Sheela Na Gig: La forma mentis medievale sul terreno pagano

La religione cristiana non emerse come una tabula rasa durante lโ€™epoca medievale. In effetti, alla Chiesa Cattolica Romana furono necessari secoli di lotte e conflitti per riuscire ad avere la meglio sulle antiche tradizioni dellโ€™Europa pagana. Possiamo considerare il cristianesimo come una patina, come lโ€™ultimo strato di vernice sulla superficie di una storia religiosa che ebbe inizio nel Paleolitico superiore con il culto imperante della Grande Dea. Il terreno artistico dellโ€™Europa fu prima di tutto pagano. Come dimostrato dai ritrovamenti archeologici, gli esempi piรน antichi dellโ€™arte scultorea risalgono a decine di migliaia di anni fa, quando in diverse parti dโ€™Europa vennero create le cosiddette Veneri paleolitiche. Tra le centinaia di esemplari scoperti fino a oggi, non esiste nemmeno una figura maschile โ€“ una testimonianza del primato della Dea Madre. 


In Irlanda e in Britannia esistono ancora tradizioni che attestano le radici celtiche e neolitiche delle Sheela na gig. Lo studioso Frank Battaglia descrive โ€œprove certe che testimoniano la presenza della religione della Dea nelle antiche Isole Britannicheโ€, a cominciare dai popoli neolitici che edificarono enormi monumenti di pietra come Stonehenge, alla presenza romana in Britannia, includendo anche i Pitti, gli Anglosassoni e i Celti. Autrice di numerosi libri sui Celti, Miranda Green fa risalire le origini delle loro credenze alla โ€œprova decisiva della presenza in Europa del culto della Dea Madre tra il 7500 e il 3000 a.C.โ€. La Green sostiene che le dee avevano un ruolo โ€œcentrale nella percezione celtica del mondoโ€ e che quindi โ€œpotrebbero aver predominato nella religione del mondo celticoโ€. Nellโ€™opera Pagan Celtic Britain, Anne Ross, una studiosa che ha vissuto per anni in comunitร  di locutori celtici, tra le quali ha rintracciato diverse tradizioni vernacolari, sostiene che, secondo la visione del mondo degli antichi Celti, cโ€™era โ€œuna dea madre che presiedeva su tutti gli esseri mortaliโ€, e che gli dei stessi derivavano ed erano controllati โ€œda una grande madre divina, nutrice degli dei e della terraโ€.

Forse i monumenti piรน grandiosi dellโ€™arte neolitica che riflettono la religione della Dea in Irlanda e in Britannia sono le grandi tombe a corridoio come il tumulo circolare di Newgrange, nella valle del fiume Boyne, in Irlanda, e il piรน famoso di tutti i siti neolitici, Stonehenge, nello Wiltshire, in Inghilterra. Costruito piรน di 5000 anni fa, lโ€™ingresso del tumulo di Newgrange รจ allineato al sorgere del sole al solstizio dโ€™inverno. I raggi mattutini passano attraverso lโ€™entrata principale e illuminano il corridoio di diciannove metri di lunghezza, fino a toccare lโ€™altare che si trova alla fine della camera interna (Figura 4.1). Questo fenomeno simboleggia la tomba della dea invernale della morte che viene rigenerata per diventare il ventre che darร  alla luce una nuova vita nella primavera successiva. Le incisioni presenti sulla pietra posta davanti allโ€™ingresso (spirali doppie e triple chiamate triskell) e su una pietra di cordolo (molteplici archi con un triangolo dentro) rappresentano la vulva creatrice della Dea.

Stonehenge รจ stato descritto โ€“ quasi come un clichรฉ โ€“ come un sito che deve essere stato il luogo di sepoltura di qualche importante capotribรน (maschio). Tuttavia, come fa notare Battaglia: โ€œR. J. C. Atkinson, uno dei principali archeologi di Stonehenge, scoprรฌ sulla pietra 57, uno degli enormi triliti eretti verso il 1500 a.C., quelle che lui malvolentieri riconobbe [lโ€™enfasi del corsivo รจ una mia aggiunta] essere la โ€˜probabileโ€ฆrappresentazione di una dea-madreโ€™โ€. Come il tumulo di Newgrange, anche Stonehenge รจ allineato con il sorgere del sole al solstizio dโ€™inverno. La sua costruzione durรฒ per piรน di mille anni, tra il 3000 e il 1500 a.C., a dimostrazione dellโ€™impressionante longevitร  del credo nella sacralitร  del sito. Battaglia aggiunge che i raggruppamenti di case raggiungibili a piedi ubicati attorno al sito megalitico sono caratteristici della โ€œresidenza matrilocale associata a una parentela matrilineareโ€, e che tale organizzazione sociale discende dalla pratica della religione neolitica della Grande Dea. 

Un recente articolo, โ€œStonehenge: A View from Medicineโ€, pubblicato nel numero di luglio 2009 della rivista inglese Journal of the Royal Society of Medicine, rivela alcune notizie ancor piรน sorprendenti: la disposizione delle pietre riproduce dei genitali femminili. Anthony Perks, un dottore in ostetricia e ginocologia presso la University of British Columbia, sostiene che da una veduta aerea โ€œil cerchio interno di pietre di Stonehenge rappresenta le piccole labbra, mentre il cerchio esterno di enormi massi di arenaria rappresenta le grandi labbra. La pietra dellโ€™altare รจ la clitoride, mentre lo spazio centrale aperto รจ il canale vaginaleโ€. Perks sostiene che la visione del mondo che avevano gli antichi, con la Grande Creatrice che genera e sostiene la vita, ci rivela che โ€œStonehenge potrebbe rappresentare, simbolicamente parlando, lโ€™apertura attraverso la quale Madre Terra dava la vitaโ€. In questo modo, lโ€™intero monumento sarebbe un omaggio ai suoi poteri vivificanti. 

Una delle piรน antiche raffigurazioni di una divinitร  antropomorfa in Britannia รจ lโ€™Idolo di Dagenham. Scolpito in un pezzo di pino silvestre, รจ lungo circa cinquanta centimetri (Figura 4.2). Scoperto nel 1922, รจ attualmente conservato nel museo del castello di Colchester, nellโ€™Inghilterra orientale. La targhetta museale descrive il manufatto di 4500 anni nel seguente modo: โ€œLa seconda raffigurazione umana piรน antica di questo paese, scoperta a sei metri di profonditร  in unโ€™area paludosa presso Dagenham, sulla sponda settentrionale del Tamigiโ€. Molte altre figure di legno sono state riportate alla luce in terreni paludosi presso diversi siti in Irlanda e in Britannia, come la statua di Ballachulish menzionata nel Capitolo 3. La statua di Ralaghan venne trovata durante il taglio di un campo di torba nella contea di Cavan (Figura 4.3). In mostra al National Museum di Dublino, questa statua di piรน di sessanta centimetri di altezza รจ scolpita in un pezzo di legno di tasso e risale a un periodo tra il 1100 e il 1000 a.C.. Sia lโ€™Idolo di Dagenham che la statua di Ralaghan presentano due fori simili nellโ€™area pubica, anche se il primo รจ di tremila anni piรน antico. 

A questo punto sorge una domanda: si tratta di due figure femminili, maschili, oppure ermafrodite? I fori servono per inserirci dentro un fallo artificiale, oppure solo per rappresentare una vulva? Permane una certa ambiguitร  di genere. Tuttavia, ad oggi non รจ stato trovano nessun fallo nelle vicinanze dei siti di ritrovamento dei due manufatti. Lโ€™Idolo di Dagenham esibisce le anche tondeggianti di una donna, mentre la statua di Ralaghan presenta un pronunciato triangolo pubico femminile. Nel suo studio โ€œAnthropomorphic Wooden Figures from Britain and Irelandโ€, lโ€™archeologa Bryony Coles riferisce che, dopo aver inserito un dito dentro il foro della statua di Ralaghan, ha scoperto che il buco โ€œsi allarga con il corpo e sul pavimento del canale รจ presente una piccola striscia di materiale granulare bianco, forse quarzoโ€. A causa di questi fattori, e del fatto che il foro dellโ€™Idolo di Dagenham ha una forma ovale, entrambe le aperture sono โ€œprogettate maleโ€ per accogliere un fallo. Nel complesso, queste figure rivelano un ricco filone di tradizioni sopravvissuto fino alla creazione delle prime Sheela.ย 


Per decine di migliaia di anni, lโ€™immaginazione umana รจ stata devota alla Dea. Quindi non possiamo sorprenderci di trovare immagini di femmine sovrannaturali come le Sheela che adornano edifici sia sacri che secolari in gran parte del territorio europeo. Come con tutte le immagini viventi โ€“ quelle che mantengono la loro energia vitale โ€“ ci sono superfici e profonditร  da esplorare. Quando la figura medievale della femmina esibizionista entra in contatto con le tradizioni celtiche indigene, lโ€™immagine si evolve dando origine alla Sheela irlandese. Ciononostante, alcuni studiosi, come Jรธrgen Andersen, negano ancora le origini pagane della Sheela perchรฉ tale ipotesi โ€œรจ meno facile da dimostrareโ€ di quella secondo cui la Sheela รจ una โ€œinvenzione cristiana medievaleโ€. Comunque sia, come sostiene lo studioso Frank Battaglia, Andersen โ€œvorrebbe farci credere che lโ€™immagine della Sheela sia emersa spontaneamente nelle menti degli artisti cristiani medievali, piuttosto che essere unโ€™espressione di pratiche religiose popolari che puรฒ essere fatta risalire a migliaia di anni fa nella maggior parte delle aree in cui sono presenti raffigurazioni di Sheelaโ€. Infine, Battaglia sostiene che lโ€™ipotesi secondo cui la Sheela รจ solamente un elemento decorativo francese che compare nelle chiese del XII secolo, non puรฒ spiegare โ€œperchรฉ cosรฌ tante Sheela irlandesi si trovano sulle mura di castelli o in siti come le mura difensive medievali del villaggio di Tipperaryโ€. 

E allora cosa puรฒ spiegare tale presenza? Abbiamo esposto la nostra tesi riguardo la diffusione dellโ€™architettura romanica che portรฒ le figure femminili esibizioniste dal Continente alla Britannia e in Irlanda, e riguardo lโ€™ambiente pagano che fornรฌ terreno fertile per la creazione delle Sheela na gig. Abbiamo anche parlato di altri eventi storici che aiutarono a formare il milieu culturale in cui si diffusero le Sheela: lโ€™invasione normanna dellโ€™Irlanda nel 1169, e la distruzione della Chiesa celtica da parte della Chiesa cattolica. 

Dopo la colonizzazione dellโ€™Irlanda da parte dei nobili normanni, il romanico, uno stile architettonico di transizione, scomparรฌ e, con il tempo, lo stile gotico inglese portato dagli invasori si evolse nel tardo gotico irlandese. Tra i secoli XIII e il XVII, sui muri degli edifici medievali comparvero le Sheela na gig irlandesi. Le tradizioni scultoree e mitiche autoctone dellโ€™Irlanda trasformarono gli elementi decorativi romanici. Le figure delle Sheela sono maggiormente concentrate al centro del paese, sulle mura di chiese e castelli edificati sulle terre appena conquistate dai signori anglo-normanni che reclutarono scalpellini gaelici. Profondamente influenzati dalla cultura irlandese โ€“ con le sue leggi, la sua lingua e la sua letteratura โ€“ i baroni stranieri divennero, come dice il proverbio, โ€œpiรน irlandesi degli Irlandesiโ€. Si sposarono con donne irlandesi e fecero alleanze con re irlandesi. Questo processo di assimilazione aiutรฒ a promuovere una rinascita gaelica nelle arti, che durรฒ dal tardo XIII secolo al XVI secolo.

Proprio come la precedente diffusione di chiese romaniche lungo i percorsi dei pellegrinaggi in Spagna e Francia, dopo lโ€™invasione normanna lโ€™Irlanda โ€œcominciรฒ a essere ricoperta di castelli, torrioni e luoghi fortificatiโ€ man mano che i nuovi nobili si stabilivano sul territorio. Quasi tutte le Sheela na gig irlandesi โ€œebbero origine con, o vennero inserite su, edificiโ€ eretti durante quel periodo di rapida crescita edilizia. Tuttavia, nel XIV secolo avvennero alcuni eventi, come la campagna militare di Roberto I di Scozia in Irlanda, tra il 1315 e il 1318, e la peste nera che colpรฌ lโ€™Irlanda dal 1348 e il 1350, che interruppero temporaneamente lโ€™espansione edilizia. Ma quando con il XIV secolo ci fu un ritorno della prosperitร , si ricominciรฒ a erigere edifici, ma questa volta secondo la scuola gotico irlandese, in cui โ€œgli scalpellini irlandesi diedero vita al loro stile personale che era un amalgama tra elementi del passato e del presenteโ€. Questa rinascita gaelica nelle arti dellโ€™Irlanda medievale attinse a un antico repertorio di motivi indigeni. La Sheela del castello di Ballinderry, nella contea di Galway, coi suoi nodi celtici, il triskell e la calendula, costituisce una delle creazioni piรน raffinate del rinnovato interesse per lโ€™autoctona arte celtica (Figure 4.4 e 4.5). 

Durante i turbolenti anni che vanno dal XII al XVI secolo, oltre che nelle chiese, la maggior parte delle Sheela irlandesi furono posizionate nelle mura delle case-torri fortificate. Erette a scopo difensivo sui terreni di ricchi nobili, questi edifici fungevano anche da punti di ritrovo delle comunitร  circostanti. Grazie alla sua crescente popolaritร , la Sheela divenne una figura molto importante, spesso lโ€™unica presente in un intero edificio. Rispecchiando lโ€™aumento di potere della sua immagine, รจ come se alcune strutture fossero state erette solo per fungere da cornici della Sheela, a dimostrazione del suo duraturo, e forse mutevole, valore per la gente del luogo. Le raffigurazioni della Sheela cominciarono ad apparire anche su torri rotonde, pozzi sacri, mura cittadine, menhir e persino sul monumento funebre di un vescovo (Figura 4.6). Questa aggressiva rappresentazione dellโ€™esibizione sessuale venne usata per adornare opere architettoniche in gran parte del paese. 

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Lโ€™immagine della Sheela stimolรฒ certamente lโ€™immaginazione di quegli artisti irlandesi che, seppur utilizzando il simbolo della femmina esibizionista, trassero ispirazione da radicati temi pagani per dare vita alla formidabile Sheela na gig. Secondo lo spirito dei tempi, gli artisti โ€œsi misero a lavoro con rinnovato entusiasmo e gusto, arrivando a produrre Sheela-na-Gigs migliori rispetto a quelle di qualunque altro artistaโ€. In lei, gli scalpellini irlandesi vedevano la dualitร  dei poteri creativi e distruttivi delle loro antiche dee, rappresentato dallโ€™esibizione della sua immensa vulva โ€“ unโ€™immagine di rigenerazione e di morte. Oltre a essere un portale per la nascita di una nuova vita, la vulva รจ anche un simbolo di ritorno, testimoniato dalle pratiche funerarie di sepoltura del cadavere nel ventre della Madre Terra per poter, in un certo modo, rinascere. La morte che si avvicina รจ riflessa nel suo aspetto da vecchia megera, con i seni avvizziti, il torace rinsecchito e il volto emaciato, che ricorda un teschio. Le Sheela irlandesi diventano piรน grandi, piรน selvagge e piรน gloriose nel loro modo di esibirsi, rispetto alle loro sorelle piรน antiche presenti in Francia e in Spagna. 

In quale momento la figura esibizionista si guadagna il magico nome di Sheela na gig? Alcuni chiamano la โ€œveraโ€ Sheela na gig il prodotto della fusione tra la cultura normanna e quella celtica che avviene in Irlanda. Ma cosa dire delle Sheela inglesi, scozzesi e gallesi? A differenza di quelle irlandesi, tutte le Sheela britanniche si trovano nelle chiese e, in generale, lโ€™entusiasmo per questo elemento decorativo non durรฒ fino al XVII secolo, come invece fece in Irlanda. Ad eccezione di qualche raro esemplare, come la Sheela di Llandrindod, nel Galles celtico (Figura 9.11), le Sheela britanniche non hanno un aspetto cosรฌ minaccioso come quello delle Sheela irlandesi. Ma con il passere del tempo, anche quelle si liberarono delle restrizioni delle mensole romanesche, e divennero piรน grandi e piรน preminenti nella loro ubicazione sulle mura delle chiese, come le Sheela di Oaksey, Fiddington (Figura 4.7), Church Stretton, Buckland, Crofton-on-Tees, Easthorpe e Pennington. 

Eamonn Kelly, del National Museum of Ireland, sostiene che le Sheela inglesi potrebbero aver influenzato quelle irlandesi. Secondo lui, le figure esibizioniste potrebbero essere state reintrodotte in Irlanda dagli Anglo-Normanni durante una seconda serie di invasioni nel 1171. Quegli invasori provenivano dal Galles e dalle aree di confine con lโ€™Inghilterra, tra cui il canale di Bristol โ€“ proprio le zone in cui cโ€™รจ unโ€™alta concentrazione di Sheela na gig nelle chiese. In riferimento a questa storia, Joanne McMahon e Jack Roberts commentano: โ€œQuesto potrebbe spiegare una combinazione di incisioni ancor piรน sbalorditivaโ€.

Dobbiamo ricordare che la cultura celtica si era diffusa in tutta la Britannia a partire dal 600 a.C., pertanto la tradizione della strega esibizionista รจ sempre stata presente anche lรฌ, come anche la reputazione aggressiva delle donne celtiche. La guerriera celtica Budicca, regina degli Iceni, guidรฒ una rivolta nel 60 d.C. contro il potente esercito romano, e riuscรฌ quasi a vincere. Inoltre, anche in Britannia ci fu il culto della dea durante il periodo neolitico. Tutti questi fattori influenzarono le Sheela britanniche. Ma cโ€™รจ qualcosa di speciale riguardo la Sheela irlandese, come la sua duratura popolaritร  (il numero di Sheela irlandesi รจ quasi il triplo di quelle britanniche) e il suo aspetto feroce, che la rende diversa dalle altre.


La quintessenza della Sheela รจ la sua vulva nuda ed esibita senza alcuna vergogna. Da quella cavitร  emergono numerosi significati. Proprio come si รจ liberata dagli spazi ridotti che limitano la sua antenata romanica, la vera Sheela na gig รจ emancipata anche nel suo proposito. Libera dalla misogina e minacciosa avversione cristiana per il corpo femminile, in lei rinasce un entusiasmo per i propri poteri. Qualunque funzione negativa possa aver avuto lโ€™elemento esibizionista di tali figure, non รจ piรน la funzione della Sheela. Se la figura piรน antica era stata usata come strumento di protezione contro il peccato, anche la Sheela piรน tarda viene usata per i suoi poteri protettivi, ma per sorvegliare i confini di un territorio, le mura di un castello e, a un livello piรน sottile, i confini tra i diversi stati dellโ€™essere.

Come veniva utilizzata? Tramite unโ€™armonia di associazioni. Grazie alla loro ubicazione, le Sheela na gig divennero custodi delle entrate, osservando chiunque le attraversasse. Ma indipendentemente dalla sua ubicazione, qualunque Sheela puรฒ essere considerata una โ€œentitร  liminaleโ€ che rappresenta โ€œil divino, o almeno una via dโ€™accesso al divinoโ€, visto che la vulva รจ di per sรฉ una porta, un luogo dโ€™entrata e di uscita. I misteri del sesso, della vita, della morte e della rinascita si sono certamente accumulati attorno allโ€™immagine della vulva. Rappresenta un invito aperto al sesso, รจ il canale del parto e, paradossalmente, incarna un ritono simbolico alla Madre Terra dopo la morte. 

Conosciamo bene gli utilizzi quotidiani e pratici delle porte, mezzi necessari per entrare e per uscire da determinati luoghi. Eppure la porta esiste anche in un altro regno immaginario: il richiamo di ciรฒ che si trova al di lร  di una porta aperta ci attira a entrare e ad adottare un cambiamento di coscienza. Che sia una piccola coppia di Sheela inglesi nel villaggio di Tugford, nello Shropshire, una indolente, lโ€™altra aggressiva, posizionate allโ€™interno della porta dโ€™accesso meridionale della chiesa di St. Catherine (Figura 9.13); oppure unโ€™enorme Sheela solitaria nella chiesa di Killinaboy, contea di Clare, in Irlanda (Figura 8.1), la figura della Sheela attira coloro che devono passare sotto le sue gambe divaricate sopra lโ€™entrata, per transitare da un luogo secolare a un luogo sacro. Piรน di ottocento anni fa, i chierici e i fedeli passavano attraverso il suo campo di potere per entrare nel sancta sanctorum, o ventre, della chiesa, un temenos di comunione spirituale. 

Gli scalpellini potevano utilizzare i poteri talismanici delle Sheela na gig posizionandole accanto alle finestre delle chiese e delle case-torri. Questi edifici vennero eretti tra il XIV e il XVI secolo come residenze per nobili irlandesi autoctoni e aristocratici anglo-normanni gaelicizzati. Attraverso la sua ubicazione e la sua esibizione sessuale, la Sheela genera un duplice dramma di apertura. Appollaiata sopra una finestra, volge il suo sguardo verso il confine tra il mondo fisico e quello metafisico, sia esteriore che interiore. Il suo aspetto puรฒ essere alquanto feroce, con un volto spesso minaccioso, spalle possenti e tatuaggi spaventosi.

Anche se quasi tutte le Sheela non si trovano piรน nelle loro ubicazioni originarie, rendendo cosรฌ impossibile sapere con esattezza quante ne esistevano in passato, ce ne sono ancora molte che si trovano in situ. Da secoli sopravvivono agli assalti del tempo, come anche a quelli dei mutevoli comportamenti religiosi. Ecco un breve elenco di alcune delle Sheela na gig che ancora si trovano nelle loro ubicazioni originali sulle mura di chiese o castelli, sopra porte o finestre: in Irlanda ci sono le Sheela di Blackhall, Ballinderry, Ballyvourney, Killinaboy, Kilsarkin, Shanrahan, Taghmon e Moate; in Britannia ci sono le Shella di Iona, Oaksey, Holdgate, Tugford, Buckland, Church Stretton, Romsey Abbey, Whittlesford e Taynuilt (Figure 4.8, 4.9 e 4.10).

Una precoce convalida del potere apotropaico della Sheela na gig venne documentata negli anni โ€™50 del XIX secolo dal topografo John Windele quando descrisse la presenza di una Sheela nel cimitero di Barnahealy, nella contea di Cork. Lui la definisce un vecchio feticcio, una Strega del Castello che, se posizionata sopra una porta, possiede โ€œun potere tutelare o protettivo in grado di far scomparire qualunque intenzione malvagia nella mente di un nemico che, passando accanto lโ€™edificio, lโ€™avesse vistaโ€. Nel suo saggio, โ€œThe Worship of the Generative Powersโ€, scritto nel 1866, il collezionista Thomas Wright sostiene che โ€œtutti sapevano che loro [le Sheela] erano usate come amuleti protettivi contro il malocchioโ€. La studiosa Anne Ross attribuisce la potenza delle Sheela al continuum di energie possedute dalle piรน antiche dee celtiche. La Sheela, in quanto disgustosa megera, riecheggia lโ€™apparenza โ€œdella dea guerriera o territoriale nel suo aspetto stregonescoโ€ e canalizza โ€œi poteri scaramanticiโ€ che le dee autoctone si credeva possedessero. La Ross considera le Sheela na gig come ritratti di antiche dee, ricordate nelle โ€œtradizioni e festivitร  popolariโ€, e sostiene che le loro vulve prominenti โ€œpotrebbero essere dei talismani estremamente apotropaiciโ€. 

Come custode delle entrate, la Sheela sorveglia le parti piรน aperte e penetrabili di un edificio grazie alla sua ubicazione accanto a porte e finestre; come Strega del Castello, la Sheela protegge il territorio dagli intrusi se inserita in una posizione alta nelle mura dellโ€™edificio. Da questo punto strategico, รจ in grado di esercitare la massima sorveglianza sul suo tรบath, o territorio. Spesso una figura stregonesca viene posizionata sullโ€™angolo esterno di un muro, il concio dโ€™angolo, o pietra angolare, perchรฉ ovunque venga inserita aumenterร  la soliditร  della struttura muraria. Due famose streghe ubicate sulle mura di due castelli del tardo XV secolo, nella contea di Laois, in Irlanda, difendevano i confini delle travagliate terre dei Fitzpatrick. La Sheela del castello di Ballaghmore era rivolta verso il confinte settentrionale, mentre quella del castello di Cullahill era rivolta verso il confine meridionale. Il fatto che negli altri castelli dei Fitzpatrick non sono presenti altre figure di Sheela indica โ€œuna funzione chiaramente apotropaica delle Sheela come guardiane del territorioโ€. Le due figure potrebbero anche aver avuto la funzione di potenti status symbol, o โ€œtotem claniciโ€, in quelle aree di ricche tenute nobiliari che, avendo un enorme bisogno di protezione, presentavano la massima concentrazione di Sheela. Secondo la tradizione, le famiglie dei capiclan avevano la loro personale โ€œstrega divina con un nome specificoโ€. 

La Strega del Castello come custode del territorio risale alla dea della sovranitร  del luogo. I re e i capiclan irlandesi posizionavano le Sheela na gig โ€œsui loro castelli come rivendicazione del loro antico diritto di sovranitร  sulla terra dโ€™Irlandaโ€. Come elemento della loro assimilazione culturale, i nobili anglo-normanni fecero lo stesso. In senso figurato, i governanti erano considerati gli sposi dei loro territori. Eamonn Kelly cita molti esempi di Sheela posizionate sulle case-torri dei re supremi dโ€™Irlanda e dei governanti anglo-normanni. Due di questi esempi sono la Sheela na gig presente accanto a una finestra del castello di Bunratty, contea di Clare (Figura 4.11), dimora del XV secolo degli Oโ€™Briens, conti titolari di Thomond; e la Sheela scoperta tra le rovine del castello di Carne, contea di Westmeath, una casa-torre del XVI secolo appartenente agli Oโ€™Melaghlin, discedenti dei re di Meath e dei re supremi dโ€™Irlanda.

Alcuni esempi di Sheela ubicate su edifici anglo-normanni sono la Sheela che si trova sulla destra della porta dโ€™entrata del castello di Blackhall, contea di Kildare, dimora della famiglia Eustace, e la Sheela presente sulle mura fortificate dei villaggi di Fethard e Thurles, contea di Tipperary. La studiosa Maureen Concannon sottolinea che molte Sheela si trovano anche nelle sedi dei re provinciali: โ€œdue Sheela si trovano vicino a Cruachan, nella contea di Roscommon, lโ€™antica sede dei re Oโ€™Connor della provincia del Connacht, e nel Leinster รจ presente la Sheela della pietra di Adamnรกn, a Taraโ€ (Figura 4.12).

Ma lโ€™enigma della Sheela come Strega del Castello non รจ ancora risolto, perchรฉ che significato si puรฒ determinare dal fatto che tali figure sono quasi sempre posizionate ad altezze che le rendono di difficile individuazione a occhio nudo? Inoltre, le pietre su cui sono incise le Sheela nella loro consueta posizione accovacciata, sono state spesso inserite orizzontalmente negli angoli esterni delle mura, cosรฌ che oggi appaiono in una postura reclinata. Che tipo di protezione potrebbe offrire una Sheela la cui presenza รจ cosรฌ poco visibile? Una possibile risposta รจ che fa parte della sua magia non essere vista dal nemico finchรฉ non si trova troppo vicino per poterle sfuggire โ€“ piรน ci si trova vicini alla Sheela, maggiore รจ la sua capacitร  di intrappolarci per poi metterci in fuga. Questo inganno aumenta il suo potere: non ha bisogno di essere in bella vista, basta la sua presenza. Ovviamente, queste Sheela non sono usate come elementi decorativi per rendere piรน bello il castello. Questo tipo di disposizione derivava da una scelta consapevole da parte degli scalpellini, che probabilmente โ€œperpetuavano unโ€™usanza che aveva un qualche significato per loroโ€, e si basava sulla credenza in โ€œuna forma di magia al di lร  dellโ€™impiego delle sheelaโ€. 

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Una delle piรน belle streghe dei castelli รจ la Sheela di Tullavin, nella contea di Limerick, presente sul muro meridionale di una peel tower, o torre di guardia, del XV secolo (Figura 4.13). Si tratta di una Sheela molto scultorea, con un corpo tondeggiante piuttosto sensuale, creata per spiccare nitidamente dalla superficie muraria. Particolarmente evidenti sono le robuste gambe, i piedi divaricati nella classica posizione accovacciata della preistorica dea-rana che governava sulla morte e sulla rigenerazione. Possiede le possenti spalle sollevate di molte streghe dei castelli, ma presenta degli insoliti capelli ricci o un copricapo. Tiene la mano sinistra sollevata allโ€™altezza dellโ€™orecchio, compiendo lo stesso gesto profetico della Sheela di Kiltinan (Figura 1.3), anchโ€™essa inserita trasversalmente in un muro, ma di una chiesa. Il braccio destro della Sheela di Tullavin รจ steso fin sotto la coscia per permetterle di toccarsi delicatamente la vulva.

In che modo una vulva in bella vista puรฒ essere considerata apotropaica? Cosa le conferisce questo potere? Storicamente, le tradizioni multiculturali sembrano attestare la nota credenza secondo cui lโ€™esibizione dei genitali รจ un potente gesto apotropaico. Le raffigurazioni di femmine esibizioniste incise su porte di legno di granai africani, su pietre tombali ecuadoriane o sui timpani delle entrate delle case cerimoniali in Micronesia, ricorrono tutte allโ€™uso dei poteri protettivi della vulva (maggiori informazioni a riguardo nel Capitolo 11). La fede nel potere apotropaico della vulva risale ai tempi degli antichi Greci e Romani, come viene spiegato dallo storico Frederick Elworthy nel saggio The Evil Eye: The Classic Account of an Ancient Superstition. Non si tratta solamente di una superstizione relegata a un passato arretrato; ancora oggi utilizziamo i ferri di cavallo come amuleti di buona fortuna, e li inchiodiamo sopra le porte per proteggere le nostre case dalle forze malefiche โ€“ e non deve sorprendere che il ferro di cavallo sia anche una rappresentazione simbolica della vagina della cavalla (nei tempi antichi veniva usato lโ€™organo riproduttore vero e proprio dellโ€™animale). 

Ulteriori testimonianze di una fervente fede nei poteri apotropaici della vulva durante il Medioevo si possono trovare negli osceni distintivi che i pellegrini inglesi e nordeuropei indossavano durante i loro viaggi verso i luoghi sacri. Fatti di una poco costosa lega di piombo e stagno, โ€œi distintivi erano oggetti del tutto comuni e ordinariโ€. La loro iconografia includeva varie raffigurazioni dei genitali umani, come anche lโ€™immagine di una Sheela esibizionista, e uno dei soggetti favoriti era il cosiddetto Pudendum Pilgrim (Figura 4.14), una vulva itinerante con tanto di cappello e stivali da pellegrino, che tiene in una mano un bastone e nellโ€™altra un rosario; lโ€™immagine ricorda la figurina di Baubรฒ ritrovata a Priene (Figura 5.1). Lo scopo di questi distintivi era di fornire ai loro โ€œproprietari medievali una protezione contro la minaccia del malocchio e della Morte Neraโ€.

Vivere in Europa nella metร  del XIV secolo significava dover affrontare e sopravvivere a una catastrofe naturale che andava al di lร  di ogni immaginazione โ€“ la peste bubbonica del 1348, le cui epidemie si succedettero per anni fino al XVIII secolo. Una credenza comune era che la malattia potesse essere tramessa tramite il contatto visivo con un malato, e che โ€œpersino uno sguardo fugace degli occhi deformi dellโ€™appestato era sufficiente a trasmettere lโ€™infezione a tutti coloro su cui cadevaโ€. Come scrive Shakespeare nella commedia Pene dโ€™amor perdute, โ€œNei lor cuori sโ€™annida la peste, e se la sono attaccata dai vostri occhiโ€. Secondo le tradizioni popolari, la sorprendente comparsa di una vulva ambulante con le sue qualitร  ludiche poteva neutralizzare qualunque sguardo malefico, perchรฉ lโ€™energia negativa veniva attratta su quellโ€™osceno distintivo, e quindi deviava il suo influsso nocivo da chi lโ€™indossava. (Questo processo puรฒ spiegare in parte anche la dinamica di funzionamento della Strega del Castello). Facendo appello a tradizioni antiche, i pellegrini medievali indossavano quelle figure apotropaiche per allontanare il malocchio invocando lo spirito protettivo della vulva. 

รˆ certo che la fonte di potere della Sheela si trova nella sua esibizione sacra. Con il suo grande fascino e il suo potere di attrazione, sorveglia le soglie, come una dea dei passaggi. In essenza, i suoi misteri vanno al di lร  delle nostre conoscenze, i suoi terrificanti e paradossali aspetti hanno il potere sulla vita e sulla morte; il suo sessuale โ€œinvito a entrareโ€ รจ giustapposto alla repulsiva minaccia del suo sguardo e del suo aspetto stregonesco. Questi attributi potenziano i suoi poteri apotropaici che deviano gli influssi malefici. Una fede durevole nelle capacitร  delle Sheela che portano fortuna e salute, emerge chiaramente in molte sue raffigurazioni, come nelle Sheela di Kilsarkin e di Castlemanger, che possono essere facilmente toccate dai visitatori. Infatti mostrano i segni di secoli di sfregamenti e carezze da parte dei pellegrini che le veneravano, e che credevano che la polvere di pietra strofinata dalle loro vulve avesse โ€œpoteri curativiโ€ (Figura 4.15).

Unโ€™altra fonte del potere apotropaico della Sheela sgorga dalla sua visione frontale. Sperimentiamo lโ€™impatto di una visione diretta del suo corpo sovrannaturale, con una vulva che nessuna donna mortale ha mai avuto. Lo studioso Jรธrgen Andersen descrive la frontalitร  della figura della Sheela come un elemento su cui tutta lโ€™arte primitiva fa affidamento per ottenere โ€œun effetto drammatico in un confronto voluto tra unโ€™immagine incisa o dipinta, e i nemici mortali o spirituali contro i quali tale immagine รจ direttaโ€. La raffigurazione della Sheela potrebbe essere considerata come una forma dโ€™arte primitiva โ€“ rozza, non sofisticata, potente. รˆ vero che in gran parte delle Sheela รจ presente unโ€™energia grezza. La raffinatezza della Sheela di Ballylarkin (Figura 13.21) o della Sheela di Tullavin (Figura 4.13) รจ unโ€™eccezione. Ma primitiva significa anche โ€œprimordialeโ€, o โ€œprimaโ€, o โ€œoriginariaโ€, e sono pochi coloro che dubitano della scioccante originalitร  dellโ€™immagine della Sheela. 


Per pregiudizio patriarcale, unโ€™immagine femminile viene spesso considerata simbolo di fertilitร , un pregiudizio che riduce il suo potere, limitandolo al ruolo di madre o sposa. In questo ruolo diviene giusto un elemento accessorio della divinitร  maschile, e smette di incarnare una potenza originaria in sรฉ e per sรฉ. Certamente nel corso degli anni alcuni studiosi hanno etichettato le Sheela come figure di fertilitร , anche dopo solo uno esame del tutto superficiale. Le loro ampie vulve impongono la domanda: le Sheela sono simboli di fertilitร ? La risposta puรฒ essere sรฌ e no. No, in quanto una delle funzioni basilari della Sheela ha a che fare con i varchi. Il suo potere apotropaico รจ strettamente correlato allโ€™esibizione del suo sesso. La vulva รจ certamente un organo di fertilitร , ma in questo caso il suo potere creativo viene usato metaforicamente, non letteralmente, in quanto offre protezione dagli influssi malefici, attrae la buona fortuna e fornisce un passaggio sicuro nella sacralitร  di una chiesa o nella protezione di un torrione.

Sรฌ, in quanto, da un punto di vista femminista, รจ possibile attribuire alla Sheela una funzione procreatrice. Una delle prime studiose delle Sheela, lโ€™antropologa ed egittologa Margaret Murray, le definisce raffigurazioni della fertilitร  appartenenti a un archetipo di dea che lei chiama โ€œYoni personificataโ€. Garbatamente ricorda che la qualitร  erotica della vulva nuda รจ un elemento stimolante non solo per gli uomini, ma anche per le donne. Menziona altresรฌ lโ€™usanza popolare delle spose che, prima delle nozze, fanno visita alla Sheela di Oxford per assicurarsi un matrimonio fecondo. 

Alcune Sheela sembrano gravide. Per esempio, la Sheela di Moate, nella contea di Westmeath, Irlanda (Figura 8.3), presenta, sotto un volto mostruoso, unโ€™addome rigonfio che protrude al di sopra della vulva. Altre due Sheela raffigurate con pance sporgenti o cascanti sono la Sheela della Dowth Old Church, contea di Meath, Irlanda, e la Sheela deteriorata dagli elementi che si trova nella Nunโ€™s Church sullโ€™isola di Iona (Figura 4.16), in Scozia. Entrambe mostrano una โ€œpancia rotonda e cascante, con due piccole gambe divaricate, una postura che ricorda molto la fase della gravidanza appena prima del partoโ€. Una Sheela scozzese nella chiesa di Rodil, sullโ€™isola di Harris, sembra avere appena partorito ed essere intenta a cullare il suo bimbo appena nato (Figura 4.17).

In un numero della rivista Folklore uscito nel 1937, la studiosa Edith Guest sostiene che le Sheela na gig sono raffigurazioni della feritlitร , e sottolinea come la Sheela del castello di Widenham โ€œancora in anni recenti venga toccata molto spesso per facilitare il partoโ€. Fare assegnamento su queste figure per ricevere aiuto รจ una pratica che continua, come testimoniato da James Oโ€™Connor nella sua monografia sulle Sheela, Sheela na gig, uscita nel 1991. Quando era adolescente, lโ€™eccentrica proprietaria di lunga data del castello di Kiltinan, nella contea di Tipperary, conosciuta localmente come Lady La [abbreviazione di Joan de Sales La Terriere (1889-1968), famosa cavallerizza irlandese. N.d.T.], gli disse che le due Sheela di Kiltinan โ€œrappresentavano unโ€™antica dea della fertilitร  e che le donne sterili erano solite raschiare la pietra nel cortile della chiesa per ottenere un poโ€™ della sua polvere curativaโ€. Oโ€™Connor si sentรฌ gratificato quando il padre gli confermรฒ tale spiegazione.

Un altro resoconto contemporaneo della credenza nel potere generativo delle Sheela รจ stato documentato nel 2012 dalla ricercatrice Sonya Ines Ocampo-Gooding. Durante le sue ricerche, ha raccolto brani tratti da racconti orali e dagli scritti dellโ€™autore P. J. Curtis, cresciuto nei paraggi della Sheela na gig della chiesa di Killinaboy, contea di Clare, i cui antenati sono sepolti nel cimitero della chiesa sin dal XVII secolo, proprio accanto al lato destro della porta su cui si mostra la Sheela. Cosรฌ racconta di alcune delle usanze locali: 

Nel suo libro recente, Sheela-na-gigs: Unravelling an Enigma, la studiosa Barbara Freitag sostiene che la funzione centrale delle Sheela era il loro ruolo di โ€œdivinitร  popolari responsabili delle nasciteโ€. Oltre alla loro assistenza durante il parto, la Freitag scrive che le Sheela garantivano โ€œla fertilitร  negli esseri umani, negli animali e nelle piante coltivateโ€. I poteri vivificanti della vulva assicuravano che la natura avrebbe continuato a dare frutti. La Freitag riporta anche gli alti tassi di mortalitร  di madri e infanti durante gli orribili secoli del Medioevo, e sostiene che tale situazione generรฒ un urgente bisogno di interventi magici per sopravvivere. Per dar piรน peso alla sua ipotesi riguardo a questa necessitร  di mediazioni sovrannaturali, la Freitag mette in evidenza la mancanza di formazione medica delle levatrici medievali. E tuttavia appare poco convincente che, dopo millenni di assistenza alle partorienti, le levatrici non avessero accumulato le conoscenze necessarie riguardo le tecniche e le erbe medicinali utili a favorire il travaglio.

Nella visione della Freitag, nel momento del bisogno le donne medievali prossime al parto facevano affidamento sulla credenza nelle magiche energie delle Sheela. Attraverso il gesto rituale dello sfregamento di quelle vulve di pietra, le donne credevano di potersi assicurare lโ€™assistenza divina necessaria ad aiutarle ad affrontare i dolori delle doglie. Altre usanze popolari testimoniano tale credenza, come nel summenzionato esempio riportato da Edith Guest, dellโ€™uso della Sheela del castello di Widenham come strumento per agevolare il parto. Dunque, come divinitร  popolari, le Sheela svolgono due funzioni separate: assicurare la fertilitร  e favorire un parto senza problemi. La Freitag non spiega esattamente in che modo lo sfregamento della vulva di una Sheela possa tradursi nel processo del parto. La maggior parte delle Sheela non sono portatili, in quanto si trovano inserite allโ€™interno di strutture murarie; molte sono ubicate sulle mura di castelli ad altezze impossibili da raggiungere senza lโ€™aiuto di una scala. Prima del travaglio del parto, le donne in dolce attesa toccavano solo quelle vulve di pietra che erano a portata delle loro mani? Se รจ facile immaginare che alcune Sheela venissero usate a questo scopo, era questo il loro scopo originario? Oppure era un utilizzo derivato dai molteplici poteri dellโ€™esibizione sacra, sviluppatosi nel tempo, quando le donne notarono qualcosa di antico e familiare nelle figure delle Sheela? La Freitag suggerisce anche unโ€™insolita cronologia, secondo la quale le pietre in origine sarebbero state scolpite per essere usate durante il parto e conservate in luoghi speciali o da โ€œdeterminate donne anzianeโ€, e solo in un secondo momento sarebbero state intenzionalmente inserite dal clero nelle mura di edifici, ad altezze irraggiungibili, proprio per sopprimere tali pratiche.

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La Freitag esamina anche lโ€™aspetto esteriore delle Sheela, mettendo in evidenza la loro postura accovacciata, una posizione per partorire consacrata dal tempo. Ovviamente, la caratteristica essenziale delle Sheela รจ lโ€™esibizione dei genitali e lโ€™aspetto della vulva turgida (il portale della nascita) poteva certamente indicare il processo fisiologico del parto. La Freitag sostiene anche che molte figure, come le Sheela di Oaksey (Figura 4.18), Ballinderry, Ballyportry, Bunratty e Killinaboy potrebbero avere un sacco amniotico che penzola tra le loro gambe.

Ma non si puรฒ parlare della fertilitร  di una Sheela ignorando il resto del corpo. Non possiamo descrivere solamente le tumide grandi labbra senza fare riferimento alla parte superiore del corpo che spesso incarna la sterilitร  della vecchiaia โ€“ costole scarne, seni rinsecchiti (non mammelle piene di latte) e unโ€™espressione minacciosa sul viso. Tutta lโ€™immagine della Sheela incarna la congiunzione di inizio e fine. Nello stato liminale della nascita, la morte รจ sempre una possibilitร . Nelle aree rurali, gli abitanti che coltivavano prodotti agricoli e allevavano animali vivevano allโ€™interno della grande ruota della natura; erano in stretti rapporti con i cicli di nascita, morte e rinnovamento. Anche se la Freitag non arriva mai a definire le Sheela come dee, chiamandole solamente divinitร  o idoli popolari usati per favorire la fertilitร , riconosce lโ€™esistenza millenaria sul suolo europeo della venerazione del femminino divino (anche se, per caratterizzare questo tipo di venerazione, utilizza ancora il termine peggiorativo culto).

Qualunque osservatore delle Sheela puรฒ facilmente notare la presenza di simboli di vita e di morte nel loro aspetto esteriore. Ogni Sheela puรฒ rappresentare la fertilitร  ma anche molto di piรน. Come Dea Oscura della morte e della rigenerazione (maggiori informazioni a riguardo nel Capitolo 6), la sua vulva sovrannaturale simboleggia un luogo di entrata (sesso), uscita (nascita) e ritorno (la sepoltura dei morti come figli nel ventre di Madre Terra per rinascere in unโ€™altra stagione). Il legame della Sheela con il regno degli antenati viene forgiato dal suo potere di creare nuova vita. รˆ chiaramente unโ€™immagine polivalente con molte funzioni possibili; sullโ€™estensione e sul campo dโ€™azione dei suoi poteri non si puรฒ dire nessuna parola definitiva.ย 

[…]


Il mistero delle Sheela na gig medievali non riguarda tanto la loro esistenza, ma il fatto che vennero create proprio quando le ultime vestigia dellโ€™Antica Religione stavano per essere completamente distrutte. Ma lโ€™energia che permea le loro immagini non poteva essere eradicata del tutto, e cosรฌ le Sheela non solo continuarono a esistere nel bel mezzo della misogina Europa cattolica, ma adottarono una nuova forma sorprendentemente audace. Lontanissima dal remissivo ideale angelico della Vergine Maria, la Sheela รจ una figura aggressiva e sessuale, proprio come le dee e le eroine delle leggende celtiche. Non chiede il permesso di esistere. 

La Sheela na gig รจ una figura molto antica: una sua datazione precisa รจ spesso impossibile, e le ipotesi riguardo le sue origini sono svariate, complicate e, a volte, elusive. Lโ€™immagine della femmina esibizionista come elemento decorativo della scultura romanica del XII secolo si accorda bene, dal punto di vista stilistico, con i suoi compagni scolpiti sulle mensole degli edifici del Nord Europa. Cosa passava per le menti di coloro che scolpirono tali immagini? Le Sheela emersero spontaneamente da unโ€™oscura memoria inconscia di un mondo piรน antico, da un incubo di qualche scalpellino particolarmente creativo, o forse dal desiderio di emancipazione da una chiesa repressiva che condannava gli istinti corporei? Oppure, piรน probabilmente, per creare le Sheela na gig gli scalpellini irlandesi trassero ispirazione dagli antichi miti celtici e dalla tradizionale arte scultorea in pietra, come anche dal culto della Dea profondamente radicato nella loro terra natia da migliaia di anni?

Per piรน di cinque secoli, le Sheela apparvero come figure preminenti sulle mura delle chiese e delle case-torri, specialmente in Irlanda, diventando sempre piรน potenti fino al XVII secolo. Sfortunatamente, la disintegrazione dello stile di vita celtico ebbe inizio con unโ€™altra invasione dellโ€™Irlanda, questa volta da parte delle truppe inglesi di Elisabetta I verso la fine del XVI secolo [la cosiddetta Riconquista Tudor dellโ€™Irlanda, N.d.T.], e venne esacerbata dallโ€™implementazione di un codice penale estremamente repressivo contro i cattolici irlandesi sotto il governo degli Stuart. Dopodichรฉ scoppiรฒ la brutale guerra contro gli Irlandesi guidata da Oliver Cromwell nel 1649, che segnรฒ la fine dellโ€™Irlanda gaelica. Un altro fattore in questo processo di annientamento della cultura autoctona fu la cosiddetta Colonizzazione dellโ€™Ulster iniziata nel 1609, ossia unโ€™immigrazione progettata e promossa da Giacomo I dโ€™Inghilterra di decine di migliaia di protestanti scozzesi e inglesi nella provincia settentrionale irlandese dellโ€™Ulster. Questo insediamento forzato non solo usurpรฒ le terre dei nativi irlandesi, ma li privรฒ anche della loro antica cultura. La studiosa Maureen Concannon crede che questo sia il motivo per cui ci sono cosรฌ poche figure di Sheela nellโ€™Irlanda del Nord. Potrebbero essere state quasi tutte distrutte dal fanatismo religioso dei colonizzatori protestanti intenzionati ad annientare la cultura celtica, la nobiltร  irlandese e quelle figure che rappresentavano un simbolo del loro diritto di sovranitร  sulla terra natia. Infine, a causa della marea crescente di puritanesimo in tutta Europa, e la conseguente Controriforma della Chiesa cattolica, lโ€™immagine della Sheela perse il potere del consenso ufficiale, e anche questo contribuรฌ alla fine della sua era. 

Con lโ€™inizio della Riforma, le antiche tradizioni irlandesi furono attaccate dal clero, e venne lanciata una drastica campagna per rimuovere dalla vista le immagini delle Sheela โ€“ in realtร  per seppellirle o distruggerle del tutto. Dopo la Riforma, la Chiesa si sentรฌ abbastanza potente da decidere di eliminare del tutto unโ€™immagine che aveva tollerato per secoli. Barbara Freitag avanza lโ€™argomentazione convincente secondo cui la Chiesa cristiana aveva permesso lโ€™esistenza di queste figure pagane, certamente non cristiane, come strategia per assoggettare e controllare le genti di campagna. Le Sheela facevano parte di una religione popolare โ€œtroppo importante e intimamente legata al benessere delle comunitร  contadine per poter essere spregiata dalla Chiesa cristianaโ€. La Chiesa aveva tollerato le usanze tradizionali degli abitanti delle campagne per invogliarli ad andare a messa, fino al momento in cui le mutevoli condizioni sociali che portarono alla Controriforma le permisero finalmente di agire contro le Sheela. Inoltre, non puรฒ essere un caso che, nel XVII secolo, anche le levatrici, che da secoli si tramandavano le antiche conoscenze pagane e che erano spesso associate alle Sheela, vennero gradualmente sostituite dalla crescente classe medica maschile. I dottori colsero lโ€™opportunitร  di assumere il controllo delle pratiche ostetriche per โ€œspodestare le levatriciโ€, che rappresentavano i loro principali concorrenti commerciali; in diverse parti dโ€™Europa, โ€œun gran numero di queste levatriciโ€ vennero accusate e denunciate per stregoneria. 

La distruzione delle Sheela ebbe seriamente inizio nel XVII secolo. Sfortunatamente, il piรน antico riferimento scritto alle Sheela รจ uno statuto ecclesiastico scritto a Tuam, contea di Galway, nel 1631, che ordinava ai โ€œparroci di nascondere e di registrare dove sono nascoste quelle che, nella velata oscuritร  della lingua latina, vengono descritte come imagines obesae et aspectui ingratae, mentre sono localmente chiamate โ€˜sheela-na-gigsโ€™โ€. Nel 1676, un regolamento della diocesi irlandese di Ossory ordinava la distruzione con il fuoco delle Sheela-na-gig; in quellโ€™anno, il vescovo Brehan di Waterford, in Irlanda, diede lo stesso ordine di distruggere con il fuoco quelle immagini. Queste ordinanze richiamano alla mente lo scempio compiuto nel XVIII secolo da alcuni esaltati puritani che misero in atto un elaborato processo di riscaldamento e raffreddamento dei megaliti del grande circolo di pietre di Avebury per spaccare i massi e riutilizzarli come materiale edile; oppure, in anni piรน recenti, la distruzione da parte dei Talebani degli antichi Buddha giganti scolpiti nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan. Alcune Sheela sopravvivono ancora oggi nelle loro ubicazioni originarie, ma presentano i gravi segni delle mutilazioni che fecero a pezzi la parte inferiore del loro corpo, come le Sheela di Ballyvourney (Figura 3.11), di Bilton (Figura 9.8), di Killinaboy (Figura 8.1) e di Taghmon (Figura 3.1). La Sheela di Llandrindod (Figura 9.11), trovata nel 1894, si salvรฒ essendo stata scolpita a testa in giรน nel muro settentrionale della chiesa locale. Molte altre, come la Sheela tatuata di Clonbulloge, contea di Offaly, sono state recuperate dai fiumi in cui erano state gettate. 

La distruzione delle Sheela รจ continuata per qualche secolo, fino ad arrivare ai nostri giorni. Nel novembre del 2004, la Sheela di Buncton, nel Sussex, ubicata sul lato sinistro dellโ€™arco del presbiterio della All Saint Chapel, venne distrutta da alcuni vandali che le deturparono il volto con uno scalpello e poi ridussero in polvere i frammenti โ€“ una perdita incommensurabile. Ciononostante, in quel villaggio sopravvive ancora la tradizione pagana secondo cui i novelli sposi devono salire su una piccola scala a libretto e carezzare la vulva della Sheela di Buncton per avere molti figli; la vulva appare consunta da secoli di carezze da parte dei devoti. 

Malgrado i secoli di repressioni, le tradizioni di lunga data che ancora esistono nelle campagne ci rivelano la persistente fede nel potere della Sheela. Probabilmente, รจ stata proprio questa radicata credenza ad assicurare la sopravvivenza di molte sue raffigurazioni. Nel 1781, quando la Sheela di Binstead, Holy Cross Church, Isola di Wight, venne rimossa dalla sua posizione di guardiana sopra la chiave di volta della porta settentrionale della chiesa, gli abitanti del luogo rimasero cosรฌ contrariati che ne chiesero immediatamente il ripristino, a dimostrazione che quella Sheela aveva un posto nellโ€™immaginazione popolare e la sua rimozione venne considerata come una โ€œviolazione di antiche usanzeโ€. 

Forse alcune furono nascoste da persone che non volevano seppellirle, ma salvarle dal furore distruttivo dei cristiani. Ancora oggi continuano a essere scoperte nuove figure nei luoghi in cui sono rimaste nascoste per secoli. Una scoperta piuttosto recente รจ avvenuta allโ€™inizio degli anni โ€™80 durante uno scavo archeologico allโ€™interno del castello di Glanworth, contea di Cork. Sotto un pavimento ricoperto di detriti cโ€™era una botola che nascondeva una camera sotterranea a volta. Lรฌ dentro รจ stata scoperta una Sheela con spalle larghe che, molto probabilmente, vi era stata nascosta nel XVII secolo, durante i travagliati anni delle persecuzioni.

Anche se in Irlanda sopravvivono ancora piรน di centoventi Sheela, molte delle quali salvatesi grazie alla loro posizione elevata sulle mura di castelli, รจ impossibile sapere con esattezza quante adornassero un tempo gli edifici sacri prima dellโ€™inizio di quelle cacce alle โ€œstreghe di pietraโ€. Le direttive ecclesiastiche che ne ordinarono la distruzione sono esse stesse testimonianze che โ€œmolto tempo fa potrebbero esserci state molte piรน Sheela di quante ne possiamo vedere oggiโ€. Quante sono le Sheela che devono ancora essere tirate fuori dai loro nascondigli? 

Possiamo essere grati per tutto ciรฒ che รจ giunto fino ai nostri giorni, che in questo mondo esistono ancora Sheela che ci affascinano con la loro insolita bellezza, e ci rivelano quello che le nostre antenate/i consideravano sacro. Come qualunque altra immagine vivente, anche la particolare forma della Sheela venne modellata dai bisogni estetici dellโ€™epoca, ma le forme cambiano con il passare del tempo, e anche lโ€™epoca della Sheela รจ passata. Eppure, lโ€™energia che anima la sua immagine permane ancora oggi. La Sheela รจ unโ€™antinomia visiva delle forze di distruzione e creazione, una strega che offre la sua vulva sempre rigenerativa, una manifestazione della Dea Oscura con il potere di ridare la vita. Molte dee del genere lโ€™hanno preceduta; altre la seguiranno. 

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