Il Geist, il Mana e la “magia naturalis” nello sword&sorcery di Clark Ashton Smith

Zothique è un non luogo, sebbene molto concreto e reale: Clark Ashton Smith immagina un mondo in cui la nostra tecnologia attuale non esiste, e gli uomini vivono immersi tra forze elementali concrete e poteri invisibili, ma che agiscono su ciò che è terreno.


di Samuele Baricchi
copertina: Clark Ashton Smith visto da Andrea Bonazzi

Mana è un termine di origini polinesiane risalente alle culture animiste che può essere tradotto con «forza vitale», «potere spirituale», «efficacia simbolica». Geist è un termine di origini germaniche che in filosofia genericamente viene tradotto con «spirito» sinonimo di vita, «forza vitale distinta dalla vita stessa e che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell’esistenza radicalmente diversa dalla materia» o anche una totalità assoluta che comprende ogni tipo di manifestazione della realtà, come per esempio nell’idealismo tedesco.

Il senso del Sublime per il romanticismo ottocentesco coincide con il Mana delle culture antiche. L’uomo, di fronte alla grandiosità delle tormente e dei fulmini, delle tempeste di neve, le trombe marine, i cicloni, i tuoni, la grandine e il fuoco che cade vertiginosamente dal cielo vede e percepisce qualcosa di simile a un numen, un senso di sacro rispetto, un senso di infinito macrocosmo e microcosmo, una percezione di coscienza pura e veritiera. La morte e la vita si mescolano assieme come due aspetti della stessa realtà, come nella dottrina orientale taoista. Come percepisce l’infinita grandezza degli elementi naturali sente e tocca con mano la sua infinita piccolezza.

Nel dipinto Il Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich è ben rappresentato simbolicamente il senso di percezione del Mana e del Geist nella natura. Un uomo, solo, sopra a una conformazione rocciosa, guarda verso l’orizzonte colmato da nebbia e inesistenza, con qualche altra roccia e collina scorta in lontananza. È la metafora dell’uomo immerso nella caducità e nell’infinito nel medesimo tempo. Questa condizione porta la letteratura e l’arte in genere a dedicarsi, spesso e volentieri, specie nelle opere d’immaginazione e che sono pregne della coscienza archetipica delle culture antiche, a descrivere questo senso di magia onnipresente nella natura al di fuori e dentro l’animo degli esseri umani.

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Caspar David Friedrich, “Il Viandante sul Mare di Nebbia”, 1818

Geist indica «Spirito» e deriva dall’Idealismo. Per Geist s’intende «il tutto che contiene il tutto» ed è allo stesso tempo «presente in tutto». Come avviene nei culti animisti, la divinità, lo Spirito, è presente nell’albero, nel fulmine, nell’erba, come nel cielo, sulla cima delle montagne e tra le nubi e la pioggia e la neve e la grandine. Per Hegel il Geist si sviluppa anche tramite le epoche storiche, attraverso un percorso di «Tesi, Antitesi e Sintesi». Prima si manifesta, poi nega sé stesso con una sorta di non-manifestazione, un sottrarsi al visibile, un’esistenza del non esistente, il Mana, la forza vitale che non si vede, ma si sente, fortemente, e poi si sintetizza in un’unica essenza sacra e antichissima onnipresente in tutto.

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Nel 1871, l’espressione «animismo» venne utilizzata dall’antropologo inglese Edward Tylor per definire una forma primordiale di religiosità basata sull’attribuzione di un principio incorporeo e vitale a fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati, in special modo per tutto ciò che incide direttamente con la vita di queste popolazioni ed è essenziale per la loro sopravvivenza: i prodotti alimentari e la loro caccia e raccolta, i materiali per costruire utensili, monili e ripari.

Nel Fantasy, in particolar modo nel sottogenere Sword & Sorcery vi sono frequentemente esempi di culture e popolazioni animiste e il mondo è antico, puro, la religiosità e la spiritualità vengono vissute e toccate dal vero. La potenza magica ha lo stesso valore della spada. Tramite l’uso del Mana è possibile manipolare la realtà contingente prevedendo, o influenzando, gli eventi concreti. Riporto l’esempio dello stregone Thoth-Amon di Robert E. Howard, che già dal suo nome ricorda archetipicamente il dio Thoth e il dio Amon della mitologia egizia, e gli conferisce un’aura, un Mana, mistico, trascendente, ma allo stesso tempo molto materiale e connesso con la potenza della terra.

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Clark Ashton Smith scrisse i racconti sul continente immaginario di Zothique negli anni ’30, e furono pubblicati inizialmente sulla rivista Weird Tales, e nel giugno del 1970, raccolti e rieditati in un unico volume. Zothique è la rappresentazione immaginativa del valore intrinseco dell’animismo e del Mana. Lo stesso autore in una lettera a L. Sprague de Camp datata 1951 descrive le terre dove si svolge il suo ciclo di racconti, immaginando un continente che si trova tra l’Asia Minore, la Persia, l’India e parti del Nord e dell’Est dell’Africa, e comprende anche altre isole come Naat, dove sono ancora presenti tribù cannibali.

Zothique è un non luogo, sebbene molto concreto e reale; Smith immagina un mondo in cui la nostra tecnologia attuale non esiste, e gli uomini vivono immersi tra forze elementali concrete (simbolicamente potremmo quasi dire la spada) e poteri invisibili, ma che agiscono su ciò che è terreno (che potremmo sempre definire la stregoneria). Spada e stregoneria, sword & sorcery.

L’autore del ciclo di Zothique pubblica L’Impero dei Negromanti nel 1932 sulla rivista Weird Tales. Questo racconto è un exemplum del potere del Geist romantico tedesco. Lo Spirito. Si svolge nella città di Yethlyreom nel reame di Cincor. Zothique è geograficamente un terreno che si staglia dall’Arabia e l’Asia Minore e la Persia fino alle coste polinesiane, ma non è solo un mero pezzo di terra. Rappresenta il calderone di culture e vitalità che da origine all’immaginario della letteratura del fantastico, nella fattispecie del genere spada e stregoneria. Popolazioni antiche ed esotiche.

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Personaggi a metà tra questo mondo terreno e una dimensione altra, più sottile, ma che influenza fortemente l’intreccio e le trame dei personaggi protagonisti dei racconti e dei romanzi di questo genere. L’elemento Mana è talmente concreto in Clark Ashton Smith che sembra quasi urlare la sua affermazione di esistenza dal profondo delle pagine scritte dall’autore, dall’essenza della sua scelta di termini e parole, tutto ne scaturisce e rimanda il lettore a una potentissima e devastante energia vitale primordiale e atavica.

I non-luoghi geografici sono anche simboli di forze ed energie presenti nella psiche umana e nella facoltà dell’immaginazione. La mitologia stessa è la rappresentazione dell’inconscio collettivo di un popolo; per ulteriori approfondimenti riguardo alla teoria junghiana degli archetipi e dell’inconscio collettivo rimando il lettore ad un altro mio breve saggio su The Witcher, la saga di Geralt di Rivia di Andzrej Sapkowski e sul lavoro di ricerca di tipo psicanalitico di Carl Gustav Jung, tramite appunto l’analisi di tradizioni popolari e miti e leggende. Il ciclo di Zothique di Smith si svolge in luoghi molto concreti e presenti nella nostra immaginazione.

Dello stesso autore ricordiamo Atlantide, Averoigne, e Xiccarph, regni dove la negromanzia è lo stretto rapporto con la morte e l’immateriale è divenuta un tipo di sapienza e ricerca molto complessa e “alta”, quasi potremmo definirla una sorta di “filosofia”, nel senso orientale del termine, intesa quasi come dottrina e saggezza popolare, qualcosa che si può quindi molto toccare con mano e influenza il reale, sebbene apparentemente irreale e distaccata dal mondo terreno della corporeità.

« Il mio tentativo cosciente è stato quello di ingannare il lettore in modo da fargli accettare un fatto impossibile, o una serie di fatti impossibili, grazie a una sorta di magia nera verbale; per ottenerla faccio uso del ritmo della prosa, di metafore, similitudini, tono del colore, contrappunto e altre risorse stilistiche, come in una sorta d’incantesimo. »

— Clark Ashton Smith

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Nel ciclo di racconti su Zothique, il continente immaginario funereo per eccellenza, ultimo continente della terra, carico di irrazionalità e atmosfere mortifere, dove la negromanzia è una scienza accettata e condivisa, troviamo uno scritto che esplica in maniera perfetta l’atmosfera del non-luogo di Smith:

« Chi ha calcato le ombre di Zothique
Guardando le fiamme del sole rosso oblique,
Non torna mai più alle terre anteriori
Ma percorre una costa tardiva
Di città sbriciolate nella sabbia, di mari ulteriori
E morti dei che bevono l’onda salata.

Colui che ha conosciuto i giardini di Zothique
Dove sanguinano i frutti lacerati dal becco del simorgh,
Non assapora alcun frutto di più verdi emisferi:
Fra alberi estremi,
Nei cicli solari di anni ormai cupi
Sorseggia un vino amaranto.

Colui che ha amato le ragazze sfrenate di Zothique
Non torna indietro a cercare un amore più dolce,
Non distingue il bacio del vampiro dal bacio dell’amante:
Per lui il fantasma scarlatto
Di Lilith dall’ultima necropoli del tempo avanzante
Si leva amoroso e maligno.

Colui che ha navigato nelle galere di Zothique
E ha visto l’incombere di strane guglie a picco,
Deve affrontare il tifone mandato dal negromante,
E prendere il posto del timoniere
Sugli oceani scatenati dalla luna mutante
O dal Segno ricreato. »

(Tratto da “Zothique” contenuto in “The Dark Chateau and Other Poems”, 1951, Clark Ashton Smith)

Questo passo è carico di Mana e di energia primordiale. Trabocca di simboli e richiami ad un immaginario tanto lugubre quanto vitale. Colui che ha conosciuto i giardini di Zothique, sorseggia un vino amaranto. Colui che si è spinto nei recessi più oscuri e tenebrosi dell’immaginazione ne ha tratto un nettare, un’essenza color sangue, metafora della della vitalità e della mortalità e caducità umana stessa. Smith in questo passo sta parlando di sé, forse, ma anche di un qualsiasi autore di letteratura del fantastico, e anche di un qualsiasi personaggio protagonista di uno dei suoi racconti.

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Chi ha calcato le ombre di Zothique, guardando le fiamme del sole rosso oblique, non torna mai più alle terre anteriori. Romanticamente qui Smith riecheggia di sapori decadenti non troppo dissimili da I Fiori del Male di Charles Baudelaire e il concetto del paradiso artificiale che qui, invece, tramite uno sforzo immaginativo titanico, diviene inferno artificiale, ma con un’accezione molto positiva. Si tratta infatti di un mondo dove la negromanzia rappresenta il collegamento con il Geist, lo Spirito onnipresente, il Mana, il Sublime dei romantici tedeschi, e quindi, la verità, la sapienza, la ragione nel suo più puro dispiegarsi irrazionalmente.