Il “contagio memetico” nel folklore metropolitano di Danilo Arona

Autore poliedrico i cui interessi spaziano dalla critica cinematografica alla narrativa fino alla saggistica dedicata al filone delle realtà alternative, Danilo Arona si è fatto cantore di una particolare e personalissima declinazione dell’horror e del weird che affonda le sue radici nel contesto italiano. Nel suo saggio “Possessione mediatica”, Arona si chiede se sia possibile che certi media, specialmente quelli audiovisivi, siano in grado di provocare in soggetti predisposti un temporaneo annullamento della coscienza il cui posto viene preso da “qualcos’altro”, in poche parole ciò che in altri luoghi, tempi e culture sarebbe stato chiamato possessione.

I diabolici convegni di Arthur Christopher Benson

Dagon Press ha recentemente pubblicato in italiano — con il titolo “La finestra chiusa” (traduzione a cura di Bernardo Cicchetti) — i racconti sovrannaturali di Arthur Christopher Benson, insieme a Montague Rhodes James uno dei più significativi “ghost-writer” inglesi di inizio XX secolo, nonché paragonabile per suggestioni e tematiche a scrittori a lui grossomodo contemporanei ed egualmente “esoterici” come Arthur Machen, H.P. Lovecraft e Algernon Blackwood.

“La casa dalle finestre che ridono”: feticcerie e (auto)sacrifici

Esattamente 45 anni fa, il 16 agosto del 1976, usciva nelle sale italiane “La casa dalle finestre che ridono”, il cult-movie di Pupi Avati ascrivibile al cosiddetto filone del «Gotico Padano». Nel film sono confluiti l’elemento perturbante della cultura contadina in cui il regista emiliano è cresciuto e suggestioni nere più esotiche, dalle macumbas caraibiche all’autosacrificio condiviso dal mistico e dal folle.

Il Terrore e l’Estasi: “La collina dei sogni” di Arthur Machen

Il 3 marzo del 1863 nacque Arthur Machen, uno dei più grandi scrittori della letteratura del Fantastico della sua epoca nonché, insieme a W.B. Yeats, uno dei più importanti alfieri del cosiddetto «Celtic Revival». Dopo aver già recensito sulle nostre pagine la sua opera prima, «The Great God Pan», ci occupiamo adesso del suo terzo romanzo, «The Hill of Dreams» (1907), forse il suo capolavoro massimo in virtù dell’unione indissolubile, qui come non mai, tra i due aspetti dicotomici del Sacro nella tradizione gaelica: quello terrifico e quello estatico.