Il Portatore di Fuoco: Prometeo e il senso del tragico nell’antica Grecia

Da una parte il fuoco rappresenta il Logos, ma dall’altra Prometeo incarna la natura selvaggia dell’antica cosmologia, contrapposta alla razionalizzazione attuata dalla società della polis sul mondo esterno alla civiltà ellenica considerato “barbaro” e irrazionale. Il senso stesso del tragico si fonda esattamente sulla sfera della non-razionalità, sulla rappresentazione mitica delle ombre inconsce della popolazione greca della polis e dell’uomo stesso.

Apollo il Distruttore: «coincidentia oppositorum» nella mistica e nell’escatologia iperborea

Sebbene considerato per lo più nella sua accezione “luminosa” ed “uranica”, nella tradizione arcaica Apollo unisce nella sua mistica ed escatologia le dicotomie più estreme: l’arco e la lira, la sapienza e la “mania”, la profondità e l’elevazione, la catabasi e il viaggio in spirito verso l’Isola Bianca, la “Caduta” dell’Essere e il ritorno dell’Età dell’Oro. Partendo dalle fonti antiche, noi possiamo ritrovare concezioni simili non solo a quelle dello sciamanesimo nord-asiatico e della spiritualità celtica, ma persino alla visione sacra di alcuni poeti moderni come Blake, Shelley e Yeats — il cui crisma apollineo ci apparirà più chiaro se analizziamo la loro “Weltanschauung” alla luce delle dottrine platoniche ed eraclitee.

Il Polo, l’incorporeità, l’Androgine

Le tradizioni mitiche di tutto il mondo parlano di un’età dell’oro aurorale in cui l’Uomo viveva “in compagnia degli dèi”: ciò si può forse mettere in relazione con la creazione “a immagine e somiglianza di Dio” e alla tradizione dell’Androgine primordiale platonico, omologo dell’Adam Kadmon cabalistico?

Il “Fuoco celeste”: Kronos, Fetonte, Prometeo

di Andrea Casella
copertina: Jean Delville, Prometheus, 1907)

[Segue da Il significato astronomico dell’Età dell’Oro: Astrea e la “caduta” di Fetonte]

In una preghiera nuziale mongola si afferma che: “Nacque il Fuoco, quando Cielo e Terra si separarono”: dunque, prima che l’equatore celeste (padre Cielo) e l’eclittica (madre Terra) si allontanassero (ossia fosse registrato l’angolo di inclinazione di 23° circa dell’eclittica rispetto all’equatore), il “Fuoco” non esisteva. All’inizio, la Via Lattea univa cielo, terra e mondo dei morti: la parte meridionale della Galassia, in corrispondenza di Scorpione e Sagittario, è, per numerose tradizioni, il luogo deputato alla raccolta delle anime in attesa di reincarnarsi.

Apollo/Kronos in esilio: Ogigia, il Drago, la “caduta”

di Marco Maculotti
copertina: Ferdinand Keller

Ci prefiggiamo in questa sede di portare a un punto di congiunzione alcuni cicli di articoli finora pubblicati in questo primo anno di attività di AXIS mundi: il ciclo riguardante i Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia, quello incentrato sulla questione di Tempo e cicli cosmici e infine la serie di conferenze a cura di M. Ruzzai sul Mito dell’origine polare e iperborea dell’umanità.

Simbolismo stellare e simbolismo solare

di Andrea Casella
copertina: “Lo zodiaco e i pianeti” di Bartholomeus Anglicus, tratto dal De proprietatibus rerum, Ahun 1480

[segue da Il tempo ciclico e il suo significato mitologico: la precessione degli equinozi e il tetramorfo e Una scienza a brandelli: sopravvivenze delle dottrine del tempo ciclico dal Timeo all’Apocalisse]

Per riprendere il filo conduttore delle immagini che abbiamo introdotto nei primi due appuntamenti di questo ciclo, alla luce delle precedenti considerazioni, potrebbe essere utile riportare un passo della mitologia norrena.

Divinità del Mondo Infero, dell’Aldilà e dei Misteri

di Marco Maculotti


Continuiamo il discorso precedentemente sviluppato, riprendendolo dalla connessione che abbiamo visto sussistere, nelle tradizioni antiche, tra il periodo della «crisi solstiziale»  e la credenza nel ritorno delle anime dei morti tra i vivi. La connessione con il mondo infero/sotterraneo e con il Regno dei Morti sembra, come abbiamo visto, ricorrente per queste divinità che abbiamo definito ‘del Sole Invernale’ [cfr. Cernunno, Odino e altre divinità del ‘Sole Invernale’], al tempo stesso numi della fecondità epperò anche legati al mondo infero e, quindi, ai trapassati.

Abbiamo già visto che il celtico Cernunno, oltre a essere dio della natura e del tempo, è anche considerato una divinità infera, in particolar modo per quanto riguarda la sua funzione psicopompa, di accompagnatore dei defunti nell’aldilà: un aspetto mercuriale che nella tradizione nordica si ritrova pure, come abbiamo avuto modo di vedere, in Odino/Wodan, da cui deriva infatti il giorno della settimana che latinamente spetta a Mercurio (wednesday=“Wodan’s day”). Ugualmente, in molteplici tradizioni di ogni parte del mondo si trovano figure numinose connesse sia con la fertilità che con il Mondo Infero e l’Oltretomba, a partire dal mediterraneo Signore dell’Ade Plutone, tra i cui simboli vi è la cornucopia (*krn), veicolante abbondanza, fecondità, ricchezza.

Cernunno, Odino, Dioniso e altre divinità del ‘Sole invernale’

Sembrerebbe, invero, che tutte queste potenze numinose, oltre che a un certo aspetto ctonio-tellurico e caotico-selvaggio della natura, siano connesse simbolicamente anche al Sole Invernale, o per meglio dire al «Sole morente» nei giorni finali dell’Anno coincidenti con la «crisi solstiziale», durante la quale l’astro eliaco raggiunge il suo nadir annuale .

di Marco Maculotti
copertina: Hermann Hendrich, “Wotan”, 1913

[segue da: Cicli cosmici e rigenerazione del tempo: riti di immolazione del ‘Re dell’Anno Vecchio’].


Nella pubblicazione precedente abbiamo avuto modo di analizzare il complesso rituale, ravvisabile ovunque presso le antiche popolazioni indoeuropee, incentrato sull’immolazione (reale o simbolica) del «Re dell’Anno Vecchio» (ad es. Saturnali romani), come rappresentazione simbolica dell’«Anno Morente» che deve essere sacrificato per far sì che il Cosmo (=l’ordine delle cose), rinvigorito da tale azione cerimoniale, conceda la rigenerazione del Tempo e del ‘Mondo’ (nell’accezione pitagorica di Kosmos come unità interconnessa) nel nuovo anno a venire; anno che, in tal senso, assurge a micro-rappresentazione dell’Eone e, quindi, dell’intera ciclicità del Cosmo. Procediamo ora all’analisi di alcune divinità intimamente collegate con la «crisi solstiziale», al punto di assurgere a rappresentanti mitici del «Sole Invernale» e, per esteso, del «Re dell’Anno Calante»: Cernunno, il ‘dio cornuto’ per antonomasia, per quanto riguarda l’àmbito celtico; Odino e la ‘caccia selvaggia’ per quello scandinavo e Dioniso per quanto riguarda l’area mediterranea.

La dottrina dell’Eterno Ritorno dell’uguale: da Beroso ad Eliade

di Marco Maculotti

Come lo stesso Nietzsche ebbe a riconoscere in Ecce homo, la dottrina dell’Eterno Ritorno dell’uguale gli fu ispirata dalla lettura di alcuni filosofi della corrente stoica, in particolare modo Zenone di Cizio e Cleante di Asso. Tuttavia, spetta probabilmente al caldeo Beroso la prima enunciazione giuntaci in ambito occidentale della dottrina del «Grande Anno» e dell’Eterno Ritorno: l’universo vi è considerato come eterno, ma è annientato e ricostituito periodicamente ogni «Grande Anno» (il numero corrispondente di millenni varia da una scuola all’altra); quando i sette pianeti si riuniranno nel segno del cancro («Grande Inverno», solstizio invernale del «Grande Anno») avverrà un diluvio; quando essi si incontreranno nel segno del capricorno («Grande Estate», solstizio estivo del «Grande Anno») l’intero universo verrà consumato dal fuoco [Eliade 116-7].

Tempo ciclico e tempo lineare: Kronos/Shiva, il «Tempo che tutto divora»

di Marco Maculotti

È essenziale imbattersi nella problematica del tempo. Nella prospettiva della dottrina dei Cicli essa concerne i morti forse più dei vivi. Il tempo si espande in tutte le direzioni formando un cerchio, [poiché] è ciclico.
— Carl Hentze

Quello che è circolare è eterno, e quello che è eterno è circolare.
— Aristotele

Il dio primordiale e triplice: corrispondenze esoteriche ed iconografiche nelle tradizioni antiche

di Marco Maculotti

Nelle tradizioni antiche di tutto il mondo si trova riferimento a un dio delle origini, venuto in esistenza prima di ogni altra cosa, creatore di tutto ciò che è manifesto e ugualmente di tutto ciò che è immanifesto. Le più disparate tradizioni mitiche dipingono il dio primordiale come contenente tutte le potenzialità e le polarità dell’universo, luce e tenebre, spirito e materia, e così via. Per questo, viene spesso rappresentato con due volti (Giano bifronte) se non addirittura con tre (Trimurti indù). Tuttavia, il più delle volte egli è considerato invisibile, nascosto, difficilmente rappresentabile se non in una forma allegorica, esoterica, che fa sovente riferimento all’unione del principio luminoso e igneo, ‘maschile’, con quello oscuro e acqueo, ‘femminile’. Nelle tradizioni di tutto il mondo, tale dio primordiale non viene onorato con un culto proprio, dal momento che si ritiene che ormai viva troppo lontano dall’uomo e gli affari umani non lo riguardano: per questo, si parla spesso di questa divinità massima come di un deus otiosus.