Il culto dei Bodhisattva si Γ¨ via via potenziato, sino a diventare persino piΓΉ importante di quello dello stesso Buddha e a ibridarsi con altre forme religiose. Un esempio calzante proviene dalle rive del fiume Indo, in una sperduta valle dellβHimalaya: ad Alchi nel Ladakh un monastero buddhista risalente allβXI secolo ospita, tra le altre, le figurazioni dei regni dei cinque Buddha di Luce. Gli insegnamenti del MahΔyΔna hanno infatti sviluppato tutta una serie di idee cosmologiche che il buddhismo delle origini ignorava.
di Ezio Albrile
Un personaggio che lega la fede buddhista ai moduli espressivi dellβantico gnosticismo Γ¨ il Bodhisattva, un Β«essere dellβilluminazioneΒ» o Β«del risveglioΒ», piΓΉ precisamente un Β«aspirante allaΒ bodhiΒ», cioΓ¨ alla saggezza suprema. Un perfetto Buddha che ha rinunciato a entrare nella beatitudine delΒ nirvΔαΉa, ha rinunciato a diventare unΒ arhat, un essere che si Γ¨ liberato, e questo per condurre altri uomini verso lβilluminazione.

I Bodhisattva fanno la loro comparsa nel buddhismo solo attorno al I sec. d. C., quando, sulla spinta delle idee gnostico-iraniche sul SaoΕ‘yant (> pahlavi SΕΕ‘yans), letteralmente Β«Colui che farΓ prosperareΒ», il Salvatore futuro, si ha la formazione dβuno scisma, da cui originano le correnti del Β«Grande VeicoloΒ», il MahΔyΔna, propriamente detto, e del VajrayΔna, la Β«Via del Diamante-FolgoreΒ»: cioΓ¨ un buddhismo che elabora figure e cosmologie intricate, configurate in molteplici piani di realtΓ fra loro intercomunicanti.
Il Bodhisattva Γ¨ considerato come lβerede di una regalitΓ trascendente alla quale sono assoggettate tutte le cose e tutti gli esseri, umani e divini. Per esprimere questo concetto metafisico ci si rivolge alle regalitΓ umane, ai segni distintivi dei piccoli potentati locali o ancor meglio allβideologia regale iranica [1]. Di fatto lβinflusso iranico interessa da vicino lβevolversi del pensiero religioso buddhista: forse uno dei traduttori dellβAmitΔyur-dhyΔna-sΕ«traΒ (AmitΔyur-buddhΔnusmrti-sΕ«tra) dal sanscrito al cinese fu un principe arsacide, noto nelle fonti cinesi col nome di An Shih-kao. A questo si aggiunge la dottrina iranica del Salvatore futuro, il SaoΕ‘yant, giΓ presente in embrione nel pensiero di Zoroastro e poi sviluppata in altre parti arcaiche dellβAvesta (la raccolta dei libri sacri zoroastriani), che ha la sua significativa elaborazione in testi relativamente tardi. Tali Salvatori furono visti come figli di Zoroastro che si manifestano ciclicamente nel mondo.

Γ ipotizzabile che tale soteriologia, unita alle speculazioni ermetiche sui viaggi nei mondi astrali, abbia influito sulla costruzione del credo buddhista. Concretamente ciΓ² Γ¨ diventato possibile poichΓ© la salvezza da individuale Γ¨ diventata collettiva: ogni individuo possedeva la Β«natura di buddhaΒ»,Β tathΔgatagarbha. Si manifestavano quindi dei Bodhisattva illuminati che avevano rinunciato alΒ parinirvΔαΉa, lβestinzione completa propria dei buddha, scegliendo di rinascere in altri corpi per compassione, per aiutare chi era rimasto immerso nella sofferenza del ciclo trasmigrativo, ilΒ saαΉsΔra.
Il culto dei Bodhisattva si Γ¨ via via potenziato, sino a diventare persino piΓΉ importante di quello dello stesso Buddha e a ibridarsi con altre forme religiose. Un esempio calzante proviene dalle rive del fiume Indo, in una sperduta valle dellβHimalaya: ad Alchi nel Ladakh (Kashmir, India) un monastero buddhista risalente allβXI secolo ospita, tra le altre, le figurazioni dei regni dei cinque Buddha di Luce. Gli insegnamenti del MahΔyΔna hanno infatti sviluppato tutta una serie di idee cosmologiche che il buddhismo delle origini ignorava.

Ad Alchi, come in altri monasteri, il Buddha infinito siede su un trono a forma di loto dai mille petali simboleggianti ciascuno uno dei cinque universi. Γ AmitΔbha (o AmitΔyus), il Buddha che presiede al Paradiso Occidentale, la SukhΔvatΔ«, una landa meravigliosa a cui puΓ² accedere solo il puro di cuore; per potervi rinascere bisognava ottenere laΒ bodhiΒ meditando e incoraggiando gli altri a percorrere lo stesso cammino, la missione del Bodhisattva. Nel mondo meraviglioso di SukhΔvatΔ« β letteralmente Β«FeliceΒ» β AmitΔbha vive nel pieno di una goduria eterna, attorniato da tutti gli esseri chiamati a condividere tale beatitudine per i meriti acquisiti. Per rinascere, o per meglio dire trasmigrare in questo luogo di felicitΓ infinita, non cβΓ¨ bisogno di compiere imprese prodigiose e neppure di praticare con piΓΉ o meno rigore le virtΓΉ piΓΉ correnti, quelle che il buddhismo antico richiedeva ai propri fedeli laici, ma Γ¨ sufficiente, per questo, aver pensato per una una sola volta, per un breve istante, al Buddha AmitΔbha, averne pronunciato il nome per caso, anche quando si sia il piΓΉ incallito dei criminali β sostengono i seguaci piΓΉ inclini alle estremizzazioni [2]. Si narra, infatti, che allβinizio della sua lunga vicenda di bodhisattva, colui che sarebbe diventato il Buddha AmitΔbha avesse fatto voto di ammettere presso di sΓ©, nel suo paradiso endorfinico, tutti coloro che avessero pensato a lui o pronunciato il suo nome, a prescindere da qualsiasi altra condizione. Di fatto la devozione verso AmitΔbha mutΓ² sostanzialmente la percezione del buddhismo nelle aree della sua diffusione, portando a compimento e spingendo ai limiti piΓΉ estremi lβinsegnamento del MahΔyΔna. Un insegnamento rivoluzionario e innovativo anche dal punto di vista cosmologico.


Nello spazio infinito sono disseminati, a distanze immense gli uni dagli altri, miriadi di mondi tutti simili e popolati dalle stesse specie di esseri. Ognuno ha la forma di un cilindro, le cui dimensioni superano di gran lunga quelle della nostra terra, sul cui cerchio superiore vivono gli uomini, gli animali, gli spiriti di coloro che ritornano e certe divinitΓ . Negli spazi sotterranei, inferi, caldi o gelidi, i dannati subiscono svariati e spaventosi supplizi e, nei cieli al di sopra della superficie del mondo, risiede la maggior parte degli dΓ¨i. Alcuni di essi sono ancora soggetti allβattrazione sessuale, ancorchΓ© depurata. Altri, il cui corpo etereo risplende per natura, non si nutrono di altro se non della propria gioia e della luce che emanano. Altri ancora, puri spiriti, vivono per milioni di anni in meditazione, sprofondati in un raccoglimento caratterizzato dallβestrema tenuitΓ del pensiero. Ogni mondo si crea lentamente, da solo, dura per un certo tempo senza grandi cambiamenti, quindi ritorna gradatamente al caos originario, distrutto dal fuoco, dallβacqua o dal vento, prima di rinascere dalle sue stesse ceneri, poi lo stesso ciclo, che si stende su di un arco di miliardi di anni, riprende cosΓ¬, senza nΓ© principio nΓ© fine [3]. Qualcuno avrΓ riconosciuto, in veste mutata, la dottrina dellaΒ ekpyrosis, lβabbruciamento ciclico del cosmo, a cui allude anche Platone inΒ PoliticoΒ 269 a, quando egli dice che in un tempo passato il Sole e gli astri Β«dove ora si levano allora tramontavano, mentre sorgevano dal punto oppostoΒ».Β Platone si riferisce ad un percorso celeste regolato sullβequiΒlibrio di due poli,Β successivamente alterato dal re degli dΓ¨i e strutturato sullβasse cosmico attuale.


Il Buddha ermetico Γ¨ unβevidenza, moduli non solo espressivi, ma efficacemente ermetici; la storia delle religioni diventa unβantropologia dellβimmaginario. Divenire Γ¨ qualcosa di molto razionale, pure troppo. Il destino delle nostre vite non Γ¨ deciso da un qualche giudizio divino, ma dal proprio karma, che siano azioni passate o impugnate allβultimo momento. Mentre, se io prometto la vita o la gloria eterna, non Γ¨ una promessa, neanche una scommessa, perchΓ© non basterebbe un milione di anni per verificare. Basta invece per motivare un agire eremitico e vivere Β«come seΒ» quel fine si realizzasse. Lβeuropeo vetero-moderno crede che bisogna vivere di postulati come i maghi dellβalta finanza. Gli orientali sono, al contrario, a-religiosi. Non inseguono la speranza paolina. Purificarsi significa ieri come oggi bruciare il fuoco dellβignoranza.
Una causa ha sempre una causa, una metempsicosi in fieri. Γ una cosa logica, ma da non confondere con la ragione ontica delle cose. Le cause producono infatti mutamenti continui, il che equivale a dire: diventa quel che divieni, perchΓ© sei condannato a scegliere o ad esistere (assurditΓ comprese). I cattolici coltivano il pentimento, raramente il perdono, che Γ¨ poi un correggere e annullare quanto Γ¨ stato (senza bisogno di tanta metempsicosi). Per questo coltiviamo personalitΓ scisse, divise tra peccato e redenzione. Del resto, appena dico Io, subito mi separo da me stesso. La presunta identitΓ della persona Γ¨ giΓ da sempre abitata dalla differenza, dallβUr-teilΒ del giudizio; come non cβΓ¨ mai un primo momento, solo una seconda battuta e il ricordo di qualcosa che lβha preceduta.


Facciamo esperienza, immaginando, alterando, ripetendo sempre gli stessi errori. PerchΓ© senza la memoria e le sue anticipazioni il tempo non accadrebbe. E laddove cβΓ¨ il tempo, Γ¨ la realtΓ a non accadere. In questo trasmigrare continuo, si capisce, non avviene nulla di veramente nuovo. La metempsicosi passiva diventa allora quel divenire molteplice gettato nel mondo delle chiacchiere, ovvero il suo necessario oblio. Solo chi vede lβinazione nellβazione, e viceversa, Γ¨ uno che compie interamente unβazione (BhagavadgΔ«tΔΒ 4, 16-19). Ci vuole reciprocitΓ , come nella meditazione Yoga. Non Γ¨ dunque il ripetersi del tempo la chiave di tutto, quella concordanza dellβagire con la ruota del Dharma, priva di fatto di qualsiasi movimento, in cui niente ci permette di afferrare lβorigine e neanche di dare continuitΓ a quel che mai Γ¨ stato: che noia! Semmai Γ¨ la simultaneitΓ , cioΓ¨ la scambievole produzione di effetti di tutto su tutto ad afferrare il molteplice nel medesimo tempo. Unβandata e ritorno che vede il prima e il poi non in successione, ma coincidenti e in attrazione reciproca. La reversibilitΓ e il tempo irreversibile sono la stessa relazione e quel che vediamo in successione Γ¨ solo una parte di un piΓΉ ampio vedere. Lβuniverso Γ¨ una rete di relazioni causali interconnesse, che rigetta la prioritΓ delle cause sugli effetti. Questo Γ¨ anche Leibniz. Che conosceva la storia del monaco che dopo la morte dichiara di andare allβinferno. Se non ci andasse chi ci salverebbe dallβinferno stesso?
NOTE
[1]Β M. Bussagli, Β«Lβinflusso classico ed iranico sullβarte dellβAsia centrale. Ricerche preliminari per uno studio sulla pittura e la scultura centro-asiaticheΒ», inΒ Rivista dellβIstituto Nazionale dβArcheologia e Storia dellβArte, N.S. 2 (1953), pp. 171-266Β (= Indica et Serindica. Scritti di storia dellβarte dellβIndia e dellβAsia centraleΒ [UniversitΓ di Roma Β«La SapienzaΒ» β Β«Studi OrientaliΒ», XI], Bardi, Roma 1992, pp. 167-259).
[2] A. Bareau, Β«Il buddhismo indianoΒ», inΒ H.-Ch. PuechΒ (cur.),Β Storia del Buddismo, trad. M. Novella Pierini, Laterza, Roma-Bari 1984 (ed. or. Paris 1970-1976), pp. 68-69.
[3] Bareau, Β«Il buddhismo indianoΒ», pp. 51-52.