La sofferenza della terra: la sovrappopolazione e i miti di spopolamento in India, Iran e Grecia

Il mitologema della «stanchezza cosmica» e della «sofferenza della terra», a cui segue immancabilmente un’azione divina volta allo spopolamento del pianeta — che sia una guerra tra dèi o un diluvio inviato dal cielo — per bilanciarne gli equilibri irrimediabilmente compromessi, si ritrova con notevoli corrispondenze in diverse tradizioni indoeuropee, o piuttosto indomediterranee: in India e Iran così come nell’antica Grecia, e in parte anche nella tradizione veterotestamentaria.

Da Cibele a Demetra, i diversi volti della Madre Terra, ovvero dell’eclittica

Dalla tradizione frigia riguardante Cibele, «dea della montagna e delle fiere», a quella indiana di Aditi, «inesauribile sorgente dell’abbondanza», fino alle differenti divinità elleniche quali Rea, Demetra, Temi, Meti (senza dimenticare le varie deità collettive, sempre femminili, del destino), emerge una lettura astroteologica che può fare luce sulle suddette «Dee Madri della Terra», a patto che quest’ultima venga intesa, seguendo gli studi di Santillana, Dechend e Richer (oltre che gli indizi platonici), nel significato di eclittica.

Sul “duende” di García Lorca e lo “spirito della terra” di Ernst Jünger

Qualche nota sulle corrispondenze fra il duende, «spirito occulto della dolorante Spagna» secondo Federico García Lorca e lo «spirito della terra» jüngeriano, con qualche sprazzo di Octavio Paz. In appendice, un corposo estratto del testo del poeta spagnolo.

I riti della notte di Pasqua come mistero iniziatico

L’accensione del fuoco, i testi che ripercorrono la storia sacra, il rito dell’acqua che evoca il mistero di morte-e-resurrezione del battesimo. Il Pasto Sacro del Corpo e Sangue di Cristo: «la più grande ierofania» secondo Mircea Eliade. La liturgia della veglia pasquale trasmette nei secoli un significato misterico ed iniziatico.

Il Sacro Cerchio del Cosmo nella visione olistico-biocentrica dei Nativi Americani

“Il cerchio era sacro agli Amerindiani perché indicava una Via di Comprensione. Forniva un mezzo per capire il Cosmo, i misteri della vita e della morte, la mente e l’individualità dell’Io. Con il cerchio lo sciamano amerindiano poteva mostrare come funzionava il Cosmo, come le leggi della Natura e del Cosmo governavano tutti gli esseri viventi, come scoprire la relazione fra l’uomo e le altre forme di vita sul Pianeta e come entrare in armonia con la Natura, con il Grande Spirito e con il proprio Spirito.”

[Estratto dall’elaborato di laurea Il riconoscimento dei diritti dei Popoli Nativi del Canada, 2015]

Per millenni, gli indiani d’America hanno considerato la terra come una chiesa, le mesas come altari, tutto il creato come pervaso da sacre forze vitali, in un cerchio universale di eguali, gli uni correlati agli altri in un equilibrio vitale. 200 L’habitat rappresenta il palcoscenico su cui si esibiscono il regno degli spiriti e il mondo fisico. Le piante, le forze della natura, gli astri celesti, gli esseri umani, le erbe che curano e consentono le visioni, fanno tutti parte di un “sistema a conduzione familiare”, 201 in cui tutti sono parenti, “tutti egualmente figli della Grande Madre Terra”. Il cerchio dell’universo nativo contiene in un tutt’uno inscindibile l’intero mondo esistente, fisico e spirituale. Grazie a quanto abbiamo detto in precedenza sull’importanza della c.d. legge di reciprocità nella filosofia tradizionale nativa, non è difficile comprendere che sia proprio tale principio a fare da fondamento a questa particolare visione olistica del cosmo come organismo unico composto da una moltitudine di parti interconnesse ed interdipendenti le une dalle altre.