La sacralitΓ del temenos e la sospensione del tempo soli danno quellβordine di senso agli iniziati e al loro vivere al di fuori del tempio stesso, indirizzandoli e decontestualizzandoli in qualcosa di sovratemporale e non legato al contingente. Meditazioni intorno alla spazialitΓ sacra: sul divino come centro e circonferenza, l’analogia tra tempio e cuore, la simbologia della montagna sacra e del punto omega, l’atto di costruire e ordinare come una imitatio dei.
di Simone Salandra
copertina e immagini: leon battista alberti, cittΓ ideale, 1450 circa
L’immagine pregnante dell’aspetto simbolico della spazialitΓ Γ¨ quella della Cappella Sistina, dove le dita del Dio Padre sfiorano quelle dell’uomo e riportano all’etimo greco del simbolo, ossia il sum-ballo, il mettere insieme, cioΓ¨ il ponte tra i due mondi, quello terreno e quello sopra-mondano, cioΓ¨ lβinvisibile, che sappiamo bene essere piΓΉ vero e tangibile di quello che appare.
La spazialitΓ sacra quindi Γ¨ una spazialitΓ apofatica: infatti nel tempio, spazio sacro per eccellenza, noi cogliamo per dirla con Nicola Cusano Β«in modo incomprensibile, il massimo di cui non ci puΓ² essere nulla di maggiore, in quanto ciΓ² Γ¨ veritΓ infinitaΒ». Questa spazialitΓ apofatica Γ¨ colta se viene fatto un salto ontologico e solo nello spazio sacro di una basilica, di una loggia, di una moschea e nella loro sospensione del tempo ordinario e nellβintroduzione ad un tempo altro, riesce ad essere colta. Lo spazio viene li vissuto sub specie interioritatis, in maniera intuitiva cosΓ¬ come puΓ² essere colto il divino, di cui lo spazio stesso della loggia Γ¨ permeato, quasi una sorta di spazio del cuore. Non a caso i templari, prima delle loro iniziazioni cavalleresche, solevano dire agli aspiranti cavalieri che Dio Γ¨ sΓ¬ nella mente, ma soprattutto nel cuore, guarda caso l’unico degli organi non soggetto a tumore, che decide lui quando smettere di battere.

Lo spazio sacro o lo spazio del cuore Γ¨ perciΓ² un luogo in cui l’uomo comune non puΓ² avere cittadinanza alcuna, giacchΓ© con le comuni e razionali capacitΓ umane non lo si puΓ² penetrare. Per definire il temenos a cui lo spazio sacro ci introduce, userei una delle piΓΉ affascinanti definizioni di Dio data dei mistici, ovvero Deus est sphaera infinita cuius centrum est ubique, circumferentia nusquam e al deus sostituendo temenos, per rendere appieno il concetto di spazialitΓ sacra dove la ierofania si manifesta nella sua infinita potenza creativa, di cui tutto Γ¨ impregnato, nel centro che Γ¨ dovunque e in ogni iniziato, che come cuore lo contiene. Il modo di avvicinarsi maggiormente alla realtΓ del divino, se cosΓ¬ si puΓ² enunciare, Γ¨ quello di negarne progressivamente prima le caratteristiche materiali che gli si possono attribuire e poi le proprietΓ intellegibili. Poter penetrare in una circonferenza che non sta in nessun luogo parrebbe del tutto impossibile, a meno di non accedervi grazie ad una disposizione dβanimo non razionale e di servirsi misticamente di una sorta di curvatura dello spazio stesso. Come accade per esempio nel saggio romanzesco di RenΓ© Daumal, il cui protagonista Pierre Sogol — Logos al contrario — cerca di raggiungere il Monte Analogo, luogo inaccessibile e divino per i mezzi ordinari, che possiede una straordinaria forza di attrazione, simboleggiando una spazialitΓ impensabile nel mondo moderno, quella della montagna sacra, viva e presente in tutta la sua antica potenza nella profonditΓ dellβanimo umano.
Il salto ontologico tra finito e infinito, fondamentale per conoscere ed entrare nello spazio sacro, ci permette per via simbolica di immaginare la montagna sacra come il risultato della rotazione spiraliforme del raggio di una immaginaria circonferenza attorno allβipotetico asse generatosi dal suo punto centrale. Se poi questo asse venisse pensato come axis mundi, si puΓ² immaginare come il cono cosΓ¬ ottenuto altro non sia che la montagna sacra stessa, al tempo stesso anche circonferenza, che rappresenterebbe il punto d’incontro tra luogo divino e umano: lβaxis mundi altro non Γ¨ che il ponte tra il cielo e la terra. Il raggiungimento della montagna sacra, in definitiva, equivale allora a connettere lo spazio interiore e quello esteriore, quello terreno e quello divino, quello visibile e quello invisibile che occupa gli immensi spazi dellβanimo umano, spazi divini ignoti allβuomo che non conosce se stesso, primo fra tutti lo spazio cardiaco che, oltre ad essere il simbolo del divino, Γ¨ lβorgano che consente allβuomo di vivere. Questo spazio spiraliforme e di tangenza dove il finito si fonde con lβinfinito ci porta anche al labirinto, come spazio sacro e al tempo stesso ambiguo dove puΓ² perdere vita e senno colui che il Dio vuole colpire, come del resto recita lβantico adagio latino Quos Deus vult perdere, dementat prius.
Il salto ontologico, quindi, Γ¨ anche un salto mentale, in quanto equivale a penetrare in una dimensione di totalitΓ dove vigono una logica altra, un altro linguaggio e altre regole comportamentali rispetto al nostro mondo, alla nostra logica, ai nostri comportamenti ordinari. Lβuomo che vuole partecipare della spazialitΓ sacra deve perciΓ² rientrare in questa dimensione di totalitΓ , ottenendo quello che per gli antichi gnostici era la vera conoscenza, la gnosi appunto, e che per i moderni psicologi analitici Γ¨ il processo di individuazione, la cui meta Γ¨ lo spazio del divino o, in altri termini, quello spazio transpersonale e infinitamente non finito del SΓ©. In forma umana, questa possibilitΓ Γ¨ stata simboleggiata dallβimmagine archetipica del Cristo che, in quanto icona del SΓ©, Γ¨ pensabile ed esprimibile come la totalitΓ psichica dellβuomo, ma soprattutto come lβOmega in cui tutto converge, come sosteneva Teilhard de Chardin.

In questo percorso lβuomo dovrΓ sperimentare la curvatura spaziale che lo porterΓ in quello spazio particolare, circoscritto e infinito che coincide, in tutte le tradizioni simboliche, con il Paradiso, dove Γ¨ possibile comunicare con il mondo divino. Solo cosΓ¬ potrΓ trovare dimora nella Gerusalemme celeste descritta nellβApocalisse, anch’essa spazio circoscritto dove a una difficile entrata corrisponde una non meno complicata uscita. Ovviamente la via della curvatura Γ¨ la via simbolica che si qualifica come esoterica nella sua forma rituale e liturgica: essa rimane segreta e riservata perchΓ© non tutti sono in grado di percorrerla, non avendo quella particolare disposizione dβanimo per iniziare quel cammino senza il quale ogni vero spazio sacro e quindi, non-umano, Γ¨ precluso. Il vero sapere, infatti, non Γ¨ un diritto acquisito e neppure il frutto di una scelta democratica, ma Γ¨ elitario e non si mette ai voti. Certo molti uomini tentano e hanno sempre tentato di oltrepassare la curvatura dello spazio e salire sulla montagna sacra, alcuni ci sono riusciti come i grandi mistici, altri a loro modo come i grandi fisici quantistici, ma non fanno storia. I piΓΉ invece o, come si direbbe in greco antico, oi polloi, hanno solo tentato di trovare un modo per entrarvi o che li avvicinasse a questa irraggiungibile meta.
Ne consegue che lo spazio sacro formi, di conseguenza, un tuttβuno con lβordine del mondo, facendo sΓ¬ che il mondo abbia un significato e soprattutto possa essere governato. Costruire Γ¨, di fatto, un ordinare, un governare, e chi costruisce svolge una sorta di funzione superiore, regale e divina. Lβesigenza di rispondere alle ansie e alle paure del finito si converte proprio grazie all’edificazione, in un ordine sopraelevato, di un governo fuori dal tempo. Infatti chi governa, chi ordina, guida e fonda la cittΓ ha sempre avuto un ruolo divino, uomo dio o semidio che fosse, e in tutte le tradizioni simboliche allβimmagine del costruttore Γ¨ riconosciuto questo ruolo esemplare. Questo accade perchΓ© Γ¨ lβordine che da un senso al vivere, indirizzandolo e contestualizzandolo in qualcosa non legato al contingente. Dβaltronde, ogni atto di costruire Γ¨ sempre una imitatio Dei e, di converso, una prova dellβesistenza del divino oggettivata in una costruzione. Ogni costruzione infatti, simbolicamente, riproduce il mondo, cioΓ¨ il cosmo creato da Dio, cosΓ¬ nello spazio sacro lβuomo si accosta con atteggiamento reverenziale in quanto in quello spazio Γ¨ racchiuso il significato ultimo dellβessere, la risposta ai problemi che tormentano lβuomo e la parola perduta da ricercare.

E lo spazio sacro rimanda al cosmos, ossia allβaspetto razionale ed armonico che pervade tutto il creato e si esprime nel volere divino, da sempre esistente e operante, ma che deve continuamente realizzarsi nuovamente nello spazio e nel tempo umano. Ogni spazio sacro, quindi, in definitiva, manifesta un ordine. E tale ordine rivela il desiderio umano di fondersi con il divino e la speranza insita da sempre nellβanimo umano di ubbidire al divino per fuggire le amare conseguenze dellβimplacabile legge del divenire. Lo spazio sacro quindi Γ¨ anche un modo per esorcizzare, nell’edificazione di una struttura durevole, il terrore del transeunte e della morte, con quel nulla incombente che schiaccia lβanimo umano, ma Γ¨ uno spazio di cui ha bisogno anche il divino stesso, perchΓ© anch’esso rischia di scomparire alla superficie, ingoiato dal passato e dal tempo. Da qui nasce una tensione profonda di reperire e penetrare una spazialitΓ sacra, a perfetta imitazione di quella divina, per il cui tramite si possa ricostituire lβimmagine del Pleroma e superare la curvatura per accedere al mysterium e al fascinans del sacro.
Spazio sacro che diviene un non-spazio, un non-luogo come lβAleph borgesiano, pieno di tutti i luoghi possibili o, tornando a una immagine piΓΉ consona, alla pianura della veritΓ di Platone, luogo in cui vi sono tutte le idee e le forme che furono, che sono state e che saranno, e anche quelle che non saranno mai, perchΓ© il divino tutte le contiene in potenza. La sacralitΓ del temenos e la sospensione del tempo soli danno quellβordine di senso agli iniziati e al loro vivere al di fuori del tempio stesso, indirizzandoli e decontestualizzandoli in qualcosa di sovratemporale e non legato al contingente. E questa sorta di katechon che portano dentro li accompagna nello spazio e nel tempo profano ed Γ¨ la prova stessa e dinamica del divino. Da ciΓ² deriva, in conclusione, una potente valenza sacrale in fieri che fa scorgere all’iniziato, soprattutto allβinterno del luogo sacro, quellβintuizione di senso che lascia attonito chi la contempla e appagato chi a essa si conforma.
