismo cosiddetto «filosofico» e quello più propriamente «popolare» e ritualistico; quest’ultima corrente può inoltre essere scomposta in due ulteriori rami: ermetismo alchimico ed ermetismo a base astrologica/astromagica. Logico, quindi, anche in questo caso, aspettarsi una violenta reprimenda da parte dei Padri delle Chiesa.

Situata in una piccola valle tra vigneti e boschi accanto all’abitato di Cavagnolo, nei pressi di Chivasso (provincia di Torino), l’Abbazia di Santa Fede fu voluta dai monaci Benedettini di Saint-Foy-de-Conques (Alvernia-Francia). Venne edificata verso la metà del XII secolo in prossimità del santuario dedicato a Santa Fede, la fanciulla martirizzata sotto Diocleziano nel 303 ad Agen in Francia. Oggi è uno dei più originali ed enigmatici monumenti romanici non solo del Piemonte. 

La facciata ha uno splendido portale con colonnine e capitelli scolpiti, archivolto strombato con motivi simbolici, architrave e lunetta ornata di un rilievo con Gesù pantokrator fra due angeli, e ai due lati due semicolonne. Nell’interno, a tre navate, si può ancora ammirare l’abside centrale. Ma l’elemento più interessante e suggestivo della costruzione sono i motivi che ornano l’arco del portale. Si tratta di uno Zodiaco simbolico, un esempio quasi unico nell’arte romanica, che riflette una fase arcaica nello sviluppo dell’iconografia astrologica mista a una deliberata intenzione di mascherare, da occhi indiscreti, contenuti ideologici in cui la zoologia fantastica è fusa ad insegnamenti ermetici

Il termine Zodiaco deriva dal greco zōdiakos, derivato a sua volta da zōdion, diminutivo di zōon, «animale»; zōdion significa letteralmente «animaletto», ma anche «figurina che rappresenta un animaletto». Quindi zōdiakos, cui si sottintende il kyklos, «cerchio, ruota», sarebbe il «circolo delle figure animali», con esplicito riferimento a quelle costellazioni la cui forma suggerisce l’immagine di un animale e che nel contesto dello Zodiaco sono da ritenersi la maggioranza [9].

All’inizio dello Zodiaco di Santa Fede (in basso a sinistra di chi guarda) c’è una Rosa. Esiste un’etimologia antica che lega il greco rhodon «rosa» con il verbo aporrhein «scorrere, fluire, emanare» e all’aggettivo rhoōdēs «agitato dalle onde, solcato dalle correnti» [10]. Il depotenziarsi del profumo emanato dal fiore è immagine, figurazione dello scorrere e del mutare di ogni cosa sottoposta a dissoluzione, in balìa dei flussi mareali. Origine e cangiamento del tutto è quindi simbolo dell’«inizio». La Rosa, spesso associata al Compasso, è uno degli emblemi dei maestri costruttori medievali, qui sta a significare l’inizio dell’opera e quindi del percorso del Sole nello Zodiaco, collocato nel segno del Toro. Il simbolo seguente, i due animali sovrapposti, permette di riconoscere il segno dei Gemelli, che l’astrologia classica identifica in una coppia (Arat. Phain. 147), sovente identificata nei Dioscuri oppure in Eracle-Apollo.

Questi aspetti simbolici sono rafforzati dall’Ariete che quindi si colloca all’altro estremo dell’arco, sicché l’incipit zodiacale, cioè il punto vernale nella lettura astrologica, si pone in basso a destra di chi guarda, determinando così un senso antiorario alla ghiera. Moto che è poi quello siderale in chi osservi il cielo avendo per obiettivo la Stella Polare. Poiché l’asse delle chiese romaniche era quello equinoziale con l’abside a Oriente e, sul terreno, tale disposizione era appunto stabilita il giorno dell’Equinozio, cui seguivano il tracciamento del perimetro e lo scavo delle trincee di fondazione, può ben darsi che, trascorrendo circa un mese nell’esecuzione di quei lavori, la posa della prima pietra, sempre nell’angolo di Nord-Est, fosse nel Toro; da ciò la Rosa in corrispondenza di quell’asterismo. Tutto molto coerente: del resto la posa della prima pietra segnava l’inizio della costruzione vera e propria, mentre la fase precedente oggi la definiremmo «geomantica». 

La coincidenza della suddetta posa col Toro s’incontra con un’altra importante ricorrenza, le cui origini si rintracciano nella terra da cui provenivano i monaci di Santa Fede: il calendario liturgico di Cluny dava grande rilievo al culto della Santa Croce; sia l’Exaltatio il 14 Settembre (Vergine), sia l’Inventio il 3 Maggio (Toro) ed è quindi probabilmente proprio quest’ultima data quella che, nella nostra abbazia, vide svolgersi quello specifico rito. Altra caratteristica di Cluny era il rilievo che avevano le fraternitates, sia laiche, sia monacali, le stesse a cui probabilmente appartenevano i mastri costruttori di Santa Fede. 

Queste maestranze codificarono nei simboli sul portale un libro di astrologia ermetica che raccontava le vicende del Gesù-Eracle nelle stazioni zodiacali. Successivo ai Gemelli è il segno del Cancro qui effigiato da una Lepre. La disciplina astrologica identifica nella costellazione del Cancro la dea Hera/Giunone (Eratosth. Cat. 11); è un segno liquido e lunare. La numismatica antica lo rappresenta spesso congiunto alla Luna [11]. La lepre è un animale lunare, «oscuro», perché dorme di giorno e si muove di notte. La mitologia egizia dà sembianze di lepre al dio risorgente Osiride, smembrato e gettato nelle acque del Nilo [12]. Ancora oggi, nell’Islām, gli sci‘iti di area iranica spiegano l’interdizione alimentare relativa alla lepre sostenendo che questo animale è la reincarnazione di ‘Alī, cugino e genero di Muḥammad, una delle prime persone a riconoscerne la missione profetica, oppure di altra figura eminente della storia religiosa [13]. Il retaggio di queste concezioni è molto antico: un animale incarna l’idea di durevolezza e di eternità, così in alcuni miti greci la lepre che bruca l’erba di immortalità è legata alla dea cacciatrice Artemide, epifania di Demetra [14]

Una tra le opere più significative per la storia naturale dell’Alto Medioevo sono le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, composte attorno al VI-VII sec.; il dodicesimo libro è interamente dedicato al mondo animale (De animantibus) [15], preziosa fonte di zoologia fantastica. Da questo testo apprendiamo infatti come la definizione di genere animale sia molto fluida e segua una logica associativa, più che un rigore empirico. Così risulta più agevole comprendere alcune figurazioni del nostro Zodiaco. 

Un enigmatico animale ibrido è posto nel segno del Leone, la costellazione che la disciplina astrologica classica riconosce nel Leone di Nemea (Eratosth. Cat. 12; Hyg. Astr. 2, 24, 1): Gesù sposa qui la vicenda di Eracle. Le Etymologiae collocano il Leone fra le «Bestie», una definizione molto variabile da cui apprendiamo come il Leone sia anche una sorta di drago [16]. Un animale abbastanza coerente con la nostra figurazione. Anche il segno successivo, la Vergine, è un ibrido: testa d’uccello, coda leonina e zampe artigliate, una Sfinge. Nella letteratura antica la Parthenou koras, la «giovane Vergine» è un motto che designa la Sfinge (Eur. Phoen. 1730) [17]. L’astrologia classica riconosce nella Vergine la Tyche/Fortuna (Hyg. Astr. 2, 25, 2), anch’essa come la Sfinge legata alla sorte e al destino dell’uomo.

Al sommo dell’arco c’è la Croce, la costellazione della Bilancia, che dà un significato di equilibrio e di congruità all’intera rappresentazione. Il segno della Bilancia è una tarda acquisizione della disciplina astrologica, in origine sono le chele dello Scorpione, la costellazione successiva, (Hyg. Astr. 2, 26; 4, 5). Gli ammaestramenti ermetici ne fanno la porta di Ade, la soglia oltrepassata dal Sole nella sua discesa agli inferi, verso l’occultamento vernale. Da questo punto in poi lo Zodiaco di Santa Fede lega i simboli astrologici con la catabasi, la discesa di Eracle-Gesù agli inferi

Non a caso, quindi, il segno successivo, lo Scorpione, è figurato nelle fattezze di un Grifone, l’animale che secondo Isidoro di Siviglia nasce sui picchi Iperborei [18]. Secondo la cosmografia antica, i Grifoni (Grypes) erano uccelli favolosi con la testa fornita d’un becco d’aquila, ali potenti e corpo leonino, nati nella terra Iperborea; erano consacrati ad Apollo, del quale custodivano i tesori contro gli attacchi di un’avida popolazione mitologica, gli Arimaspi (Herod. 3, 116, 1-2; Paus. 1, 24, 6). Tradizioni più recenti narravano che i Grifoni si opponevano ai cercatori d’oro nei deserti a nord dell’India, sia perché erano incaricati di sorvegliare il metallo, sia perché nidificando sulle montagne da cui si estraeva il minerale difendevano i loro piccoli da ogni possibile pericolo (Aelian. Nat. anim. 4, 27). Grifoni si trovano spesso, come a Santa Fede,  nell’arte romanica sui portali, soglie e architravi degli edifici di culto, confermando questa loro funzione di custodi e testimoniando la diffusione di un simbolo le cui origini rimandano alle remote antichità iranico-mesopotamiche [19].

Nel percorso agli inferi il Sole entra nell’ultima soglia, la Bocca che inghiotte il fanciullo, la costellazione del Sagittario, usualmente rappresentata come una creatura metà uomo e metà cavallo, un Centauro nell’atto di scoccare una freccia, Chirone (Hyg. Astr. 2, 27; 3, 26). La porta è quella del Solstizio invernale, punto di massimo occultamento del Sole ma anche momento di rinascita e di vittoria contro le tenebre. Così la costellazione successiva, il Capricorno è rappresentata nel Gallo, animale il cui canto annunzia il nuovo giorno sconfiggendo l’oscurità della notte. 

Un serpente è il segno successivo, corrispondente alla costellazione dell’Aquario. Il significato è duplice, nuovo e antico al medesimo tempo. È Gesù innalzato sulla croce (Giov. 3, 14) come lo fu il Serpente di bronzo [20] di Mosè in Numeri 21, 8-9; ma secondo l’astrologia classica è anche Cecrope, primo leggendario re di Atene rappresentato metà uomo e metà serpente (ps.-Apoll. Bibl. 3, 177 ss.; Paus. 1, 5, 3).

La costellazione dei Pesci è un quadrupede: la testa riconducibile alla forma d’un pesce. La zoologia altomedievale ha un’idea abbastanza ampia della fauna ittica e immagina le creature del mondo acquatico una replica della fauna terrestre (ex similitudine terrestrium) [21]; non solo, ma sono ascritti al genere dei «pesci» anche animali come l’ippopotamo, il coccodrillo e altri rettili anfibi [22]

Lo Zodiaco di Santa Fede si chiude con il primo segno dell’astrologia classica, l’Ariete, qui figurato in un’Aquila che stringe nel becco un rametto di ulivo, simbolo di rinascita. L’Aquila è il messaggero di Zeus, reca negli artigli fulmini e saette; simbolo, come l’Ariete, di forza e resistenza, l’apoteosi del nostro Zodiaco, il Cristo risorto, Eracle vittorioso sugli inferi.

L’importanza dello Zodiaco nella cultura e nell’arte cristiane consiste essenzialmente nel fatto che esse divennero una sorta di paradigma sulla base del quale organizzare le conoscenze del mondo. Sebbene in un primo tempo anatemizzata dal Concilio di Laodicea nel 320 d.C., l’astrologia entrò a far parte del retaggio culturale della cristianità antica, tanto che i segni zodiacali vennero assimilati agli angeli, come rivela una nota miniatura della Topographia christiana di Cosma Indicopleuste (IX sec.) [23]. Nel caso del portale dell’Abbazia di Santa Fede, i materiali astrologici arcaici sono stati rielaborati e ‘mimetizzati’ in chiave ermetica per raccontare la vicenda di Gesù come un cammino che dalla luce porta verso le tenebre e le sconfigge per sempre, come in un tempo mitico era capitato ad Eracle.


[1] J.-P. Boudet, Entre science et nigromance. Astrologie, divination et magie dans l’Occident médiéval (XIIe-XVe siècle), Éditions de la Sorbonne, Paris 2006, pp. 149-150.

[2] J.P. Mahé, «Le fragment du “Discours parfait” dans la bibliothèque de Nag Hammadi», in B. Barc (éd.), Colloque international sur les textes de Nag Hammadi. Québec 22-25 août 1978 (Bibliothèque Copte de Nag Hammadi/Section «Études», 1), Les Presses de l’Université Laval, Québec (Canada)-Louvain-Paris 1981, pp. 304-327.

[3] J.P. Mahé, «Le “Discours parfait” d’après l’ “Asclépius” latin», in Barc (éd), Colloque international sur les textes de Nag Hammadi, pp. 405-434.

[4] C. Moreschini, Storia dell’ermetismo cristiano, Morcelliana, Brescia 2000, pp. 75-76; Id., Hermes Christianus. The Intermingling of Hermetic Piety and Christian Thought (Cursor Mundi, 8), Brepols, Turnhout 2012, pp. 62-63; Id., Storia del pensiero cristiano tardo-antico, Bompiani, Milano 2013, pp. 591-592.

[5] G. Quispel, «Reincarnation and Magic in the Asclepius», in Van den Broek- Van Heertum (eds.), From Poimandres to Jacob Böhme,pp. 182-183; M. Krause-P. Labib (Hrsg.), Gnostische und hermetische Schriften aus Codex II und Codex VI (Abhandlungen des Deutschen Archäologischen Instituts Kairo-Koptische Reihe, Band 2), J.J. Augustin, Glückstadt 1971, p. 203; J.P. Mahé (ed.), Hermès en Haute-Egypte, II. Le fragment du «Discours Parfait» et les «Définitions» hermétiques arméniennes (NH VI, 8.8a) (Bibliothèque Copte de Nag Hammadi/Section «Textes», 7), Les Presses de l’Université Laval, Québec (Canada)-Louvain-Paris 1982, pp. 196-197; cfr. A. Camplani (cur.), Scritti ermetici in copto (Testi del Vicino Oriente antico-8. Letteratura egiziana gnostica e cristiana, 3), Paideia, Brescia 2000, p. 167.

[6] Cfr. S. Iles Johnston, «Homo fictor deorum est. Envisioning the Divine in Late Antique Divinatory Spells», in J. Bremmer-A. Erskine (eds.), The Gods of Ancient Greece. Identities and Transformations (Edinburgh Leventis Studies, 5), Edinburgh University Press, Edinburgh 2010, pp. 406-421.

[7] Asclep. 8, 23-24 (= I. Ramelli [cur.], Corpus Hermeticum, Bompiani, Milano 2005, pp. 556-559; trad. it. di A.-D. Nock–A. J. Festugière [éds.], Corpus Hermeticum, I-IV, Les Belles Lettres, Paris 1945-1954).

[8] C. Gilly, «Scheda 19. Il biasimo di Agostino: ‘Ermete diretto portavoce del demonio’», in Gentile-Gilly, Marsilio Ficino e il ritorno di Ermete Trismegisto, p. 171.

[9] M. Bussagli, s.v. «Zodiaco»,  in Enciclopedia dell’Arte Medievale, XI, Istituto della Enciclopedia Italiana-Treccani, Roma 2000, p. 849 a.

[10] Schol. in Theocr. Idyl. 5, 93a (Wendel, p. 174, 13-15); cfr. anche Clem. Alex. Paed. 2, 71.

[11] F. Gury, s.v. «Zodiacus», in LIMC, VIII/2, Artemis, Zürich-Düsseldorf 1997, p. 322, fig. 4.

[12] A. Gheerbrant, s.v. «Lepre», in J. Chevalier-A. Gheerbrant (cur.), Dizionario dei Simboli, II, trad. it. a cura di I. Sordi, Rizzoli, BUR, Milano 19895 (ed. or. Paris 1969), p. 18 a.

[13] Cfr. A. Krasnowolska, s.v. «Bābā-ye Dehqān», in E.Yarshater (ed.), Encyclopaedia Iranica, www.iranicaonline.org/articles/baba-ye-dehqan-mythological (versione elettronica).

[14] Cfr. L. Kahil, s.v. «Artemis», in LIMC, II/2, Artemis, Zürich-München 1984, pp. 619-620.

[15] Z. Kádár, s.v. «Animali», in Enciclopedia dell’Arte Medievale, II, Istituto della Enciclopedia Italiana-Treccani, Roma 1991, p. 1 a.

[16] Etym. 12, 2, 5 (PL 82, 454); esiste anche un altro strano animale chiamato Leontophonos (12, 2, 54 [PL 82, 54]).

[17] P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, III, Klincksieck, Paris 1968, p. 858 a.

[18] Etym. 12, 2, 17 (PL 82, 436).

[19] Cfr. A. M. Bisi, Il Grifone. Storia di un motivo iconografico nell’Antico Oriente mediterraneo (Studi Semitici, 13), Centro di Studi Semitici-Istituto di Studi del Vicino Oriente-Università di Roma, Roma 1965.

[20] Il passo fa parte dell’esegesi gnostica dei Perati, che descrivono la funzione soteriologica del Serpente originario «vero e perfetto», identificato con il Logos del Vangelo di Giovanni, con una notevole profusione di allegorie, menzionando anche Caino, «giusto» assassino di un fratello contaminato dai sacrifici cruenti(Hipp. Ref. V, 16, 8 [Wendland, II, p. 112, 18 ss.]).

[21] Etym. 12, 6 (PL 82, 450-459).

[22] Basilio di Cesarea, In Hex. 7, 148 D (SC 26, 395).

[23] Bussagli, «Zodiaco»,  pp. 851 b-852 a.

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