Nel loro nuovo libro, โAbraxas: la magia del tamburo. Il culto dimenticato del dio cosmico dallo sciamanesimo alla gnosiโ, uscito a marzo per Mimesis, Paolo Riberi e Igor Caputo indagano la figura del dio/demone Abraxas, a metร strada tra quella del Demiurgo della cosmogonia gnostica e platonica e quella del dio eonico che connette i vari livelli della manifestazione cosmica.
di Marco Maculotti
Copertina: talismani di Abraxas
Esattamente un anno fa, nel maggio 2020, fui invitato ad intervenire a un convegno organizzato dalla G.R.E.C.E., vertente sugli aspetti occulti ed esoterici delle serie tv di maggior successo degli ultimi anni. Tra i relatori era presente anche Paolo Riberi, giovane scrittore piemontese di cui avevo giร avuto modo di recensire sulle pagine di ยซAXIS mundiยป Pillola Rossa o Loggia Nera, uno studio sulle influenze gnosticheggianti a Hollywood e dintorni. Certi punti dellโintervento che esposi quella sera, una sorta di anticipazione del saggio in seguito pubblicato da Mimesis, Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective (2021), โrisuonaronoโ non poco a Riberi in virtรน della loro vicinanza concettuale con uno studio a cui si stava dedicando al tempo a quattro mani con Igor Caputo (gestore della libreria ยซArethusaยป a Torino), e che sarebbe anchโesso stato pubblicato da Mimesis: Abraxas: la magia del tamburo. Il culto dimenticato del dio cosmico dallo sciamanesimo alla gnosi. Giร al tempo ci accordammo per organizzare una presentazione congiunta delle due opere, andata in onda qualche settimana fa sul canale di ยซStroncatureยป, occasione in cui si venne esplicitamente chiarificato come come le dottrine gnostiche citate dai due autori di Abraxas richiamassero da molto vicino le elecubrazioni dello scrivente sul โfatalismo cosmicoโ della prima stagione della serie tv di Nic Pizzolatto.
Se in Carcosa svelata il misterioso โRe in Gialloโ venerato nelle otto puntate del serial dai membri della cosiddetta โSetta della Paludeโ, preso in prestito dalla letteratura sovrannaturale di fine Ottocento di Robert W. Chambers, veniva da me associato da una parte ad alcune divinitร del tempo ciclico e del perenne processo di morte e rinascita attraverso le ronde dellโeterno ritorno, quali il Cernunno celtico o il Saturno/Kronos mediterraneo che fu re dellโEtร dellโOro e che attende il ritorno della medesima in uno stato di โvita-nella-morteโ confinato nel Tartaro o nelle variamente denominate โIsole dei Beatiโ, dallโaltra ai โGrandi Antichiโ lovecraftiani e ai โSignori della Fiamma di Venereโ della letteratura teosofica, non รจ cosรฌ dissimile la figura dellโenigmatico Abraxas che ne tracciano Riberi e Caputo in questa loro nuova opera: il dio dalla testa di gallo e dalle appendici serpentine, invocato da certe sette gnostiche nei secoli immediatamente precedenti e successivi lโavvento del Cristianesimo, รจ contemporaneamente โgovernatore delle sfere celestiโ (archรฒn, โarconteโ), demiurgo del mondo della materia, divinitร psicopompa e messaggero attraverso i diversi livelli della manifestazione cosmica.

Da una parte, dunque, Abraxas ricalca lโarchetipo del โfalsoโ dio-Demiurgo che altrove fu denominato Sabaoth e Ialdabaoth e che venne perlopiรน appaiato al dio veterotestamentario, ma dallโaltra, per esempio nei rotoli di Nag Hammadi, appare al contrario in guisa di manifestazione eonica del Dio dello Spirito, ยซdivinitร benigna, che aiuta e protegge lโumanitร ยป [p. 38], e che fa da tramite fra il mondo della materia e il Pleroma degli Immortali. Una concezione ambigua e a prima vista contraddittoria del nume, ora dio celeste ora diavolo, ripresa in maniera piuttosto criptica ma quantomai intrigante da Hermann Hesse in Demian (1919), romanzo iniziatico ed esoterico (che fa il paio con lo Steppenwolf, 1927) in cui il protagonista viene condotto gnosticamente dallโoscuritร dellโignoranza alla luce del risveglio interiore, attraverso la scoperta della coincidentia oppositorum dellโente divino che governa il piano di manifestazione in cui lโumanitร si trova a vivere:
Lโuccello si sforza di uscire dallโuovo. Lโuovo รจ il mondo. Chi vuol nascere deve distruggere un mondo. Lโuccello vola a dio. Dio si chiama Abraxas [โฆ]
[โฆ] il nostro dio si chiama Abraxas: รจ sia Dio che Satana, e abbraccia in sรฉ il mondo chiaro e il mondo scuro. Abraxas non ha nulla da obiettare contro i suoi pensieri e i suoi sogni, non se ne dimentichi.
ร giร stato notato da altri studiosi come lโAbraxas del Demian di Hesse risenta in primo luogo del ritratto del dio che tratteggiรฒ qualche anno prima Carl G. Jung. Riberi e Caputo citano un suo estratto dei Septes Sermones ad Mortuos (โSette discorsi ai mortiโ) e mettono in risalto lโinfluenza che a sua volta esercitรฒ Albrecht Dieterich sulla concezione jungiana di Abraxas, descritto come ยซil โdio supremoโ dellโuniverso, simbolo dellโarmonia e della riconciliazione degli oppostiยป:
Abraxas รจ il Sole, e al tempo stesso lโeterno inabissamento del Vuoto, di ciรฒ che sminuisce e smembra, del Diavolo. Il potere di Abraxas รจ duplice: voi non lo vedete, poichรฉ ai vostri occhi gli opposti insiti in questo potere si annullano. Ciรฒ che il dio Sole dice รจ vita. Ciรฒ che il Diavolo dice รจ morte. Ma ciรฒ che Abraxas pronuncia รจ quella veneranda e maledetta parola che รจ vita e morte al tempo stesso. Abraxas dice veritร e menzogna, bene e male, luce e tenebra in una sola parola [โฆ]. Egli รจ la Pienezza che si fa uno con il Vuoto. ร le Nozze Sante [โฆ]. Dio dimora nel Sole, il Diavolo nella notte. Ciรฒ che Dio trae dalla luce, il Diavolo lo rigetta nella notte: ma Abraxas รจ il mondo, il suo prodursi e il suo svanire.
[pp. 142-143]

DellโAbraxas di Jung e di Hesse, tuttavia, se ne parla solo in chiusura dโopera, nel quattordicesimo e ultimo capitolo. Nei precedenti tredici, lโanalisi dei due autori si sviluppa secondo una prospettiva piรน tradizionale, facendo ampio uso innanzitutto delle fonti originarie (capitoli 1-5), come la dottrina di Basilide e gli ormai noti e giร citati vangeli apocrifi di Nag Hammadi (tra cui vengono citati LโApocalisse di Adamo e LโApocalisse di Zostriano) e altri papiri gnostici come il Libro del Grande Spirito Invisibile o Vangelo degli Egiziani. Si tratta a nostro parere della parte piรน avvincente dellโopera, in cui vengono messe in luce certe concezioni che storicamente si svilupparono a ridosso dei secoli che videro lโavvento dellโera cristiana, e che anzi il piรน delle volte si compenetrano con gli insegnamenti piรน โereticiโ ed โesotericiโ del Salvatore di Nazareth, o dei suoi discepoli. Riportiamo per esteso un estratto del secondo capitolo dellโopera in analisi in questa sede:
Ma in che cosa consisteva esattamente questo โsegreto cosmicoโ, che Gesรน avrebbe rivelato soltanto ad alcuni discepoli? Il fortunato ritrovamento di numerosi vangeli apocrifi e le testimonianze indirette dei Padri della Chiesa ci consentono di rispondere con buona sicurezza a questa domanda. Secondo gli gnostici, fin dalla sua nascita lโuomo รจ un prigioniero inconsapevole in un mondo virtuale e corrotto: quello che ci circonda รจ un reame illusorio e decadente, dove ogni cosa รจ soggetta a un ciclo di cambiamento, corruzione e morte. Tutto si trasforma, si deteriora e, alla fine, si dissolve nel nulla: รจ una legge inesorabile, che vale tanto per gli esseri viventi quanto per gli oggetti inanimati. Di conseguenza, il dio creatore del mondo terreno โ adorato dagli ebrei con i nomi di Yahweh e Sabaoth โ sarebbe in realtร un impostore pazzo e crudele, che tiene rinchiusa lโumanitร in questa prigione virtuale soltanto per poter godere in eterno delle sue sofferenze. Sofferenze che, a ben vedere, derivano dalla materia stessa che permea questa prigione, per sua natura soggetta alla decomposizione e alla morte.ย Per gli gnostici, il dio della Genesi รจ un Demiurgo, ossia un artigiano che, incapace di creare la vita dal nulla, ha dato forma ai propri progetti partendo dalla melma primordiale del Caos: il risultato, ovviamente, รจ un mondo corrotto e imperfetto.ย Unendo i due nomi divini dellโAntico Testamento, i vangeli apocrifi lo chiamano Yaldabaoth. I confini del suo regno sono rappresentati da 7, 10 o 365 sfere celesti che ruotano senza sosta intorno alla terra sottoponendola a un ciclo costante, rappresentato dal continuo succedersi dei giorni e delle stagioni. Le sfere sono governate da una schiera di demoni-carcerieri che servono il Demiurgo: gli Arconti (dal greco archรฒn, โgovernatoreโ). Il loro compito รจ quello di impedire in ogni modo la fuga dellโuomo dalla prigione, oltre il ciclo eterno di distruzione e ricostruzione della materia.ย Al di lร delle barriere celesti cโรจ un altro mondo, formato da puro Spirito: si tratta del Pleroma (dal greco plรจroma, โpienezzaโ), dominio ultraterreno del vero Dio. Diversamente dal mondo terreno โ che รจ una realtร in costante mutamento, soggetta a un percorso ciclico di continua trasformazione โ il Pleroma divino รจ immobile e invariabile, ed esiste al di fuori del tempo stesso. Qui la materia non esiste: nulla si modifica e ogni cosa รจ perfetta ed eterna. ร evidente come nel mito gnostico sia molto forte la contrapposizione dualistica: due sono i mondi (la Terra e il Pleroma), le sostanze (la materia e lo Spirito), gli dei (il falso Demiurgo e il vero Dio) e persino le nature dellโuomo. Ogni individuo รจ infatti formato da un guscio di materia grezza e da una scintilla di Spirito, due principi in eterno conflitto tra loro: dal corpo provengono gli istinti primordiali, il dolore, le malattie e la mortalitร , mentre dallo Spirito derivano lโautocoscienza, lโintelletto e la razionalitร . Il โterreno intermedioโ tra questi due poli contrapposti รจ rappresentato dallโanima individuale, sede dei sentimenti. Ma che cosa ci fa una scintilla di Spirito imprigionata in un corpo nel reame terreno? Quello celato allโinterno dellโuomo รจ un frammento del vero Dio, misteriosamente precipitato sulla terra e rimasto ingabbiato nella materia. Questa scintilla ha perso la memoria e, insieme con essa, anche i suoi poteri divini. La gnosis consiste proprio nel risveglio da questa condizione di oblio: lโuomo, che segue gli insegnamenti segreti di Gesรน, puรฒ recuperare il ricordo della sua origine divina e la consapevolezza della propria superioritร rispetto al Demiurgo, ossia al falso dio dellโAntico Testamento: โMi fece conoscere una parola di Conoscenza riguardo al Dio eterno ed al fatto che eravamo simili ai Grandi Angeli eterni: noi infatti eravamo superiori al (falso) dio che ci aveva plasmati ed alle potenze che stanno insieme a lui.โ Secondo gli gnostici, il Padre di cui parla Gesรน non รจ il collerico Demiurgo Yahweh della Bibbia ebraica, che ha punito Adamo ed Eva, mandato il Diluvio Universale, distrutto Sodoma e Gomorra e guidato in guerra il popolo di Israele, castigandolo a piรน riprese in caso di disobbedienza. Al contrario, il โFiglio di Dioโ dei vangeli apocrifi รจ una manifestazione del vero Signore dello Spirito, proveniente dal reame celeste che si colloca oltre i confini del nostro mondo-prigione. ร a lui che lโio spirituale degli gnostici farร ritorno dopo la morte, sfuggendo ai demoni carcerieri โ gli Arconti โ che, invece, cercano di rispedire le anime verso il basso, in un continuo ciclo di reincarnazione voluto dal malvagio Demiurgo Yaldabaoth.
[pp. 22-24]
Si tratta di dottrine che ovviamente furono minoritarie fin dallโantichitร , comprensibilmente condannate come eretiche e blasfeme dal potere ecclesiastico centrale attraverso i secoli, fino alla piรน assoluta distruzione dei suoi adepti: si pensi per esempio allโeccidio avvenuto nel XIII secolo dei Catari/Albigesi, i quali professavano una fede sotto molti aspetti โgnosticheggianteโ, incentrata sulla separazione dal retrogusto manicheista tra il dio โdi questo mondoโ e quello del regno dello Spirito.
Ma, sotto un altro punto di vista, queste dottrine richiamano anche, come giustamente sottolineato dagli autori, quelle platoniche esplicative del mistero della reincarnazione e dellโanamnesi, dellโascesa post-mortem dellโanima allโIperuranio alla sua quasi ineluttabile โcadutaโ, generazione dopo generazione, nel mondo sublunare della materia e della sofferenza, identico in tutto e per tutto allโimmagine gnostica della Terra come โprigione cosmicaโ, con gli Arconti (governatori planetari) nei panni di carcerieri posti alle direttive della divinitร che Platone stesso, in sintonia con lo Gnosticismo, definisce Demiurgo (anche se, come notano gli autori, ยซdiversamente dal Demiurgo gnostico, quello di Platone era un dio che tendeva al bene e traeva ispirazione dal mondo ultraterrenoยป; p. 27).
Si pensi soprattutto al celeberrimo โMito di Erโ, il quale veicola tra lโaltro una concezione assolutamente para-sciamanica del cosmo (ยซ[โฆ] โle sfere concentriche dei cieli ruotano attorno a un fuso come un vasto fusaiolo. Ogni sfera รจ associata con una sirena (Dea Uccello) che canta la propria particolare nota, originando in tal modo la musica delle Sfereโ, sinfonia che mantiene in equilibrio lโuniversoยป; p. 105), che viene detto manifestarsi su piรน livelli, governati dai rispettivi spiriti o โgovernatori planetariโ, assimilabili agli Arconti degli gnostici e alle potenze ultraterrene che lโanima disincarnata incontra nel tragitto verso lโAldilร in testi antichi quali il Bardo Thodol tibetano e il Libro Egiziano dei Morti:
Durante il coma, Er avrebbe assistito al ciclo eterno delle anime, alle quali, dopo la morte, viene cancellata la memoria per poi ricominciare una nuova vita in un altro corpo. Si tratta dello stesso processo descritto nei vangeli apocrifi, a cui gli gnostici cercano di sfuggire in ogni modo possibile facendo ascendere la propria โscintilla divinaโ oltre le varie sfere celesti.
[p. 27]
Con queste premesse si puรฒ dunque comprendere il motivo per cui, al tempo, Riberi vide piรน di un punto di contatto tra la forma mentis degli gnostici adoratori del โdio cosmicoโ Abraxas e quella che regge lโintero impianto narrativo di True Detective per come analizzata nel saggio dello scrivente Carcosa svelata. La sincronicitร di cui al tempo fummo protagonisti si spinge al punto che le tematiche e gli archetipi su cui i nostri rispettivi ultimi saggi si basano sono essenzialmente i medesimi: si pensi per esempio allโinquadramento cosmico e โfataleโ della โperduta Carcosaโ, posta sotto la signoria ultraterrena dellโenigmatico quanto terrifico Re in Giallo, al โfatalismo cosmicoโ dei personaggi del serial in primis Rust Cohle, alle menzioni gnosticheggianti della โmaledizione cronicaโ dellโesistenza e della โtrappola della vitaโ, alla visione rustiana del pianeta Terra in guisa di โgrosso immondezzaioโ sospeso nello spazio, allโanelito ossessivo di una fuga definitiva dalle ronde dellโeterno ritorno per giungere finalmente allโEternitร , e via discorrendo.
Suggestioni, queste presenti nella prima stagione di True Detective, cui, in linea di massima, i due autori accennano brevemente in chiusura dโopera, ma che sono anche qua e lร presenti dietro la superficie del testo in svariati punti del saggio. Uno su tutti, lโinquadramento โsaturninoโ del dio-Demiurgo della cosmogonia gnostica, in particolar modo nella visione cosmologica degli Ofiti (esposta peraltro anche in Carcosa svelata, pp. 140 ss.):
Yaldabaoth, fusione dei nomi biblici del Dio ebraico Yahweh e Sabaoth, รจ il Demiurgo che governa il settimo cielo e, di lรฌ, anche tutti i livelli inferiori. A conferma della sua animalesca ignoranza, viene rappresentato con le sembianze di un asino. In tutte le mappe dellโuniverso, il Demiurgo e il settimo cielo vengono sempre associati al pianeta Saturno: nella mitologia greco-romana si tratta del regno di Chronos, signore del tempo. โIaldabaลth โ osserva lo storico Ezio Albrile โ รจ il primo e ultimo Arconte, nelle cui fattezze si puรฒ riconoscere il โTempoโ, Aiรฒn o Chrรฒnos (inteso quale Krรฒnos, Saturno, lโultimo pianeta). Non a caso, Saturno appare associato dagli Gnostici al Dio ebraico YHWH, ritenuto il capo degli Arconti perchรฉ il settimo giorno, il ล abbat o Sabato, era a lui consacratoโ. Del resto, per un uomo dei primi secoli dopo Cristo, lโassociazione tra i cieli e il tempo era intuitiva: il passare delle ore, dei giorni, dei mesi e degli anni era scandito dal movimento degli astri che ruotavano intorno alla Terra, e non viceversa. Il sovrano dei sette cieli intermedi, detenendo anche il controllo delle porte celesti, consentiva alle stelle di attraversarle regolarmente, permettendone la rotazione. Cosรฌ facendo, di fatto, โcreava il tempoโ.ย Solo nel mondo terreno vige la legge della ciclicitร , che scandisce i ritmi dei giorni e delle stagioni, il movimento degli astri e persino quello delle anime, che continuano a reincarnarsi in un nuovo corpo, senza sosta. Il mondo dello Spirito, posto oltre i sette cieli in movimento, era invece fisso e immobile, e pertanto โesisteva fuori dal tempoโ, in una condizione di permanente eternitร .
[pp. 54-55]

I capitoli centrali del saggio (6-8), e piรน avanti succintamente il 13esimo, analizzano Abraxas in rapporto al โmondo magicoโ di amuleti, gemme e talismani e delle invocazioni vergate sui medesimi, di cui รจ stato per una manciata di secoli grande protagonista. Da una parte Riberi e Caputo ne rilevano la connessione iconografica, come giร il sottoscritto ipotizzรฒ in uno studio qui citato dagli autori [pp. 67 e ss.], con altre figure divine equivalenti come il Phanes degli Orfici, lโAion della tradizione cosmologica ellenica e lo Zurvan akarana di quella persiana; dallโaltra ne ipotizzano elementi para-sciamanici, spingendosi a riconoscere nellโoggetto che Abraxas impugnerebbe non uno scudo, come usualmente si pensa, ma altresรฌ un tamburo โa corniceโ del tipo di quelli utilizzati in Asia centrale e settentrionale per โsciamanizzareโ (pandero). Si tratta probabilmente dellโipotesi piรน originale e โsensazionaleโ avanzata nel saggio, discretamente supportata da prove e indizi che ci portano a riconsiderare unโiconografia che si dava ormai per consolidata (solitamente si giustifica la presenza dello โscudoโ descrivendo il culto di Abraxas come inizialmente diffusosi tra le legioni dei soldati romani di stanza sul limes imperiale).
Gli autori, oltre a sottolineare il collegamento con la tradizione asiatica sciamanica stricto sensu, ne ravvisano anche una โconnessione persianaโ, citando alcune allusioni al viaggio visionario ed estatico dellโoperatore magico nelle pagine dellโAvesta [p. 80] e ipotizzando la doppiezza funzionale del tamburo, che fungerebbe anche da โsetaccioโ delle anime, ยซfiltro tra la vita e la morteยป [p. 90]:
Persino nel libro sacro della religione persiana, lโAvesta, sono presenti innegabili tracce di sciamanesimo: tra i vari racconti, รจ particolarmente curioso il mito del nocchiero Pฤurva, scagliato in cielo da un uccello mentre era intento a compiere un sacrificio in onore della dea acquatica Anฤhitฤ. Lo sfortunato marinaio sarebbe rimasto sospeso a metร strada tra cielo e terra per tre giorni, fino allโintervento salvifico della divinitร , invocata con suppliche e promesse. Come osserva lo storico francese Philippe Gignoux, nel corso del mito Pฤurva รจ sempre accompagnato dallโepiteto vifra-, ossia โtremanteโ, โvibranteโ: lโallusione, neppur troppo velata, รจ alle convulsioni spasmodiche che tipicamente precedevano il viaggio estatico dello sciamano. Anche la figura dellโuccello non รจ casuale, in quanto era proprio questo tipo di animale a innalzare lo sciamano oltre i confini di questo mondo.
[p. 80]

Inizia qui la seconda โmacro-indagineโ sviluppata da Riberi e Caputo in questo saggio. Se la prima parte del libro si presenta del tutto incentrata sulla concezione gnostica del cosmo, in questa seconda parte il focus viene posto sullโaspetto โmusicologicoโ del culto di Abraxas, con rimandi alle pratiche dello sciamanesimo e piรน in generale ai culti estatici e misterici (viene citato su tutti il caso delle processioni degli adepti della dea Mater Cibele, anchโessa rappresentata nellโatto di reggere un tamburo; cfr. pp. 105-109).
I capitoli seguenti (9-12), infatti, sviluppano il discorso dellโimportanza del tamburo (o di altri strumenti musicali omologhi, deputati a creare un โtappeto sonoroโ ripetitivo fino allโossessivitร , che possa favorire il distacco dellโanima dal corpo dellโesperiente e quindi conferirgli la possibilitร di compiere โvoli astraliโ) allโinterno dei rituali sacri, citando anche ex multis lโesempio dellโantica festa salentina di Torrepaduli, caratterizzata dal ritmo reiterato dei tamburelli, che consente agli astanti di perdere completamente il senso del dolore e della fatica e la โcoscienza del momento presenteโ [p. 100], realizzando cosรฌ la proverbiale โrottura di livelloโ di eliadiana memoria:
Non a caso, Mircea Eliade ha rilevato come in alcune culture sciamaniche dellโAsia centrale il posto del tamburo fosse occupato da un rudimentale strumento a corde o da un arco a corda singola, mentre nel mondo greco pre-classico era la cetra di Orfeo a rivestireย una funzione analoga. NellโAfrica dei Grandi Laghi sono i sonagli, costruiti con zucche seccate e riempite di semi, che consentono lโattraversamento del velo che separa la terra dal mondo degli spiriti. Di fatto, il fattore-chiave non consiste nellโesecuzione di una specifica tonalitร o nel ricorso a un particolare strumento, bensรฌ in una pratica ritmica, ripetitiva e ossessiva che โ se eseguita in particolari condizioni psicosomatiche โ conduce alla trance.
[p. 101]
Sebbene le ipotesi non siano peregrine, rispetto alla prima parte dellโopera e a quella intermedia lโimpostazione di alcuni di questi capitoli possono dare lโimpressione di non essere sviscerati fino in fondo, anche tenendo conto del basso numero di pagine in cui si sviluppano, ma se non altro sono il piรน delle volte puntuali nel fornire fonti su cui approfondire le questioni solo accennate.
Maggiormente dettagliato รจ il dodicesimo capitolo, dove gli autori, tirando le fila dagli studi di โmusicologia sacraโ di Marius Schneider, sottolineano come il โmantraโ cerimoniale I-A-O, usualmente considerato nei โpapiri magiciโ unโinvocazione indirizzata ad Abraxas e piรน in generale al dio cosmico e demiurgico delle sette gnostiche, sarebbe ยซla formula magica che governa le porte celesti, situate tra il mondo dello Spirito e il regno della materiaยป, nonchรฉ ยซil Verbo ordinatore, ossia lโincantesimo con cui viene poi mantenuto lโordine ciclico del mondo terrenoยป e ยซla melodia creatrice [dal dio] generata con il tamburo cosmicoยป allโinizio dei tempi [pp. 118-119], osservazioni a cui segue quasi automatica la comparazione con lโAUM (OM) della tradizione orientale.
Destra: Abraxas come Bafometto
Altrettanto ricco รจ il capitolo che chiude lโopera, di cui abbiamo giร menzionato il duplice approfondimento sullโAbraxas di Jung e su quello di Hesse. I motivi di interesse perรฒ non finiscono qui: gli autori tracciano anche alcuni parallelismi tra il dio gnostico e il Metatron dei cabalisti medievali, nonchรฉ con il โdio occultoโ dei Cavalieri Templari, per giungere fino alla โAbraxaโ che nellโUtopia di Thomas More (1516) รจ ยซil nome originario dellโisola che ospiterร la fioritura della societร perfetta dopo lo sbarco del mitico Utopo, eroe civilizzatore che darร anche il proprio nome alla regioneยป [p. 136] e alla grottesca rappresentazione del โgovernatore dei 365 cieliโ nel Dictionnaire Infernal di Jacques Albin Simon Collin De Plancy (1863). In chiusura cโรจ spazio anche per Aleister Crowley e per la sua personale rivisitazione della formula sacra I-A-O (Isis-Apophis-Osiris), nel romanzo iniziatico Le nozze biochimiche di Peter Pendragon [p. 146].
Interessante.La seconda parte va venire da me. Il programma del primo Orden Gold- und rosenkreuzer come decorazione di una villa verso 1730 a Germania , incluso mithra, Dionisos e Abraxas. Non dimenticare Athanasius Kircher nel fondo.