Abraxas, o sulla fuga dalla prigione cosmica

Nel loro nuovo libro, โ€œAbraxas: la magia del tamburo. Il culto dimenticato del dio cosmico dallo sciamanesimo alla gnosiโ€œ, uscito a marzo per Mimesis, Paolo Riberi e Igor Caputo indagano la figura del dio/demone Abraxas, a metร  strada tra quella del Demiurgo della cosmogonia gnostica e platonica e quella del dio eonico che connette i vari livelli della manifestazione cosmica.

di Marco Maculotti

Copertina: talismani di Abraxas

Esattamente un anno fa, nel maggio 2020, fui invitato ad intervenire a un convegno organizzato dalla G.R.E.C.E., vertente sugli aspetti occulti ed esoterici delle serie tv di maggior successo degli ultimi anni. Tra i relatori era presente anche Paolo Riberi, giovane scrittore piemontese di cui avevo giร  avuto modo di recensire sulle pagine di ยซAXIS mundiยป Pillola Rossa o Loggia Nera, uno studio sulle influenze gnosticheggianti a Hollywood e dintorni. Certi punti dellโ€™intervento che esposi quella sera, una sorta di anticipazione del saggio in seguito pubblicato da Mimesis, Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective (2021), โ€œrisuonaronoโ€ non poco a Riberi in virtรน della loro vicinanza concettuale con uno studio a cui si stava dedicando al tempo a quattro mani con Igor Caputo (gestore della libreria ยซArethusaยป a Torino), e che sarebbe anchโ€™esso stato pubblicato da Mimesis: Abraxas: la magia del tamburo. Il culto dimenticato del dio cosmico dallo sciamanesimo alla gnosi. Giร  al tempo ci accordammo per organizzare una presentazione congiunta delle due opere, andata in onda qualche settimana fa sul canale di ยซStroncatureยป, occasione in cui si venne esplicitamente chiarificato come come le dottrine gnostiche citate dai due autori di Abraxas richiamassero da molto vicino le elecubrazioni dello scrivente sul โ€œfatalismo cosmicoโ€ della prima stagione della serie tv di Nic Pizzolatto.

Se in Carcosa svelata il misterioso โ€œRe in Gialloโ€ venerato nelle otto puntate del serial dai membri della cosiddetta โ€œSetta della Paludeโ€, preso in prestito dalla letteratura sovrannaturale di fine Ottocento di Robert W. Chambers, veniva da me associato da una parte ad alcune divinitร  del tempo ciclico e del perenne processo di morte e rinascita attraverso le ronde dellโ€™eterno ritorno, quali il Cernunno celtico o il Saturno/Kronos mediterraneo che fu re dellโ€™Etร  dellโ€™Oro e che attende il ritorno della medesima in uno stato di โ€œvita-nella-morteโ€ confinato nel Tartaro o nelle variamente denominate โ€œIsole dei Beatiโ€, dallโ€™altra ai โ€œGrandi Antichiโ€ lovecraftiani e ai โ€œSignori della Fiamma di Venereโ€ della letteratura teosofica, non รจ cosรฌ dissimile la figura dellโ€™enigmatico Abraxas che ne tracciano Riberi e Caputo in questa loro nuova opera: il dio dalla testa di gallo e dalle appendici serpentine, invocato da certe sette gnostiche nei secoli immediatamente precedenti e successivi lโ€™avvento del Cristianesimo, รจ contemporaneamente โ€œgovernatore delle sfere celestiโ€ (archรฒn, โ€œarconteโ€), demiurgo del mondo della materia, divinitร  psicopompa e messaggero attraverso i diversi livelli della manifestazione cosmica.

Da una parte, dunque, Abraxas ricalca lโ€™archetipo del โ€œfalsoโ€ dio-Demiurgo che altrove fu denominato Sabaoth e Ialdabaoth e che venne perlopiรน appaiato al dio veterotestamentario, ma dallโ€™altra, per esempio nei rotoli di Nag Hammadi, appare al contrario in guisa di manifestazione eonica del Dio dello Spirito, ยซdivinitร  benigna, che aiuta e protegge lโ€™umanitร ยป [p. 38], e che fa da tramite fra il mondo della materia e il Pleroma degli Immortali. Una concezione ambigua e a prima vista contraddittoria del nume, ora dio celeste ora diavolo, ripresa in maniera piuttosto criptica ma quantomai intrigante da Hermann Hesse in Demian (1919), romanzo iniziatico ed esoterico (che fa il paio con lo Steppenwolf, 1927) in cui il protagonista viene condotto gnosticamente dallโ€™oscuritร  dellโ€™ignoranza alla luce del risveglio interiore, attraverso la scoperta della coincidentia oppositorum dellโ€™ente divino che governa il piano di manifestazione in cui lโ€™umanitร  si trova a vivere:

Lโ€™uccello si sforza di uscire dallโ€™uovo. Lโ€™uovo รจ il mondo. Chi vuol nascere deve distruggere un mondo. Lโ€™uccello vola a dio. Dio si chiama Abraxas [โ€ฆ]

[โ€ฆ] il nostro dio si chiama Abraxas: รจ sia Dio che Satana, e abbraccia in sรฉ il mondo chiaro e il mondo scuro. Abraxas non ha nulla da obiettare contro i suoi pensieri e i suoi sogni, non se ne dimentichi.

รˆ giร  stato notato da altri studiosi come lโ€™Abraxas del Demian di Hesse risenta in primo luogo del ritratto del dio che tratteggiรฒ qualche anno prima Carl G. Jung. Riberi e Caputo citano un suo estratto dei Septes Sermones ad Mortuos (โ€œSette discorsi ai mortiโ€) e mettono in risalto lโ€™influenza che a sua volta esercitรฒ Albrecht Dieterich sulla concezione jungiana di Abraxas, descritto come ยซil โ€œdio supremoโ€ dellโ€™universo, simbolo dellโ€™armonia e della riconciliazione degli oppostiยป:

Abraxas รจ il Sole, e al tempo stesso lโ€™eterno inabissamento del Vuoto, di ciรฒ che sminuisce e smembra, del Diavolo. Il potere di Abraxas รจ duplice: voi non lo vedete, poichรฉ ai vostri occhi gli opposti insiti in questo potere si annullano. Ciรฒ che il dio Sole dice รจ vita. Ciรฒ che il Diavolo dice รจ morte. Ma ciรฒ che Abraxas pronuncia รจ quella veneranda e maledetta parola che รจ vita e morte al tempo stesso. Abraxas dice veritร  e menzogna, bene e male, luce e tenebra in una sola parola [โ€ฆ]. Egli รจ la Pienezza che si fa uno con il Vuoto. รˆ le Nozze Sante [โ€ฆ]. Dio dimora nel Sole, il Diavolo nella notte. Ciรฒ che Dio trae dalla luce, il Diavolo lo rigetta nella notte: ma Abraxas รจ il mondo, il suo prodursi e il suo svanire.

[pp. 142-143]

Dellโ€™Abraxas di Jung e di Hesse, tuttavia, se ne parla solo in chiusura dโ€™opera, nel quattordicesimo e ultimo capitolo. Nei precedenti tredici, lโ€™analisi dei due autori si sviluppa secondo una prospettiva piรน tradizionale, facendo ampio uso innanzitutto delle fonti originarie (capitoli 1-5), come la dottrina di Basilide e gli ormai noti e giร  citati vangeli apocrifi di Nag Hammadi (tra cui vengono citati Lโ€™Apocalisse di Adamo e Lโ€™Apocalisse di Zostriano) e altri papiri gnostici come il Libro del Grande Spirito Invisibile o Vangelo degli Egiziani. Si tratta a nostro parere della parte piรน avvincente dellโ€™opera, in cui vengono messe in luce certe concezioni che storicamente si svilupparono a ridosso dei secoli che videro lโ€™avvento dellโ€™era cristiana, e che anzi il piรน delle volte si compenetrano con gli insegnamenti piรน โ€œereticiโ€ ed โ€œesotericiโ€ del Salvatore di Nazareth, o dei suoi discepoli. Riportiamo per esteso un estratto del secondo capitolo dellโ€™opera in analisi in questa sede:

Ma in che cosa consisteva esattamente questo โ€œsegreto cosmicoโ€, che Gesรน avrebbe rivelato soltanto ad alcuni discepoli? Il fortunato ritrovamento di numerosi vangeli apocrifi e le testimonianze indirette dei Padri della Chiesa ci consentono di rispondere con buona sicurezza a questa domanda. Secondo gli gnostici, fin dalla sua nascita lโ€™uomo รจ un prigioniero inconsapevole in un mondo virtuale e corrotto: quello che ci circonda รจ un reame illusorio e decadente, dove ogni cosa รจ soggetta a un ciclo di cambiamento, corruzione e morte. Tutto si trasforma, si deteriora e, alla fine, si dissolve nel nulla: รจ una legge inesorabile, che vale tanto per gli esseri viventi quanto per gli oggetti inanimati. Di conseguenza, il dio creatore del mondo terreno โ€“ adorato dagli ebrei con i nomi di Yahweh e Sabaoth โ€“ sarebbe in realtร  un impostore pazzo e crudele, che tiene rinchiusa lโ€™umanitร  in questa prigione virtuale soltanto per poter godere in eterno delle sue sofferenze. Sofferenze che, a ben vedere, derivano dalla materia stessa che permea questa prigione, per sua natura soggetta alla decomposizione e alla morte.ย Per gli gnostici, il dio della Genesi รจ un Demiurgo, ossia un artigiano che, incapace di creare la vita dal nulla, ha dato forma ai propri progetti partendo dalla melma primordiale del Caos: il risultato, ovviamente, รจ un mondo corrotto e imperfetto.ย Unendo i due nomi divini dellโ€™Antico Testamento, i vangeli apocrifi lo chiamano Yaldabaoth. I confini del suo regno sono rappresentati da 7, 10 o 365 sfere celesti che ruotano senza sosta intorno alla terra sottoponendola a un ciclo costante, rappresentato dal continuo succedersi dei giorni e delle stagioni. Le sfere sono governate da una schiera di demoni-carcerieri che servono il Demiurgo: gli Arconti (dal greco archรฒn, โ€œgovernatoreโ€). Il loro compito รจ quello di impedire in ogni modo la fuga dellโ€™uomo dalla prigione, oltre il ciclo eterno di distruzione e ricostruzione della materia.ย Al di lร  delle barriere celesti cโ€™รจ un altro mondo, formato da puro Spirito: si tratta del Pleroma (dal greco plรจroma, โ€œpienezzaโ€), dominio ultraterreno del vero Dio. Diversamente dal mondo terreno โ€“ che รจ una realtร  in costante mutamento, soggetta a un percorso ciclico di continua trasformazione โ€“ il Pleroma divino รจ immobile e invariabile, ed esiste al di fuori del tempo stesso. Qui la materia non esiste: nulla si modifica e ogni cosa รจ perfetta ed eterna. รˆ evidente come nel mito gnostico sia molto forte la contrapposizione dualistica: due sono i mondi (la Terra e il Pleroma), le sostanze (la materia e lo Spirito), gli dei (il falso Demiurgo e il vero Dio) e persino le nature dellโ€™uomo. Ogni individuo รจ infatti formato da un guscio di materia grezza e da una scintilla di Spirito, due principi in eterno conflitto tra loro: dal corpo provengono gli istinti primordiali, il dolore, le malattie e la mortalitร , mentre dallo Spirito derivano lโ€™autocoscienza, lโ€™intelletto e la razionalitร . Il โ€œterreno intermedioโ€ tra questi due poli contrapposti รจ rappresentato dallโ€™anima individuale, sede dei sentimenti. Ma che cosa ci fa una scintilla di Spirito imprigionata in un corpo nel reame terreno? Quello celato allโ€™interno dellโ€™uomo รจ un frammento del vero Dio, misteriosamente precipitato sulla terra e rimasto ingabbiato nella materia. Questa scintilla ha perso la memoria e, insieme con essa, anche i suoi poteri divini. La gnosis consiste proprio nel risveglio da questa condizione di oblio: lโ€™uomo, che segue gli insegnamenti segreti di Gesรน, puรฒ recuperare il ricordo della sua origine divina e la consapevolezza della propria superioritร  rispetto al Demiurgo, ossia al falso dio dellโ€™Antico Testamento: โ€œMi fece conoscere una parola di Conoscenza riguardo al Dio eterno ed al fatto che eravamo simili ai Grandi Angeli eterni: noi infatti eravamo superiori al (falso) dio che ci aveva plasmati ed alle potenze che stanno insieme a lui.โ€ Secondo gli gnostici, il Padre di cui parla Gesรน non รจ il collerico Demiurgo Yahweh della Bibbia ebraica, che ha punito Adamo ed Eva, mandato il Diluvio Universale, distrutto Sodoma e Gomorra e guidato in guerra il popolo di Israele, castigandolo a piรน riprese in caso di disobbedienza. Al contrario, il โ€œFiglio di Dioโ€ dei vangeli apocrifi รจ una manifestazione del vero Signore dello Spirito, proveniente dal reame celeste che si colloca oltre i confini del nostro mondo-prigione. รˆ a lui che lโ€™io spirituale degli gnostici farร  ritorno dopo la morte, sfuggendo ai demoni carcerieri โ€“ gli Arconti โ€“ che, invece, cercano di rispedire le anime verso il basso, in un continuo ciclo di reincarnazione voluto dal malvagio Demiurgo Yaldabaoth.

[pp. 22-24]

Si tratta di dottrine che ovviamente furono minoritarie fin dallโ€™antichitร , comprensibilmente condannate come eretiche e blasfeme dal potere ecclesiastico centrale attraverso i secoli, fino alla piรน assoluta distruzione dei suoi adepti: si pensi per esempio allโ€™eccidio avvenuto nel XIII secolo dei Catari/Albigesi, i quali professavano una fede sotto molti aspetti โ€œgnosticheggianteโ€, incentrata sulla separazione dal retrogusto manicheista tra il dio โ€œdi questo mondoโ€ e quello del regno dello Spirito.

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Ma, sotto un altro punto di vista, queste dottrine richiamano anche, come giustamente sottolineato dagli autori, quelle platoniche esplicative del mistero della reincarnazione e dellโ€™anamnesi, dellโ€™ascesa post-mortem dellโ€™anima allโ€™Iperuranio alla sua quasi ineluttabile โ€œcadutaโ€, generazione dopo generazione, nel mondo sublunare della materia e della sofferenza, identico in tutto e per tutto allโ€™immagine gnostica della Terra come โ€œprigione cosmicaโ€, con gli Arconti (governatori planetari) nei panni di carcerieri posti alle direttive della divinitร  che Platone stesso, in sintonia con lo Gnosticismo, definisce Demiurgo (anche se, come notano gli autori, ยซdiversamente dal Demiurgo gnostico, quello di Platone era un dio che tendeva al bene e traeva ispirazione dal mondo ultraterrenoยป; p. 27).

Si pensi soprattutto al celeberrimo โ€œMito di Erโ€, il quale veicola tra lโ€™altro una concezione assolutamente para-sciamanica del cosmo (ยซ[โ€ฆ] โ€œle sfere concentriche dei cieli ruotano attorno a un fuso come un vasto fusaiolo. Ogni sfera รจ associata con una sirena (Dea Uccello) che canta la propria particolare nota, originando in tal modo la musica delle Sfereโ€, sinfonia che mantiene in equilibrio lโ€™universoยป; p. 105), che viene detto manifestarsi su piรน livelli, governati dai rispettivi spiriti o โ€œgovernatori planetariโ€, assimilabili agli Arconti degli gnostici e alle potenze ultraterrene che lโ€™anima disincarnata incontra nel tragitto verso lโ€™Aldilร  in testi antichi quali il Bardo Thodol tibetano e il Libro Egiziano dei Morti:

Durante il coma, Er avrebbe assistito al ciclo eterno delle anime, alle quali, dopo la morte, viene cancellata la memoria per poi ricominciare una nuova vita in un altro corpo. Si tratta dello stesso processo descritto nei vangeli apocrifi, a cui gli gnostici cercano di sfuggire in ogni modo possibile facendo ascendere la propria โ€œscintilla divinaโ€ oltre le varie sfere celesti.

[p. 27]

Con queste premesse si puรฒ dunque comprendere il motivo per cui, al tempo, Riberi vide piรน di un punto di contatto tra la forma mentis degli gnostici adoratori del โ€œdio cosmicoโ€ Abraxas e quella che regge lโ€™intero impianto narrativo di True Detective per come analizzata nel saggio dello scrivente Carcosa svelata. La sincronicitร  di cui al tempo fummo protagonisti si spinge al punto che le tematiche e gli archetipi su cui i nostri rispettivi ultimi saggi si basano sono essenzialmente i medesimi: si pensi per esempio allโ€™inquadramento cosmico e โ€œfataleโ€ della โ€œperduta Carcosaโ€, posta sotto la signoria ultraterrena dellโ€™enigmatico quanto terrifico Re in Giallo, al โ€œfatalismo cosmicoโ€ dei personaggi del serial in primis Rust Cohle, alle menzioni gnosticheggianti della โ€œmaledizione cronicaโ€ dellโ€™esistenza e della โ€œtrappola della vitaโ€, alla visione rustiana del pianeta Terra in guisa di โ€œgrosso immondezzaioโ€ sospeso nello spazio, allโ€™anelito ossessivo di una fuga definitiva dalle ronde dellโ€™eterno ritorno per giungere finalmente allโ€™Eternitร , e via discorrendo.

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Suggestioni, queste presenti nella prima stagione di True Detective, cui, in linea di massima, i due autori accennano brevemente in chiusura dโ€™opera, ma che sono anche qua e lร  presenti dietro la superficie del testo in svariati punti del saggio. Uno su tutti, lโ€™inquadramento โ€œsaturninoโ€ del dio-Demiurgo della cosmogonia gnostica, in particolar modo nella visione cosmologica degli Ofiti (esposta peraltro anche in Carcosa svelata, pp. 140 ss.):

Yaldabaoth, fusione dei nomi biblici del Dio ebraico Yahweh e Sabaoth, รจ il Demiurgo che governa il settimo cielo e, di lรฌ, anche tutti i livelli inferiori. A conferma della sua animalesca ignoranza, viene rappresentato con le sembianze di un asino. In tutte le mappe dellโ€™universo, il Demiurgo e il settimo cielo vengono sempre associati al pianeta Saturno: nella mitologia greco-romana si tratta del regno di Chronos, signore del tempo. โ€œIaldabaลth โ€“ osserva lo storico Ezio Albrile โ€“ รจ il primo e ultimo Arconte, nelle cui fattezze si puรฒ riconoscere il โ€œTempoโ€, Aiรฒn o Chrรฒnos (inteso quale Krรฒnos, Saturno, lโ€™ultimo pianeta). Non a caso, Saturno appare associato dagli Gnostici al Dio ebraico YHWH, ritenuto il capo degli Arconti perchรฉ il settimo giorno, il ล abbat o Sabato, era a lui consacratoโ€. Del resto, per un uomo dei primi secoli dopo Cristo, lโ€™associazione tra i cieli e il tempo era intuitiva: il passare delle ore, dei giorni, dei mesi e degli anni era scandito dal movimento degli astri che ruotavano intorno alla Terra, e non viceversa. Il sovrano dei sette cieli intermedi, detenendo anche il controllo delle porte celesti, consentiva alle stelle di attraversarle regolarmente, permettendone la rotazione. Cosรฌ facendo, di fatto, โ€œcreava il tempoโ€.ย Solo nel mondo terreno vige la legge della ciclicitร , che scandisce i ritmi dei giorni e delle stagioni, il movimento degli astri e persino quello delle anime, che continuano a reincarnarsi in un nuovo corpo, senza sosta. Il mondo dello Spirito, posto oltre i sette cieli in movimento, era invece fisso e immobile, e pertanto โ€œesisteva fuori dal tempoโ€, in una condizione di permanente eternitร .

[pp. 54-55]

I capitoli centrali del saggio (6-8), e piรน avanti succintamente il 13esimo, analizzano Abraxas in rapporto al โ€œmondo magicoโ€ di amuleti, gemme e talismani e delle invocazioni vergate sui medesimi, di cui รจ stato per una manciata di secoli grande protagonista. Da una parte Riberi e Caputo ne rilevano la connessione iconografica, come giร  il sottoscritto ipotizzรฒ in uno studio qui citato dagli autori [pp. 67 e ss.], con altre figure divine equivalenti come il Phanes degli Orfici, lโ€™Aion della tradizione cosmologica ellenica e lo Zurvan akarana di quella persiana; dallโ€™altra ne ipotizzano elementi para-sciamanici, spingendosi a riconoscere nellโ€™oggetto che Abraxas impugnerebbe non uno scudo, come usualmente si pensa, ma altresรฌ un tamburo โ€œa corniceโ€ del tipo di quelli utilizzati in Asia centrale e settentrionale per โ€œsciamanizzareโ€ (pandero). Si tratta probabilmente dellโ€™ipotesi piรน originale e โ€œsensazionaleโ€ avanzata nel saggio, discretamente supportata da prove e indizi che ci portano a riconsiderare unโ€™iconografia che si dava ormai per consolidata (solitamente si giustifica la presenza dello โ€œscudoโ€ descrivendo il culto di Abraxas come inizialmente diffusosi tra le legioni dei soldati romani di stanza sul limes imperiale).

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Gli autori, oltre a sottolineare il collegamento con la tradizione asiatica sciamanica stricto sensu, ne ravvisano anche una โ€œconnessione persianaโ€, citando alcune allusioni al viaggio visionario ed estatico dellโ€™operatore magico nelle pagine dellโ€™Avesta [p. 80] e ipotizzando la doppiezza funzionale del tamburo, che fungerebbe anche da โ€œsetaccioโ€ delle anime, ยซfiltro tra la vita e la morteยป [p. 90]:

Persino nel libro sacro della religione persiana, lโ€™Avesta, sono presenti innegabili tracce di sciamanesimo: tra i vari racconti, รจ particolarmente curioso il mito del nocchiero Pฤurva, scagliato in cielo da un uccello mentre era intento a compiere un sacrificio in onore della dea acquatica Anฤhitฤ. Lo sfortunato marinaio sarebbe rimasto sospeso a metร  strada tra cielo e terra per tre giorni, fino allโ€™intervento salvifico della divinitร , invocata con suppliche e promesse. Come osserva lo storico francese Philippe Gignoux, nel corso del mito Pฤurva รจ sempre accompagnato dallโ€™epiteto vifra-, ossia โ€œtremanteโ€, โ€œvibranteโ€: lโ€™allusione, neppur troppo velata, รจ alle convulsioni spasmodiche che tipicamente precedevano il viaggio estatico dello sciamano. Anche la figura dellโ€™uccello non รจ casuale, in quanto era proprio questo tipo di animale a innalzare lo sciamano oltre i confini di questo mondo.

[p. 80]

Inizia qui la seconda โ€œmacro-indagineโ€ sviluppata da Riberi e Caputo in questo saggio. Se la prima parte del libro si presenta del tutto incentrata sulla concezione gnostica del cosmo, in questa seconda parte il focus viene posto sullโ€™aspetto โ€œmusicologicoโ€ del culto di Abraxas, con rimandi alle pratiche dello sciamanesimo e piรน in generale ai culti estatici e misterici (viene citato su tutti il caso delle processioni degli adepti della dea Mater Cibele, anchโ€™essa rappresentata nellโ€™atto di reggere un tamburo; cfr. pp. 105-109).

I capitoli seguenti (9-12), infatti, sviluppano il discorso dellโ€™importanza del tamburo (o di altri strumenti musicali omologhi, deputati a creare un โ€œtappeto sonoroโ€ ripetitivo fino allโ€™ossessivitร , che possa favorire il distacco dellโ€™anima dal corpo dellโ€™esperiente e quindi conferirgli la possibilitร  di compiere โ€œvoli astraliโ€) allโ€™interno dei rituali sacri, citando anche ex multis lโ€™esempio dellโ€™antica festa salentina di Torrepaduli, caratterizzata dal ritmo reiterato dei tamburelli, che consente agli astanti di perdere completamente il senso del dolore e della fatica e la โ€œcoscienza del momento presenteโ€ [p. 100], realizzando cosรฌ la proverbiale โ€œrottura di livelloโ€ di eliadiana memoria:

Non a caso, Mircea Eliade ha rilevato come in alcune culture sciamaniche dellโ€™Asia centrale il posto del tamburo fosse occupato da un rudimentale strumento a corde o da un arco a corda singola, mentre nel mondo greco pre-classico era la cetra di Orfeo a rivestireย una funzione analoga. Nellโ€™Africa dei Grandi Laghi sono i sonagli, costruiti con zucche seccate e riempite di semi, che consentono lโ€™attraversamento del velo che separa la terra dal mondo degli spiriti. Di fatto, il fattore-chiave non consiste nellโ€™esecuzione di una specifica tonalitร  o nel ricorso a un particolare strumento, bensรฌ in una pratica ritmica, ripetitiva e ossessiva che โ€“ se eseguita in particolari condizioni psicosomatiche โ€“ conduce alla trance.

[p. 101]

Sebbene le ipotesi non siano peregrine, rispetto alla prima parte dellโ€™opera e a quella intermedia lโ€™impostazione di alcuni di questi capitoli possono dare lโ€™impressione di non essere sviscerati fino in fondo, anche tenendo conto del basso numero di pagine in cui si sviluppano, ma se non altro sono il piรน delle volte puntuali nel fornire fonti su cui approfondire le questioni solo accennate.

Maggiormente dettagliato รจ il dodicesimo capitolo, dove gli autori, tirando le fila dagli studi di โ€œmusicologia sacraโ€ di Marius Schneider, sottolineano come il โ€œmantraโ€ cerimoniale I-A-O, usualmente considerato nei โ€œpapiri magiciโ€ unโ€™invocazione indirizzata ad Abraxas e piรน in generale al dio cosmico e demiurgico delle sette gnostiche, sarebbe ยซla formula magica che governa le porte celesti, situate tra il mondo dello Spirito e il regno della materiaยป, nonchรฉ ยซil Verbo ordinatore, ossia lโ€™incantesimo con cui viene poi mantenuto lโ€™ordine ciclico del mondo terrenoยป e ยซla melodia creatrice [dal dio] generata con il tamburo cosmicoยป allโ€™inizio dei tempi [pp. 118-119], osservazioni a cui segue quasi automatica la comparazione con lโ€™AUM (OM) della tradizione orientale.


Altrettanto ricco รจ il capitolo che chiude lโ€™opera, di cui abbiamo giร  menzionato il duplice approfondimento sullโ€™Abraxas di Jung e su quello di Hesse. I motivi di interesse perรฒ non finiscono qui: gli autori tracciano anche alcuni parallelismi tra il dio gnostico e il Metatron dei cabalisti medievali, nonchรฉ con il โ€œdio occultoโ€ dei Cavalieri Templari, per giungere fino alla โ€œAbraxaโ€ che nellโ€™Utopia di Thomas More (1516) รจ ยซil nome originario dellโ€™isola che ospiterร  la fioritura della societร  perfetta dopo lo sbarco del mitico Utopo, eroe civilizzatore che darร  anche il proprio nome alla regioneยป [p. 136] e alla grottesca rappresentazione del โ€œgovernatore dei 365 cieliโ€ nel Dictionnaire Infernal di Jacques Albin Simon Collin De Plancy (1863). In chiusura cโ€™รจ spazio anche per Aleister Crowley e per la sua personale rivisitazione della formula sacra I-A-O (Isis-Apophis-Osiris), nel romanzo iniziatico Le nozze biochimiche di Peter Pendragon [p. 146].

6 commenti su โ€œAbraxas, o sulla fuga dalla prigione cosmicaโ€

  1. Interessante.La seconda parte va venire da me. Il programma del primo Orden Gold- und rosenkreuzer come decorazione di una villa verso 1730 a Germania , incluso mithra, Dionisos e Abraxas. Non dimenticare Athanasius Kircher nel fondo.

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