Hanns Hörbiger: la teoria del Ghiaccio Cosmico

Tratto da Louis Pauwels e Jacques Bergier «Il mattino dei maghi», parte II, cap. VI

Ghiaccio e fuoco, repulsione e attrazione lottano eternamente nell’Universo. Questa lotta determina la vita, la morte e la rinascita perpetua del cosmo. Uno scrittore tedesco, Elmar Brugg, ha scritto nel 1952 un’opera in lode di Hörbiger, in cui dice:

“Nessuna delle dottrine che spiegano l’Universo faceva entrare in gioco il principio di contraddizione, della lotta di due forze contrarie, di cui tuttavia l’anima dell’uomo si alimenta da millenni. Il merito imperituro di Hörbiger è di aver risuscitato potentemente la conoscenza intuitiva dei nostri antenati attraverso il conflitto eterno del fuoco e del ghiaccio, cantato dall’Edda. Egli ha esposto questo conflitto agli occhi dei suoi contemporanei. Egli ha dato base scientifica a questa immagine grandiosa del mondo legata al dualismo della materia e della forza, della repulsione che disperde e dell’attrazione che riunisce.”

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Hanns Hörbiger

È dunque certo: la Luna finirà per cadere sulla Terra. C’è un momento, alcune decine di millenni, in cui la distanza da un pianeta all’altro sembra fissa. Ma potremo renderci conto che la spirale si restringe. A poco a poco, nel corso del tempo, la Luna si avvicinerà. La forza di gravitazione che essa esercita sulla Terra andrà aumentando. Allora le acque dei nostri oceani si uniranno in una marea permanente e saliranno, coprendo le terre, sommergendo i tropici e circondando le più alte montagne. Gli esseri viventi si troveranno progressivamente alleggeriti di peso. Diventeranno più grandi. I raggi cosmici diventeranno più potenti. Agendo sui geni e sui cromosomi determineranno mutazioni. Si vedranno apparire nuove razze, animali, piante e uomini giganteschi. Poi, avvicinandosi ancora, la Luna scoppierà, girando alla massima velocità e diventerà un immenso anello di pietre, di ghiaccio, di acqua e di gas, girando sempre più veloce. Infine l’anello si abbatterà sulla Terra, e sarà la caduta, l’apocalisse annunciata. Ma se taluni uomini sopravvivranno (i più forti, i migliori, gli eletti), saranno loro riservati strani e formidabili spettacoli. E forse lo spettacolo finale.

Dopo millenni senza satellite in cui la Terra avrà conosciuto straordinarie sovrapposizioni di antiche e nuove razze, di civiltà originate dai giganti, ricominciamenti di là dal diluvio, e immensi cataclismi, Marte, più piccolo del nostro globo, finirà per raggiungerlo. Entrerà nell’orbita della Terra. Ma è troppo grande per essere catturato, diventare, come la Luna, un satellite. Passerà vicinissimo alla Terra, la sfiorerà andando a cadere sul Sole, attirato da esso, aspirato dal fuoco. Allora la nostra atmosfera sarà improvvisamente afferrata, trascinata dalla gravitazione di Marte, e ci lascerà per perdersi nello spazio. Gli oceani turbineranno ribollendo sulla superficie della Terra, spazzando tutto, e la crosta terrestre scoppierà. Il nostro globo, morto, continuando la sua spirale, sarà raggiunto da planetoidi ghiacciati che vagano nel cielo, e diventerà una enorme sfera di ghiaccio che a sua volta andrà a gettarsi nel Sole. Dopo la collisione ci sarà il grande silenzio, la grande immobilità, mentre per milioni d’anni il vapore acqueo accumulerà all’interno della massa fiammeggiante. Infine, vi sarà un’altra esplosione per altre creazioni nell’eternità delle forze ardenti del cosmo.

Tale è il destino del nostro sistema solare nella visione dell’ingegnere austriaco che i gerarchi nazionalsocialisti chiamavano “il Copernico del secolo XX”. Descriveremo ora questa visione applicata alla storia passata, presente e futura della Terra e degli uomini. È una storia che, attraverso “gli occhi di tempesta e di lotta” del profeta Hörbiger, assomiglia ad una leggenda, piena di rivelazioni favolose e di formidabili stranezze.

Eravamo nel 1948, io credevo in Gurdjiev e una delle sue fedeli discepole mi aveva cortesemente invitato a passare qualche settimana con la mia famiglia in casa sua, in montagna. Quella donna aveva vera cultura, la formazione di una studiosa di chimica, intelligenza acuta e carattere fermo. Aiutava gli artisti e gli intellettuali. Dopo Lue Dietrich e René Daumal, dovevo contrarre verso di lei un debito di riconoscenza. Non aveva nulla della discepola invasata, e l’insegnamento di Gurdjiev, che talvolta soggiornava in casa sua, le giungeva attraverso il vaglio della ragione. Tuttavia un giorno, la colsi o credetti di coglierla in flagrante delitto di irrazionalità. Essa mi rivelò improvvisamente gli abissi del suo delirio, ed io restai muto e atterrito davanti a lei, come davanti ad un’agonia. Una notte stellata e fredda scendeva sulla neve, e noi conversavamo tranquillamente, appoggiati al balcone della villetta. Guardavamo gli astri, come li si guarda in montagna, provando una solitudine assoluta che è angosciosa altrove e, in montagna, purificatrice. Il rilievo della Luna appariva nettamente.

«Bisognerebbe dire piuttosto una luna» disse la mia ospite «una delle lune…»
«Che volete dire?»
«Ci sono state altre lune nel cielo. Questa è l’ultima, semplicemente…»
«Che? Ci sarebbero state altre lune oltre questa?»
«È certo. Il signor Gurdjiev lo sa, e altri lo sanno.»
«Ma, insomma, gli astronomi…»
«Oh, se vi fidate degli scientisti!…»

Il suo viso era calmo, ella sorrideva con una sfumatura di compassione. Da quel giorno cessai di sentirmi sullo stesso piano con certi amici di Gurdjiev che stimavo. Divennero ai miei occhi esseri fragili e inquietanti e io sentii che uno dei fili, che mi legavano a quel gruppo, si era spezzato. Alcuni anni più tardi, leggendo il libro di Gurdjiev, I Racconti di Belzebù, e scoprendo la cosmogonia di Hörbiger, dovevo capire che quella visione, o piuttosto quella credenza, non era una semplice capriola nel fantastico. C’era una certa coerenza tra quella bizzarra storia di lune e la filosofia del superuomo, la psicologia degli “stati superiori di coscienza”, la meccanica delle mutazioni. Infine nelle tradizioni orientali si trovavano quella storia e l’idea che alcuni uomini, millenni fa, avevano potuto osservare un cielo diverso dal nostro, altre costellazioni, un altro satellite. Gurdjiev non aveva fatto altro che ispirarsi a Hörbiger che certamente conosceva? Oppure aveva attinto ad antiche fonti di sapere, tradizioni o leggende, che Hörbiger aveva ribadito come per caso nel corso delle sue illuminazioni pseudo-scientifiche?

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Hanns Hörbiger

[…] Così, secondo Hörbiger, la Luna, quella che noi vediamo, non sarebbe che l’ultimo satellite captato dalla Terra, il quarto. Il nostro globo, nel corso della sua storia, ne avrebbe già captato tre. Tre masse di ghiaccio cosmico erranti nello spazio, sarebbero entrate, una dopo l’altra, nella nostra orbita. Esse avrebbero cominciato a descrivere delle spirali intorno alla Terra, avvicinandosi, poi si sarebbero abbattute su di noi. La nostra Luna attuale precipiterà anch’essa sulla Terra. Ma questa volta la catastrofe sarà maggiore, perché quest’ultimo satellite di ghiaccio è più grande dei precedenti. Tutta la storia del globo, l’evoluzione delle specie e tutta la storia umana trovano la loro spiegazione in questa successione di lune nel nostro cielo.

Ci sono state quattro epoche geologiche, perché ci sono state quattro lune. Noi siamo nel quaternario. Quando una luna cade, è già scoppiata, e, girando sempre più veloce, si è trasformata in un anello di pietre, di ghiaccio e di gas. Questo anello cade sulla Terra avvolgendo la crosta terrestre e fossilizzando tutto ciò che si trova sotto di esso. In periodi normali gli organismi sepolti non si fossilizzano, si putrefanno. Si fossilizzano solo quando cade la Luna. Ecco perché abbiamo potuto distinguere un’epoca primaria una secondaria e una terziaria. Tuttavia, trattandosi di anello, non abbiamo che testimonianze molto frammentarie sulla storia della vita sulla Terra. Altre specie animali e vegetali hanno potuto nascere e sparire, nel corso del tempo, senza che ne restasse traccia negli strati geologici. Ma la teoria delle lune successive permette di immaginare le mutazioni subite nel passato dalle forme viventi. Permette anche di prevedere le mutazioni future. Durante il periodo in cui il satellite si avvicina, c’è un momento di alcune centinaia di migliaia di anni in cui gira intorno alla Terra ad una distanza pari a quattro-sei raggi terrestri. A paragone con la distanza della nostra Luna attuale, è a portata di mano. La gravitazione è dunque considerevolmente cambiata. Ora, è proprio la gravitazione che determina la conformazione degli esseri. Essi diventano più o meno grandi secondo il peso che possono sopportare.

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Nel momento in cui il satellite è vicino, c’è dunque un periodo di gigantismo. Alla fine del primario: immensi vegetali, insetti giganteschi. Alla fine del secondario: il diplodoco, gli iguanodonti, gli animali di trenta metri. Si producono mutazioni brusche, perché i raggi cosmici sono più potenti. Gli esseri, alleggeriti di peso, si drizzano, le scatole craniche si allargano, alcune bestie si mettono a volare. Forse, alla fine del secondario sono apparsi mammiferi giganti. E forse i primi uomini, creati per mutazione. Si dovrebbe collocare questo periodo alla fine del secondario, nel momento in cui la seconda luna gira in vicinanza del globo, a circa quindici milioni di anni. È l’epoca del nostro antenato, il gigante. La signora Blavatsky, che pretendeva di averne avuto notizia dal Libro dei Dzvan, testo che sarebbe il più antico dell’umanità e narrerebbe la storia delle origini dell’uomo, assicurava anche che una prima razza umana, gigantesca, sarebbe apparsa fin dal secondario:

“L’uomo secondario un giorno sarà scoperto, e con lui le sue civiltà da tempo sepolte”.

In una notte dei tempi infinitamente più fitta di quanto pensiamo, ecco dunque, sotto una luna diversa, in un mondo di mostri, questo primo uomo immenso che ci rassomiglia appena, e la cui intelligenza è diversa dalla nostra. Il primo uomo, e forse la prima coppia umana, gemelli espulsi da una matrice animale, per un prodigio di mutazioni che si moltiplicano quando i raggi cosmici sono giganteschi. La Genesi ci dice che i discendenti di questo antenato vivevano da cinquecento a novecento anni: dipende dal fatto che l’alleggerimento di peso diminuisce l’usura dell’organismo. Essa non ci parla di giganti, ma le tradizioni ebree e musulmane riparano largamente a questa omissione. Infine, alcuni discepoli di Hörbiger sostengono che recentemente in Russia sarebbero stati scoperti fossili dell’uomo secondario.

Quali possono essere state le forme di civiltà dei giganti. Quindici milioni di anni fa? Si immaginano gruppi e modi di essere ricalcati sugli insetti giganti provenienti dal primario, dei quali i nostri insetti attuali, ancora così strani, sono i discendenti degeneri. Si immaginano grandi poteri di comunicare a distanza, civiltà fondate sul modello delle centrali di energia psichica e materiale formate, per esempio, dai termitai, che pongono all’osservatore tanti problemi sconcertanti sui campi sconosciuti delle infrastrutture—o delle super-strutture—dell’intelligenza.

La seconda luna si avvicinerà ancora, scoppierà in anello e si abbatterà sulla Terra che conoscerà un nuovo e lungo periodo senza satellite. Negli spazi lontani una formazione glaciale a spirale raggiungerà l’orbita della Terra che capterà così una nuova luna. Ma nel periodo in cui nessuna grossa sfera brilla sulle teste, sopravvivono soltanto alcuni esemplari delle mutazioni avvenute alla fine del secondario e che sussisteranno diminuendo di proporzioni. Ci sono ancora giganti, che si adattano. Quando appare la luna terziaria sono già stati formati uomini comuni, più piccoli e meno intelligenti: i nostri veri antenati. Ma i giganti usciti dal secondario e che hanno superato il cataclisma, esistono ancora e civilizzeranno i piccoli uomini.

L’idea che gli uomini, partendo dallo stato bestiale e selvaggio, si sono lentamente innalzati fino alla civiltà, è recente. È un mito giudeo-cristiano imposto alle coscienze per scacciare un mito più potente e più rivelatore. Quando l’umanità era più recente, più vicina al suo passato, al tempo in cui nessuna cospirazione ben ordita l’aveva ancora allontanata dalla sua stessa memoria, essa sapeva di discendere dagli dei, dai re giganti che le avevano insegnato tutto. Essa si ricordava di un’età aurea in cui i superiori, nati prima di lei, insegnavano l’agricoltura, la metallurgia, le arti, le scienze e il governo dell’anima. I greci ricordavano l’età di Saturno e la riconoscenza che i loro antenati avevano per Ercole. Gli egizi e i popoli della Mesopotamia conservavano le leggende dei re giganti iniziatori. Le popolazioni che noi oggi chiamiamo “primitive”, gli indigeni del Pacifico, per esempio, mescolano alla loro religione, indubbiamente imbastardita, il culto dei buoni giganti, del principio del mondo. Nella nostra epoca, in cui tutti i dati dello spirito e della conoscenza sono stati invertiti, gli uomini che hanno compiuto il formidabile sforzo di sottrarsi ai modi di pensare ufficiali, ritrovano alla sorgente della loro intelligenza la nostalgia dei tempi felici dell’alba delle età, di un paradiso perduto, il ricordo velato di una iniziazione primordiale.

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Hanns Hörbiger

Dalla Grecia alla Polinesia, dall’Egitto al Messico e alla Scandinavia, tutte le tradizioni riferiscono che gli uomini furono iniziati da giganti. È l’epoca d’oro del terziario, che dura molti milioni di anni, durante i quali la civiltà morale, spirituale, e forse tecnica raggiunge il suo apogeo sul globo. “Quando i giganti erano ancora mescolati agli uomini, nei tempi in cui mai nessuno parlò” scrive Hugo con straordinaria illuminazione.

La luna terziaria, la cui spirale si restringe, si avvicina alla Terra. Le acque salgono, attratte dalla gravitazione del satellite, e gli uomini, più di novecentomila anni fa, salgono sulle più alte cime delle montagne con i giganti, loro re. Su quelle cime, sopra gli oceani sollevati che formano una specie di anello intorno alla Terra, gli uomini e i loro Superiori fonderanno una civiltà marittima mondiale in cui Hörbiger e il suo discepolo inglese Bellamy vedono la civiltà atlantidea.

Bellamy nota nelle Ande, a quattromila metri, tracce di sedimenti marini che si prolungano per settecento chilometri. Le acque della fine del terziario arrivavano fin lassù e uno dei centri della civiltà di questo periodo sarebbe stata Tiahuanaco, presso il lago Titicaca. Le rovine di Tiahuanaco testimoniano una civiltà centinaia di volte millenaria, e che non assomiglia in nulla alle civiltà posteriori (L’archeologo tedesco Von Hagen, autore di un’opera pubblicata in francese col titolo Au royaume des Incas, ha raccolto presso il lago Titicaca una tradizione orale degli indiani del luogo secondo cui “Tiahuanaco fu costruita prima che esistessero le stelle nel cielo“).

Per i seguaci di Hörbiger le tracce dei giganti vi sono visibili come i loro inspiegabili monumenti. Vi si trova, per esempio, una pietra di nove tonnellate che ha su sei facce buchi di tre metri di altezza, incomprensibili per gli architetti, come se la loro funzione fosse stata poi dimenticata da tutti i costruttori esistiti nella storia. Alcuni portici misurano tre metri di altezza e quattro di larghezza, e sono tagliati in un solo blocco di pietra con porte, false finestre sculture eseguite a scalpello, il tutto pesante dieci tonnellate. Dei pannelli murali, ancora in piedi, pesano sessanta tonnellate, sostenuti da blocchi di grès di cento tonnellate piantati come coni nel terreno. In mezzo a queste rovine favolose si elevano statue gigantesche delle quali una sola è stata portata in basso e collocata nel giardino del musa di La Paz. Misura otto metri di altezza e pesa venti tonnellate. Tutto invita i seguaci di Hörbiger a vedere in queste statue ritratti di giganti da essi stessi eseguiti.

“Dai lineamenti del volto giunge ai nostri occhi e anche al nostro cuore, un’espressione di sovrana bontà e di sovrana saggezza. Un’armonia di tutto l’essere spira da tutto il colosso le cui mani e il corpo nobilmente stilizzati posano in un equilibrio che ha un valore morale. Riposo e pace spirano dal meraviglioso monolito. Se esso è il ritratto di uno dei re giganti che hanno governato quel popolo, non si può non pensare a questo inizio di una frase di Pascal: «Se Dio ci desse dei maestri di sua mano…».”

Se quei monoliti furono scolpiti e innalzati dai giganti per i loro discepoli, gli uomini; se le sculture di estrema astrattezza, di una stilizzazione così spinta da confondere la nostra intelligenza, sono state eseguite da quei Superiori, noi troviamo in esse l’origine dei miti secondo cui le arti sono state insegnate agli uomini da dèi, e la chiave delle diverse mistiche dell’ispirazione estetica.

Fra quelle sculture figurano stilizzazioni di un animale, il todoxon, le cui ossa sono state scoperte fra le rovine di Tiahuanaco. Ora, si sa che il todoxon non ha potuto vivere che nel terziario. Infine in quelle rovine che precederebbero di centomila anni la fine del terziario, affondato nella melma secca c’è un portico di dieci tonnellate, le cui decorazioni sono state studiate dall’archeologo tedesco Kiss, discepolo di Hörbiger, tra il 1928 e il 1937. Si tratterebbe di un calendario compilato in base alle osservazioni degli astronomi del terziario. Questo calendario registra dati rigorosamente scientifici. È diviso in quattro parti distinte dai solstizi e gli equinozi che segnano le stagioni astronomiche. Ciascuna delle stagioni è suddivisa in tre sezioni, e nelle dodici suddivisioni la posizione della Luna è visibile per ogni ora del giorno. Inoltre, i due movimenti del satellite, quello apparente e quello reale, tenuto conto della rotazione della Terra, sono indicati su quel favoloso portico scolpito, cosicché è necessario pensare che coloro che hanno realizzato e usavano quel calendario avevano una cultura superiore alla nostra.

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Tiahuanaco, a più di quattromila metri sulle Ande, era dunque una delle cinque grandi città della civiltà marittima della fine del terziario, costruite dai giganti condottieri di uomini. I discepoli di Horbiger vi trovano le tracce di un grande porto, con le sue enormi banchine, donde gli Atlanti, poiché senza dubbio si tratta dell’Atlantide, partivano, a bordo di vascelli perfetti, a fare il giro del mondo sull’anello degli oceani e toccavano gli altri quattro grandi centri: Nuova Guinea, Messico, Abissinia, Tibet. Così quella civiltà era estesa a tutto il mondo, il che spiega le somiglianze tra le più antiche tradizioni conosciute dell’umanità.

All’estremo grado di unità, di raffinatezza delle conoscenze e dei mezzi, gli uomini e i loro re giganti sanno che la spirale della terza luna va restringendosi e che il satellite alla fine cadrà, ma essi sono coscienti delle relazioni di tutte le cose del cosmo, dei rapporti magici dell’essere con l’universo, e senza dubbio adoperano certi poteri, certe energie individuali e collettive, tecniche e spirituali per ritardare il cataclisma e prolungare l’età atlantidea, il cui ricordo confuso resterà attraverso i millenni.

Quando la luna terziaria cadrà, le acque si abbasseranno bruscamente, ma sconvolgimenti precorritori avranno già danneggiato quella civiltà. Abbassatisi gli oceani, le cinque grandi città, fra cui l’Atlantide delle Ande, spariranno, isolate, asfissiate dall’abbassarsi delle acque. Le tracce sono più evidenti a Tiahuanaco, ma i discepoli di Hörbiger ne scoprono altrove.

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Hanns Hörbiger con il figlio Alfred

Nel Messico i toltechi hanno lasciato testi sacri che narrano la storia della Terra in modo conforme alla tesi di Hörbiger. Nella Nuova Guinea gli indigeni malekula continuano, senza più rendersi conto di ciò che fanno, ad innalzare immense pietre scolpite che misurano più di dieci metri di altezza e rappresentano l’antenato superiore, e la loro tradizione orale che fa della Luna la creatrice del gene umano, prevede la caduta del satellite.

Dall’Abissinia sarebbero discesi i giganti mediterranei dopo il cataclisma e la tradizione fa di quell’altopiano la culla del popolo giudeo e la patria della regina di Saba, detentrice delle scienze antiche. Infine si sa che il Tibet è un serbatoio di antichissime conoscenze fondate sulla psicologia. Quasi a confermare la visione dei discepoli di Hörbiger, nel 1957 è apparsa in Inghilterra e in Francia una curiosa opera intitolata Il Terzo Occhio che porta la firma di Lobsang Rampa. L’autore assicura di essere un lama che ha raggiunto l’ultimo grado di iniziazione. Potrebbe essere uno dei tedeschi inviati in missione speciale nel Tibet dai capi nazisti. Egli descrive la sua discesa sotto la guida di tre grandi metafisici lamaisti, una cripta di Lhasa dove si troverebbe il vero segreto Tibet.

“Vidi tre sarcofagi in pietra nera decorati di incisioni e di iscrizioni strane. Non erano chiusi. Gettando un’occhiata all’interno, mi si mozzò il respiro. «Guarda, figlio» mi disse il decano degli abati. «Essi vivevano come dèi nel nostro paese all’epoca in cui non esistevano ancora montagne. Essi percorrevano il nostro suolo quando i mari bagnavano le nostre rive e quando altre stelle brillavano nei nostri cieli. Guarda bene, perché solo gli iniziati li hanno visti». Ubbidii, affascinato e atterrito nello stesso tempo. Tre corpi nudi, ricoperti d’oro, erano allungati sotto i miei occhi. Tutti i loro lineamenti erano fedelmente riprodotti dall’oro. Ma erano enormi! La donna misurava più di tre metri, e il più grande degli uomini non meno di cinque. Le loro teste erano grandi, leggermente coniche in alto, la mascella stretta, la bocca era piccola, le labbra sottili. Il naso era lungo e fine, gli occhi diritti e profondamente incavati… Esaminai il coperchio di uno dei sarcofagi. Vi era incisa una carta dei cieli, con stelle molto strane.”

(Da notare che in una caverna del Bohistan, ai piedi dell’Himalaya, è stata trovata una carta del cielo molto diversa dalle carte stabilite oggi. Gli astronomi pensano che si tratti di osservazioni che possono essere state fatte tredicimila anni fa. Questa carta fu pubblicata dal National Geographical Magazine nel 1925). E scrive ancora, dopo quella discesa nella cripta:

“Anticamente, migliaia e migliaia di anni fa, i giorni erano più brevi e più caldi. Sorsero civiltà grandiose e gli uomini erano più colti di adesso. Dallo spazio esterno sorse un pianeta che urtò di fianco la Terra. I venti agitarono i mari che per effetto di diverse spinte gravitazionali si riversarono sulla Terra. L’acqua ricopri il globo che fu scosso da terremoti e il Tibet cessò di essere un paese caldo, una stazione marittima.”

Bellamy, archeologo seguace di Hörbiger, trova intorno al lago Titicaca le tracce delle catastrofi che precedettero la caduta della luna terziaria: ceneri vulcaniche, depositi provenienti da inondazioni improvvise. È il momento in cui il satellite sta per scoppiare in un anello e girare follemente a distanza minima dalla Terra, prima di cadere. Intorno a Tiahuanaco certe rovine fanno pensare a cantieri bruscamente abbandonati, con utensili sparpagliati.

L’altra civiltà atlantidea conosce per alcune migliaia di anni gli attacchi degli elementi, e si dissolve. Poi, centocinquantamila anni fa, si produce il cataclisma, la luna cade, un terribile bombardamento colpisce la Terra. L’attrazione cessa, l’anello di acque cade immediatamente, i mari si ritirano, si riabbassano. Le cime che erano grandi stazioni marittime, sono isolate da infinite paludi. L’aria si rarefà, il caldo cessa. L’Atlantide non muore sepolta, ma al contrario perché abbandonata dalle acque. Le navi vengono trascinate e distrutte, le macchine sprofondano o esplodono, i viveri che venivano dall’esterno vengono a mancare, la morte distrugge miriadi di esseri, gli scienziati e le scienze sono scomparsi, l’organizzazione sociale annientata.

Se la civiltà atlantidea aveva raggiunto il più alto grado possibile di perfezione sociale e tecnica, di gerarchia e di unità, ha potuto volatilizzarsi in brevissimo tempo, senza lasciare quasi tracce. Si pensi quale potrebbe essere la scomparsa della nostra civiltà tra alcune centinaia di anni, o anche fra alcuni anni. Gli apparecchi che emettono energia, come quelli che la trasmettono, diventano sempre più semplici, e i relais diventano sempre più numerosi. Ben presto ciascuno di noi possederà dei relais di energia nucleare, per esempio, o vivrà vicino a tali relais: officine o macchine, fino al giorno in cui basterà un incidente alla sorgente perché tutto si volatilizzi contemporaneamente sull’immensa catena di quei relais: uomini, città, nazioni. Sarà risparmiato proprio tutto ciò che non sarà a contatto con l’alta civiltà tecnica. E le scienze-chiave come le chiavi del potere, spariranno di colpo, in ragione stessa dell’estremo grado di specializzazione. Sono le civiltà più grandi che spariscono in un istante, senza trasmettere nulla. Questa visione è irritante per lo spirito, ma rischia di essere esatta. Così si può pensare che le centrali e i relais dell’energia psichica, che era forse alla base della civiltà del terziario, siano saltate completamente e contemporaneamente, mentre deserti di melma circondavano le cime divenute fredde, su cui l’aria diventava irrespirabile. Più semplicemente, la civiltà marittima, con i suoi Superiori, le sue navi, gli scambi, svanisce nel cataclisma.

Ai sopravvissuti non resta che discendere verso le pianure paludose che il mare ha scoperto, verso le immense torbiere del nuovo continente, appena liberato dalla ritirata delle acque tumultuose, in cui non apparirà una vegetazione utile che nel corso di millenni. I re giganti sono alla fine del loro regno; gli uomini sono ridiventati selvaggi e affondano con i loro dei decaduti nelle profonde notti senza luna che il globo sta per conoscere.

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I giganti che da milioni di anni abitavano questo mondo, simili agli dèi che si troveranno nelle nostre leggende molto più tardi, hanno perduto la loro civiltà. Gli uomini su cui regnavano sono ridiventati bruti. Questa umanità decaduta, dietro i suoi signori senza poteri, si disperde in orde nei deserti di melma. Questa caduta risalirebbe a centocinquantamila anni fa, e Hörbiger calcola che il nostro pianeta rimane senza satellite per centotrentottomila anni. Durante questo immenso periodo rinascono alcune civiltà sotto la signoria degli ultimi re giganti. Esse si stabiliscono su pianure elevate, tra il quarantesimo e il sessantesimo grado di latitudine nord, mentre sulle cinque alte cime del terziario rimane qualche cosa della lontana età dell’oro. Ci sarebbero state dunque due Atlantidi: quella delle Ande, che si irradiava sul mondo, con i suoi altri quattro punti; e quella dell’Atlantico nord, molto più modesta, fondata molto tempo dopo la catastrofe dai discendenti dei giganti. Questa tesi delle due Atlantidi permette di integrare tutte le tradizioni e racconti antichi. È di questa seconda Atlantide che parla Platone.

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Hanns Hörbiger

Dodicimila anni fa la Terra capta un quarto satellite: la nostra attuale Luna. Si verifica una nuova catastrofe. Il nostro globo assume la sua forma rilevata ai tropici. I mari del nord e del sud rifluiscono verso la parte centrale della Terra e al nord ricominciano le epoche glaciali sulle pianure abbandonate dall’aria e dall’acqua attratte dalla nuova luna. La seconda civiltà atlantidea, più limitata della prima, sparisce in una notte, inghiottita dalle acque del nord. È il Diluvio di cui si conserva il ricordo nella Bibbia. È la Caduta di cui si ricordano gli uomini cacciati contemporaneamente dal paradiso terrestre dei tropici. Per i seguaci di Hörbiger i miti della Genesi e del Diluvio sono nello stesse tempo reminiscenze e profezie, poiché gli avvenimenti cosmici si ripeteranno. E il testo dell’Apocalisse, che non è mai stato spiegato, sarebbe una traduzione fedele delle catastrofi celesti e terrestri osservate dagli uomini nel corso dei tempi e conformi alla teoria di Hörbiger.

In questo nuovo periodo di luna alta i giganti viventi degenerano. Le mitologie sono piene di lotte di giganti fra di loro, di combattimenti tra uomini e giganti. Questi, che erano stati re e dèi, ora, schiacciati dal peso del cielo, sfiniti, diventano mostri da cacciare. La loro caduta è tanto più bassa quanto più alta era stata la loro ascesa. Sono gli orchi delle leggende, Urano e Saturno divorano i loro figli. David uccide Golia. Come dice ancora Hugo, si vedono: orribili giganti stupidissimi vinti da nani pieni d’intelligenza. È la morte degli dèi. Gli ebrei, quando entreranno nella Terra Promessa, scopriranno il monumentale letto di ferro di un re gigante scomparso: “Ed ecco, il suo letto era di ferro, lungo nove cubiti, e largo quattro.” (Deuteronomio).

L’astro di ghiaccio che illumina le nostre notti è stato captato dalla Terra e gira intorno ad essa. La nostra Luna è nata. Da dodicimila anni non abbiamo cessato di renderle un culto vago, pieno di inconsapevoli reminiscenze, di dedicarle un’inquieta attenzione di cui non capiamo molto bene il significato. Quando la contempliamo, continuiamo a sentire qualche cosa muoversi nel fondo della nostra memoria più vasta di noi stessi. Gli antichi disegni cinesi rappresentano il drago lunare che minaccia il globo. Si legge nei Numeri (XIII, 33): “Ed ecco, vedemmo i giganti, i figli di Anak che discendono dai giganti, e ai nostri occhi noi eravamo di fronte ad essi come dei grilli – e ai loro occhi eravamo come dei grilli“. E Giobbe (XXVI, 5) ricorda la distruzione dei giganti ed esclama: “Gli esseri morti sono sotto l’acqua, e gli antichi abitanti della Terra…“.

Un mondo è sprofondato, un mondo è scomparso, gli antichi abitanti della Terra sono scomparsi, e noi cominciamo la nostra vita di uomini soli, di piccoli uomini abbandonati, in attesa dei mutamenti, dei prodigi e dei cataclismi futuri, in una nuova notte dei tempi, sotto questo nuovo satellite che ci giunge dagli spazi in cui si perpetua la lotta tra il ghiaccio e il fuoco. Un po’ dappertutto alcuni uomini ripetono ciecamente le imprese delle civiltà estinte, innalzano, senza sapere più perché, monumenti giganteschi, ripetendo, nella decadenza, i lavori degli antichi maestri: sono le immense megaliti di Malekula, i menhir celtici, le statue dell’isola di Pasqua. Popolazioni che noi oggi chiamiamo “primitive” sono senza dubbio resti degenerati di imperi scomparsi che ripetono, senza capirli e imbastardendoli, atti anticamente regolati da amministrazioni razionali.

In certi luoghi, in Egitto, in Cina, molto più tardi in Grecia, sorgono grandi civiltà umane, ma che conservano il ricordo dei Superiori scomparsi, dei giganti re iniziatori, dopo quattromila anni di cultura, gli egizi del tempo di Erodoto e di Platone continuano ad affermare che la grandezza degli antichi deriva dal fatto che hanno imparato le arti e le scienze direttamente dagli dei. Dopo molte decadenze, un’altra civiltà nascerà in Occidente. Una civiltà di uomini staccati dal loro passato favoloso, limitati nel tempo e nello spazio, ridotti a se stessi, e in cerca di mitiche consolazioni, esiliati dalle loro origini e inconsapevoli dell’immensità del destino delle cose viventi legato ai vasti movimenti cosmici. Una civiltà umana, umanistica: la civiltà giudeo-cristiana. Essa è minuscola. È un residuo. E tuttavia questo residuo della grande anima passata ha illimitate possibilità di dolore e di comprensione. È il miracolo di questa civiltà. Ma essa è al suo termine. Ci avviciniamo ad un’altra epoca. Stanno per verificarsi delle mutazioni. Il futuro sta per dare la mano al più lontano passato. La terra rivedrà i giganti. Ci saranno altri diluvi, altre apocalissi, e regneranno altre razze.

“Dapprima abbiamo conservato un ricordo relativamente nitido di ciò che avevamo visto. Poi questa vita s’innalzò in volute di fumo, oscurò rapidamente ogni cosa, ad eccezione di alcune grandi linee generali. Attualmente tutto ritorna alla mente con una limpidezza maggiore che mai.”

E nell’universo in cui tutto si ripercuote su tutto, formeremo profonde ondate. […] Secondo Hörbiger noi siamo dunque nel quarto ciclo. La vita sulla Terra ha conosciuto tre apogei, durante i tre Periodi di lune basse, con mutamenti bruschi, apparizioni di giganti. Durante i millenni senza luna sono apparse le razze nane e senza prestigio, e gli animali che si trascinano, come il serpente che ricorda la Caduta. Durante le lune alte, le razze-medie, indubbiamente gli uomini comuni del principio del terziario, nostri antenati. Bisogna anche pensare che le lune, prima della loro caduta, agiscano circolarmente intorno alla Terra, creando condizioni diverse nelle parti del globo che non sono sotto quella cintura. Cosicché, dopo molti cicli, la Terra offre uno spettacolo molto vario: razze in decadenza, razze in ascesa, esseri intermedi, degenerati e apprendisti del futuro, annunziatoti di mutamenti vicini e schiavi di ieri, nani delle antiche notti e Signori di domani. In tutto questo dobbiamo sgombrare le vie del sole con occhio implacabile quanto è implacabile la legge degli astri. Ciò che si verifica nel cielo determina ciò che si verifica sulla terra,” ma c’è reciprocità. Come il segreto e l’ordine dell’universo risiedono nel più piccolo granello di sabbia, il movimento dei millenni è contenuto in certo senso nel breve spazio del nostro passaggio su questo globo, e noi dobbiamo nella nostra anima individuale come nell’anima collettiva, ripetere le cadute e le ascese passate, e preparare le apocalissi e le ascese future. Noi sappiamo che tutta la storia del cosmo è legata alla lotta tra il ghiaccio e il fuoco e che questa lotta ha potenti riflessi quaggiù. Sul piano umano, sul piano dell’intelletto e del cuore, quando il fuoco non è più trattenuto, viene il ghiaccio. Lo sappiamo per noi stessi e per l’intera umanità che è eternamente posta davanti alla scelta tra il diluvio e l’epopea.

(tratto da L. Pauwels e J. Bergier, «Il mattino dei maghi», prima edizione francese 1960)

217 mattino maghi

2 commenti su “Hanns Hörbiger: la teoria del Ghiaccio Cosmico

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