Jung e il dominio magico sul destino. Intervista a Roberto Cecchetti

Intervistiamo l’analista filosofo Roberto Cecchetti, riguardo il corso sulle pratiche di orientamento junghiane che terrà a marzo per la Società dello Zolfo. 

di Lorenzo Pennacchi

Sono io quello che è seduto sulla pietra,
o io sono la pietra sulla quale egli siede?

Così Carl Gustav Jung si interrogava in Ricordi, sogni e riflessioni, uno dei suoi testi più autobiografici. Ma chi è oggi Jung? Da un lato un personaggio molto citato e perfino abusato in realtà aziendali, che perseguono target commerciali attraverso presunti archetipi e tipi psicologici. Dall’altro un autore che viene riscoperto costantemente e lo si ritrova con piacevole sorpresa anche in contesti inaspettati. Basti pensare che ne Il fuoco segreto, la ricerca spirituale di J.R.R. Tolkien condotta da Stratford Caldecott, un’appendice è dedicata al rapporto tra la missione dell’Anello e il viaggio terapeutico del Sé. Così il pensiero junghiano viene studiato da più prospettive, come strumento di orientamento e trasformazione interiore. In questo periodo di fermento intellettuale, La Società dello Zolfo, centro studi sull’esoterismo e l’occulto, ha in programma un percorso in quattro tappe dal titolo Carl Gustav Jung: la via della realizzazione e il dominio magico sul destino. Il corso inizierà il 3 marzo e sarà tenuto da Roberto Cecchetti. Laureato in filosofia e psicologia, è analista filosofo ed è già stato ospitato dalla Società in due recenti occasioni. Cecchetti è anche autore di numerose pubblicazioni, individuali e collettive. Il ritmo del desiderio (Mimesis, 2019) è interamente dedicato al suo rapporto con Jung e i suoi continuatori. Per saperne un po’ di più in proposito, abbiamo avuto l’occasione di rivolgergli direttamente qualche domanda.   

Ciao Roberto, ti ringrazio per la disponibilità. Parlaci un po’ del tuo percorso, quando ti sei avvicinato a Jung?

Grazie Lorenzo, è un vero piacere ritornare a parlare qui su AXIS mundi. Ci sono due incontri decisivi nel mio percorso. Il primo con Elémire Zolla, il celebre conoscitore di segreti, esperto di tradizioni e di storia delle religioni, fine linguista dalla prosa ispirata e profetica. Il secondo con Carl Gustav Jung, che passa attraverso il fondatore dell’analisi ad orientamento filosofico in Italia, Romano Mádera. Per me è stato un vero maestro: è stato lui a mostrarmi l’importanza e la grandezza dell’insegnamento junghiano. All’epoca ero uno studente di filosofia e cominciai a leggere i testi di Jung da una prospettiva filosofica e teorica. Inizialmente non ero così interessato all’aspetto clinico e terapeutico, ma poi il fatto che per diventare analista filosofo fosse necessario intraprendere un’analisi individuale, mi fece comprendere che la teoria deve sempre essere accompagnata e per così dire riempita da una vera esperienza pratica. Ricordo una cena in cui sedevo accanto a Romano. Gli confidai che stavo approfondendo il tema della libido in Jung e che mi pareva qualcosa di simile al concetto del tapas, il calore magico e creativo noto nella tradizione indiana. Romano senza pensarci un minuto mi disse: «Devi scriverci un libro!», e così ho fatto.

Sulla pagina dell’evento è consultabile il programma del corso. Nella prima lezione, di carattere introduttivo, su quali aspetti ti concentrerai maggiormente?

Credo che Jung sia uno di quei pensatori che vengono citati molto spesso, ma anche letti poco o niente. Così non di rado viene decontestualizzato, usato a sproposito, e il suo pensiero finisce per essere frainteso o distorto. Nella prima lezione vorrei ripercorrere brevemente alcuni punti decisivi riportati nel celebre volume Ricordi, sogni, riflessioni, anche per l’importanza che quel testo assume in una prospettiva biografica, per poi chiarire alcuni concetti chiave del pensiero junghiano, come quelli di inconscio personale e collettivo, di archetipo, di complesso… vorrei partire dalla chiarezza delle definizioni insomma. Credo che in un momento di grande disorientamento e di scetticismo un po’ superficiale sia utile avere in mente dei concetti chiari e sicuri, anche questa è una pratica di orientamento. Non ho citato casualmente Ricordi, sogni, riflessioni: in questo testo Jung mette al centro la propria vita creando ponti fra biografia e teoria.

Nel secondo incontro parlerai di Simboli della trasformazione, a cui hai dedicato un intero capitolo nel tuo ultimo libro, mentre il terzo sarà incentro sul Libro Rosso. In che modo queste due opere sono essenziali per comprendere il pensiero junghiano?

In molti mi chiedono da quale libro cominciare ad approcciarsi all’immensa opera di Jung. In effetti il primo libro, attraverso cui si cerca di aver a che fare con un pensatore di cui non sappiamo quasi nulla, è spesso decisivo. Ne va del rapporto futuro con l’autore stesso di cui si iniziano a sfogliare con casta attenzione le prime pagine. Allora io, ancora una volta, cerco di rispondere a partire dalla mia personale esperienza, ma non è detto che la mia strada sia anche la vostra, per citare Jung. Per me Simboli della trasformazione è il testo decisivo per comprendere a fondo il pensiero junghiano per vari motivi, che approfondirò nel corso. Basti riflettere sul fatto che Jung continuò a lavorare su quest’opera per quarant’anni! Nel corso poi non poteva certo mancare il Libro Rosso, perché è il libro delle esperienze più intime di Jung e allo stesso tempo ci indica una via per la trasformazione in un tempo come il nostro. 

Nell’ultima giornata presenterai due grandi continuatori junghiani: James Hillman ed Erich Neumann. Da quali prospettive lo farai? 

Erich Neumann è l’autore che porta avanti in modo magistrale l’opera del maestro, in lavori come Storia delle origini della coscienza o il celebre La grande madre, ma anche in opere minori in cui tratta del rito e del simbolo dalla prospettiva della psicologia del profondo. Ci troviamo nel solco tracciato da Simboli della trasformazione. È un autore da recuperare perché ci fornisce degli strumenti imprescindibili per comprendere lo sviluppo della coscienza e allo stesso tempo i mali del nostro tempo, sia a livello individuale che sociale. Per quanto riguarda Hillman la sua grandezza è ben nota. Ciò che cercherò di trasmettere nel corso è il suo modo del tutto particolare di collegare l’esperienza alchemica in un contesto terapeutico, nella stanza d’analisi. Lo sguardo dell’analista deve essere attento alle sfumature, ai dettagli, ai colori, alle trasmutazioni: deve essere uno sguardo il più possibile artistico.

In definitiva, a chi è rivolto il corso? 

Il corso è rivolto a tutti, non serve nessuna competenza specifica per seguire. A ogni modo, cercherò di soffermarmi sugli aspetti più esoterici che spesso vengono trascurati o ritenuti secondari, mentre sono utili per comprendere pienamente il pensiero e l’opera di Jung. Credo che il corso possa essere una valida opportunità anche per chi opera quotidianamente nel mondo della cura, in qualità di psicologo o psicoterapeuta, e che magari, pur avendo intuito l’importanza della psicologia analitica e della psicologia del profondo, non ha mai avuto l’occasione di approfondire tali esperienze. 

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