Durante la cerimonia dellβashura gli sciiti si richiamano miticamente allβautosacrificio esemplare del terzo imam Husayn inserendolo nellβambito cosmologico della guerra cosmica, di derivazione madzeista, tra i principi del bene contro il male; in un continuo connubio tra sfera politica e religiosa, i confini tra le due si fanno sempre piΓΉ confusi, e la dimensione religiosa giustifica il sentimento politico, mentre il sentimento locale sfocia in un dramma di portata globale.
di Gabriele Grieco
tutte le foto sono di proprietΓ dellβautore
Β
Durante la mia permanenza in Iran ho avuto la fortuna di assistere al rituale dellβashura, centrale nellβislamismo sciita da una parte per la sua evocazione di un passato comune fondatore, dallβaltra per legittimare un presente politico che a sua volta viene in questo modo permeato dalla dimensione simbolica che compete allβambito del βsacroβ. Questo mi ha portato a riflettere sulla natura della rappresentazione del/nel rituale dellβashura e ho cercato di darne unβinterpretazione che renda evidente la linea di continuitΓ tra il passato e il presente, cosΓ¬ come tra il sacro e il profano (politico). In questo senso, il rituale dellβashura si conferma non solo come un mito fondativo di una determinata religione, ma anche come un rituale e un simbolo del potere, perfettamente inquadrato nella dimensione politica contemporanea. Si potrebbe quasi dire un βdramma politicoβ che rappresenta un evento del passato rimodellandosi sulla scia di un presente legittimamente costruito dal forte carattere simbolico.

Sunniti e sciiti
Dopo la morte del profeta Muhammad nel 632 d.C., Abu Bakr, padre di una moglie di Muhammad, venne proclamato primo califfo senza prima aver consultato AlΓ¬, cugino e genero dello stesso profeta, che sarebbe stato lβerede naturale. Tuttavia questβultimo, per non spargere dissenso nella comunitΓ , decise ugualmente di acconsentire al nuovo ordine politico fino a quando non ne prese lui stesso la carica dopo lβassassinio del terzo califfo, avvenuto nel 656 d.C. AlΓ¬ restΓ² in carica fino al 661 e ad oggi Γ¨ riconosciuto dagli sciiti come il primo califfo.Β Ma questo conflitto interno, culturale prima che politico, tra le due correnti sarebbe stato destinato a emergere in modo sempre piΓΉ violento, fino ad una rottura definitiva che assume, soprattutto per lβala sciita, nata sotto lβinfluenza del marcato dualismo mazdeista, tinte quasi apocalittiche di uno scontro tra il Bene e il Male.
Questo scontro culminerΓ nella Β«grande discordiaΒ», vale a dire nella frammentazione definitiva tra sciiti e sunniti avvenuta nel 680 d.C., data della nota battaglia di Karbala, nellβodierno Iraq. LΓ¬, il terzo imam sciita Husayn, assieme ad altri settantadue compagni, perse la vita e venne decapitato dal comandante dellβesercito omayyade. Questo sacrificio fu compiuto volontariamente, con lβintento di vincere il cuore dei fedeli con il suo stesso sangue e di ricostituire e rinnovare la comunitΓ . Il sacrificio dellβimam, fatto storico, viene quindi inserito nella βmitologiaβ sciita dove lo stesso personaggio divieneΒ eroe che ha donato la propria vita per la sopravvivenza della religione e della comunitΓ (martire, appunto).Β
Nellβodierno mondo sciita, e in quello iraniano in particolare, la commemorazione del lutto rinnova la societΓ ogni anno e viene inserita nel rituale dellβashura. Ci si riunisce durante dieci giorni nei quali il gesto sacro viene ri-attualizzato e ritualizzato attraverso la teatralizzazione del dolore che unisce tutta la comunitΓ che non solo rende omaggio, ma si immedesima nel dolore del martire attraverso la ripetizione di gesti e la drammatizzazione dellβevento attuando cosΓ¬ una de-storificazione, ovvero una conversione del tempo profano che grazie al rituale viene inserito in un tempo sacro β sacralizzazione dello spazio pubblico e ripetizione archetipale nella quale si rivive il dato nella contingenza storica.

Il rituale dellβashura
Il paese che piΓΉ di tutti gli altri ha riunito la comunitΓ sciita sotto ad unβunica bandiera Γ¨ sicuramente lβIran e per questo motivo Γ¨ conosciuto come il punto di riferimento principale del blocco sciita.
La rievocazione del sacrificio del nipote di Maometto avviene ogni anno nel decimo giorno del Muharram, primo mese del calendario lunare islamico. La comunitΓ religiosa rivive la sofferenza di Husayn per alcuni giorni con spettacoli teatrali pubblici, canti, preghiere, processioni con imponenti bandiere, pianti e auto-flagellazioni. Tutti vi partecipano, e la maggioranza delle persone indossa una veste nera per commemorare il lutto. Gli ultimi due giorni della cerimonia vengono chiamati rispettivamente Tasuβa e Ashura. Durante il giorno dellβashura le persone marciano in strada unite nella sofferenza, diventano una unitΓ con il proprio martire, piangono, si battono il petto nel segno del dolore e si auto-flagellano simbolicamente con delle catene (zanjjir) appositamente costruite per richiamare il gesto, in genere senza infliggere danni fisici, ma con delle eccezioni; Γ¨ il caso dellββIndia, in particolare a Mumbai, dove i fedeli della comunitΓ sciita attraversano le strade frustando e martoriando le proprie schiene in una processione cruenta e piena di pathos.
Gli alamat, strutture in ferro di varie dimensioni, accompagnano i cortei e sono portate a turno dai partecipanti del gruppo: chi vuole, infatti, puΓ² indossare delle tute di sostenimento per cercare di attutire il peso della struttura che verrΓ caricata sulle proprie spalle. Queste pesanti strutture rievocano il peso della sofferenza; sono ricche di dettagli che richiamano alla battaglia o a simboli religiosi, come ad esempio spade e piume. Portare lβalamat Γ¨ motivo di orgoglio per i partecipanti alla processione e chiunque puΓ² portarlo per dimostrare la propria forza e la propria capacitΓ di immedesimazione nella sofferenza.

Ogni cittΓ , cosΓ¬ come ogni paese, si distingue nel portare in scena il dramma attraverso norme talvolta molto differenti tra loro. In alcuni luoghi, come ad esempio a Khorramabad β capoluogo del Lorestan, regione confinante con lβiraq β si attua un rituale particolarmente affascinante: nel giorno della Tasuβa le donne marciano in silenzio, senza scarpe, attraversano moschee ed accendono candele di casa in casa per ricordare la nipote del profeta; il giorno dellβashura, invece, a partire dalle prime luci i fedeli si ritrovano in alcune piazze della cittΓ , si immergono in vasche piene di fango costruite per lβoccasione e dopo aver fatto essiccare il fango marciano fino a mezzogiorno in segno di lutto.
Importante a questo riguardo ricordare che il cospargersi di fango durante le cerimonie funebri era unβusanza giΓ attiva tra i nomadi del Lorestan. La cerimonia di lutto (Pors nel dialetto locale) coinvolgeva uno spazio pubblico nel quale i visitatori vicini venivano a condividere la sofferenza in segno di rispetto. Essi ricoprivano le proprie spalle di fango e portavano un piccolo straccio nero strappato dalla propria tenda. Questβusanza Γ¨ utilizzata in altre parti dellβIran contemporaneo, anche se raramente e con modalitΓ molto piΓΉ blande. Alcuni aspetti e oggetti della cultura nomade del Lorestan sono ricostruiti e conservati nel museo di antropologia di Khorramabad allβinterno del castello di Falak-ol-aflak, un palazzo risalente allβepoca sassanide.

Anche il teatro Γ¨ parte del complesso rituale; la comunitΓ partecipa al dramma seguendo lo stesso schema delle processioni: percosse sul petto, pianti, grida. La rappresentazione teatrale mette in scena la sofferenza dellβimam e ci ricorda che non solo invita alla partecipazione del dramma ma sopratutto porta in scena la lotta eterna tra il bene e il male. I codici rappresentativi delle due parti sono ben contrapposti: da un lato le voci dei βgiustiβ, soavi, sagge, quiete, intonano da corpi graziati, vestiti dei colori dellβislam; dallβaltro lato corpi sguaiati, voci violente e colori rossi, simbolo di sangue e spietatezza. Ancora una volta si puΓ² vedere questa incessante dicotomia che non smette di essere presente e di permeare la societΓ iraniana che ne fa il modello della propria visione sul mondo e ne caratterizza in ultima istanza persino la vita politica. Ma questo schema ha radici ancora piΓΉ profonde e richiama un retaggio culturale particolarmente radicato nella vita sociale iraniana che ha visto la sua nascita in epoca pre-islamica.
Non dobbiamo infatti dimenticare che prima dellβIslam sciita, la Persia fu la culla di quella che viene definita la prima religione monoteista: lo zoroastrismo, o mazdeismo. Il profeta di questa antica quanto poco conosciuta religione fu Zoroastro/Zarathustra. I testi che ci sono pervenuti fanno riferimento a una dottrina basata sul dualismo al cui fondamento vi Γ¨ un atteggiamento morale, come scrive il filosofo Nietzsche: Β«Zarathustra Γ¨ il primo nella storia ad aver visto nella lotta del bene e del male la vera ruota nellβingranaggio delle coseΒ» (Michael Stausberg; 2013). Ed Γ¨ proprio questo lascito cosmogonico, forse, a spiegare in parte quello che oggi Γ¨ il sentimento nazionale iraniano, la cui costituzione Γ¨ derivata da questo schema dicotomico declinato in termini storici e politici oltre che religiosi.

Tra politica e religione
Il clero religioso sciita nasce durante la dinastia Safavide nel XVI secolo, dove lo sciismo venne dichiarato religione di stato come risposta a esigenze conflittuali che vedevano opporsi la dinastia ottomana sunnita alla politica religiosa dello shah persiano Isamβil. A partire da questa epoca lo sciismo conosce una progressiva e inarrestabile razionalizzazione e politicizzazione. Nel 1979 la rivoluzione iraniana unificΓ² la comunitΓ sotto a uno stesso credo politico. Il lutto collettivo riprodotto nel rituale dellβashura trasferisce il proprio sentimento religioso nella sfera politica. CosΓ¬ Γ¨ stato nella rivoluzione, un moto di solidarietΓ unificante che investe lβambito politico sulla base dello schema dicotomico che il mondo sciita ha conosciuto nel proprio mito fondativo e che ha riprodotto se stesso in una comunitΓ religiosa che giΓ prima dello scontro con lβislam aveva conosciuto tale modello. La comunitΓ riesce a elevare la propria passione religiosa spazzando via quello che era considerato un regime oppressivo, miscredente e filoccidentale: il regime del reza shah Palahvi.
Gli agenti sociali contemporanei trasfigurano la lotta contro il male a un piano globale. Lo stato americano, lβimperialismo, il capitalismo, sono infatti i nuovi bersagli che assumono i caratteri diabolici. Vale la pena soffermarsi sulla retorica utilizzata dallβimam Khomeini per organizzare la rivolta e distinguere la propria politica estera. Infatti il nuovo ayatollah definiva gli Stati Uniti il Β«Grande SatanaΒ», e durante i suoi interventi pubblici non mancava mai di ricordarlo. Gli stessi Stati Uniti sono gli agenti dietro al rifornimento militare dato allβIraq nella guerra contro lβIran, durata otto anni, dopo aver provocato un milione di morti circa.

Ancora oggi, durante lβashura, i volti delle persone morte in quella guerra sono ritratte nei manifesti affissi in tutte le cittΓ iraniane. Essi sono ricordati come martiri, eroi di una battaglia dei βgiustiβ contro le Γ©lite sunnite irachene e la complicitΓ degli alleati americani. I volti di quei soldati si uniscono nel linguaggio religioso rituale e nellβelaborazione collettiva del lutto entrando nellβuniverso simbolico dello sciismo. Essi sorvegliano la comunitΓ e le ricordano da che parte stare. Lβuso intensivo delle immagini dei martiri costituisce un carattere essenziale che continua a modellare, a rappresentare e a distinguere la cultura iraniana. La storia di Husayn si intreccia con questo passato recente e con il presente nel rituale. Queste immagini vengono astratte dal pensiero: esse sono miti potenti, espressione dei sentimenti di una cultura in grado di veicolare e reificare nella simbologia visiva quellβinsieme di valori che caratterizzano una determinata cultura (C. Pennacini; 2005) e la propria cosmologia.
Naqsh-e Jahan, la piazza principale e piΓΉ grande di Isfahan Γ¨ il teatro per eccellenza dellβashura. Uno spazio sacro dove il rituale termina. I fedeli arrivano in processione sotto la grande moschea e seguiti dalla voce dellβimam che risuona dagli altoparlanti; il quadro Γ¨ completato dai ritratti affissi sulla moschea dellβayatollah Khomeini e del leader attuale Khamenei. E proprio di fronte a questi, i manifesti che incitano alla sconfitta degli Stati Uniti. Ancora una volta lβuso spaziale che ne viene fatto riproduce lo schema dualista dove le due parti si contrappongono e si affrontano come nella battaglia di Karbala. La maggior parte di essi recita Β«Down with the U.S.A.Β», ma non mancano immagini dove i soldati americani vengono ritratti con le mani insanguinate sopra cumuli di cadaveri e bandiere iraniane.
Durante lβashura si richiama questa lotta in un continuo connubio tra sfera politica e religiosa e i confini tra le due si fanno sempre piΓΉ confusi. La dimensione religiosa giustifica il sentimento politico. La stessa frase viene poi riproposta durante la distribuzione del nasri: i volantini con suddetta frase vengono legati al contenitore del cibo per fare in modo che il fedele lo porti con sΓ© durante il pasto e il proseguimento del rituale. Altre immagini sono dipinte nel bazar della cittΓ sempre raffigurando le due parti contrapposte. Una in particolare ha attirato la mia attenzione: in essa lβIran era rappresentato come un cervo, inseguito e attaccato da tre cani avvolti nella bandiera statunitense con lβacronimo Β«C.I.A.Β». I segni incontrovertibili di questo conflitto politico si fanno evidenti durante il rito, divengono essi stessi parte del panorama culturale e legittimano sΓ© stessi nella visione religiosa.

CONCLUSIONI
Nonostante questa Β«grande discordiaΒ» tra i due paesi anche durante un tempo per cosΓ¬ dire βprofanoβ, questa dualistica lotta si riflette e porta allβeccesso sΓ© stessa durante lβannuale rito dellβashura dove i fedeli, come abbiamo visto, rievocano ciclicamente la sofferenza dellβimam per commemorare e per espellere il male, riordinare i princΓ¬pi dellβordine e ricordare la propria origine e tradizione di matrice esoterica. La traduzione di questo sentimento Γ¨ accompagnata da una quantitΓ di immagini-manifesto che richiamano a questa opposizione, ma il sentimento locale sfocia in un dramma di portata globale. Il rito e il mito si fondono e si innestano nella sfera politica modellandosi in conformitΓ alle nuove sfide che la contingenza storica ha portato alla luce.
Lβazione che viene ritualizzata nellβashura, e che rievoca un evento-chiave del passato, viene guidata come risposta a esigenze conflittuali che muovono da un retroterra cosmologico religioso che trova la sua conferma in ultima istanza nella dimensione politica. Cercando di ricostruire la genesi di un conflitto di cosΓ¬ ampia portata, possiamo intravedere come la religione funziona come un principio escatologico e di risposta diretta alle esigenze politiche. Pur costatando ciΓ², non possiamo dare una risposta e unβinterpretazione che rimandi la questione a una ragione puramente ed esclusivamente religiosa. I fattori che influenzano le scelte politiche sono vari e hanno una propria caratteristica simbolica, con obiettivi auto-referenziali e direttamente riconducibili a significati politici. Sarebbe tuttavia un errore cercare di separare le due dimensioni poichΓ© esse si compenetrano e trovano un terreno di comunione nelle forme rituali.
Bibliografia:Β
Gioele Zisa, Tasuβa e ashura. Il teatro tradizionale Taβzieh, un metacommento sociale, Treccani 2019
Giulia Sfameni Gasparro, Introduzione alla storia delle religioni, Laterza 2011
Michael Stausberg, Zarathustra e lo zoroastrismo, Carocci 2013
Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri 1999
Michael Herzfeld, Antropologia. Pratica della teoria nella cultura e nella societΓ , Seid 2006
Enzo Pace, Raccontare Dio. La religione come comunicazioneβ, Il mulino 2008
Cecilia Pennacini, Filmare le culture. Unβintroduzione allβantropologia visivaβ, Carocci 2005
3 commenti su βIl rito iraniano dellβAshura, tra religione e politicaβ