Il mito รจ il sogno collettivo di un popolo: Il Sogno come via per ritornare al Centro. Elucubrazioni sul “Tempo del Sogno” (Dreamtime) della tradizione sacrale degli aborigeni australiani e dei nativi americani, iniziando il discorso dal film L’ultima onda di Peter Weir.
di Antonio Bonifacio
copertina: jeffrey shaw, dreamtime.
โLasciateci sognare signoriโ
(Kekulรฉ, scopritore dellโanello del benzene)
โ…Chris al processo risponde a una domanda dellโavvocato: ยซChris, mi hai detto che questo era il territorio della tua tribรน prima che arrivassero gli inglesi, รจ vero?ยป ยซSรฌ!ยป ยซE quanti erano quelli della tribuโ?ยป ยซMoltiโฆ.migliaia.ยป ยซE adesso? ยซPochiโฆun centinaio!ยป.”
Da “Lโultima onda” di Peter Weir. Il film, del 1977, affronta il tema dei cambiamenti climatici in relazione alle conoscenze e alle attese di una societร segreta di nativi australiani che attende la โfine del tempoโ e ne scruta i segni

Premessa (intorno agli ultimi tempi o ai tempi ultimi?)
Nulla, forse piรน della cena di Trimalcione, narrata nel Satyricon, sโavvicina al paradosso dei tempi ultimi o, posponendo sostantivo con aggettivo, โultimi tempiโ. Quanto descritto in questa opera, attribuita a Petronio, e, in particolare, la messa in scena del funerale dello stesso Trimalcione, un liberto arricchitosi oltre ogni ragionevole misura, evento inserito proprio al termine della esagerata cena conviviale, descrive perfettamente lo spirito con il quale si vive in questa nostra societร che, oramai, si presenta come quasi irrimediabilmente condannata a manifestare la sua vitalitร con il solo mezzo dellโedonismo esagerato e, per giunta, forzato. In linea a quanto descritto cosรฌ come suggerito nel Satyricon la contemporaneitร appare incapace di un qualsiasi rinnovamento spirituale e, per conseguenza, essa pare fatalmente destinata ad โaffogareโ nel suo bulimico iperconsumismo, essendo questo lโunico modello di vita che ha saputo proporre. Non se ne parlerebbe in questa sede e in questi termini se non fosse che proprio Hossein Nasr — e ciรฒ รจ accaduto in tempi non sospetti — ha posto in rapporto causale la crisi spirituale dellโuomo contemporaneo con il disastro ambientale che lo circonda, conseguenza, questโultima, che ha premurosamente indotto i governi a organizzare degli affollati summit in cui ci si propone di risolvere la crisi, in primis, spirituale, per mezzo di strumenti materiali.
Mentre quindi alcuni dei cosiddetti โgrandi della terraโ, a nome dei loro popoli, prendono generici impegni per lโuniverso mondo in โmateria di sviluppo e dโambienteโ, pressochรฉ in contemporanea, i medesimi affermano, sia pure stentatamente, incalzati dalla protesta di folle acefale e teleguidate, che, tutto questo, non certo disinteressato sforzo, alla fine, verosimilmente, non servirร a un ben nulla e che la vita dellโuomo su Gaia, in un futuro davvero prossimo, sarร messa a durissima prova. Rimanendo nella romanitร , tutto questo ciarlare, richiama una pertinente frase di Tito Livio: Mentre a Roma si discute, Sagunto รจ espugnata.
In linea con alcune โprofezieโ antiche e recenti accadrร che, probabilmente, la vita sulla terra (almeno in parte) sarร spazzata via dalla doppia โribellione del fuoco e dellโacquaโ, comโรจ nel tema del film Lโultima onda del 1977, del regista australiano Peter Weir, che dimostra nei suoi lavori di essere astuto conoscitore della simbologia tradizionale. Dalla sua pellicola si รจ estrapolata una frase che รจ posta in esergo a questo breve scritto e che fa da introduzione al tema cataclismico, cosรฌ comโรจ narrato nella cosmovisione dei nativi australiani anche se lโevento ovviamente coinvolgerร tutto il globo terracqueo.

Lโipotetica โresaโ alla ineluttabilitร del cataclisma prossimo, che โRomaโ comunque prospetta in assenza di rimedi convincenti, รจ davvero una constatazione dโimportanza tale per cui, una volta tanto, lโaggettivo epocale ci sta tutto. Forse, per la prima volta, si dichiara, apertis verbis, che il tracotante Occidente, inteso come cultura occidentale, esportata e imposta ai quattro angoli del mondo, appare impotente a fronteggiare gli effetti del danno di cui a se stessa attribuisce la responsabilitร e quindi convenire che essa non ha gli strumenti per rattoppare il buco che, da sola, sโรจ prodotta, ammettendo con ciรฒ, implicitamente, che la sua visione del mondo, cosรฌ inossidabilmente progressista, รจ basata su presupposti errati e che perseguire il programma sia pure con altri mezzi, non puรฒ che condurre ai nefasti risultati che abbiamo sotto gli occhi e, in prospettiva, ad altre conseguenze, addirittura ben peggiori. Si รจ di fronte alla confessione anticipata di un delitto di cui, purtroppo, le possibili vittime saranno, inevitabilmente, le future generazioni.
Se la societร attuale รจ nellโimpossibilitร di procedere a un rinnovamento spirituale, che porterebbe, per ripercussione omologica, a un effetto risanatore sul piano materiale, forse รจ da attendersi che questa rivoluzione non scaturirร dallโesausto occidente. Contrariamente a quanto si possa pensare, la capacitร spirituale dei popoli nativi, nonostante le immani pressioni cui sono state sottoposte le loro culture allโimpatto con la civiltร egemone dei โbianchiโ, considerata in tutte le sue componenti (materiali e spirituali), รจ rimasta, ove possibile, pressochรฉ intatta, almeno nei suoi principi fondanti. Per questo tali culture sono state, e sono, in grado di rielaborare continuativamente i danni prodotti dallo smarrimento identitario, come fa in organismo sollecitato da forze esterne che adatta le proprie risorse alla mutate circostanze. Una fondamentale differenza marca, sia pure grossolanamente, le culture native da quelle โsviluppateโ, ossia la capacitร di accedere alle proprie intatte risorse spirituali, ricollocando perciรฒ se stesse, ogni volta che le circostanze lo richiedano, al tempo delle origini, rifondando cosรฌ la realtร in una sorta di salutare โritorno alle origini aureeโ. Una capacitร secolarmente rinnegata nei nostri lidi, che invece hanno fatto della storia il loro mito fondante e sulla china della storia procedono i convinti seguaci di questa filosofia, con un copione che รจ parallelo a quello narrato nel racconto del pifferaio di Hamelin.
A tale proposito, e non per nulla, Mircea Eliade concludeva un suo contestato testo con queste pesantissime parole che stigmatizzano perfettamente la minoritร โoccidentaleโ, nei confronti dei popoli autoctoni, soprattutto sotto lโaspetto religioso, proponendo proprio il tema di raffronto tra la feconda concezione mitica e la sterile concezione storica:
โIl cristianesimo รจ la religione dellโuomo moderno e dellโuomo storico, di chi ha scoperto simultaneamente la libertร personale e il tempo continuo (invece del tempo ciclico) [โฆ] il cristianesimo si rivela senza possibilitร di contestazione la religione dellโuomo decaduto e questo nella misura in cui la storia e il progresso sono una caduta che implica lโabbandono definitivo del paradiso degli archetipi e della ripetizione.โ
Mircea Eliade, Il mito dellโeterno ritorno, pag. 164


Il mito รจ un altro โtipoโ di storia e, infatti, costituisce il racconto degli atti esemplari degli Esseri Soprannaturali e questa Mitistoria รจ considerata ยซassolutamente vera […] e sacraยป; il mito si riferisce sempre a una ยซcreazioneยป, racconta cioรจ come qualche cosa ยซรจ venuta ad esistenzaยป; conoscere il mito significa conoscere lโยซorigineยป delle cose e poterle padroneggiare, una conoscenza che ยซsi vive ritualmenteยป. Quando si vive il mito ยซsi รจ presi dalla potenza sacra, esaltante, degli avvenimenti che si ricordano e si riattualizzano. I miti rappresentano dunque ยซi paradigmi di ogni atto umano significativoยป. ร quindi evidente che ยซVivereยป i miti, riattualzzandoli ritualmente, costituisce unโesperienza squisitamente ยซreligiosaยป, e immersiva nella โCoscienzaโ totalmente dispiegata, che ci svela una realtร profondamente difforme dallโesperienza ordinaria della vita quotidiana.
Questa considerazione, che sembra condannare in toto e senza possibilitร appello, lo storicismo di Hegel e i suoi epigoni e successori, potrebbe davvero costituire il fondamento per la comprensione della โcrisi del mondo modernoโ. Accettare la storia e il disegno, piรน o meno provvidenziale che ne sostiene il corso, comporta il negare la possibilitร di rifocillarsi o rifondarsi al paradiso degli archetipi e della ripetizione, significa abbandonarsi allโidea di un progresso pressochรฉ indefinito, perdendo di vista totalmente lโorigine, esiliandosi da essa per incauto troncamento. Per questo, data lโestrema attualitร dellโargomento, vogliamo dedicare al โtempo del sognoโ, “Alcheringa” nel lessico australe, espressione precipua dellโontologia arcaica, qualche considerazione.
Il โsognoโ, il โsogno visioneโ deve essere inteso come momento rigenerativo, attestante la capacitร di rinnovarsi in circostanze diverse e/o congiuntamente avverse, lโรจra del sogno รจ eterna e creativa sosteneva Elkin delineandone i tratti essenziali (A.P. Elkin 2018, 194) e procedendo su questi due binari, attraverso due brevi interventi, si mostrerร come il sogno abbia permesso a due lontane culture โin crisiโ di sopravvivere e rigenerarsi. Uno dei modi di approccio a questa dimensione รจ proprio degli aborigeni del continente australe ed esprime, anche per mezzo della peculiare arte pittorica propria di quei lidi, lโefficienza di questa reale capacitร di recupero e riplasmazione della propria realtร . Ciรฒ รจ descritto brevemente per primo intervento; lโaltra parte dello scritto รจ dedicata a un movimento profetico millenaristica โpuroโ, il cui il mito delle origini รจ ri-nato, sotto spoglie diverse come reazione a unโintrusione. Ci riferiamo, in questo secondo caso, ad alcuni gruppi di nativi nord americani che hanno significativamente manifestato, nella โdanza del sognoโ, la loro intransigente volontร di โesserciโ e quindi di ridefinire il loro mondo contro lโalienazione prodotta da una cultura egemone, completamente estranea alla loro visione del mondo.

Il fondamento dellโutilizzo di questa capacitร di trasformare, per mezzo del rito, il tempo in un fenomeno ricorsivo si deve, come sottolinea Eliade, allโantistoricismo connaturato delle culture primigenie che, al nostro modo unilaterale di pensare la storia come processo lineare,. cioรจ di storia senza regolazione archetipica, contrappongono il loro modo di โrifare la storiaโ, che si sostanzia in un rifiuto del tempo profano: โIl tempo viene registrato soltanto biologicamente, senza permettergli di trasformarsi in storia, cioรจ senza che la sua azione corrosiva possa esercitarsi sulla coscienza, per mezzo della rivelazione della irreversibilitร degli avvenimenti…โ (Il mito dellโeterno ritorno, pag, 80). Da qui discende lโulteriore conclusione per cui lโuomo arcaico pone il netto rifiuto di accettarsi come essere storicoยป. Questo tipo umano difatti non accorda valore a tutti quegli avvenimenti concreti che non possiedono un modello archetipico, e che, quindi, costituiscono la durata concreta: ยซcogliamo in tutti questi riti e in tutti questi atteggiamenti la volontร di svalorizzazione del tempo. […] Come il mistico, come lโuomo religioso in generale, il primitivo vive in un continuo presente […] egli ripete i gesti di qualcun altro e attraverso questa ripetizione vive ininterrottamente in un presente atemporaleยป.
Unโultima necessaria aggiunta. Il tema del sogno sarร brevemente messo a fuoco, come appena affermato, in due lontanissime culture, australiana e nordamericana, in cui esso รจ protagonista del tessuto religioso locale. In questo secondo caso, il riferimento รจ focalizzato su una popolazione occupante unโarea di piccola estensione che ha introdotto un particolare rito nativista, noto come la dream dance. Sebbene la dream dance non sia stato fenomeno effimero, essa comunque ha avuto una durata temporalmente e geograficamente limitata, e la sua menzione assume il carattere di indizio significativo delle capacitร rigenerative sempre latenti e sempre attualizzabili di questi popoli lontani. Da un punto di vista piรน esteso e diffuso si sarebbe dovuto parlare, a proposito del Nuovo Mondo, del peyotismo, espressione della chiesa Nativa Americana, un movimento ampio e capillare, certamente anchโesso caratterizzato dal tratto visionario, che perรฒ incorpora elementi della religione dโimportazione, e non mostra quel carattere rigorosamente nativista che contraddistingue la dream dance. In sintesi il peyotismo รจ senzโaltro un sincretismo, ma un sincretismo che, comunque, appare vitale e articolato, ancorchรฉ spurio.
Per la cultura nativa australe il sogno รจ evidentemente parte imprescindibile della integralitร della locale cultura dallโinizio del tempo, un incipit che principia, appunto, dal โtempo del sognoโ, inteso come tempo โveroโ e che ritualmente lo si reitera. Ciรฒ accade in circostanze calendariali precise, o quando gli accadimenti lo richiedono. Per i nativi del Nord America esso, in qualche modo, รจ invece unโesperienza rituale di rigetto, un rifiuto in toto del โnuovoโ della cultura dei bianchi occupanti, rielaborato culturalmente in modalitร spirituale. Alche gli autoctoni australiani hanno avuto atteggiamenti rituali accostabili a questo, che si possono ritrovare, fatti tutti i distinguo possibili, nei riti del Kurangara, ma non รจ questa la sede per affrontare compiutamente tale complesso argomento. In entrambe le circostanze resta, perรฒ, un motivo comune di fondo, a dispetto delle istanze retrostanti che presiedono fenomenologie religiose e cioรจ una concezione integralmente spiritualizzata della natura che fa da sostegno a entrambe le due costruzioni spirituali.
โMolto tempo fa, nel tempo del sogno, tutta la terra dormiva. Nessuno degli animali, degli uccelli e dei pesci che conosciamo oggi esisteva. Tutto giaceva addormentato sotto la crosta terrestre. Un giorno il Serpente Arcobaleno โ principio di creazione โ si svegliรฒ dal suo sonno ed emerse dalla crosta terrestre. Viaggiรฒ per tutta la Terra, e quando ritornรฒ nel luogo in cui apparve, svegliรฒ le rane dal loro sonno. Il Serpente solleticรฒ le loro pance e le rane risero, cosรฌ lโacqua che vi avevano conservato allโinterno, si versรฒ per tutta la terra, formando laghi e fiumi.โ
Australia Felix, La vita รจ un sogno, il sogno di un sogno.

Il paesaggio come viaggio iniziatico
Gli Aborigeni giunti dallโAsia sud-orientale circa sessantamila anni fa, (e non i seimila come credeva lโetnografo Adolphus Peter Elkin che appose questa cifra nel sottotitolo del suo libro Gli aborigeni australiani) popolarono stabilmente lโAustralia senza significativi riconoscibili cambiamenti intervenuti nel corso del tempo, fino a che alla fine del Settecento si produsse lo scontro con la civiltร europea [1].
La scoperta e la successiva colonizzazione dellโAustralia da parte degli Inglesi ebbe come conseguenza la crisi e la distruzione di una delle culture piรน antiche e millenarie del pianeta, qui, come altrove, la colonizzazione si espresse nella cifra sfrontata dellโetnocidio. Il citato Elkin, presbitero anglicano in missione in Australia, dopo aver frequentato i nativi e osservato a lungo la loro cultura, decise che era suo compito precipuo salvaguardala, attraverso unโopera di riplasmazione della stessa, facendola aderire, per quanto possibile, ai canoni occidentali e salvandola cosรฌ dalla inevitabile distruzione. Sebbene il religioso si fosse mosso inizialmente da intenti di evangelizzazione โpura e duraโ e di sbrigativa assimilazione, senza alcuna volontร di mediazione culturale (come oggi si dice), successivamente si adoperรฒ in senso diverso e maggiormente comprensivo delle ragioni dellโinterlocutore, criticando gli atteggiamenti brutali e spicci dei suoi conterranei invasori. Per questo Elkin finรฌ con lโappassionarsi alle civiltร aborigene, ai loro usi e costumi, fino a raccoglierne e a proteggerne lโimportante patrimonio culturale e religioso attraverso i suoi scritti che gli valsero una prestigiosa cattedra universitaria in loco. Lo mostra questo brano:
โUna volta un buon vecchio indigeno mi domandรฒ perchรฉ io volessi sapere tante cose sui loro costumi e credenze. Nel rispondere accennai alla mancanza di comprensione della vita indigena da parte di quei Bianchi (agenti di polizia, missionari, datori di lavoro) che piรน sono a contatto con gli aborigeni. […] Aggiunsi che desideravo raggiungere una comprensione della vita indigena fino a poterla trasmettere a quegli stessi individui, nella speranza che essi riuscissero ad adottare un atteggiamento piรน saggio verso le usanze indigene. […] Il vecchio pensรฒ, poi disse: ยซQuesto รจ bene; ma siete venuto troppo tardiยป.โ
Per conseguenza, ciรฒ che odiernamente studiamo della locale spiritualitร nativa รจ, spesso, quasi solo un simulacro di una cultura, comunque fortemente lacerata, nonostante la sua riconosciuta capacitร di rigenerarsi in singole enclavi, oppure contraddistinta dalla destrezza di mimetizzarsi, allโinterno della cultura occupante, producendosi in forme rinnovate di espressione, fortemente comunque ancorate al โtempo del sognoโ, espressione totale e onnicompensiva della spiritualitร nativa.

La religione, che si definisce impropriamente โanimistaโ, degli Aborigeni australiani si basa su una complessa mitologia che ha il suo fulcro, come giร anticipato, nel โTempo del sognoโ (Dream Time), un contenitore mitico che raccoglie un universo di โsostanza spiritualeโ che puรฒ idealmente accostarsi, nei tratti identificativi caratteristici, al platonico mondo delle idee, oppure, ulteriormente, al corbiniano mundus imaginalis. Questo tempo-luogo mitico rappresenta la dimensione spaziale e temporale in cui gli dรจi creatori, altrimenti definiti come spiriti ancestrali, hanno dato luogo alla sistemazione โsonoraโ di un cosmo informe. Le modalitร dei loro spostamenti, nel caotico mondo primordiale, avvenne, anchโesso, nella dimensione onirica.
Gli Dรจi/Eroi australiani, protagonisti dellโera primordiale, viaggiarono per il paese โsognandoโ e, agendo in questa condizione onirica, crearono con il loro canto tutte le cose e tutti gli esseri, svuotandosi progressivamente in forma di autosacrificio della loro essenza sonora, fino ad annichilire in quelle forme fisse che contraddistinguono il territorio. A proposito dellโessenza sonora primordiale si veda,il lavoro etnologico โriabilitanteโ di Marius Schneider, che, nel suo testo, La musica primitiva, dimostra, in modo davvero mirabile, come, nella Tradizione Universale, la cosmogonia equivalga al canto, come forma di movimento: gli Dei sono canti, cioรจ movimenti permeati di simmetria, armonia, proporzione e rapporti di analogia tra le grandezze che compongono la musica o le figure che costruiscono la danza [2].

Nellโuniverso delle concezioni mitiche degli aborigeni โcreareโ equivale quindi a โcantareโ e, infatti, รจ attraverso il canto ininterrotto di questi primigeni che il paesaggio caotico delle origini venne modellato fino a che, questi esseri primordiali, colti da stanchezza e ormai incapacitati a proseguire, per una sorta di necessaria anossia creativa, avendo portato a termine lโimpresa, si impietrarono e, per conseguenza, si fissarono come โresidui metafisiciโ, in quello che si potrebbe definire, nel linguaggio contemporaneo, un paesaggio sonoro fossile, โcongelatoโ. Non appaia โblasfemoโ coniugare quanto detto con una riflessione di Ananda K. Coomaraswami, centrata proprio sul potere del suono creativo e la sua corrispondente fissazione materica, cosรฌ come si riscontra nella speculazione vedica:
โStabilita lโidentificazione del suono โ Om o Nada โ col brahman, si puรฒ dire che esso รจ lโessenza piรน profonda di ogni creatura, ma anche che tutto lโuniverso materiale, il quale non รจ altro che la medesima vibrazione-suono che, nel moto di propagazione, perde raffinatezza e muta fino a diventare materia. Nello svolgersi di questo processo, il medesimo ยซsuonoยป si sdoppia, da un parte rimane identico a se stesso e dallโaltra si trasforma […] acquistando il carattere della molteplicitร . […] lโuna si propaga laddove lโaltro rimane immobile.โ
Una eccellente riflessione sul tema della โtrascendenza immanenteโ, concezione propria a una molteplicitร di culture native tuttโaltro che primitive quanto, piuttosto, primigenie e quindi degne della massima attenzione perchรฉ direttamente prossime al Principio. ร comunque ancora Schneider ad offrire un ulteriore contributo alla comprensione della relazione โfoticaโ che lega il suono al sogno, inteso questo come intermediario โimaginaleโ, come ci par che ben trasparisca da queste sue parole:
โll ruolo di rischiaratore attribuito agli dรจi-musicisti sembra implicare, fin dagli inizi della creazione, la posizione che le antiche civiltร riconoscevano anche alla musica allโinterno della cultura umana. Situata fra le tenebre e la luce del primo giorno, sul piano umano la musica si trova fra lโoscuritร della vita inconscia e la chiarezza delle rappresentazioni intellettuali. Appartiene dunque in gran parte al mondo del sogno. Nel primo stadio della creazione, durante il quale i suoni si rivestono a poco a poco di luce, la musica precorre il linguaggio intelligibile come lโaurora precede il giorno. Essa racchiude al tempo stesso lโoscuritร e la luce, le acque e i fuochi. La musica รจ il sole umido che canta lโaurora. Ma, via via che i suoni si precisano, questo ยซlinguaggioยป primario si divide: una parte si avvia a divenire la musica propriamente detta; unโaltra si incarna nel linguaggio composto di frasi chiare e distinte, soggette al pensiero logico; la terza parte si trasforma a poco a poco in materia.”
Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi, Milano, 1992, pp. 20-21
Lโuomo โmusicanteโ si fa cosรฌ co-creatore, questo รจ il suo compito. Attraverso il canto, attraverso il suono, appreso iniziaticamente, attraverso la distribuzione cerimonialmente dolorosa del suo sangue che avviene durante una cruenta iniziazione, esso sostiene la propagazione della vita, il suo mantenimento e il suo equilibrio, che si realizza dallโarmonioso ripetersi di un prendere e un dare, senza trattenere. Nel rito aborigeno non si chiede(va) mai sovrabbondanza, eccedenza, ricchezza, perchรฉ lโadesione a questo orizzonte bulimico, nella concezione indigena, costituirebbe una sorta di hibris. Si chiedeva, piuttosto, attraverso la ripetizione indefinita e calendarialmente fissata dellโimmutabile rito, insegnato alle origini, il mantenimento dello status quo, ritenuto espressione perfetta di equilibrio tra il mondo invisibile e quello visibile. Il concetto di accumulo era totalmente sconosciuto a queste, come ad altre latitudini.

Nella visione โolisticaโ del mondo dei popoli indigeni australiani, parimenti a quelli amerindi, il “paesaggio naturale” รจ quindi sempre un paesaggio โculturaleโ o meglio mitico e, per conseguenza, data la natura fondamentalmente acustica della realtร , un paesaggio sonoro. Si tratta di un insieme, plasmato e reso significativo dalla presenza di un retrostante potere spirituale illo tempore lo conformรฒ cosรฌ comโรจ adesso lo si scorge e che tale deve immutabilmente rimanere per disposizione sovrannaturale, affinchรฉ esso non perda il suo gnoseologico significato.
Le coordinate di questo pensiero sono sostenute da una mitologia a contenuto fortemente ierofanico, che permette di individuare nelle componenti geologiche dellโorografia dei predetti paesaggi โculturaliโ o, meglio, spirituali lโazione dei โPrimordialiโ. ร proprio dallโattenta osservazione orografica che la โculturaโ locale rinviene i suoi riferimenti e i suoi indispensabili โancoramentiโ rituali. La materia fisica รจ quindi tuttโaltro che inanimata ed essa viene vissuta e percepita su un piano e in un significato totalmente cosmologico e quindi pienamente pulsante e โvitaleโ. La toponomastica ricapitola quindi la cosmogonia, ovvero indica quei luoghi fisici, nei miti della creazione, in cui si trovano congelati gli atti-canti passati, compiuti acusticamente da esseri soprannaturali, che hanno posto in essere la โrealtร โ, una realtร che รจ, comunque, manifestazione speculare di unโaltra realtร che si trova su un altro piano.
Questo significato cosmologico e spirituale della โmateriaโ, imbibita di soprannaturale, ha trovato espressione sociale nel possesso fisico e nell’uso rituale di particole di materia geologica di assai varia estrazione. Si parla di materiali riconosciuti particolarmente ierofanici anche in altri lidi, quali cristalli di quarzo, selce, pietre verdi, turchesi, ocra e ossidiana, il cui uso รจ testimoniato soprattutto nella ritualitร sciamanica, in cui ci si serve costantemente della loro potente โresidualitร metafisicaโ variamente e diffusamente attestata. Queste materie prime, di particolare efficienza spirituale, dimostrano una spiccata capacitร di ripristinare le lacerazioni che si producono nellโintelaiatura del mondo conosciuto, soprattutto in relazione alle molteplici malattie che affliggono lโuomo e, con esso, lโambiente. Si ritorna a sottolineare la costanza del tema dellโimportanza degli inizi. Ogni guarigione รจ una nascita mistica, una rigenerazione che riporta allโesordio delle โcoseโ. Ciรฒ corrisponde al noto teorema per cui il mito sarebbe ciรฒ in cui si โcredeโ, mentre il rito sarebbe ciรฒ che occorre โfareโ, tutto ciรฒ perรฒ inteso come fattualmente partecipato e esperienzialmente vissuto. Ne scrive Elkin: โPer quanto sopra detto risulterร altresรฌ evidente che se un costume non รจ consacrato da un rito, esso viene considerato come semplice creazione umana e quindi di secondaria importanza (A.P. Elkin: 2018, 203)
Ogni gruppo australiano ha avuto assegnato ai primordi il โproprioโ paesaggio e questo si ricollega alla origine mitica del gruppo associato a un totem peculiare. I percorsi compresi in esso devono essere ritualmente riattualizzati, ripercorrendo le tracce dellโantenato/eroe primordiale, perchรฉ lโindividuo possa essere considerato membro effettivo del gruppo. ร questo il viaggio iniziatico (Walk About) che fonda una vera e propria โmetafisica del nomadismoโ ed รจ quel โpellegrinaggioโ che ogni individuo deve compiere nella sua esistenza per giungere al centro originario, al primo zampillo della sistemazione creativa, ovvero alla fonte dellโessere. Queste vie sono denominate songlines (Vie dei Canti) o anche dreamtracks (Piste dei sogni) e, in realtร sono, congiuntamente, tutte e due le cose. Costituendo parte essenziale del patrimonio mitico questi percorsi sono tramandati con tutti mezzi sacrali a disposizione di quel dato gruppo: storie, canzoni, danze e pittura. Un indigeno australiano, con sufficiente conoscenza di questi miti, ripetendo le parole delle interminabili โnarrazioni cantateโ, che descrivono i luoghi, puรฒ, praticamente, percorrere centinaia di chilometri e cosรฌ resuscitare ordinatamente tutta la ierostoria che ha disegnato il luogo cosรฌ comโรจ e che, e che fa inerire anche la vicenda personale del viator al luogo, al โsuoโ pieno โesserciโ nel mondo. Tuttavia, per via del grande potere incantatorio della musica, anche ascoltare una songline (una โcanzoneโ della terra) si traduce nella capacitร visionaria e mette lโiniziato in condizione di scorgere, in maniera trasognata, il paesaggio in essa โnarratoโ.
La โnaturaโ si svela alla vista nativa nella sua trasparenza spirituale, un effetto che puรฒ richiamare, per assonanza mitologica con lโOccidente, lโepisodio di Diana e Atteone che viene โdivinamenteโ sbranato dai cani della dea, al fine iniziatico di liberare lโuomo interiore impedito dai sensi a partecipare esperienzialmente al sacro. Lโuomo interiore possiede la vista spirituale oltrepassante quella sensibile e quindi vede โdietroโ le cose, ciรฒ in parallelo con Marsia, il cantore rivale di Apollo che, delle sue membra, fece vagina, generando cosรฌ questโuomo occulto, nascosto e ottenebrato dietro la tunica di pelle. Questa realtร ascosa agli occhi di carne, si libera quindi allo sguardo interiore della sua sovrapposizione materica, e viene cosรฌ de-reificata e re-interpretata secondo il โtotemโ dโappartenenza di quel dato gruppo o persona preposto al luogo. Si stabilisce cosรฌ un polo spirituale al quale il nativo, colto nella sua dimensione individuale e sociale, insieme congiunte, si ร ncora indissolubilmente, perchรฉ il suo essere sociale e individuale รจ un continuum del paesaggio che lo circonda e da cui non รจ affatto separato.
Questo โcentroโ riunisce ogni singolo uomo in un unico, grande collettivo spirituale, legandolo indissolubilmente all’ambiente in cui vive. Per conseguenza, se viene a mancare la riattualizzazione degli antichi eventi mitologici, รจ inevitabile il sopraggiungere di un decadimento completo, di un grande disorientamento spirituale che si manifesta in modo immediato in tutti gli aspetti della vita individuale e comunitaria. ร per questo motivo che gli aborigeni nel ricalcare le tjurna djugurba (le orme degli esseri mitici) cioรจ le antiche Vie dei Canti, visibili soltanto ai loro occhi, ripetono le parole e i suoni degli antenati che, nei lunghissimi e interminabili viaggi attraverso un continente vuoto e privo di vita, facevano esistere il mondo โcantandoloโ. Ogni roccia, ogni sorgente, un punto d’acqua, una macchia d’eucalipti, rappresenta una manifestazione concreta di un evento sacro, che si ripete incessantemente in ogni periodica occasione a riconferma della bontร della realtร inaugurata alle origini.
Si puรฒ quindi affermare che il continente australiano รจ leggibile agli occhi dellโaborigeno come una partitura musicale: esso รจ davvero musica congelata. Ancora oggi ogni neonato eredita una sezione del โsuoโ canto totemico per diritto di nascita. Le strofe sono proprietร privata inalienabile del nuovo essere e delimitano il โsuoโ territorio. Una volta adulto, e quindi “iniziato” alla rivelazione della creazione, gli viene svelata una geografia mitica per apprendere i luoghi in cui gli esseri soprannaturali hanno celebrato riti, danzato o realizzando in altro modo cose importanti. Egli ha anche il diritto di prestare le sue strofe lungo una pista del canto e acquistare il diritto di passaggio dai suoi vicini, ricevendone aiuto e ospitalitร . L’uomo che va in walkabout (viaggio rituale) canta le strofe del suo antenato senza cambiare nรฉ una parola, nรฉ una nota e, cosรฌ facendo, รจ come se ricreasse il Mondo, ripartendo ogni volta da un โcentroโ.


Lo sciamano e il tempo del sogno
La cultura australiana รจ consapevole dellโerosione prodottasi dallโincontro con il โtotalmente altroโ, cosรฌ comโรจ emersa dalle parole dellโinterlocutore di Elkin, prima riprodotte, e per questo affida odiernamente la salvaguardia della propria identitร , alla capacitร di conservazione adattativa degli sciamani locali che compiono le loro res gestae a favore della comunitร dโappartenenza. Le tribรน dellโAustralia nord occidentale della Divisione Kinberley, per esempio, nel parlare di sogni, si riferiscono, come tutti, alle origini mitiche del mondo, al tempo primordiale o lalai. Tuttavia, ed รจ questo lโulteriore aspetto saliente che interessa queste note, รจ fondamentale mettere in evidenza che lalai nella circostanza non si riferisce soltanto allo stato delle cose o agli eroi dellโera primordiale, reputandoli come un tempo conchiuso e irreversibile e, in definitiva, โstoricoโ. Tale dimensione primordiale puรฒ essere reiterata appunto dagli sciamani, sono essi i deputati a raggiungere il lalai. Questa capacitร di tornare allโorigine si dispiega nelle loro attivitร di sostegno e cura della comunitร e, difatti, in questo stato di sogno, costoro traggono fonte di potere per risanare i malati, volare verso terre lontane, o recarsi nellโaldilร per interrogazioni. Sono cosรฌ in grado si ricollocarsi allโepoca sacra in cui le cose vennero in essere, ripristinandone le funzioni originali. Lo sciamano ritorna alle origini, alla stessa creazione appena ultimata, fonte di ogni intatto potere, viaggiando cosรฌ nel โtempoโ e nello โspazioโ, ed รจ il sogno lโunico mezzo in grado di fare da โponte spiritualeโ tra il presente e il tempo primordiale (cfr. H. Kalweit: 1996, 15).
Naturalmente quanto qui sinteticamente descritto, con parole dโapproccio โoccidentaliโ, รจ solo una scheggia di una ben piรน complessa e articolata mitologia/ritologia, che varia a seconda dei singoli gruppi etnici. Quanto riferito costituisce infatti solo un denominatore comune di quella che potrebbe definirsi come cultura sciamanica dellโAustralia, che si utilizza, per aiutare a comprendere, per quanto possibile, un principio che cosรฌ si potrebbe esporre: non รจ la storia โmaestra di vitaโ ma allโopposto รจ il mito che รจ โmaestroโ, in quanto fonte di tutti i poteri risanatori e rigeneratori.

Lโuomo e il suo โdoppioโ
Riprendendo quanto sopra detto in ordine alla capacitร percettiva di una doppia realtร affrontiamo un ultimo aspetto della concezione nativa. Secondo tale mitologia le anime delle piante, degli animali e delle persone sono eterne e immortali: prima di esistere sulla Terra, esistono nella dimensione del Dream Time, come parimenti esistono nel mondo delle idee o nel mundus imaginalis. Gli spiriti inviano queste anime a popolare la sacra terra e lโuomo ne diventa il responsabile custode, perchรฉ la storia mitica ha tratto lโordine dal caos, trasformando cosรฌ la terra caotica in un universo sacro di cui lโuomo non nโรจ affatto padrone e neanche inattivo custode, in quanto รจ suo compito precipuo sta nellโalimentare la sacralitร dellโambiente con i riti che gli sono stati consegnati dagli antenati mitici. Si tratta di attivitร che davvero โricreano il mondoโ, riversando in esso la vita, ogni volta che questo appare โstancoโ o โdanneggiatoโ.
Gli โuominiโ, in effetti, assumono la responsabilitร di conservare il โmondoโ, cosรฌ come fatto dagli Esseri soprannaturali, rigenerandolo periodicamente attraverso i riti, tra essi, in particolare, spiccano le cerimonie della moltiplicazione (Mircea Eliade, La creativitร dello spirito, pag 63), Tutto questo, cosรฌ brevemente esposto, si ricollega allโesordio di questo lavoro e giustifica la presenza del nostro โpistolottoโ introduttivo, rovesciando la posizione dominate che lโuomo si รจ autoattribuito; questi, da essere che โusaโ a suo piacimento il mondo, in questo contesto รจ concepito in un ruolo inverso, ovvero come servante ad esso. L’essere umano, raggiunta la sua maturitร sacrale dopo lโapprendistato iniziatico, โserve al mondoโ, lo nutre, lo alimenta, lo rende vigoroso: questo รจ il suo fine. Ciรฒ accade perchรฉ egli รจ il destinatario privilegiato dei riti assegnatigli ab origine. Lโuomo รจ anchโesso naturalmente un prodotto della creazione e possiede quindi anchโegli un โdoppio celesteโ. Dopo ogni morte egli ritorna, al fine di compiere gli stessi gesti sacri compiuti allโorigine e, a tale proposito, illuminante รจ questo passaggio di T.C.H. Strehow:
โLโintero paese รจ il suo albero genealogico vivente e secolare. La storia del suo antenato totemico รจ per lโindigeno il racconto delle sue proprie attivitร al principio del tempo, allโalba nascente della vita, quando il mondo che oggi lui conosce venne formato e modellato da mani onnipotenti. Lui stesso ha avuto un ruolo in quella gloriosa avventura, una parte piรน o meno grande a seconda del rango occupato a quel tempo dallโAntenato di cui รจ la reincarnazioneโ.
Il nativo che ripete nel rito i gesti primordiali non riattualizza soltanto i gesti fondanti originali ma compie una vera e propria anamnesi โplatonicaโ su se stesso, riscoprendo attraverso lโistruzione degli anziani che egli, oggi novizio, รจ โgiร โ stato. Cosรฌ, in un paradosso per noi inaccettabile, egli reimpara quegli stessi riti che lui stesso aveva istituito allโorigine. In altre parole, per dirla allโoccidentale, viene disintossicato iniziaticamente dallโacqua letica che ha assunto da disincarnato, e โricordandoโ se stesso, compiendo il suo โritornoโ metempsicosico, si ricostituisce secondo il principio platonico per cui โsapere รจ ricordareโ. Cosรฌ, dopo tale iniziazione, โridiventaโ ciรฒ che รจ sempre stato ab origine e riscopre la sua completa identitร che รจ, insieme, contingente e archetipica. Egli stesso, in questa operazione mnemosinica, รจ lโarchetipo stesso della ripetizione che abolisce la storia e, comunque, relega il โdivenireโ nella dimensione profana: con ciรฒ si nega, quindi, radicitus, la presenza di uno โspirito della storiaโ o, diversamente, di una โstoria provvidenzialeโ, perchรฉ essa cโรจ giร stata, e cโรจ stata una volta per tutte, una volta ultimata la creazione.
Il โmovimento dei sognatoriโ
“Che cosa รจ lโuomo senza gli animali? Se non ce ne fossero piรน gli indiani morirebbero di solitudine. Perchรฉ qualunque cosa capiti agli animali presto capiterร allโuomo. Tutte le cose sono collegate (Dwamish)”
Al di lร di quanto si andrร ad esporre nelle pagine successive sul tema del sogno-visione e quindi si determini quale funzione assuma la rivelazione contenuta da esso veicolata in relazione alle istanze di reazione dei gruppi nativisti, che ad esso ricorsero per sfuggire allโoppressione dellโacculturazione, รจ necessario pretermettere quanto, comunque, la dimensione dellโesperienza onirica sia centrale nella speculazione e nella pratica dei nativi nord Americani. Si propone ciรฒ sulla scorta di alcune informazioni, davvero preziose, offerte da Enrico Comba, notevole studioso delle culture di queste etnie.
Lo strumento che permette di superare i limiti della percezione ordinaria, di andare oltre lโaspetto fisico esteriore con cui il mondo si presenta ai sensi e come รจ da essi percepito e tradotto gnoseologicamente in immagini e sensazioni, รจ costituito dal sogno e dalla visione capisaldi della comprensione ontologica della realtร . Ciรฒ di fatto impressionรฒ fortemente i missionari gesuiti che ne ebbero a commentare, nel consueto modo sprezzante che contraddistingue la genรฌa, la circostanza con queste parole:
โLe loro superstizioni sono infinite , le loro feste, le loro medicine, le pesche e le cacce, la guerra, in breve la loro vita ruota intorno a questo perno, i sogni, hanno soprattutto qui grande creditoโ
Il varco dโaccesso aperto dal sogno alle realtร invisibili, non รจ, presso i nativi nord americani, prerogativa di singoli individui, tuttโaltro. Esso รจ un uscio schiudibile a tutti ed esso mostra la realtร del mondo imaginale che si trova dietro le apparenze sensibile. Difatti, durante queste sospensioni dellโattivitร della coscienza ordinaria, gli animali e gli spiriti si presentano in forma umana mostrando il loro aspetto interiore, la loro natura di persone, persone diverse dagli umani e per questo si mostrano straordinariamente condiscendenti con i loro visitatori estatici. La โvia del sogno e della visioneโ รจ aperta a tutti, anzi, essa รจ necessaria a tutti, in quanto lโesperienza visionaria รจ riconosciuta โmaestra di vitaโ e difatti solo in quelle circostanze che si puรฒ avere contezza della presenza di quello โspirito aiutanteโ, preposto alla cura dellโindividuo (in parallelo allโangelo custode) (4).
Premesso ciรฒ, resta comunque il fatto che gli sciamani si presentino come gli โspecialistiโ del sogno e della visione in funzione collettiva, in quanto agiscono per una molteplicitร di individui. Questi eletti specialisti dellโestasi sono i soli che sanno padroneggiare perfettamente la conversazione con i componenti di questo mondo parallelo e ricavare da queste interlocuzione rituali un possibile beneficio per il gruppo cui appartengono (cfr. sul tema Enrico Comba: 2019, pag 237). Questa premessa permetterร di meglio comprendere il credito assoluto che ricevevano in certe culture native del nord America e in un certo momento storico le visioni sciamaniche.

Questo movimento, relativamente recente, ha un โmitoโ di fondazione le cui caratteristiche essenziali si rilevano comunque piuttosto ubiquitarie nei movimenti nativisti, movimenti che sono nati come risposta alla pressione della colonizzazione. Questo mito si sostanzia nella morte e successiva rinascita di un nuovo โeroe culturaleโ che rifonderร e riscatterร dal presente la compagine umana che aderisce a questa prospettiva millenarista. La vicenda รจ questa. Nel corso di un persecuzione perpetrata dai โbianchiโ, contro un gruppo di Sioux, una giovane donna, per sfuggire a morte sicura, si gettรฒ nelle acque di un lago e se ne stette, immersa tra i giunchi e priva dโogni soccorso, perchรฉ i soldati della parte avversa sโerano accampati nei pressi. Accadde che la giovane, ormai allo stremo delle forze, fu raggiunta da una visione e una voce che era quella quella del โGrande Misteriosoโ, che le insegnรฒ le forme di una nuova forma dโespressione religiosa, fondata sui contenuti imperscrutabili del sogno, che vengono comunicati plasticamente in una nuova โdanzaโ, che quindi assume la funzione di una vera e propria liturgia. Per questo tale rito fu chiamato Dream Dance e alla ragazza eletta fu, altresรฌ, ordinato di divulgare tale nuovo rito a tutte le tribรน indiane, in primis a quelle con cui i Sioux erano in rapporto di ancestrale rivalitร .
La protagonista di questa mito-storia รจ emblematica dello stato di unโintera societร posta sotto pressione da una intransigente acculturazione e quindi in indiretta e coattiva trasformazione, e giustifica il reattivo rifiuto repulsivo di ogni commistione con una cultura โaltraโ, come quella dei โbianchiโ, perchรฉ oggettivamente portatrice dellโoppressione. Ad essa si trova modo di reagire proponendo un rinnovato mito di fondazione che statuisce nuovo rito, stavolta scevro da particolarismi tribali ma non etnici, un rito pan-indiano che ripercorre le stesse modalitร proprie dellโiniziazione. Se si segue la narrazione del mito la cosa appare ben evidente. La Sioux sโimmerge nel lago, quasi fonte battesimale, e affronta la estrema crisi della morte. Questa crisi individuale, superata dal diretto intervento divino, trova il suo preciso parallelo in quelle istanze di rinnovamento dellโintera comunitร nativa che, da tribale, si fa per cosรฌ dire, nazionale, superando il limite, ormai ristretto, dellโetnia. Al fine di โesserciโ ancora deve morire il vecchio modo di โessere nel mondoโ. Quando la ragazza riemerge, dopo questo โcataclismaโ individuale, non solo Ella รจ ben viva, ma รจ anche totalmente โrinnovataโ, tornata agli โiniziโ, avendo assunto il compito di rifondare il mondo con il recupero dei contenuti propri delle origini, vissuti, stavolta, in una cornice di fratellanza panindiana sancita dalla condivisione del nuovo rito della dream dance espressione davvero precipua della creativitร dello Spirito.
La vecchia cultura, non certo morta di morte naturale, ma โannegataโ a causa della sopraffazione degli occupanti e resa ormai inutilizzabile, lascia il posto a una nuova forma di espressione religiosa in cui la โdanza del sognoโ occupa un posto centrale. Il โmondoโ viene cosรฌ โrisistematoโ secondo le nuove esigenze sorte dalla potente modificazione del contesto. Si annuncia cosรฌ una nuova possibilitร di โsalvezzaโ (la dream dance รจ intrinsecamente espressione di โsalvezzaโ) proposta da una religione che รจ del tutto autonoma e assolutamente non commista a quella proposta/imposta dallโoccupante, la cui soteriologia รจ vissuta localmente come del tutto estranea ai parametri etnici locali. In definitiva si sta parlando di un movimento che si propose di costruire, al di lร del particolarismo tribale, una sorta di inedita forte identitร nazionale, in contrapposizione ostile con il nuovo modo di vivere che viene imposto da estranei. Le vecchie rivalitร con gli altri gruppi etnici nativi sono abolite in relazione a una nuova fratellanza pan-indiana, in cui il profetismo di alcuni suoi membri di spicco, annuncia unโera di definitivo riscatto dal dominio straniero (e questo รจ un aspetto peculiare della โsalvezzaโ).

Smohalla il profeta visionario (dreamer prophet)
Nato tra il 1815 e il 1820 nell’area Wallula dell’attuale stato di Washington, Smohalla apparteneva al gruppo tribale Shahaptian Wanapum (o Wanapam); Alla nascita fu chiamato Wak-wei o Kuk-kia , che significa “sorgere dalla polvere della madre terra”. Dopo aver raggiunto la ribalta come leader spirituale, divenne noto come Smohalla (o Smo-halla, Shmoqula, Smuxale, Smowalla, definito anche โpredicatoreโ. Ancora altri nomi associati a lui includono Yuyunipitqana, “la montagna urlante” e Waipshwa , “portatore di rocce”.
Smohalla, insieme a Skolaskin, un altro potente veggente, รจ stato una delle diverse figure di sognatore-profeta carismatico, che caratterizzarono gli eventi religiosi della regione dell’altopiano della Colombia in un certo momento stoirico. Come ogni nativo egli si รจ sottoposto nell’adolescenza alla tradizionale โricerca della visioneโ, digiunando e meditando sulla sacra montagna, in un luogo particolarmente sacro, vicino alla localitร di Wallula, concentrato alla ricerca del suo wot, o spirito guardiano. Giร allora circolava la โleggendaโ della sua predestinazione a capo e fondatore, infatti, secondo il racconto โ mito degli eventi, egli morรฌ su quella montagna, ma al suo spirito fu rifiutato l’ingresso nella โterra dei mortiโ e gli fu ordinato di tornare al suo popolo come sciamano, fungendo da intermediario tra il mondo tangibile e il mondo degli spiriti.
Gli episodi di profetismo contraddistinsero la sua vita di sciamano, fino a che, in un incontro-scontro con un altro sciamano, di lui rivale, egli perse โquasiโ la vita e, quando โrisorseโ pressochรฉ miracolosamente, ritornรฒ con poteri nuovi e soprattutto con un forte messaggio identitario destinato alla sua gente che soffriva per lโestraniamento culturale imposto dai nuovi venuti. In quel momento storico si palesava, infatti, la massima pressione coercitiva dei โbianchiโ, che dispiegarono la loro volontร colonialista in tutti i suoi aspetti, compresi quelli religiosi. Con la sua apparizione, davvero messianica per i nativi, si รจ potuto opporre allโingurgitamento culturale un orgoglioso ritorno alla piรน pura tradizione autoctona, respingendo ogni lusinga portata dai nuovi venuti. Anche per Smohalla si ripete quindi il medesimo schema morte-rinascita che si รจ visto in precedenza a proposito della ragazza Sioux, destinataria di un messaggio di rinnovamento, tutto perรฒ contenuto in una rielaborazione creativa della vecchia tradizione.
Nel corso di queste rivelazioni il profeta-sognatore apprese anchโegli dallโEssere Supremo quanto questi deplorasse lโapostasia degli indiani dalla propria cultura e religione originarie e i nativi, avendo conosciuto la sua straordinaria vicenda, accettarono la sua predicazione a contenuto fortemente profetico-millenaristico, che era tesa a ricostituire la nazione indiana secondo le pure modalitร originarie. Decise lui stesso nel 1850 di prendere il nome di Smohalla, da una parola della lingua locale con cui si indica il “sognatore” ed รจ di tutta evidenza, ancora una volta, come il sogno, presso queste popolazioni, non solo facesse parte integrale della realtร ma, addirittura, ne fondasse la legittimitร e quindi godesse di unโelevatissima considerazione. Nello specifico ancora una volta รจ il sogno sciamanico ad essere considerato veicolo privilegiato di comunicazione tra Cielo e Terra, in quanto da esso discende il carattere rivelatorio che assumono i suoi contenuti e che รจ destinato a sancire la realtร della comunicazione divina.
Il messaggio del profeta-sognatore consisteva in un sostanziale e reciso atteggiamento di rigetto delle cultura dei bianchi, che si potrebbe sostanziale nellโespressione โnativismo esasperatoโ, locuzione giustificata dalla totale sconsiderazione con cui era giudicato ogni elemento estraneo proposto dagli intrusi. Rifiutando qualsiasi forma di sincretismo contaminante, fosse pur esso di facciata, come avviene nel peyotismo che si รจ poi affermato come religione di โmassaโ dei nativi — e che pure รจ stato combattuto con ogni mezzo su sollecitazione, anzi istigazione delle autoritร religiose sopravvenute sulle compiacenti autoritร civili –, Smohalla, seppure in maniera pacifica, dacchรฉ ormai li guerre indiane si erano tragicamente perse in tutto il continente, mirรฒ a costituire delle enclavi native (come puรฒ ricordare il movimento degli Hamish) totalmente indipendenti e, per conseguenza, totalmente estranee alla cultura dei โbianchiโ. Questa sua religione era assolutamente centrata sui motivi propri del tradizionale nativismo, con particolare accento sulla sacralitร della terra. Proprio la Terra, alla fine del ciclo, avrebbe restituito, in una forma di resurrezione etnica, i morti, tornati infine viventi. Essi sarebbero, quindi, rinati in un mondo finalmente purificato. Lโatteso ritorno dei morti รจ un tratto caratteristico della maggior parte dei movimenti nativisti (se non di tutti) ma, in realtร , a ben guardare, non รจ a loro precipua, in quanto รจ un argomento che puรฒ inquadrasi nel tema generale della ripetizione periodica della cosmogonia che Mircea Eliade ha trattato nel suo libro Il mito dellโeterno Ritorno e che sostanzia quellโaspetto di abrogazione temporale o di disconoscimento temporale cui si รจ fatto cenno nel caso australiano. Esso puรฒ trovare trova in una sorta di frase koan: โnon ditemi che devo partire perchรฉ sto ancora arrivandoโ. (3)
La componente religiosa che fa della terra โmadreโ — o โnonnaโ –, unโentitร a se stante, rispetto al celeste Essere Supremo รจ il punto di frattura essenziale tra il โmessaggioโ portato dai bianchi e quello proprio degli indiani. Esattamente su questo punto Smohalla si รจ mostrato particolarmente sprezzante nei confronti degli sforzi prolungato dallโoccupante messi in atto per trasformare gli indiani in agricoltori, perchรฉ vedeva, in questa prospettata forzosa trasformazione, lโaggiogamento a una cultura estranea e distruttiva dei valori autoctoni che hanno, nella componente โfemminileโ e โmaternaโ un indispensabile punto di riferimento. Sua รจ questa ben nota dichiarazione con la quale si conclude questo lavoro.
“Mi chiedi di arare la terra! Devo prendere un coltello e strappare il seno di mia madre? Allora quando morirรฒ non mi porterร al suo seno per riposare. Mi chiedi di scavare per la pietra! Devo scavare sotto la sua pelle per le sue ossa? Allora quando morirรฒ non posso entrare nel suo corpo per rinascere. Tu chiedimi di tagliare l’erba e fare il fieno e venderlo, ed essere ricco come i bianchi, ma come oso tagliare i capelli a mia madre?” …”Coloro che tagliano le terre o firmano documenti per le terre saranno defraudati dei loro diritti e saranno puniti dall’ira di Dio.”
Note:
[1] La menzione di Elkin nel testo non deve essere considerata un tributo acritico allโautore che fu titolare della cattedra di antropologia allโuniversitร di Sidney e quindi riconosciuta autoritร in materia. Sicuramente nel suo testo ha scritto pagine empatiche sugli aborigeni, come per esempio si puรฒ leggere in questo stralcio: โNon conosco spettacolo piรน suggestivo di quello offerto da un gruppo di aborigeni seduti sul terreno segreto in contemplazione dei loro sacri simboli e in atto di cantare le versioni musicali dei miti loro connessiโ (A. P. Elkin: 2018, pag 181). Ciรฒ non toglie che le suo modello antropologico dโinclusione ebbe un esito nefasto per quelle popolazioni, come si puรฒ leggere nella scheda sottostante :
โLa prima fase, di protezione e segregazione fu caratterizzata dall’ideologia che la cultura fosse in via di estinzione e che andasse protetta. La societร classificรฒ gli indigeni come primitivi e li ritenne incapaci di evolversi passando attraverso gli stati prefissati dallo sviluppo della civiltร . Per questo motivo molte popolazioni vennero rinchiuse all’interno di insediamenti governativi (che assomigliavano piรน a dei campi di rifugiati) con strette leggi e regole, con l’obiettivo di introdurre i ritmi di vita europei. L’idea di assimilazione biologica divenne realtร e semiufficiale nel 1937. Per far sรฌ che quest’idea avesse una base scientifica, vennero mobilitati degli antropologi che nei loro discorsi utilizzavano il concetto di “assimilazione culturale”. Adolphus Peter Elkin, un antropologo, nel 1939 lanciรฒ un New Deal for Aborigines e l’assimilazione diviene la politica ufficiale del governo. Per attuare l’assimilazione i bambini vennero allontanati dai genitori, nel tentativo di creare una generazione educata alla fedeltร e ai valori culturali dell’Occidente. Leggi come l’Aborigines Protection Act e strutture ad esse correlate come l’Aborigines Protection Board furono all’origine di una vera e propria tragedia sociale riconosciuta oggi come un genocidio culturale scientificamente compiuto per strappare i bambini da quelle condizioni che loro ritenevano primitive. Questa politica serviva solamente a giustificare l’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie, questi in realtร una volta allontanati venivano utilizzati come piccoli schiavi.โ
[2] Il ogni creazione lโavvenimento fondante รจ acustico e per sottolineare la natura ubiquitaria di tale concetto non ci resta che riprender un passaggio di M. Schneider ne: il Significato ella Musica:
โLa frase biblica ยซallโinizio fu la Parolaยป […] appartiene al patrimonio concettuale piรน arcaico dellโumanitร .[…]Il concetto di ยซParolaยป rende perรฒ solo parzialmente il senso originario, perchรฉ qui si tratta di qualcosa che geneticamente precede qualsiasi parola determinata e ogni concetto logicamente fondato […] qualcosa di primario e di sopraconcettuale. […] Gli egizi chiamavano questo elemento primario ยซrisataยป o ยซgridoยป del dio Thot. La tradizione vedica parla di essere ancora immateriale che dalla quiete del non essere improvvisamente risuona, a poco a poco convertendosi in materia, e cosรฌ diventa mondo creato. […] Ci si avvicina forse di piรน alla concezione originaria se invece dellโespressione […] ยซparolaยป si usano i concetti meno circoscritti, piรน geniali di ยซgridoยป, ยซsuonoยป, o ยซsillaba risuonanteยป, che contengono la sostanza musicale primaria. Solo nel corso della creazione […] i suoni acquistano un significato preciso e rappresentano, allineandosi lโuno allโaltro, parole e frasi di contenuto chiaro e distinto, e infine, nel corso del loro concretamento, cose tangibili.“
[3]
La creazione del mondo si riproduce quindi ogni anno. Questa eterna ripetizione dell’atto cosmogonico, che trasforma ogni anno nuovo in inaugurazione di un’era, permette il ritorno dei morti alla vita e mantiene la speranza dei credenti nella risurrezione della carne. Ritorneremo presto sulle relazioni tra le cerimonie dell’anno nuovo e il culto dei morti. Segnaliamo fin da ora che le credenze quasi universalmente diffuse, secondo cui i morti ritornano presso la loro famiglia (e ritornano spesso come ยซ morti-vivi ยป) nel periodo dell’anno nuovo (nei dodici giorni che separano il Natale dall’Epifania), denotano la speranza che l’abolizione del tempo รจ possibile in quel momento mitico in cui il mondo viene annullato e ricreato. Allora i morti potranno ritornare, poichรฉ tutte le barriere tra morti e vivi sono spezzate (viene riattualizzato il caos primordiale) e ritorneranno, poichรฉ in quell’istante paradossale il tempo sarร sospeso e quindi essi potranno di nuovo essere contemporanei dei vivi. Dโaltronde, poichรฉ una nuova creazione รจ allora in preparazione, essi possono sperare in un ritorno alla vita, durevole e concretoโ.
Mircea Eliade, Il mito dellโeterno ritorno, pag 87, ed. Borla
[4] La emersione alla coscienza di una guida interiore รจ un fenomeno costante nel momento in cui si raggiungono stati โaltriโ di coscienza (o โstati dimenticati della coscienzaโ) che possono essere raggiunti con vari mezzi. Qui si presenta unโesperienza insieme di vita e di studio sul tema:
โNelle esperienze con lโayahuasca un altro fattore contribuisce a dare un senso compiuto a quanto precedentemente detto. Mi riferisco al fatto che nelle fasi piรน avanzate dellโesperienza psichedelica capita di percepire accanto a noi la presenza di una guida a volte visibile, altre volte no. Ricordo che essa metteva a fuoco i miei conflitti e, con estrema calma e pazienza, mi indicava il modo per risolvere il loro impatto sulla mia psiche. E questo non una volta sola per ciascun problema, ma piรน e piรน volte di seguito e per tempi decisamente lunghi. Da un certo punto in poi delle sedute con lโayahuasca la presenza di questa guida per me invisibile รจ stata una costante. Tra noi due non avveniva alcuno scambio verbale, nessuna parola veniva detta. A me bastava pensare ad un concetto perchรฉ questo arrivasse alla guida. Io, invece, percepivo i suoi insegnamenti e consigli non sotto forma di parole, ma sotto forma di uno stranissimo linguaggio fatto da un intreccio di ricordi, di associazioni, di immagini e di intuizioni che miracolosamente si fondevano insieme per costituire un pensiero compiuto. A tutti gli effetti, ho vissuto questo dialogo muto con la mia guida come una reale seduta psicoterapeutica a vasto raggio in quanto toccava aspetti per me insoliti che avevano a che fare con i miei conflitti latenti, con la spiritualitร o con nuove realtร e dimensioni che non possiamo inquadrare altrimenti che nel contesto della psicologia transpersonale.
Bruno Severi, L’ayahuasca: alla ricerca di un senso, in ยซAltroveยป n. 18
Bibliografia:
Emmanuel Anati: Dalla roccia alla tela, Lโarte contemporanea degli aborigeni australiani, Atelier 2016
Emmanuel Anati: Arte rupestre dell’Australia. Uno studio di antropologia concettuale, Atelier 2019
Stefano Beggiora (a cura di), Il cosmo sciamanico. Ontologie indigene fra Asia e Americhe, Franco Angeli, Milano 2019
Bruce Chatwin: La via dei canti, Adelphi, Milano 1988
Enrico Comba: Una foresta di persone: i mille volti dello sciamanesimo nativo americano, in AA. VV. Il cosmo sciamanico Ontologie indigene tra Asia e Americhe, Franco Angeli, Milano 2019
Mircea Eliade: Storia delle credenze e delle idee religiose, Sansoni, Milano 1967
Mircea Eliade: Mito e realtร , Rusconi, Milano 1974
Mircea Eliade: Il mito dellโeterno ritorno, Rusconi, Milano1975
Mircea Eliade: La nascita mistica, Morcelliana, Brescia 2020
Mircea Eliade: Lo sciamanismo e le tecniche dellโestasi, Mediterranee, Roma 1974
Mircea Eliade: La creativitร dello spirito, Jaca Book, Milano
Adolphus Peter Elkin: Sciamani dโAustralia, Raffaele Cortina editore, Milano 2002
Adolphus Peter Elkin: Gli aborigeni australiani. Seimila anni di civiltร della pietra, Iduna, 2018
Roger Kalweit: Guaritori sciamani e stregoni, Ubaldini, Roma 1996
Vittorio Lanternari: Movimenti religiosi di libertร e salvezza, Editori Riuniti, Roma 2003
Marcello Massenzio: Kurangara unโapocalisse australiana, Bulzoni, Roma 1976
Philip Sherrard: Uomo e Natura. Storia di uno stupro, Irfan Edizioni, San Demetrio Corone 2012
Richard Evans Schultes, Albert Hoffman, Gregory Ratsch: Piante degli dรจi, Venexia, Roma 2021
Marius Schneider: La musica primitiva, Adelphi, Milano 1992
