Da Cibele a Demetra, i diversi volti della Madre Terra, ovvero dellโ€™eclittica

Dalla tradizione frigia riguardante Cibele, ยซdea della montagna e delle fiereยป, a quella indiana di Aditi, ยซinesauribile sorgente dellโ€™abbondanzaยป, fino alle differenti divinitร  elleniche quali Rea, Demetra, Temi, Meti (senza dimenticare le varie deitร  collettive, sempre femminili, del destino), emerge una lettura astroteologica che puรฒ fare luce sulle suddette ยซDee Madri della Terraยป, a patto che questโ€™ultima venga intesa, seguendo gli studi di Santillana, Dechend e Richer (oltre che gli indizi platonici), nel significato di eclittica.


di Andrea Casella

ยซ Tutte le cose riproducono il numero. ยป
(Formula pitagorica)

Su Cibele, la Grande Madre degli dรจi, molto รจ stato scritto, e tutti concordano sul fatto che ella fosse una deificazione della terra. Tutto questo รจ corretto, dal punto di vista meramente esteriore, ma รจ necessario intendersi, come si vedrร  nel corso dellโ€™articolo, sul reale significato di โ€œterraโ€. Benchรฉ fosse una divinitร  accolta nel pantheon greco-romano, il nome ฮšฯ…ฮฒฮญฮปฮท, come nota Renรฉ Guรฉnon (Simboli della scienza sacra, 48), non รจ di origine greca:

โ€œQuesto nome, infatti, si ricollega direttamente allโ€™ebraico โ€œgebalโ€ e allโ€™arabo โ€œjabalโ€, ยซmontagnaยปโ€ฆ Cibele รจ propriamente la dea della montagna; ed รจ assai notevole il fatto che, per questo significato, il suo nome รจ lโ€™esatto equivalente di quello di โ€˜Parvatiโ€™ nella tradizione indรนโ€.

La โ€œpista indรนโ€ indicata da Guรฉnon รจ molto interessante e avremo modo di ripercorrerla. La dea aveva il suo centro di culto a Pessinunte, in Frigia. Qui esisteva il suo tempio, che custodiva anche la pietra nera che la rappresentava. Lโ€™idolo della dea era infatti aniconico: la pietra nera era il suo simulacro; solo piรน tardi ella verrร  rappresentata nella sua classica iconografia, intronizzata, con la corona turrita e affiancata da due fiere.

Durante la Seconda Guerra Punica, atterriti da Hannibal ad portas (motto poi divenuto proverbiale), i Romani, disperati, mandarono unโ€™ambasceria a Delfi per chiedere il da farsi, ma tutti i responsi dellโ€™oracolo risultarono infruttuosi. Si ricorse, quindi, come extrema ratio, ai Libri Sibillini, i quali indicarono che lโ€™unico modo per allontanare la minaccia straniera era โ€˜condurre da Pessinunte a Roma la Madre Ideaโ€™ [1]. Dalla Frigia non giunse solo la pietra, ma anche tutto il seguito di fedeli e sacerdoti della dea (i cosiddetti Galli). La pietra arrivรฒ al porto di Ostia il 9 aprile 204 a.C. e si decise che dovesse essere accolta โ€˜dallโ€™uomo migliore e dalla matrona piรน virtuosaโ€™. La scelta cadde su Publio Cornelio Scipione Nasica e Claudia Quinta Navisalvia (cosรฌ chiamata per la miracolosa approvazione pubblicamente manifestata dalla dea nei confronti della giovane). Le cronache raccontano che in quellโ€™anno si registrarono raccolti particolarmente abbondanti e altri segni di buon auspicio. Come si sa, anche i Cartaginesi, alla fine, vennero annientati sulla pianura di Zama. La pietra nera venne inglobata in una statua dโ€™argento (ne costituiva il volto) e venne posta in un apposito tempio sul Palatino. Secondo Arnobio, si trovava ancora lรฌ allโ€™inizio del IV secolo, ma con lโ€™inizio dellโ€™era cristiana se ne persero le tracce.

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Agdistis

Il mito della Gran Madre degli dรจi ricalca un gran numero di cosmogonie antiche. I Frigi, che secondo Erodoto passano per essere gli abitanti piรน antichi della terra, narrano che Zeus, durante il sonno, avesse eiaculato su una pietra. Da questa pietra sarebbe nato un mostro bisessuato, di nome Agdistis. Gli Olimpici, atterriti, fecero in modo che il mostro si evirasse (ciรฒ sarebbe allโ€™origine della mutilazione rituale praticata dai sacerdoti Galli); dal sangue sprizzato dalla sua ferita nacque un mandorlo. La figlia del fiume Sangario, la ninfa Nana, raccolse il frutto dellโ€™albero e se lo pose in grembo. Dal frutto nacque un giovinetto, cui si diede il nome di Attis. Agdistis, ora del tutto donna, si invaghรฌ di Attis, che nel frattempo era stato abbandonato al suo destino da Nana ed era stato allevato da un capro sui monti della Frigia. I due furono uniti in amore, ma un giorno Attis, stufo di Agdistis (dietro la cui identitร , รจ ovvio, si nasconde lโ€™arcaico nominativo di Cibele), decise di sposare la figlia del re di Pessinunte. Agdistis/Cibele, pazza di gelosia, fece irruzione al matrimonio. Attis, avvilito e dispiaciuto, fuggรฌ sui monti e, come espiazione per il torto fatto alla sua precedente amata, si evirรฒ sotto un pino (altre versioni del mito vogliono egli che sia rimasto ucciso dalla zanna di un cinghiale, alla maniera di Adone). Dal suo sangue nacquero le viole. Agdistis, addolorata, ottenne da Zeus che il corpo del proprio figlio/amante non si corrompesse. Anche dopo la morte i capelli di Attis continuarono a crescere, ed anche il suo dito mignolo (dร ktilos) conservรฒ una semi-motilitร .

La resurrezione di Attis, momento culminante dei misteri di Cibele e Attis, avveniva in prossimitร  dellโ€™equinozio di primavera, al 25 di marzo, e James Frazer, con sorriso sardonico, si compiace di soffermarsi sulle reciproche accuse che, in quel giorno, gli adepti di Cibele e i cristiani (i quali festeggiavano la Pasqua) si scambiavano in merito a chi avesse imitato chi. Nella sommaria esposizione del mito, abbiamo preferito battere sul nome di Agdistis, piuttosto che su quello di Cibele, per mettere in rilievo unโ€™interessante intuizione di uno studioso. Scrive Pier Luigi Nicolรฒ (Da Cibele a Maometto. Storia della Pietra Nera della Mecca, Il ponte vecchio 2004, parte I, cap. 1):

โ€œLa figura di Agdistis/Cibele, che puรฒ apparire elemento contradditorio e di scarsa comprensione allโ€™interno del mito frigio come ci รจ pervenuto dagli autori di cultura ellenistico-romana, consente perรฒ interessanti agganci con una importante figura del pantheon induista, a conferma del comune fondo religioso dei popoli arii โ€” a cui i Frigi appartenevano โ€” e a conferma dellโ€™arcaicitร  del mito stesso. Cosรฌ in Alain Daniรฉlou, noto orientalista: <La terra si unisce al cielo per formare la coppia Cielo-Terraโ€ฆ Nelle invocazioni la terra รจ spesso identificata con Aditi, la Distesa primordiale, โ€˜lโ€™inesauribile sorgente dellโ€™abbondanzaโ€˜, la prima dea, la madre degli dรจiโ€ฆ>; <I principi sovrani (Aditya) sono figli della Distesa-primordiale (Aditi), la potenza originaria inesauribile, la totalitร  indivisa, la Prima dea che non conosce ostacoliโ€ฆ Aditi รจ il cielo, Aditi รจ la sfera dello spazio, Aditi รจ la madre, il padre, il figlio. Aditi รจ tutti gli dรจiโ€ฆ> [2]. Oltre al collegamento, che non mi risulta sia stato finโ€™ora rilevato, Agdistis-Aditi, di forte pregnanza sia sul piano ontologico (grande somiglianza degli attributi riferiti alle due divinitร ) che su quello onomastico, credo vada dato rilievo, restando in tema, anche alle figure dei Marut: <โ€ฆformano una truppa bellicosa di giovani chiassosiโ€ฆ Sono stati paragonati a una societร  di soldati che pratica riti segreti e che usa formule magiche. Essi incarnano le azioni eroiche e le virtรน morali come pure lโ€™esuberanza della giovinezza. Sono molto uniti fra loro>. I Marut sono compagni di Indra, il portatore della folgore, certo accostabile allo Zeus del pantheon occidentale, <Sua madre รจ Distesa-primordiale (Aditi)>. Secondo i Purana, antichi testi religiosi indiani, il termine Marut vuol dire โ€˜non piangereโ€™. Si completerebbe cosรฌ un significativo parallelo anche fra i Marut dellโ€™induismo e i Coribanti armati, accompagnatori di Cibele e partecipi del suo mito, che con il rumore delle loro armi nascosero il pianto di Zeus appena nato nella grotta di Cretaโ€.

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Aditi

Lโ€™innovativo accostamento Agdistis/Aditi รจ a nostro avviso decisivo e rivela come lโ€™identitร  primordiale di Cibele fosse eminentemente cosmica e cosmologica. Eppure, come si concilia questa identitร  celeste piรน arcaica con quella successiva, che la vuole, come visto, โ€œdea della montagnaโ€, e dunque dalle caratteristiche spiccatamente terrestri? La chiave, come spesso avviene in questi casi, ce la fornisce un passo di Platone, troppo spesso trascurato. Egli dice (Fedone 109 C): โ€œMa la vera terra si libra pura nel cielo puro, dove si trovano gli astri; e questo cielo, la maggior parte di coloro che sogliono parlare di queste cose, lo chiamano etereโ€.

Ma come, si chiederanno straniti i piรน; la terra si troverebbe nel cielo? รˆ quindi piuttosto evidente (benchรฉ i filologi siano soliti far finta di niente quando si imbattono in passaggi dei testi antichi che sfidano le massime di comune esperienza e la logica) che con โ€œterraโ€ Platone intenda qualcosa di diverso dalla โ€œterraโ€ che noi tutti abbiamo in mente e che puรฒ essere definita una โ€œcomponente dello spazioโ€. Quando Platone vuole parlare dello spazio, e dei quattro elementi che lo compongono (aria, acqua, terra e fuoco) utilizza un termine preciso (solitamente tradotto con โ€œricettacoloโ€) che รจ XฯŽฯฮฑ (chรฒra), e che รจ relegata nel non-essere, nel mero divenire. รˆ vero che Platone stesso la definisce โ€œmadreโ€ (ฮผฮฎฯ„ฮทฯ = mรจter), ma la definizione ha qui unโ€™accezione volgare e negativa (potremmo fare un parallelo con lโ€™opposizione tra le due Afroditi, Pandemia e Urania), in quanto la XฯŽฯฮฑ รจ solamente il sostrato delle forme. La โ€œvera terraโ€, in realtร , si trova in cielo.

E che cosโ€™รจ questa โ€œvera terraโ€, se non lโ€™eclittica, il piano ideale passante per i quattro punti cardinali dellโ€™anno, i due equinozi e i due solstizi; la โ€œselvaโ€ popolata dalle bestie dello zodiaco? Si uniscano tra loro i quattro punti cardinali dellโ€™anno: si otterrร  un quadrato (o una losanga): ecco il tradizionale simbolo della terra! Se si hanno presenti le monete cinesi, con il loro caratteristico foro quadrato al centro, si avrร  unโ€™idea alquanto chiara di questo schematismo. Lo strumento musicale di questa finale armonia (nome e personaggio mitico, Armonia, su cui non vโ€™รจ possibilitร  ora di soffermarsi) รจ, ovviamente, il sole [3].

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Cibele

Si ponga ora mente alla piรน nota iconografia di Cibele. Ella รจ seduta su di un trono cubico, affiancato da due fiere, ha un braccio (il cubito) disteso in avanti, un altro regge un cembalo. Sulla testa porta un caratteristico copricapo cilindrico, detto pรฒlos. Tutta la sua figura รจ cosmografica. Le due fiere (due leoni) sono i simboli del solstizio dโ€™estate (Leone) e dellโ€™equinozio di primavera (Toro, sostituito dal Leone per simmetria [4]. Il braccio disteso e il cembalo rimandano a unitร  di misura, una spaziale, lโ€™altra temporale. Come nota Hertha von Dechend (Il concetto di simmetria nelle culture arcaiche, in G. de Santillana โ€“ H. von Dechend, Sirio, Adelphi 2020, p. 98): โ€œRea Cibele ha il nome rituale di Hamma, da โ€˜hammaโ€™ (ebraico โ€˜amnaโ€™, babilonese โ€˜ammatuโ€™), che significa โ€˜cubitoโ€™โ€ฆ i suoi figli poi erano i ฮ”ฮฑฮบฯ„ฯฮปฮฟฮน, cioรจ la piรน piccola misura di lunghezza greca (7/10 di pollice circa), cosรฌ come un piede della metrica (Ercole, tra lโ€™altro, era uno dei ฮ”ฮฑฮบฯ„ฯฮปฮฟฮน)โ€ [5].

Il cembalo dร  invece una misura temporale; il tempo infatti presiede agli intervalli armonici. Il pรฒlos รจ un simbolo non solo dellโ€™asse dellโ€™eclittica, ma, per estensione, del cielo stesso (pรฒlos = palo, asse): โ€œSecondo Martine De Wailly, il polos, il cui significato รจ asse (Plat., Tim. 40 c, Artist., Kos. 392 a, 2) non sarebbe altro che una prosecuzione della forma cilindrica precedentemente adottata per la figura propria della dea madre orientale, che fu rappresentata originariamente in modo aniconico sotto forma di palo o di colonna, simboleggiante lโ€™asse centrale, intorno al quale ruotano tutte le forze dellโ€™universoโ€ (L. A. S. Hรถricht, Le terrecotte figurate di Cuma del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Ed. Lโ€™erma di Bretschneider, p. 59, nota 12).ย 

A questo punto, per andare al cuore dellโ€™essenza del divino, e metterne a nudo la natura โ€œnumerologicaโ€, non ci resta che sviscerare lo strettissimo ma insospettabile rapporto tra ciรฒ che รจ โ€œmadreโ€ e ciรฒ che รจ โ€œmisuraโ€. Il piรน vicino allotropo di Cibele รจ ovviamente Rea (H. von Dechend ne attesta il nome completo di ฮกฮญฮฑ ฮšฯ…ฮฒฮญฮปฮท), ma Rea โ€œin veste di Terra, deve essere intesa correttamente al modo dei Pitagorici, ossia come il piano ideale dellโ€™eclitticaโ€ (A. Casella, Alle radici dellโ€™albero cosmico, Lulu 2018, p. 15 nota 17). Il filo rosso delle genealogie e delle epiclesi mitiche ci conduce, per bocca degli orfici, fino alla figura di Demetra: โ€œQuando diede al mondo Zeus, Rea divenne Demetraโ€ (fr. 145 Kern); โ€œRea, giร  chiamata anche Demetraโ€ (fr. 58 Kern) [6].

Cibele associata all'eclittica
Cibele, personificazione dellโ€™eclittica

Demetra, che รจ anche detta Madre (Erodoto, Storie, VIII, 65) [7], รจ in realtร  Gemetra, da Ge-Mรจter: Madre Terra, ma possiamo dire, anticipando le cose, che essa, proprio per questo, รจ anche Ge-Mรจtron: Misura della Terra (cfr. ฮณฮตฯ‰-ฮผฮญฯ„ฯฮทฯ‚/ฮผฮตฯ„ฯฮฏฮฑ = geometra/geometria). Non azzardiamo sullโ€™approssimazione fonetica una siffatta assimilazione, ma ci basiamo sui dati forniti dalla linguistica e dalle etimologie: alla voce ฮผฮญฯ„ฯฮฟฮฝ (misura, ma anche mezzo per misurare, pertica [8]ย il Vocabolario Greco Italiano di L. Rocci, ed. 1998, rinvia per confronto alla parola ฮผแฟ†ฯ„ฮนฯ‚ [9] = saggezza, prudenza, ma anche disegno, e personificata in ฮœแฟ†ฯ„ฮนฯ‚, Meti, la figlia di Oceano [10]ย che, tra le altre cose, aiutรฒ Zeus nel far vomitare a Kronos i propri figli. Passava per essere anche la prima moglie di Zeus e che fosse stata da questi inghiottita quando apprese lโ€™oracolo secondo cui, se Meti avesse partorito, il figlio avrebbe spodestato Zeus, cosรฌ come Zeus aveva fatto con Kronos. Quando la inghiottรฌ, Zeus diede alla luce Atena. Si tratterebbe, dunque, a sua volta di una Grande Madre. Si puรฒ assimilare senzโ€™altro la figura di Meti a quella di Temi (ฮ˜ฮญฮผฮนฯ‚): se Meti รจ la Saggezza, Temi รจ infatti la Giustizia. Temi, del resto, passa per essere la seconda moglie di Zeus dopo Meti.

Jean Richer (Geografia sacra del mondo greco, Rusconi, 1989, p. 111), da parte sua, propone, seguendo il Parke, la seguente derivazione: Gea => Temi => Artemide/Atena [11]. Di Temi, omologa di Dike, abbiamo ricostruito, nella nostra opera maggiore, lโ€™identitร  cosmologica come il โ€œcoluro equinozialeโ€ (Dike invece sarebbe il coluro solstiziale) [12]. Il coluro equinoziale e il coluro solstiziale (โ€œcoluroโ€, da ฮบฯŒฮปฮฟฯ‚ โ€“ ฮฟแฝฯฮฌ = coda mozza, in quanto visibili solo per metร  sullโ€™orizzonte) sono i due cerchi massimi della sfera celeste passanti per i poli dellโ€™equatore, nonchรฉ per i punti fondamentali dellโ€™eclittica, che sono, rispettivamente, i punti equinoziali e i punti solstiziali). Appare chiaro che ci troviamo davanti a unitร  di misura, o meglio a coordinate spazio-temporali. Piรน temporali che spaziali, invero, in quanto ciรฒ che รจ visibile รจ traducibile (platonicamente, diremmo) sul piano ideale in ciรฒ che รจ cronologico, e quindi numerologico, poichรฉ lโ€™andare del tempo procede secondo il numero. Non si dice, forse, in un celeberrimo passo del Timeo, che il tempo รจ unโ€™immagine mobile dellโ€™eternitร  che procede secondo il numero?

Rea Cibele, e quelle che ne sono, per cosรฌ dire, le mezze epiclesi (i coluri, in effetti, ripartiscono lโ€™eclittica in quattro spicchi, uno per ciascuna delle stagioni), Dike e Temi/Meti, compongono quindi la struttura dellโ€™eclittica, che Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend definiscono โ€œspaventosa macchina del tempoโ€. Spaventosa in quanto essa โ€œvaโ€, macinando incessantemente mondi, togliendo, concedendo, limitando, al pari di un giustiziere cosmico. Nota che giร  riportammo nella nostra opera maggiore, sembra che le divinitร  primordiali incarnanti i concetti del fato, della necessitร , del tempo, della giustizia (Erinni, Moire, Ananke, Dike, Temi, Ore, ecc.) debbano essere tutte entitร  femminili.

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Temi, dea della giustizia

I coluri, assimilati a pilastri, o colonne, ritornano dunque alla simbologia primordiale di Cibele. La simbologia del pilastro รจ rintracciabile anche in quel dio solare che J. Richer definisce, senza mezzi termini, โ€œguardiano delle porte e delle strade dei solstiziโ€, ossia Apollo Agyieos (o Agyeus). Secondo Richer (Geografia sacra cit., pp. 123 โ€“ 124): โ€œรˆ a Tegea che sembra abbia avuto maggiore importanza: qui, secondo Pausania, era rappresentato quattro volte, poichรฉ ogni tribรน di Tegea gli aveva eretto una statua. Ora, Tegea รจ situata sulla linea solstiziale, e Apollo Agyeus รจ โ€˜il guardiano delle porte e delle strade dei solstiziโ€™. Le quattro statue che il viaggiatore vide si riferiscono, crediamo, a una divisione che segue i quattro punti cardinaliโ€ฆ Un antico idolo di Lacedemonia rappresentava Apollo con quattro braccia e quattro orecchie, cosa che si riferisce allo stesso simbolismo. Pausania (III, 29, 9) vide anche a Sparta sette colonne che rappresentavano i sette pianetiโ€.

Non รจ difficile accostare questo Apollo Agyeus a Giano, esso pure signore delle porte solstiziali (porta = lat. ianua = sanscr. yฤna = rad. โ€œiโ€ = โ€œandareโ€). Insomma, nel nome della Madre รจ insito il significato della โ€œmisurazioneโ€ e, di conseguenza, della โ€œcreazioneโ€: โ€œMettere ordine vuol dire misurare; misurare vuol dire creare; nei tempi arcaici non troviamo nessunโ€™altra concezione di โ€˜creazioneโ€™ e, se non si tiene presente che โ€˜creareโ€™ significa โ€˜misurareโ€™, non si puรฒ comprendere nessuno dei cosiddetti โ€˜miti della creazioneโ€™โ€ (H. von Dechend, Il concetto di simmetria cit., p. 89). Il pilastro (allotropo a sua volta della montagna o del sasso) sul piano dellโ€™astrazione geometrica diventa infine un quadrato, o comunque un rettangolo. Questo schema geometrico รจ coerentemente seguito finanche nella disposizione dei templi; scrive J. Richer (Geografia sacra cit., p. 110):

โ€œRicerchiamo quali legami geografici possono esistere tra i grandi santuari greci di Demetra e di Delfi. Segnaliamo dapprima lโ€™esistenza dei paralleli Licosura-Ermione e Delfi-Ptoo. Si tratta di luoghi in cui la Terra era oggetto di un culto particolare. Si sa dellโ€™esistenza di un Santuario di Demetra a Ermione e dellโ€™ubicazione di quello delle tre dee a Licosura come anche quello di Demetra vicino al monte Ptoo. A Delfi come sul monte Ptoo, si incontra lโ€™associazione del culto della Terra con quello di Apollo. Ma sul monte Ptoo i due santuari sono situati sui due versanti della stessa vallata, a poca distanza lโ€™uno dallโ€™altro. Numerose terracotte di tipo femminile dei secoli VI e V sono state rinvenute negli scavi del santuario di Demetra. Dโ€™altra parte, รจ probabile che il grande santuario di Demetra delle Termopili di Antela si trovasse nel punto in cui la linea Licosura-Delfi, prolungata, taglia la costa, vale a dire verso Nicea. Se si tracciano le linee Licosura-Delfi ed Ermione-Eleusi (sembra appena necessario ricordare lโ€™importanza del culto di Demetra a Eleusi [13]), si ottiene una figura geometrica che รจ un parallelogramma perfetto. Ora, il quadrato e i quadrilateri regolari in genere sono in relazione simbolica con la Terra. Il quarto vertice della figura non รจ altro che il monte Olimpo di Eubea, situato sulla linea della Terraโ€.

La Madre รจ madre proprio perchรฉ รจ metro, misura. Lungo lโ€™inesorabile cammino (แนšta /Dike/Tao) dellโ€™eclittica si stabilisce lโ€™ordine del tempo e tutte le cose sono create, ossia misurate:

โ€œFin quando non percepiremo lโ€™idea di questo ฮบแฝนฯƒฮผฮฟฯ‚ e la formula pitagorica โ€˜le cose sono numeriโ€™, avremo scarse possibilitร  di afferrare la trama di qualsivoglia cultura antica, e non solo di quelle โ€“ come la cinese โ€“ note per la loro โ€˜numerologiaโ€™ (chiamata anche โ€˜universismoโ€™). Questa mancanza di comprensione da parte degli studiosi contemporanei รจ stata il risultato diretto dellโ€™ossessione per il โ€˜progressoโ€™ e dellโ€™โ€™evoluzioneโ€™. Non si spiega altrimenti come gli scienziati moderni possano essere in disaccordo con Pitagora, il quale โ€“ secondo Proclo โ€“ concepiva il numero come lโ€™intelligibile ordine dellโ€™universo (ฮฝฮฟฮทฯ„แฝนฯ‚ ฮดฮนฮฌฮบฮฟฯƒฮผฮฟฯ‚), che รจ identico al ฮฝฮฟแฟกฯ‚, mentre concepiva lโ€™anima come avente il compito di assegnare nomi alle cose. Il ฮฝฮฟแฟกฯ‚ aveva i numeri, i ฮฝฮฟฮตฯฮฌ ฮตแผตฮดฮท, ma lโ€™anima imitava il ฮฝฮฟแฟกฯ‚ assegnando i nomi. I nomi, diceva Pitagora, non sono che le immagini di quelle forme puramente intellettuali e non hanno in sรฉ, quindi, nulla di originale, ma solo una certa rassomiglianza; rassomiglianza non con le cose, ma con le immagini, gli ฮตแผตฮดฮท. Se i nomi non sono che somiglianze o immagini dei numeri, attribuiti dallโ€™anima, allora รจ la nostra povera anima che, ovviamente, dice โ€˜Anuโ€™, anzi peggio: che dร  a lui un attributo (un titolo, un segno distintivo) chiamando โ€˜luiโ€™ dio del cielo; la mente avrebbe chiamato โ€˜luiโ€™ Uno, oppure Sessanta, oppure Equatore Celesteโ€[14].

La Terra contenuta nella sfera celeste
La Terra contenuta nella sfera celeste

Note:

[1] Cosรฌ Tito Livio riporta un passo del carme tratto dai Libri Sibillini: โ€œSi mater Idaea a Pessinunte Romam advecta foretโ€.

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[2] Nel nome stesso di Aditi permane il concetto di non-dualitร , quindi di continuitร : lโ€™eclittica รจ colei che โ€œvaโ€, incessantemente. I dodici Aditya, solari, non possono che essere in rapporto con i segni zodiacali che giacciono sullโ€™eclittica.

[3] Se il Sole รจ uno strumento di misurazione, un altro, che cammina del pari sullโ€™eclittica, ma durante la notte, รจ la Luna. A questo punto possiamo tentare un accostamento tra madre, misura, metis-prudenza e ciรฒ che costituisce la facoltร  intellettiva della riflessione, ossia la mente. Sappiamo che presso i popoli germanici il nome della luna contiene il radicale MN-: ingl. moon, ted. mond, sved. mรฅnen. Nelle lingue romanze non troviamo, come evidente, un immediato omologo, ma lโ€™assonanza fonetica e la prossimitร  concettuale ci portano verso la parola mese, per il tramite del latino. In latino, il nome del mese lunare รจ mensis. Ecco stabilito un primo collegamento. Il mensis puรฒ essere definito a buon diritto un โ€œsegmento dellโ€™annoโ€. Sembra, tra lโ€™altro, che lโ€™anno lunare fosse stato il primo tipo di anno calcolato: un anno di circa 360 giorni, approssimato per eccesso a imitazione del cerchio (e qui tornano alla mente le tre Moire del mito platonico di Er, che secondo lโ€™orfismo sono โ€œle parti della lunaโ€). Le grandi madri terrestri che abbiamo incontrato finora nel nostro studio sono sempre associate, in un certo modo, alla luna e al mondo lunare. Si tratterebbe di un altro aspetto della loro capacitร  di creazione, ossia di misurazione, misurazione questa volta effettuata con lo strumento della luna. Anzi, se possibile, รจ soprattutto in relazione alla luna che il concetto di misurazione viene piรน direttamente in emersione, in quanto il termine mensis รจ direttamente collegato a mens (mente/facoltร  riflessiva, da associare al greco ฮผแฟ†ฯ„ฮนฯ‚ = prudenza/saggezza, che รจ a sua volta in relazione, come visto, a ฮผฮญฯ„ฯฮฟฮฝ = misura/strumento di misurazione, e quindi, in definitiva, a mensura = misura/quantitร , equivalente latino di ฮผฮญฯ„ฯฮฟฮฝ). Si ritorna come in un cerchio alle lingue germaniche: ingl. man, ted. mann, sved. man (uomo/colui che รจ dotato di mens, ma attenzione anche al termine femminile manus = mano, quella che serve a contare). รˆ sorprendente che i cosiddetti primi legislatori portino nel loro nome un ricordo che รจ allo stesso tempo mentale e lunare (del resto, il termine โ€œnormaโ€, ancora in italiano, non designa forse, allo stesso tempo, la misura e la legge?): Menes in Egitto, Minos a Creta, Manu in India, Mane (che era un eraclide e padre di un certo Atti) in Frigia. Ma per restare alla madre, ecco che ci imbattiamo in mother (cfr. anche il ted. mutter, sved. mor). La luna, altro aspetto della madre terra, alla quale รจ peraltro piรน prossima, รจ dunque a sua volta ฮผฮญฯ„ฯฮฟฮฝ, misura, o ancora, strumento di misura. Del resto, la pietra nera di Cibele fu incastonata in una statua dโ€™argento; la stessa pietra nera della Kaโ€™ba si trova ancora incastonata in una cornice dโ€™argento: lโ€™argento รจ il metallo tradizionalmente associato alla luna! Tutta questa disamina glottologica si ricollega direttamente allโ€™ammonimento di H. von Dechend (cfr. nota 14) di non lasciarsi sviare dagli attributi che lโ€™anima tende a dare agli oggetti: le cose sono ben piรน interconnesse tra loro, non sono monadi slegate, sol che si scenda appena al di sotto del sostrato semantico di esse, laddove risiede il nocciolo intellegibile delle idee, avvolte nei nomi.

Ci sentiamo di fare una postilla, partendo dal termine tedesco per la luna (che peraltro รจ di genere maschile), mond. Esso รจ assai simile, almeno foneticamente, alla parola mondo (lat. mundus). Come evidenziammo nella nostra opera maggiore, la parola mondo (che ha oggi perso quasi del tutto significato) designa in origine โ€œil complesso del Sole, della Luna e delle stelleโ€: in greco รจ il kรฒsmos. Nella tradizione norrena, si dร  conto del misterioso personaggio chiamato Mundilfรถri (lett. โ€œcolui che fa girare il manicoโ€), colui di cui si dice solo che โ€œfu padre del Sole e della Lunaโ€. G. de Santillana e H. von Dechend, vi hanno dedicato alcune pagine, collegando la radice Mundโ€“ a mund = mano (termine presente p. es. nellโ€™antico inglese) ma anche al latino mundus. Essi non vanno oltre, pur se adombrano il sospetto sulla sua identitร . Ma non รจ forse costui Mundus-for/fer: colui che, in un certo modo, โ€œconduce il mondoโ€? Se il sole e la luna sono gli strumenti suonati per dar vita allโ€™armonia cosmica, chi sarร  colui che li suona? Forse un personaggio che sta piรน in alto di tutti, il pianeta supremo, il settimo, Kronos-Saturno?

[4]ย Cosรฌ canta lโ€™inno orfico alla Madre degli Dei: โ€œMadre degli dei immortali, onorata dagli dei, nutrice di tutti, vieni qui, dea regolatrice, signora, alle preghiere a te rivolte, avendo aggiogato i leoni uccisori di tori al carro veloce nella corsa, tu che tieni lo scettro del cielo glorioso, santo, dai molti nomi, che hai il trono al centro del cosmo, per cui tu stessa possiedi la terra fornendo ai mortali dolci alimenti. Da te รจ stata generata la stirpe degli immortali e dei mortali, da te sono dominati i fiumi sempre eย tutto il mare, sei detta Estia; te chiamano datrice di felicitร , poichรฉ ai mortali elargisci in dono beni dโ€™ogni specie, vieni al rito, o signora, tu che ti rallegri dei timpani, che tutto domi, Frigia, salvatrice, sposa di Kronos, figlia di Urano, antica, nutrice di vita, amante della follia: Vieni gioiosa, rallegrandoti delle azioni pieโ€.

[5] Dei ฮ”ฮฑฮบฯ„ฯฮปฮฟฮน (Dattili) si diceva che essi fossero balzati fuori dalla terra quando Rea, partorendo Zeus, premette le dita al suolo per alleviare la sofferenza delle doglie. Essi erano cinque femmine, dalla mano sinistra di Rea, e cinque maschi, dalla mano destra. Vivevano in Frigia sul monte Ida; i maschi erano fabbri e avevano fama di aver scoperto il ferro, mentre le femmine, che si stabilirono a Samotracia, erano esperte nella magia e avevano fama di aver iniziato Orfeo ai misteri della Dea. I loro nomi erano un segreto iniziatico, ma una tradizione dellโ€™Elide li ha tramandati: Eracle, Peonio, Epimede, Giasio e Acesida. Alcuni sostenevano che i Dattili erano i Cureti che protessero Zeus fanciullo a Creta con i loro strepiti assordanti. Nella Vita di Pitagora, scritta da Porfirio, si dice che anche Pitagora venne iniziato dai Dattili del monte Ida. Questa la spiegazione di R. Graves (I miti greci, 53, 1): โ€œI Dattili personificano le dita e la gara olimpica indetta da Eracle รจ una favola infantile illustrata dal gioco di tamburellare le dita (pollice escludo) sul tavolo: รจ sempre lโ€™indice che vince la gara. Ma il segreto patrimonio dottrinario orfico si basava su una sequenza di alberi magici, a ciascuno dei quali corrispondeva una determinata articolazione delle dita nel linguaggio segnaletico, e una determinata lettera nellโ€™alfabeto-calendario orfico, che pare fosse di origine frigia. Allโ€™oleastro corrisponde lโ€™articolazione superiore del pollice, che si supponeva fosse sede della virilitร  e veniva perciรฒ chiamata Eracle. Il dito medio corrisponde a Epimede; lโ€™anulare โ€“ dito medico โ€“ corrisponde a Giasio. Nella chiromanzia occidentale, Epimede รจ stato sostituito da Saturno e Giasio da Apollo, il dio guaritore. Lโ€™indice corrisponde a Giove o Zeus, che vinse la gara. Il mignolo, che corrisponde a Mercurio o a Ermete, รจ il dito magico. Nellโ€™Europa primitiva alla lavorazione dei metalli venivano associate pratiche di magia: ecco perchรฉ i fabbri attribuirono le dita della mano destra ai loro Dattili, lasciando la sinistra alle stregheโ€. Intravediamo dunque i cinque pianeti nel simbolismo delle dita, corredati di riferimenti ai metalli, i quali, come noto, sono attribuiti ai pianeti. Del dito medio, quello di Saturno, รจ ancora nota la popolare โ€œnegativitร โ€, per cosรฌ dire. Per alcuni cenni alla mano come strumento di misurazione cfr. nota 3.

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[6] Lโ€™Orfismo conservava una tradizione secondo cui Zeus e sua madre Rea si unirono sotto forma di serpenti. Egli la legรฒ โ€œcon il nodo cosiddetto di Eracleโ€ e della modalitร  dellโ€™unione รจ simbolo il caduceo di Ermes. Facile scorgere in questo groviglio di cerchi-serpenti lo schema a X dellโ€™equatore celeste (Zeus) e dellโ€™eclittica (Rea). Resta da capire che cosa sia questo โ€œnodo di Eracleโ€, ma se il significato che traiamo รจ esatto, esso dovrebbe simboleggiare il punto (anzi i due punti) in cui equatore ed eclittica si confondono o si intrecciano: i due punti equinoziali. Della natura solare di Eracle (che รจ perรฒ anche uno dei Dattili) ha dato ampia spiegazione J. Richer.

[7] ฮฎ ฮœฮฎฯ„ฮทฯ: la gran madre degli Dei, id est Rea, Cibele; tal. Demetra, in L. Rocci, Vocabolario Greco Italiano, S. E. Dante Alighieri, 1998.

[8]ย Ci chiediamo se, in tal senso, ฮผฮญฯ„ฯฮฟฮฝ non sia identificabile con i me (le misure sumeriche) e la maat egizia, che (cfr. H. von Dechend, Il concetto di simmetria cit., p. 96) secondo alcuni egittologi sarebbe in origine una canna e, secondo Champollion, rappresenterebbe, invece, piรน direttamente, il cubito egizio. In ogni caso, lโ€™idea della โ€œmisurazioneโ€, della โ€œmisura esattaโ€ รจ quella che vale.

[9]ย Cfr. anche ฮผฮตฯ„ฮฌ/ฮผฮญฯ„-ฮตฮนฮผฮน = in mezzo, tra/sto tra, in mezzo, ma anche vado, seguo, tengo dietro, inseguo. โ€œLa โ€˜leggeโ€™ in base alla quale si muovono questi cinque fondamentali processi [cinque potenti forze in moto circolare perpetuo che incarnano i moti dei cinque pianeti, i quali, come noto, si muovono entro i 47 gradi dellโ€™eclittica] รจ il Tao, cioรจ la โ€˜Viaโ€™ (โ€˜il camminoโ€™). Se indaghiamo a fondo sulle parole greche, e in particolare su quello che in greco รจ โ€˜elementoโ€™, cioรจ ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตแฟ–ฮฟฮฝ, vi scopriamo significati molto simili, poichรฉ ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตแฟ–ฮฟฮฝ non รจ che il segmento di linea misurato a passi, la lunghezza misurata dellโ€™ombra dello gnomone; e il verbo ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตฮนฮฟแฟฆฮฝ, โ€˜fondareโ€™, significa โ€˜fissare il tracciatoโ€™ di un edificio misurandolo a passi; da qui le dodici costellazioni dello Zodiaco sono dette ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตแฟ–ฮฑ, e ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตฮนฯ‰ฮผฮฑฯ„ฮนฮบฯŒฯ‚ รจ detto colui che fa gli oroscopi; da ultimo, ma non per questo meno importante, ฯƒฯ„ฮฟฮนฯ‡ฮตแฟ–ฮฟฮฝ รจ la lettera. Ciรฒ concorda perfettamente a sua volta con la concezione dei grammatici ebrei, secondo i quali le vocali e i toni si muovono in circolo; e questo, tra lโ€™altro, spiega perchรฉ nei linguaggi semitici le vocali non siano scritte: le vocali corrispondono ai pianeti e non possono essere fissate sulla carta come le consonanti, che rappresentano invece le loro stazioni zodiacali [la teoria di un alfabeto fenicio modellato sulle mansioni lunari e sulle costellazioni galattiche รจ stata proposta da G. Sermonti: Lโ€™alfabeto scende dalla stelle. Sullโ€™origine della scrittura, Mimesis 2009]. Lโ€™altra parola greca di grande importanza รจ ฮ”แฝถฮบฦž, che ha la stessa connotazione di Tao. ฮ”แฝถฮบฦž รจ โ€˜il cammino della vita di ciascun essere naturale e anche il corso regolare dellโ€™universoโ€™. Questo secondo Jane Harrison, mentre Cornford dichiara decisamente che: โ€˜ฮ”แฝถฮบฦž significa camminoโ€™, e in seguito scrive: โ€˜Lโ€™idea di ฮ”แฝถฮบฦž sembra molto simile a quella cinese di Tao. Cornford si รจ anche accorto che il แนšta indiano e lโ€™Aลกa iraniano esprimono proprio la stessa concezione: โ€˜I processi, la cui perpetua identitร  o regolare ricorrenza dร  luogo alla rappresentazione dellโ€™Ordine, obbediscono a แนšta o il loro manifestarsi รจ แนštaโ€ฆ lโ€™anno รจ il cammino di แนšta e cosรฌ viaโ€™. Tuttavia lโ€™etimologia del greco ฮ”แฝถฮบฦž non ha nulla da spartire con แนšta, ma si riallaccia al sanscrito diแนฅฤ: direzione, punto cardinale. Ma nรฉ แนšta nรฉ Aลกa e neppure ฮ”แฝถฮบฦž e Tao possono essere ritenute le nostre piรน antiche โ€˜testimonianzeโ€™. Sono storicamente molto anteriori lโ€™egiziano โ€˜maatโ€™, il sumerico โ€˜meโ€™, lโ€™accadico โ€˜parแนฃuโ€™โ€. Concorde J. Richer (pp. 325 โ€“ 326): โ€œBasta riferirsi alle pagine che Jane Ellen Harrison ha dedicato a Dike, nel suo libro intitolato โ€˜Themisโ€™ e, in particolare, allโ€™associazione di Dike con la ruota celeste. Dike, si legge nella sua opera, รจ la via, lโ€™ordine dellโ€™universo, il Tao. Citiamo alcune righe, essenziali al nostro scopo: โ€˜Dike [โ€ฆ] รจ il modo di vivere di ogni essere naturale, pianta, animale, uomo. รˆ anche la viaโ€ฆ che si manifesta con le stagioni, nella vita e la morte della vegetazione, e quando si arriva a vedere che queste dipendono dai corpi celesti, Dike si manifesta nelle modificazioni del nascere e del tramontare delle costellazioni, nel crescere e nel calare della luna, nel corso quotidiano e annuale del soleโ€™โ€. Oltretutto, prosegue Richer: โ€œDike รจ associata al Capricorno, al polo, al solstizio dโ€™inverno, รจ la ruota, la via, mostra il cammino che conduce alla porta degli deiโ€. Non ce ne vogliano illustri metafisici e ontologisti come il compianto Emanuele Severino, il valore dei cui sforzi speculativi rimane intatto, ma i concetti di cui hanno lungamente scritto traggono origine dalla stretta cosmologia.

[10] A proposito di Oceano (Okeanos), poi degradato a mero demone marino, bisogna sempre ricordare ciรฒ che ne riferisce il Papiro di Derveni (DP COL. XXIII): ฯ„ฮฟแผถฯ‚ ฮดฮญ แฝ€ฯฮธแฝฆฯ‚ ฮณฮนฮฝแฝคฯƒฮบฮฟฯ…ฯƒฮนฮฝ / ฮตแฝ”ฮดฮทฮปฮฟฮฝ แฝ„ฯ„ฮน โ€œฮฉฮบฮตฮฑฮฝแฝนฯ‚โ€ แผฯƒฯ„ฮนฮฝ แฝ แผ€แฝตฯ = per coloro che hanno la retta conoscenza / รจ assolutamente chiaro che โ€œOceanoโ€ รจ il cielo. Bisognerebbe meditare a lungo su quanto pochi hanno questa โ€œretta conoscenzaโ€.

[11] Su Atena, figlia di Meti e di Zeus, si รจ detto. Su Artemide, il cui nome contiene quello di Temi, ed รจ in relazione con lโ€™Orsa Maggiore, J. Richer (Geografia sacra cit., pp. 103 โ€“ 104) ha scritto cose illuminanti: โ€œA Braurone, come anche ad Atene, esisteva il rito molto curioso dellโ€™แผ„ฯฮบฯ„ฮตฯ…ฯƒฮนฯ‚ o แผ€ฯฮบฯ„ฮตฮฏฮฑ. Ogni cinque anni, quando ritornava il momento delle Brauronie, si conducevano le fanciulle, o meglio alcune fanciulle, vestite di indumenti color zafferano, alla dea, e venivano consacrate per un lustro ad Artemide, con il nome di orse (แผ„ฯฮบฯ„ฮฟฯ‚)โ€ฆ Uno sforzo di riflessione permette di ritrovare lโ€™origine del nome stesso di Artemide. Questo nome รจ composto da โ€˜Arthโ€™, che sta per แผ„ฯฮบฯ„ฮฟฯ‚, e da ฮธฮญฮผฮนฯ‚, che รจ la personificazione di una โ€˜grande forzaโ€™, lโ€™ordine stabilito dagli dei (il cui nome รจ della famiglia del sanscrito dharma). Artemide รจ dunque la Governante della legge dellโ€™Orsa, che si confonde con lโ€™ordine stesso del cieloโ€. Lโ€™Orsa Maggiore รจ, insieme allโ€™Orsa Minore (Cinosura = la coda del cane), proprio una delle Mani di Rea: cosรฌ, infatti, i Pitagorici chiamavano stranamente le due Orse (Porfirio, Vita di Pitagora, 41). G. de Santillana (Prologo a Parmenide, in Fato antico e fato moderno, Adelphi 2012, pp. 134 โ€“ 135) ne ha spiegato lโ€™epiteto in quanto le due Orse sono come le maniglie immote dellโ€™eclittica che fanno girare il cielo.

[12]ย A. Casella, Alle radici dellโ€™albero cosmico. Saggio sulla cosmo-teologia arcaica, Lulu 2018, pp. 169 โ€“ 170.

[13]ย Basta ricordare il passo di Erodoto giร  citato (Storie, VIII, 65), dove si illustra una scena della processione degli iniziati ai misteri di Demetra e Kore proveniente da Eleusi e delle alte grida levate in onore di Iacco (nome, peraltro, scopertamente solare e da confrontare con quello che, secondo lโ€™oracolo di Claro, era il nome segreto del sole: Iao).

[14]ย H. von Dechend, Il concetto di simmetria cit., pp. 98 โ€“ 99.


Bibliografia:

P. L. NICOLร’, Da Cibele a Maometto. Storia della Pietra Nera della Mecca, Il ponte vecchio 2004

G. DE SANTILLANA โ€“ H. VON DECHEND, Il mulino di Amleto, Adelphi 2011

G. DE SANTILLANA, Fato antico e fato moderno, Adelphi 2012

G. DE SANTILLANA โ€“ H. VON DECHEND, Sirio, Adelphi 2020

C. F. DUPUIS, Lโ€™origine di tutti i culti, F.lli Martini, Milano, 1862

A. TONELLI, Eleusis e orfismo, Feltrinelli 2015

E. VERZURA (a cura di) โ€“ Otto KERN, Orfici, Bompiani 2011

G. REALE (a cura di) โ€“ Platone, Tutti gli scritti, Bompiani 2001

J. RICHER, Geografia sacra del mondo greco, Rusconi 1989

ERODOTO, Storie, Sansoni 1967

PORFIRIO, Vita di Pitagora, Rusconi 1998

R. GRAVES, I miti greci, Longanesi 1963

P. GRIMAL, Enciclopedia dei miti, Garzanti 1990

L. ROCCI, Vocabolario Greco Italiano, Societร  Editrice Dante Alighieri, 1998

R. GUรˆNON, Simboli della scienza sacra, Adelphi 1975.

A. CASELLA, Alle radici dellโ€™albero cosmico. Saggio sulla cosmo-teologia arcaica, Lulu 2018

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5 commenti su โ€œDa Cibele a Demetra, i diversi volti della Madre Terra, ovvero dellโ€™eclitticaโ€

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