Il Cavaliere Verde: un “Green Man” alla corte di Artù

Il poemetto Sir Gawain e il Cavaliere Verde, scritto intorno al XIV secolo dal misterioso “Pearl-poet” (chiamato così perché Perla è un più celebre poema dello stesso autore, contenuto nello stesso manoscritto del Gawain), è un romanzo cavalleresco appartenente al ciclo arturiano. La notorietà contemporanea di questo testo si deve principalmente a J.R.R. Tolkien, che intorno al 1950 ne scrisse una traduzione dal medio inglese originario all’inglese contemporaneo. 

Si tratta di una storia tanto semplice quanto affascinante: siamo nel periodo di Natale, alla corte di Re Artù. Tutti i cavalieri sono riuniti per il pranzo attorno alla Tavola Rotonda, e al fianco della bellissima Ginevra siede Sir Gawain, un giovane cavaliere, nipote del re, noto per la sua cortesia e per la sua virtù, ma non ancora protagonista di grandi imprese. Improvvisamente una strana figura irrompe nella sala: è il Cavaliere Verde, un uomo imponente e misterioso completamente verde nei capelli, barba, vestiti e pelle, a cavallo di un verde destriero. Il Cavaliere sfida la corte proponendo il classico gioco medievale della decapitazione: chiunque potrà infliggergli un colpo d’ascia se egli stesso potrà restituire il colpo esattamente un anno e un giorno dopo. Sir Gawain, desideroso di distinguersi, accetta: decapita il Cavaliere con la sua stessa ascia, ma egli invece di morire raccoglie la sua testa e ricorda a Gawain la sfida, che si terrà alla Cappella Verde.

Il primo novembre dell’anno nuovo, Gawain si mette finalmente in viaggio verso Nord, tutto ornato di rosso e oro, fino a quando, nel periodo di Natale, giunge a un maestoso castello. Qui viene ospitato dal misterioso signore del luogo, da sua moglie e da una inquietante dama anziana. Il soggiorno di Gawain al castello si rivela piuttosto insolito: il padrone di casa, tanto gentile, è un abile cacciatore, e gli propone lo scambio delle vincite. In questo gioco medievale, i due uomini ogni giorno, per tre giorni, dovevano scambiarsi quanto ottenuto durante la giornata: e così, mentre l’ospite donava a Gawain il suo bottino di caccia, Gawain lo ricambiava con i baci ricevuti dalla sua giovane moglie.

Ma una corte sfacciata non è la sola cosa che la bella dama dona a Gawain: ella gli aveva dato anche la sua cintura di seta verde, una cinta magica che avrebbe reso Gawain incolume alla morte. Gawain, terrorizzato dall’idea di essere decapitato, aveva ben nascosto il prezioso dono, e mentito allo scambio. All’alba dell’anno nuovo Gawain parte per la Cappella Verde, a poche miglia dal castello: con sorpresa, scopre che la Cappella è una piccola grotta ricoperta di vegetazione. Il Cavaliere Verde si mostra e reclama il suo turno, colpendo con la sua ascia tre volte: la prima volta per mettere alla prova Gawain – che si ritrae –, la seconda per capire se il giovane ha trovato il coraggio di sopportare il colpo, e la terza lo colpisce al collo, facendogli un piccolo taglio. All’espressione stupita di Gawain, il Cavaliere rivela di essere Sir Bertilak, colui che lo ha ospitato nel suo castello, e che ha ordito le prove e le tentazioni contro di lui, per testare la sua lealtà. 

Questa storia, una sorta di fiaba per adulti, si inserisce in un filone tradizionale dei racconti popolari di Natale del folklore britannico e irlandese, in cui è presente un atto di decapitazione a cui segue la restaurazione della vita. E infatti la maggior parte degli studi critici sul Gawain si concentra proprio sulla figura del misterioso Cavaliere Verde. Il Green Knight non ha soltanto un’armatura verde su cui spiccano rilievi ispirati alla foresta come foglie, rami e uccellini, ma è verde di carnagione e ha lunghi capelli e barba verdi, simili a un cespuglio. È inevitabile associare il Green Knight al Green Man del folklore celtico, la cui origine però è ancora più nebulosa di quella del Cavaliere. E paradossalmente, infatti, è proprio Sir Gawain e il Cavaliere Verde che può aiutarci a capire qualcosa in più sull’oscuro Uomo Verde. 

Innanzitutto il verde non è soltanto il colore dei fairies e della natura: esso rappresenta, nella tradizione celtica, il colore dei morti e del loro mondo. L’una cosa non esclude l’altra, e infatti secondo C.S. Lewis (l’autore delle Cronache di Narnia) il Green Knight è una concidentia oppositorum: nella sua figura convivono il mondo magico e quello dei morti. Da una parte, infatti, il Cavaliere Verde è un simbolo della potenza della natura, archetipo dell’eterno ciclo vitale e della perenne fertilità: come mostra la scena della decapitazione, egli non può morire.

Il Cavaliere si pone allora come controparte maschile dell’archetipo della Grande Madre come Natura, simboleggiata in Grecia da Artemide e da Demetra: secoli di tradizione cristiana, infatti, hanno spostato il significato della Grande Madre dal mondo naturale a quello umano, sussumendo nella figura di Maria tutto ciò che per gli antichi e i pagani era stato l’archetipo di Madre Natura. Questo ha portato a una progressiva perdita di importanza della natura stessa in favore dell’essere umano, con il risultato che il simbolo femminile cristiano non rappresenta più la natura generante in toto, ma soltanto la donna in quanto generatrice. La Madonna come simbolo della fertilità restringe troppo il campo, lasciando così un vuoto potenzialmente dannoso per la collettività umana, vuoto che viene così a essere colmato in più modi dalle tradizioni pagane che hanno resistito alla diffusione del cristianesimo e da quelle “neonate” sviluppatesi grazie alla ripresa del Neoplatonismo a opera di Marsilio Ficino (si pensi, ad esempio, al ritorno dei concetti di Anima Mundi e di Sophia). 

Il Green Man allora rappresenta una modalità di colmare quel vuoto sotto forma di immagini e parole: sono tantissimi i racconti popolari, i lai e le canzoni che vi fanno riferimento. Egli rappresenta la natura rigogliosa come una forza attiva, proprio in quanto archetipo maschile, e autorigenerante. Non è un caso che il Green Man non sia rappresentato nella sua giovinezza (età che solitamente simboleggia il momento di maggior vigore nella vita dell’uomo) ma come un uomo maturo con folta barba, il che lo avvicina maggiormente all’archetipo del Senex, il Vecchio Saggio. 

Questa caratteristica ci è di aiuto, in quanto il Vecchio Saggio è non soltanto l’archetipo opposto (e dunque complementare) a quello della Grande Madre, ma è un simbolo che emerge sotto svariate forme, fra cui quella dello gnomo. Il termine gnomo fu introdotto  attorno al 1493 da Paracelso per indicare gli spiriti ctoni: gli gnomi non sono altro che gli eredi di quelli che il mondo greco chiamava i Cabìri, “quei misteriosi dèi ctonici, i figli di Efesto, cui si attribuiva una enorme potenza miracolosa” [Jung, Simboli della trasformazione, 1912/1952]. Oltre a essere noti nel loro aspetto itifallico, e dunque collegati alla potenza sessuale, i Cabìri furono i primi saggi, i maestri di Orfeo, portatori di una grande forza creativa e, in quanto ctoni, appartenenti all’abisso, alle profondità terrestri.  

Questo ci rimanda alla seconda caratteristica del colore verde: il suo collegamento con l’Underworld, il mondo dei morti. Death is greener than gress”, recita un antichissimo proverbio inglese – la morte è più verde dell’erba. Nella tradizione celtica, non soltanto il verde è il colore utilizzato per indicare il mondo dei morti, ma è il colore dei morti stessi: i Síde, gli antenati nella tradizione irlandese, erano contraddistinti dal colore verde. 

Tornando al Green Knight, quando egli appare alla corte di Re Artù brandendo la sua possente ascia, egli porta nell’altra mano un ramo di agrifoglio, una pianta sempreverde tipica del periodo natalizio. Tradizionalmente le piante sempreverdi sono associate alla morte, ma l’agrifoglio nello specifico è carico di significati più profondi: nella tradizione celtica, questa pianta è il simbolo di quel periodo dell’anno in cui si assottiglia il velo tra i vivi e i morti – il Natale, che nell’antica Scozia era proprio il giorno dedicato alla festa dei morti. Secondo una leggenda, un ramo di agrifoglio portato in casa prima di Natale avrebbe comportato la morte di un membro della famiglia nell’anno a venire. Inoltre, la tradizione vuole che finché il ramo di agrifoglio è esposto in casa le creature del mondo dei morti possano entrare in contatto coi vivi, a patto di tornare nell’Erebo quando il ramo viene rimosso. La presenza dell’agrifoglio supporta la tesi dell’Uomo Verde come un ponte tra la vita e la morte: secondo alcuni studiosi la Cappella Verde sarebbe l’ingresso al mondo dei morti, e il Green Knight un simbolo dello stesso Ade. 

Ridurre però il Green Man esclusivamente a dio dei morti significherebbe perderne l’aspetto più importante, quello legato alla natura e al ciclo vitale. E infatti se è vero che il periodo natalizio corrisponde alla festa dei morti, è vero anche che il giorno di Natale corrisponde al giorno del Sol Invictus (Dies Natalis Solis Invicti, il giorno di nascita del Sole invitto), una festa che va fatta risalire al culto del sole egizio: nella religione egizia il sole percorreva i due cieli a bordo della barca solare, rinascendo ogni giorno all’alba dopo aver percorso gli abissi del Duat (il mondo sotterraneo o cielo inferiore). Il percorso del sole (nelle sue tre forme di Khepri/Khepher, lo scarabeo come sole nascente, Ra, come sole nel suo massimo splendore, e di Atum, come sole che tramonta) simboleggia l’eterno ciclo di morte e rinascita, e l’appellativo di invictus deriva proprio dal fatto che il Sole non potrà mai essere sconfitto dalla morte, ma è sempre destinato a rinascere. 

Vediamo dunque come elementi del Sol Invictus siano presenti nel Cavaliere Verde, sia dato il periodo in cui la vicenda si svolge, sia per la sua intrinseca caratteristica di rigenerazione: la ciclicità della vita è rappresentata non soltanto nella effettiva non morte del Cavaliere al momento della decapitazione, ma anche dal fatto che trascorrono esattamente un anno e un giorno dal momento della prima prova, a indicare il compimento di un ciclo e l’inizio di uno nuovo, corrispondente proprio al primo giorno dell’anno.

Il Green Man/Green Knight ricorda per certi versi la divinità italico-latina Giano, solitamente raffigurato con due volti, proprio perché presiede al passato e al futuro, e in generale è indicato come dio della soglia: egli è il dio del passaggio tra l’oggi e il domani, tra la fine dell’anno e l’inizio del nuovo, tra la vita e la morte. Essendo il culto di Giano antichissimo e non ricollegabile alla tradizione ellenica, le sue origini sono da rilevare nei culti rurali legati al ciclo della raccolta e della semina, culti che in maniera più elementare celebravano il ciclo della vita e il velo sottile tra la vita e la morte. Come Giano presiede tanto alla vita quanto alla morte ma soprattutto al passaggio tra le due, così il Green Man non è soltanto un simbolo del dio dei morti né soltanto l’archetipo della fertilità della natura: molto più semplicemente, esso li rappresenta entrambi.

Alla fine del poemetto, il Cavaliere Verde rivela di essere Sir Bertilak, il gentile signore amante della caccia che ha ospitato con tanta benevolenza Gawain. La caccia riveste grande importanza nella trama, e il suo svolgimento occupa una buona parte del poema. Non è un caso, infatti, che il Cavaliere Verde sia Sir Bertilak il cacciatore: nella tradizione britannica, infatti, il tipico abito dei cacciatori era di colore verde. In molti racconti medievali, parecchi dei quali provenienti proprio dai territori anglosassoni, è presente un personaggio ambiguo: il cacciatore vestito di verde, che spesso sfida a un qualche gioco il protagonista/l’eroe, e che alla fine si rivela essere il Diavolo.

Molti studi sono stati dedicati alla figura del Diavolo in verde, e alcuni studiosi sono giunti ad associarlo sia al Green Man che al Green Knight. È molto probabile che il “Pearl-poet” conoscesse questi racconti e ne sia stato influenzato, e questo spiegherebbe perché la Cappella Verde si trova così a Nord: nel Medioevo, il Nord era proprio il punto cardinale associato al Diavolo. Secondo questa corrente di ricerca (si veda ad esempio D.W. Robertson, Why the Devil wears green?) l’utilizzo del colore verde nell’abbigliamento di un personaggio (e in particolare l’abito da cacciatore) è un accorgimento simbolico molto frequente per caratterizzare il Diavolo. Nel caso di Sir Bertilak potremmo affermare non tanto che il Cavaliere Verde corrisponda effettivamente al Diavolo, quanto il fatto che la sua divisa da cacciatore risenta di questa tradizione nel senso che sta a indicare che – come il cacciatore dei racconti si rivela poi essere il Diavolo – Sir Bertilak non è realmente ciò che mostra di essere così apertamente a Gawain, ma nasconde un’identità più profonda e primordiale. 

L’ipotesi che vuole il Cavaliere Verde come una espressione in veste cavalleresca del Green Man è in effetti quella più solida, e questo significa che Sir Gawain e il Cavaliere Verde è una delle fonti più complete e più ampie che possediamo sulla figura dell’Uomo Verde. Dato però il forte sincretismo che caratterizza il Green Man, fare luce sulle sue origini potrebbe essere un’impresa destinata a non essere mai conclusa. Tuttavia sono cospicue le caratteristiche che abbiamo individuato come tipiche dell’Uomo Verde che presentano forti comunanze con una divinità in particolare della tradizione celtica, il dio Cernunnos. Cernunnos raccoglie in sé diversi attributi: egli è dio della fertilità, della caccia, della guerra, della natura selvaggia e dell’oltretomba.

Se già a livello figurativo Cernunnos e l’Uomo Verde presentano alcune somiglianze (l’età, la barba, le corna di cervo), è dal punto di vista simbolico e archetipico che la vicinanza si fa innegabile: entrambi, infatti, afferiscono alla fertilità, alla caccia, alla natura e all’oltretomba – in breve, presiedono alla ciclicità della vita e del tempo. Inoltre il serpente, animale spesso associato a Cernunnos, è un simbolo tipico del mondo ctonio, carattere che nel Green Man, come abbiamo visto, si esplica in maniera più sottile, come ad esempio il collegamento con la pianta di agrifoglio. Non è da escludere allora che l’Uomo Verde sia una sorta di “discendente” di Cernunnos, nella cui iconografia scompare l’elemento prettamente animale: ipotesi, questa, che sembra essere corroborata da tutti i risultati a cui sono giunte le ricerche sul Green Man.  

Un commento su “Il Cavaliere Verde: un “Green Man” alla corte di Artù

  1. Scritto meraviglioso ! Amo la letteratura inglese medievale, così come(più in generale)il folklore delle isole britanniche. Spero questo testo diventi disponibile in formato cartaceo(su rivista o su libro)prima o poi.

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