I Sognatori del “Dreamtime”: il Mito, il Sogno, il Centro nella tradizione australiana e nativa americana

Il mito รจ il sogno collettivo di un popolo: Il Sogno come via per ritornare al Centro. Elucubrazioni sul “Tempo del Sogno” (Dreamtime) della tradizione sacrale degli aborigeni australiani e dei nativi americani, iniziando il discorso dal film L’ultima onda di Peter Weir.

di Antonio Bonifacio

copertina: jeffrey shaw, dreamtime.

โ€œLasciateci sognare signoriโ€

(Kekulรฉ, scopritore dellโ€™anello del benzene) 

โ€œ…Chris al processo risponde a una domanda dellโ€™avvocato: ยซChris, mi hai detto che questo era il territorio della tua tribรน prima che arrivassero gli inglesi, รจ vero?ยป ยซSรฌ!ยป ยซE quanti erano quelli della tribuโ€™?ยป ยซMoltiโ€ฆ.migliaia.ยป ยซE adesso? ยซPochiโ€ฆun centinaio!ยป.” 

Da “Lโ€™ultima onda” di Peter Weir. Il film, del 1977, affronta il tema dei cambiamenti climatici in relazione alle conoscenze e alle attese di una societร  segreta di nativi australiani che attende la โ€œfine del tempoโ€ e ne scruta i segni

Premessa (intorno agli ultimi tempi o ai tempi ultimi?)

Nulla, forse piรน della cena di Trimalcione, narrata nel Satyricon, sโ€™avvicina al paradosso dei tempi ultimi o, posponendo sostantivo con aggettivo, โ€œultimi tempiโ€. Quanto descritto in questa opera, attribuita a Petronio, e, in particolare, la messa in scena del funerale dello stesso Trimalcione, un liberto arricchitosi oltre ogni ragionevole misura, evento inserito proprio al termine della esagerata cena conviviale, descrive perfettamente lo spirito con il quale si vive in questa nostra societร  che, oramai, si presenta come quasi irrimediabilmente condannata a manifestare la sua vitalitร  con il solo mezzo dellโ€™edonismo esagerato e, per giunta, forzato. In linea a quanto descritto cosรฌ come suggerito nel Satyricon la contemporaneitร  appare incapace di un qualsiasi rinnovamento spirituale e, per conseguenza, essa pare fatalmente destinata ad โ€œaffogareโ€ nel suo bulimico iperconsumismo, essendo questo lโ€™unico modello di vita che ha saputo proporre. Non se ne parlerebbe in questa sede e in questi termini se non fosse che proprio Hossein Nasr — e ciรฒ รจ accaduto in tempi non sospetti — ha posto in rapporto causale la crisi spirituale dellโ€™uomo contemporaneo con il disastro ambientale che lo circonda, conseguenza, questโ€™ultima, che ha premurosamente indotto i governi a organizzare degli affollati summit in cui ci si propone di risolvere la crisi, in primis, spirituale, per mezzo di strumenti materiali. 

Mentre quindi alcuni dei cosiddetti โ€œgrandi della terraโ€, a nome dei loro popoli, prendono generici impegni per lโ€™universo mondo in โ€œmateria di sviluppo e dโ€™ambienteโ€, pressochรฉ in contemporanea, i medesimi affermano, sia pure stentatamente, incalzati dalla protesta di folle acefale e teleguidate, che, tutto questo, non certo disinteressato sforzo, alla fine, verosimilmente, non servirร  a un ben nulla e che la vita dellโ€™uomo su Gaia, in un futuro davvero prossimo, sarร  messa a durissima prova. Rimanendo nella romanitร , tutto questo ciarlare, richiama una pertinente frase di Tito Livio: Mentre a Roma si discute, Sagunto รจ espugnata

In linea con alcune โ€œprofezieโ€ antiche e recenti accadrร  che, probabilmente, la vita sulla terra (almeno in parte) sarร  spazzata via dalla doppia โ€œribellione del fuoco e dellโ€™acquaโ€, comโ€™รจ nel tema del film Lโ€™ultima onda del 1977, del regista australiano Peter Weir, che dimostra nei suoi lavori di essere astuto conoscitore della simbologia tradizionale. Dalla sua pellicola si รจ estrapolata una frase che รจ posta in esergo a questo breve scritto e che fa da introduzione al tema cataclismico, cosรฌ comโ€™รจ narrato nella cosmovisione dei nativi australiani anche se lโ€™evento ovviamente coinvolgerร  tutto il globo terracqueo. 

Lโ€™ipotetica โ€œresaโ€ alla ineluttabilitร  del cataclisma prossimo, che โ€œRomaโ€ comunque prospetta in assenza di rimedi convincenti, รจ davvero una constatazione dโ€™importanza tale per cui, una volta tanto, lโ€™aggettivo epocale ci sta tutto. Forse, per la prima volta, si dichiara, apertis verbis, che il tracotante Occidente, inteso come cultura occidentale, esportata e imposta ai quattro angoli del mondo, appare impotente a fronteggiare gli effetti del danno di cui a se stessa attribuisce la responsabilitร  e quindi convenire che essa non ha gli strumenti per rattoppare il buco che, da sola, sโ€™รจ prodotta, ammettendo con ciรฒ, implicitamente, che la sua visione del mondo, cosรฌ inossidabilmente progressista, รจ basata su presupposti errati e che perseguire il programma sia pure con altri mezzi, non puรฒ che condurre ai nefasti risultati che abbiamo sotto gli occhi e, in prospettiva, ad altre conseguenze, addirittura ben peggiori. Si รจ di fronte alla confessione anticipata di un delitto di cui, purtroppo, le possibili vittime saranno, inevitabilmente, le future generazioni.   

Se la societร  attuale รจ nellโ€™impossibilitร  di procedere a un rinnovamento spirituale, che porterebbe, per ripercussione omologica, a un effetto risanatore sul piano materiale, forse รจ da attendersi che questa rivoluzione non scaturirร  dallโ€™esausto occidente. Contrariamente a quanto si possa pensare, la capacitร  spirituale dei popoli nativi, nonostante le immani pressioni cui sono state sottoposte le loro culture allโ€™impatto con la civiltร  egemone dei โ€œbianchiโ€, considerata in tutte le sue componenti (materiali e spirituali), รจ rimasta, ove possibile, pressochรฉ intatta, almeno nei suoi principi fondanti. Per questo tali culture sono state, e sono, in grado di rielaborare continuativamente i danni prodotti dallo smarrimento identitario, come fa in organismo sollecitato da forze esterne che adatta le proprie risorse alla mutate circostanze. Una fondamentale differenza marca, sia pure grossolanamente, le culture native da quelle โ€œsviluppateโ€, ossia la capacitร  di accedere alle proprie intatte risorse spirituali, ricollocando perciรฒ se stesse, ogni volta che le circostanze lo richiedano, al tempo delle origini, rifondando cosรฌ la realtร  in una sorta di salutare โ€œritorno alle origini aureeโ€. Una capacitร  secolarmente rinnegata nei nostri lidi, che invece hanno fatto della storia il loro mito fondante e sulla china della storia procedono i convinti seguaci di questa filosofia, con un copione che รจ parallelo a quello narrato  nel racconto del pifferaio di Hamelin.

A tale proposito, e non per nulla, Mircea Eliade concludeva un suo contestato testo con queste pesantissime parole che stigmatizzano perfettamente la minoritร  โ€œoccidentaleโ€, nei confronti dei popoli autoctoni, soprattutto sotto lโ€™aspetto religioso, proponendo proprio il tema di raffronto tra la feconda concezione mitica e la sterile concezione storica:

โ€Il cristianesimo รจ la religione dellโ€™uomo moderno e dellโ€™uomo storico, di chi ha scoperto simultaneamente la libertร  personale e il tempo continuo (invece del tempo ciclico) [โ€ฆ] il cristianesimo si rivela senza possibilitร  di contestazione la religione dellโ€™uomo decaduto e questo nella misura in cui la storia e il progresso  sono una caduta che implica lโ€™abbandono definitivo del paradiso degli archetipi e della ripetizione.โ€ 

Mircea Eliade, Il mito dellโ€™eterno ritorno, pag. 164

Il mito รจ un altro โ€œtipoโ€ di storia e, infatti, costituisce il racconto degli atti esemplari degli Esseri Soprannaturali e questa Mitistoria รจ considerata ยซassolutamente vera […] e sacraยป; il mito si riferisce sempre a una ยซcreazioneยป, racconta cioรจ come qualche cosa ยซรจ venuta ad esistenzaยป; conoscere il mito significa conoscere lโ€™ยซorigineยป delle cose e poterle padroneggiare, una conoscenza che ยซsi vive ritualmenteยป. Quando si vive il mito ยซsi รจ presi dalla potenza sacra, esaltante, degli avvenimenti che si ricordano e si riattualizzano. I miti rappresentano dunque ยซi paradigmi di ogni atto umano significativoยป. รˆ quindi evidente che ยซVivereยป i miti, riattualzzandoli ritualmente, costituisce unโ€™esperienza squisitamente ยซreligiosaยป, e immersiva nella โ€œCoscienzaโ€ totalmente dispiegata, che ci svela una realtร  profondamente difforme dallโ€™esperienza ordinaria della vita quotidiana. 

Questa considerazione, che sembra condannare in toto e senza possibilitร  appello, lo  storicismo di Hegel e i suoi epigoni e successori, potrebbe davvero costituire il fondamento per la comprensione della โ€œcrisi del mondo modernoโ€. Accettare la storia e il disegno, piรน o meno provvidenziale che ne sostiene il corso, comporta il negare la possibilitร  di rifocillarsi o rifondarsi al paradiso degli archetipi e della ripetizione, significa abbandonarsi allโ€™idea di un progresso pressochรฉ indefinito, perdendo di vista totalmente lโ€™origine, esiliandosi da essa per incauto troncamento. Per questo, data lโ€™estrema attualitร  dellโ€™argomento, vogliamo dedicare al โ€œtempo del sognoโ€, “Alcheringa” nel lessico australe, espressione precipua dellโ€™ontologia arcaica, qualche considerazione. 

Il โ€œsognoโ€, il โ€œsogno visioneโ€ deve essere inteso come momento rigenerativo, attestante la capacitร  di rinnovarsi in circostanze diverse e/o congiuntamente avverse, lโ€™รจra del sogno รจ eterna e creativa sosteneva Elkin delineandone i tratti essenziali (A.P. Elkin 2018, 194)  e procedendo su questi due binari, attraverso due brevi interventi, si mostrerร  come  il sogno abbia permesso a due lontane culture โ€œin crisiโ€ di sopravvivere e rigenerarsi. Uno dei modi di approccio a questa dimensione รจ proprio degli aborigeni del continente australe ed esprime, anche per mezzo della peculiare arte pittorica propria di quei lidi, lโ€™efficienza di questa reale capacitร  di recupero e riplasmazione della propria realtร . Ciรฒ รจ descritto brevemente per primo intervento; lโ€™altra parte dello scritto รจ dedicata a un movimento profetico millenaristica โ€œpuroโ€, il cui il mito delle origini รจ ri-nato, sotto spoglie diverse come reazione a unโ€™intrusione. Ci riferiamo, in questo secondo caso, ad alcuni gruppi di nativi nord americani che hanno significativamente manifestato, nella โ€œdanza del sognoโ€, la loro intransigente volontร  di โ€œesserciโ€ e quindi di ridefinire il loro mondo contro lโ€™alienazione prodotta da una cultura egemone, completamente estranea alla loro visione del mondo.

Il fondamento dellโ€™utilizzo di questa capacitร  di trasformare, per mezzo del rito, il tempo in un fenomeno ricorsivo si deve, come sottolinea Eliade, allโ€™antistoricismo connaturato delle culture primigenie che, al nostro modo unilaterale di pensare la storia come processo lineare,. cioรจ di storia senza regolazione archetipica, contrappongono il loro modo di โ€œrifare la storiaโ€, che si sostanzia in un rifiuto del tempo profano: โ€œIl tempo viene registrato soltanto biologicamente, senza permettergli di trasformarsi in storia,  cioรจ senza che la sua azione corrosiva possa esercitarsi sulla coscienza, per mezzo della rivelazione della irreversibilitร  degli avvenimenti…โ€ (Il mito dellโ€™eterno ritorno, pag, 80). Da qui discende lโ€™ulteriore conclusione per cui lโ€™uomo arcaico pone il netto rifiuto di accettarsi come essere storicoยป. Questo tipo umano difatti non accorda valore a tutti quegli avvenimenti concreti che non possiedono un modello archetipico, e che, quindi, costituiscono la durata concreta: ยซcogliamo in tutti questi riti e in tutti questi atteggiamenti la volontร  di svalorizzazione del tempo. […] Come il mistico, come lโ€™uomo religioso in generale, il primitivo vive in un continuo presente […] egli ripete i gesti di qualcun altro e attraverso questa ripetizione vive ininterrottamente in un presente atemporaleยป.

Unโ€™ultima necessaria aggiunta. Il tema del sogno sarร  brevemente messo a fuoco, come appena affermato, in due lontanissime culture, australiana e nordamericana, in cui esso รจ protagonista del tessuto religioso locale. In questo secondo caso, il riferimento รจ focalizzato su una popolazione occupante unโ€™area di piccola estensione che ha introdotto  un particolare rito nativista, noto come la dream dance. Sebbene la dream dance non sia stato fenomeno effimero, essa comunque ha avuto una durata temporalmente e geograficamente limitata, e la sua menzione assume il carattere di indizio significativo delle capacitร  rigenerative sempre latenti e sempre attualizzabili di questi popoli lontani. Da un punto di vista piรน esteso e diffuso si sarebbe dovuto parlare, a proposito del Nuovo Mondo, del peyotismo, espressione della chiesa Nativa Americana, un movimento ampio e capillare, certamente anchโ€™esso caratterizzato dal tratto visionario, che perรฒ incorpora elementi della religione dโ€™importazione, e non mostra quel carattere rigorosamente nativista che contraddistingue la dream dance. In sintesi il peyotismo รจ senzโ€™altro un sincretismo, ma un sincretismo che, comunque, appare vitale e articolato, ancorchรฉ spurio.

Per la cultura nativa australe il sogno รจ evidentemente parte imprescindibile della integralitร  della locale cultura dallโ€™inizio del tempo, un incipit che principia, appunto, dal โ€œtempo del sognoโ€, inteso come tempo โ€œveroโ€ e che ritualmente lo si reitera. Ciรฒ accade in circostanze calendariali precise, o quando gli accadimenti lo richiedono. Per i nativi del Nord America esso, in qualche modo, รจ invece unโ€™esperienza rituale di rigetto, un rifiuto in toto del โ€œnuovoโ€ della cultura dei bianchi occupanti, rielaborato culturalmente in modalitร  spirituale. Alche gli autoctoni australiani hanno avuto atteggiamenti rituali accostabili a questo, che si possono ritrovare, fatti tutti i distinguo possibili, nei riti del Kurangara, ma non รจ questa la sede per affrontare compiutamente tale complesso argomento. In entrambe le circostanze resta, perรฒ, un motivo comune di fondo, a dispetto delle istanze retrostanti che presiedono fenomenologie religiose e cioรจ una concezione integralmente spiritualizzata della natura che fa da sostegno a entrambe le due costruzioni spirituali.

โ€œMolto tempo fa, nel tempo del sogno, tutta la terra dormiva. Nessuno degli animali, degli uccelli e dei pesci che conosciamo oggi esisteva. Tutto giaceva addormentato sotto la crosta terrestre. Un giorno il Serpente Arcobaleno โ€“ principio di creazione โ€“ si svegliรฒ dal suo sonno ed emerse dalla crosta terrestre. Viaggiรฒ per tutta la Terra, e quando ritornรฒ nel luogo in cui apparve, svegliรฒ le rane dal loro sonno. Il Serpente solleticรฒ le loro pance e le rane risero, cosรฌ lโ€™acqua che vi avevano conservato allโ€™interno, si versรฒ per tutta la terra, formando laghi e fiumi.โ€  

Australia Felix, La vita รจ un sogno, il sogno di un sogno.

Il paesaggio come viaggio iniziatico

Gli Aborigeni giunti dallโ€™Asia sud-orientale circa sessantamila anni fa, (e non i seimila come credeva lโ€™etnografo Adolphus Peter Elkin che appose questa cifra nel sottotitolo del suo libro Gli aborigeni australiani) popolarono stabilmente lโ€™Australia senza significativi riconoscibili cambiamenti intervenuti nel corso del tempo, fino a che alla fine del Settecento si produsse lo scontro con la civiltร  europea [1].

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La scoperta e la successiva colonizzazione dellโ€™Australia da parte degli Inglesi ebbe come conseguenza la crisi e la distruzione di una delle culture piรน antiche e millenarie del pianeta, qui, come altrove, la colonizzazione si espresse nella cifra sfrontata dellโ€™etnocidio. Il citato Elkin, presbitero anglicano in missione in Australia, dopo aver frequentato i nativi e osservato a lungo la loro cultura, decise che era suo compito precipuo salvaguardala, attraverso unโ€™opera di riplasmazione della stessa, facendola aderire, per quanto possibile, ai canoni occidentali e salvandola cosรฌ dalla inevitabile distruzione. Sebbene il religioso si fosse mosso inizialmente da intenti di evangelizzazione โ€œpura e duraโ€ e di sbrigativa assimilazione, senza alcuna volontร  di mediazione culturale (come oggi si dice), successivamente si adoperรฒ  in senso diverso e maggiormente comprensivo delle ragioni dellโ€™interlocutore, criticando gli atteggiamenti brutali e spicci dei suoi conterranei invasori. Per questo Elkin finรฌ con lโ€™appassionarsi alle civiltร  aborigene, ai loro usi e costumi, fino a raccoglierne e a proteggerne lโ€™importante patrimonio culturale e religioso attraverso i suoi scritti che gli valsero una prestigiosa cattedra universitaria in loco. Lo mostra questo brano:

โ€œUna volta un buon vecchio indigeno mi domandรฒ perchรฉ io volessi sapere tante cose sui loro costumi e credenze. Nel rispondere accennai alla mancanza di comprensione della vita indigena da parte di quei Bianchi (agenti di polizia, missionari, datori di lavoro) che piรน sono a contatto con gli aborigeni. […] Aggiunsi che desideravo raggiungere una comprensione della vita indigena fino a poterla trasmettere a quegli stessi individui, nella speranza che essi riuscissero ad adottare un atteggiamento piรน saggio verso le usanze indigene. […] Il vecchio pensรฒ, poi disse: ยซQuesto รจ bene; ma siete venuto troppo tardiยป.โ€

Per conseguenza, ciรฒ che odiernamente studiamo della locale spiritualitร  nativa รจ, spesso, quasi solo un simulacro di una cultura, comunque fortemente lacerata, nonostante la sua riconosciuta capacitร  di rigenerarsi in singole enclavi, oppure contraddistinta dalla destrezza di mimetizzarsi, allโ€™interno della cultura occupante, producendosi in forme rinnovate di espressione, fortemente comunque ancorate al โ€œtempo del sognoโ€, espressione totale e onnicompensiva della spiritualitร  nativa.

La religione, che si definisce impropriamente โ€œanimistaโ€, degli Aborigeni australiani si basa su una complessa mitologia che ha il suo fulcro, come giร  anticipato, nel โ€œTempo del sognoโ€ (Dream Time), un contenitore mitico che raccoglie un universo di โ€œsostanza spiritualeโ€ che puรฒ idealmente accostarsi, nei tratti identificativi caratteristici, al platonico mondo delle idee, oppure, ulteriormente, al corbiniano mundus imaginalis. Questo tempo-luogo mitico rappresenta la dimensione spaziale e temporale in cui gli dรจi creatori, altrimenti definiti come spiriti ancestrali, hanno dato luogo alla sistemazione โ€œsonoraโ€ di un cosmo informe. Le modalitร  dei loro spostamenti, nel caotico mondo primordiale, avvenne, anchโ€™esso, nella dimensione onirica.

Gli Dรจi/Eroi australiani, protagonisti dellโ€™era primordiale, viaggiarono per il paese โ€œsognandoโ€ e, agendo in questa condizione onirica, crearono con il loro canto tutte le cose  e tutti gli esseri, svuotandosi progressivamente in forma di autosacrificio della loro essenza sonora, fino ad annichilire in quelle forme fisse che contraddistinguono il territorio. A proposito dellโ€™essenza sonora primordiale si veda,il lavoro etnologico โ€œriabilitanteโ€ di Marius Schneider, che, nel suo testo, La musica primitiva, dimostra, in modo davvero mirabile, come, nella Tradizione Universale, la cosmogonia equivalga al canto, come forma di movimento: gli Dei sono canti, cioรจ movimenti permeati di simmetria, armonia, proporzione e rapporti di analogia tra le grandezze che compongono la musica o le figure che costruiscono la danza [2].

Nellโ€™universo delle concezioni mitiche degli aborigeni โ€œcreareโ€ equivale quindi a โ€œcantareโ€œ e, infatti, รจ attraverso il canto ininterrotto di questi primigeni che il paesaggio caotico delle origini venne modellato fino a che, questi esseri primordiali, colti da stanchezza e ormai incapacitati a proseguire, per una sorta di necessaria anossia creativa, avendo portato a termine lโ€™impresa, si impietrarono e, per conseguenza, si fissarono come โ€œresidui metafisiciโ€, in quello che si potrebbe definire, nel linguaggio contemporaneo, un paesaggio sonoro fossile, โ€œcongelatoโ€. Non appaia โ€œblasfemoโ€ coniugare quanto detto con una riflessione di Ananda K. Coomaraswami, centrata proprio sul potere del suono creativo e la sua corrispondente fissazione materica, cosรฌ come si riscontra nella speculazione vedica:

โ€œStabilita lโ€™identificazione del suono โ€“ Om o Nada โ€“ col brahman, si puรฒ dire che esso รจ lโ€™essenza piรน profonda di ogni creatura, ma anche che tutto lโ€™universo materiale, il quale non รจ altro che la medesima vibrazione-suono che, nel moto di propagazione, perde raffinatezza e muta fino a diventare materia. Nello svolgersi di questo processo, il medesimo ยซsuonoยป si sdoppia, da un parte rimane identico a se stesso e dallโ€™altra si trasforma […] acquistando il carattere della molteplicitร . […] lโ€™una si propaga laddove lโ€™altro rimane immobile.โ€

Una eccellente riflessione sul tema della โ€œtrascendenza immanenteโ€, concezione propria a una molteplicitร  di culture native tuttโ€™altro che primitive quanto, piuttosto, primigenie e quindi degne della massima attenzione perchรฉ direttamente prossime al Principio. รˆ comunque ancora Schneider ad offrire un ulteriore contributo alla comprensione della relazione โ€œfoticaโ€ che lega il suono al sogno, inteso questo come intermediario โ€œimaginaleโ€, come ci par che ben trasparisca da queste sue parole:

โ€œll ruolo di rischiaratore attribuito agli dรจi-musicisti sembra implicare, fin dagli inizi della creazione, la posizione che le antiche civiltร  riconoscevano anche alla musica allโ€™interno della cultura umana. Situata fra le tenebre e la luce del primo giorno, sul piano umano la musica si trova fra lโ€™oscuritร  della vita inconscia e la chiarezza delle rappresentazioni intellettuali. Appartiene dunque in gran parte al mondo del sogno. Nel primo stadio della creazione, durante il quale i suoni si rivestono a poco a poco di luce, la musica precorre il linguaggio intelligibile come lโ€™aurora precede il giorno. Essa racchiude al tempo stesso lโ€™oscuritร  e la luce, le acque e i fuochi. La musica รจ il sole umido che canta lโ€™aurora. Ma, via via che i suoni si precisano, questo ยซlinguaggioยป primario si divide: una parte si avvia a divenire la musica propriamente detta; unโ€™altra si incarna nel linguaggio composto di frasi chiare e distinte, soggette al pensiero logico; la terza parte si trasforma a poco a poco in materia.”

Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi, Milano, 1992, pp. 20-21

Lโ€™uomo โ€œmusicanteโ€ si fa cosรฌ co-creatore, questo รจ il suo compito. Attraverso il canto, attraverso il suono, appreso iniziaticamente, attraverso la distribuzione cerimonialmente dolorosa del suo sangue che avviene durante una cruenta iniziazione, esso sostiene la propagazione della vita, il suo mantenimento e il suo equilibrio, che si realizza dallโ€™armonioso ripetersi di un prendere e un dare, senza trattenere. Nel rito aborigeno non si chiede(va) mai sovrabbondanza, eccedenza, ricchezza, perchรฉ lโ€™adesione a questo orizzonte bulimico, nella concezione indigena, costituirebbe una sorta di hibris. Si chiedeva, piuttosto, attraverso la ripetizione indefinita e calendarialmente fissata dellโ€™immutabile rito, insegnato alle origini, il mantenimento dello status quo, ritenuto espressione perfetta di equilibrio tra il mondo invisibile e quello visibile. Il concetto di accumulo era totalmente sconosciuto a queste, come ad altre latitudini.  

Nella visione โ€œolisticaโ€ del mondo dei popoli indigeni australiani, parimenti a quelli amerindi,  il “paesaggio naturale” รจ quindi sempre un paesaggio โ€œculturaleโ€ o meglio mitico e, per conseguenza, data la natura fondamentalmente acustica della realtร , un paesaggio sonoro. Si tratta di un insieme, plasmato e reso significativo dalla presenza di un retrostante potere spirituale illo tempore lo conformรฒ cosรฌ comโ€™รจ adesso lo si scorge e che tale deve immutabilmente rimanere per disposizione sovrannaturale, affinchรฉ esso non perda il suo gnoseologico significato. 

Le coordinate di questo pensiero sono sostenute da una mitologia a contenuto fortemente ierofanico, che permette di individuare nelle componenti geologiche dellโ€™orografia dei predetti paesaggi โ€œculturaliโ€ o, meglio, spirituali lโ€™azione dei โ€œPrimordialiโ€. รˆ proprio dallโ€™attenta osservazione orografica che la โ€œculturaโ€ locale rinviene i suoi riferimenti e i suoi indispensabili โ€œancoramentiโ€ rituali. La materia fisica รจ quindi tuttโ€™altro che inanimata ed essa viene vissuta e percepita su un piano e in un significato totalmente cosmologico e quindi pienamente pulsante e โ€œvitaleโ€. La toponomastica ricapitola quindi la cosmogonia, ovvero indica quei luoghi fisici, nei miti della creazione, in cui si trovano congelati gli atti-canti passati, compiuti acusticamente da esseri soprannaturali, che hanno posto in essere la โ€œrealtร โ€, una realtร  che รจ, comunque, manifestazione speculare di unโ€™altra realtร  che si trova su un altro piano. 

Questo significato cosmologico e spirituale della โ€œmateriaโ€, imbibita di soprannaturale, ha trovato espressione sociale nel possesso fisico e nell’uso rituale di particole di materia geologica di assai varia estrazione. Si parla di materiali riconosciuti particolarmente ierofanici anche in altri lidi, quali cristalli di quarzo, selce, pietre verdi, turchesi, ocra e ossidiana, il cui uso รจ testimoniato soprattutto nella ritualitร  sciamanica, in cui ci si serve costantemente della loro potente โ€œresidualitร  metafisicaโ€ variamente e diffusamente attestata. Queste materie prime, di particolare efficienza spirituale, dimostrano una spiccata capacitร  di ripristinare le lacerazioni che si producono nellโ€™intelaiatura del mondo conosciuto, soprattutto in relazione alle molteplici malattie che affliggono lโ€™uomo e, con esso, lโ€™ambiente. Si ritorna a sottolineare la costanza del tema dellโ€™importanza degli inizi. Ogni guarigione รจ una nascita mistica, una rigenerazione che riporta allโ€™esordio delle โ€œcoseโ€. Ciรฒ corrisponde al noto teorema per cui il mito sarebbe ciรฒ in cui si โ€œcredeโ€, mentre il rito sarebbe ciรฒ che occorre โ€œfareโ€, tutto ciรฒ perรฒ inteso come fattualmente partecipato e esperienzialmente vissuto. Ne scrive Elkin: โ€œPer quanto sopra detto risulterร  altresรฌ evidente che se un costume non รจ consacrato da un rito, esso viene considerato come semplice creazione umana e quindi di secondaria importanza (A.P. Elkin: 2018, 203) 

Ogni gruppo australiano ha avuto assegnato ai primordi il โ€œproprioโ€ paesaggio e questo si ricollega alla origine mitica del gruppo associato a un totem peculiare. I percorsi compresi in esso devono essere ritualmente riattualizzati, ripercorrendo le tracce dellโ€™antenato/eroe primordiale, perchรฉ lโ€™individuo possa essere considerato membro effettivo del gruppo. รˆ questo il viaggio iniziatico (Walk About) che fonda una vera e propria โ€œmetafisica del nomadismoโ€ ed รจ quel โ€œpellegrinaggioโ€ che ogni individuo deve compiere nella sua esistenza per giungere al centro originario, al primo zampillo della sistemazione creativa, ovvero alla fonte dellโ€™essere. Queste  vie  sono denominate songlines (Vie dei Canti) o anche dreamtracks (Piste dei sogni) e, in realtร  sono, congiuntamente, tutte e due le cose. Costituendo parte essenziale del patrimonio mitico questi percorsi sono tramandati con tutti mezzi sacrali a disposizione di quel dato gruppo: storie, canzoni, danze e pittura. Un indigeno australiano, con sufficiente conoscenza di questi miti, ripetendo le parole delle interminabili โ€œnarrazioni cantateโ€, che descrivono i luoghi, puรฒ, praticamente, percorrere centinaia di chilometri e cosรฌ resuscitare ordinatamente tutta la ierostoria che ha disegnato il luogo cosรฌ comโ€™รจ e che, e che fa inerire anche la vicenda personale del viator al luogo, al โ€œsuoโ€ pieno โ€œesserciโ€ nel mondo. Tuttavia, per via del grande potere incantatorio della musica, anche ascoltare una songline (una โ€œcanzoneโ€ della terra) si traduce nella capacitร  visionaria e mette lโ€™iniziato in condizione di scorgere, in maniera trasognata, il paesaggio in essa โ€œnarratoโ€. 

La โ€œnaturaโ€ si svela alla vista nativa nella sua trasparenza spirituale, un effetto che puรฒ richiamare, per assonanza mitologica con lโ€™Occidente, lโ€™episodio di Diana e Atteone che viene โ€œdivinamenteโ€ sbranato dai cani della dea, al fine iniziatico di liberare lโ€™uomo interiore impedito dai sensi a partecipare esperienzialmente al sacro. Lโ€™uomo interiore possiede la vista spirituale oltrepassante quella sensibile e quindi vede โ€œdietroโ€ le cose, ciรฒ in parallelo con Marsia, il cantore rivale di Apollo che, delle sue membra, fece vagina, generando cosรฌ questโ€™uomo occulto, nascosto e ottenebrato dietro la tunica di pelle. Questa realtร  ascosa agli occhi di carne, si libera quindi allo sguardo interiore della sua sovrapposizione materica, e viene cosรฌ de-reificata e re-interpretata secondo il โ€œtotemโ€ dโ€™appartenenza di quel dato gruppo o persona preposto al luogo. Si stabilisce cosรฌ un polo spirituale al quale il nativo, colto nella sua dimensione individuale e sociale, insieme congiunte, si ร ncora indissolubilmente, perchรฉ il suo essere sociale e individuale รจ un continuum del paesaggio che lo circonda e da cui non รจ affatto separato.

Questo โ€œcentroโ€ riunisce ogni singolo uomo in un unico, grande collettivo spirituale, legandolo indissolubilmente all’ambiente in cui vive. Per conseguenza, se viene a mancare la riattualizzazione degli antichi eventi mitologici, รจ inevitabile il sopraggiungere di un decadimento completo, di un grande disorientamento spirituale che si manifesta in modo immediato in tutti gli aspetti della vita individuale e comunitaria. รˆ per questo motivo che gli aborigeni nel ricalcare le tjurna djugurba (le orme degli esseri mitici) cioรจ le antiche Vie dei Canti, visibili soltanto ai loro occhi, ripetono le parole e i suoni degli antenati che, nei lunghissimi e interminabili viaggi attraverso un continente vuoto e privo di vita, facevano esistere il mondo โ€œcantandoloโ€. Ogni roccia, ogni sorgente, un punto d’acqua, una macchia d’eucalipti, rappresenta una manifestazione concreta di un evento sacro, che si ripete incessantemente in ogni periodica occasione a riconferma della bontร  della realtร  inaugurata alle origini. 

Si puรฒ quindi affermare che il continente australiano รจ leggibile agli occhi dellโ€™aborigeno come una partitura musicale: esso รจ davvero musica congelata. Ancora oggi ogni neonato eredita una sezione del โ€œsuoโ€ canto totemico per diritto di nascita. Le strofe sono proprietร  privata inalienabile del nuovo essere e delimitano il โ€œsuoโ€ territorio. Una volta adulto, e quindi “iniziato” alla rivelazione della creazione, gli viene svelata una geografia mitica per apprendere i luoghi in cui gli esseri soprannaturali hanno celebrato riti, danzato o realizzando in altro modo cose importanti. Egli ha anche il diritto di prestare le sue strofe lungo una pista del canto e acquistare il diritto di passaggio dai suoi vicini, ricevendone aiuto e ospitalitร . L’uomo che va in walkabout (viaggio rituale) canta le strofe del suo antenato senza cambiare nรฉ una parola, nรฉ una nota e, cosรฌ facendo, รจ come se ricreasse il Mondo, ripartendo ogni volta da un โ€œcentroโ€. 

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Lo sciamano e il tempo del sogno

La cultura australiana รจ consapevole dellโ€™erosione prodottasi dallโ€™incontro con il โ€œtotalmente altroโ€, cosรฌ comโ€™รจ emersa dalle parole dellโ€™interlocutore di Elkin, prima riprodotte, e per questo affida odiernamente la salvaguardia della propria identitร , alla capacitร  di conservazione adattativa degli sciamani locali che compiono le loro res gestae a favore della comunitร  dโ€™appartenenza. Le tribรน dellโ€™Australia nord occidentale della Divisione Kinberley, per esempio, nel parlare di sogni, si riferiscono, come tutti,  alle origini mitiche del mondo, al tempo primordiale o lalai. Tuttavia, ed รจ questo lโ€™ulteriore aspetto saliente che interessa queste note, รจ fondamentale mettere in evidenza che lalai nella circostanza non si riferisce soltanto allo stato delle cose o agli eroi dellโ€™era primordiale, reputandoli come un tempo conchiuso e irreversibile e, in definitiva, โ€œstoricoโ€. Tale  dimensione primordiale puรฒ essere reiterata appunto dagli sciamani, sono essi i deputati a raggiungere il lalai.  Questa capacitร  di tornare allโ€™origine si dispiega nelle loro attivitร  di sostegno e cura della comunitร  e, difatti, in questo stato di sogno, costoro traggono fonte di potere per risanare i malati, volare verso terre lontane, o recarsi nellโ€™aldilร  per interrogazioni. Sono cosรฌ in grado si ricollocarsi allโ€™epoca sacra in cui le cose vennero in essere, ripristinandone le funzioni originali. Lo sciamano ritorna alle origini, alla stessa creazione appena ultimata, fonte di ogni intatto potere, viaggiando cosรฌ nel โ€œtempoโ€ e nello โ€œspazioโ€, ed รจ il sogno lโ€™unico mezzo in grado di fare da โ€œponte spiritualeโ€ tra il presente e il tempo primordiale (cfr. H. Kalweit: 1996, 15). 

Naturalmente quanto qui sinteticamente descritto, con parole dโ€™approccio โ€œoccidentaliโ€, รจ solo una scheggia di una ben piรน complessa e articolata mitologia/ritologia, che varia a seconda dei singoli gruppi etnici. Quanto riferito costituisce infatti solo un denominatore comune di quella che potrebbe definirsi come cultura sciamanica dellโ€™Australia, che si utilizza, per aiutare a comprendere, per quanto possibile, un principio che cosรฌ si potrebbe esporre: non รจ la storia โ€œmaestra di vitaโ€ ma allโ€™opposto รจ il mito che รจ โ€œmaestroโ€, in quanto fonte di tutti i poteri risanatori e rigeneratori.  


Lโ€™uomo e il suo โ€œdoppioโ€

Riprendendo quanto sopra detto in ordine alla capacitร  percettiva di una doppia realtร  affrontiamo un ultimo aspetto della concezione nativa. Secondo tale mitologia le anime delle piante, degli animali e delle persone sono eterne e immortali: prima di esistere sulla Terra, esistono nella dimensione del Dream Time, come parimenti esistono nel mondo delle idee o nel mundus imaginalis. Gli spiriti inviano queste anime a popolare la sacra terra e lโ€™uomo ne diventa il responsabile custode, perchรฉ la storia mitica ha tratto lโ€™ordine dal caos, trasformando cosรฌ la terra caotica in un universo sacro di cui lโ€™uomo non nโ€™รจ affatto padrone e neanche inattivo custode, in quanto รจ suo compito precipuo sta  nellโ€™alimentare la sacralitร  dellโ€™ambiente con i riti che gli sono stati consegnati dagli antenati mitici. Si tratta di attivitร  che davvero โ€œricreano il mondoโ€, riversando in esso la vita, ogni volta che questo appare โ€œstancoโ€ o โ€œdanneggiatoโ€.

Gli โ€œuominiโ€, in effetti, assumono la responsabilitร  di conservare il โ€œmondoโ€, cosรฌ come fatto dagli Esseri soprannaturali, rigenerandolo periodicamente attraverso i riti, tra essi, in particolare, spiccano le cerimonie della moltiplicazione (Mircea Eliade, La creativitร  dello spirito, pag 63), Tutto questo, cosรฌ brevemente esposto, si ricollega allโ€™esordio di questo lavoro e giustifica la presenza del nostro โ€œpistolottoโ€ introduttivo, rovesciando la posizione dominate che lโ€™uomo si รจ autoattribuito; questi, da essere che โ€œusaโ€ a suo piacimento il mondo, in questo contesto รจ concepito in un ruolo inverso, ovvero come servante ad esso. L’essere umano, raggiunta la sua maturitร  sacrale dopo lโ€™apprendistato iniziatico, โ€œserve al mondoโ€, lo nutre, lo alimenta, lo rende vigoroso: questo รจ il suo fine. Ciรฒ accade perchรฉ egli รจ il destinatario privilegiato dei riti assegnatigli ab origine. Lโ€™uomo รจ anchโ€™esso naturalmente un prodotto della creazione e possiede quindi anchโ€™egli un โ€œdoppio celesteโ€. Dopo ogni morte egli ritorna, al fine di compiere gli stessi gesti sacri compiuti allโ€™origine e, a tale proposito, illuminante รจ questo passaggio di T.C.H. Strehow:

โ€Lโ€™intero paese รจ il suo albero genealogico vivente e secolare. La storia del suo antenato totemico รจ per lโ€™indigeno il racconto delle sue proprie attivitร  al principio del tempo, allโ€™alba nascente della vita, quando il mondo che oggi lui conosce venne formato e modellato da mani onnipotenti. Lui stesso ha avuto un ruolo in quella gloriosa avventura, una parte piรน o meno grande a seconda del rango occupato a quel tempo dallโ€™Antenato di cui รจ la reincarnazioneโ€.

Il nativo che ripete nel rito i gesti primordiali non riattualizza soltanto i gesti fondanti originali ma compie una vera e propria anamnesi โ€œplatonicaโ€ su se stesso, riscoprendo attraverso lโ€™istruzione degli anziani che egli, oggi novizio, รจ โ€œgiร โ€ stato. Cosรฌ, in un paradosso per noi inaccettabile, egli reimpara quegli stessi riti che lui stesso aveva istituito allโ€™origine. In altre parole, per dirla allโ€™occidentale, viene disintossicato iniziaticamente dallโ€™acqua letica che ha assunto da disincarnato, e โ€œricordandoโ€ se stesso, compiendo il suo โ€œritornoโ€ metempsicosico, si ricostituisce secondo il principio platonico per cui โ€œsapere รจ ricordareโ€. Cosรฌ, dopo tale iniziazione, โ€œridiventaโ€ ciรฒ che รจ sempre stato ab origine e riscopre la sua completa identitร  che รจ, insieme, contingente e archetipica. Egli stesso, in questa operazione mnemosinica, รจ lโ€™archetipo stesso della ripetizione che abolisce la storia e, comunque, relega il โ€œdivenireโ€ nella dimensione profana: con ciรฒ si nega, quindi, radicitusla presenza di uno โ€œspirito della storiaโ€ o, diversamente, di una โ€œstoria provvidenzialeโ€, perchรฉ essa cโ€™รจ giร  stata, e cโ€™รจ stata una volta per tutte, una volta ultimata la creazione.  


Il โ€œmovimento dei sognatoriโ€

“Che cosa รจ lโ€™uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero piรน gli indiani morirebbero di solitudine. Perchรฉ qualunque cosa capiti agli animali presto capiterร  allโ€™uomo. Tutte le cose sono collegate (Dwamish)” 

Al di lร  di quanto si andrร  ad esporre nelle pagine successive sul tema del sogno-visione e quindi si determini quale funzione assuma la rivelazione contenuta da esso veicolata in relazione alle istanze di reazione dei gruppi nativisti, che ad esso ricorsero per sfuggire allโ€™oppressione dellโ€™acculturazione, รจ necessario pretermettere quanto, comunque, la dimensione dellโ€™esperienza onirica sia centrale nella speculazione e nella pratica dei nativi nord Americani. Si propone ciรฒ sulla scorta di alcune informazioni, davvero preziose, offerte da Enrico Comba, notevole studioso delle culture di queste etnie. 

Lo strumento che permette di superare i limiti della percezione ordinaria, di andare oltre lโ€™aspetto fisico esteriore con cui il mondo si presenta ai sensi e come รจ da essi percepito e tradotto gnoseologicamente in immagini e sensazioni, รจ costituito dal sogno e dalla visione capisaldi della comprensione ontologica della realtร . Ciรฒ di fatto impressionรฒ fortemente i missionari gesuiti che ne ebbero a commentare, nel consueto modo sprezzante che contraddistingue la genรฌa, la circostanza con queste parole: 

โ€œLe loro superstizioni sono infinite , le loro feste, le loro medicine, le pesche e le cacce,  la guerra, in breve la loro vita ruota intorno a questo perno, i sogni, hanno soprattutto qui grande creditoโ€

Il varco dโ€™accesso aperto dal sogno alle realtร  invisibili, non รจ, presso i nativi nord americani, prerogativa di singoli individui, tuttโ€™altro. Esso รจ un uscio schiudibile a tutti ed esso mostra la realtร  del mondo imaginale che si trova dietro le apparenze sensibile. Difatti, durante queste sospensioni dellโ€™attivitร  della coscienza ordinaria, gli animali e gli spiriti si presentano in forma umana mostrando il loro aspetto interiore, la loro natura di persone, persone diverse dagli umani e per questo si mostrano straordinariamente condiscendenti con i loro visitatori estatici. La โ€œvia del sogno e della visioneโ€ รจ aperta a tutti, anzi, essa รจ necessaria a tutti, in quanto lโ€™esperienza visionaria รจ riconosciuta โ€œmaestra di vitaโ€ e difatti solo in quelle circostanze che si puรฒ avere contezza della presenza di quello โ€œspirito aiutanteโ€, preposto alla cura dellโ€™individuo (in parallelo allโ€™angelo custode) (4). 

Premesso ciรฒ, resta comunque il fatto che gli sciamani si presentino come gli โ€œspecialistiโ€ del sogno e della visione in funzione collettiva, in quanto agiscono per una molteplicitร  di individui. Questi eletti specialisti dellโ€™estasi sono i soli che sanno padroneggiare perfettamente la conversazione con i componenti di questo mondo parallelo e ricavare da queste interlocuzione rituali un possibile beneficio per il gruppo cui appartengono (cfr. sul tema Enrico Comba: 2019, pag 237). Questa premessa permetterร  di meglio comprendere il credito assoluto che ricevevano in certe culture native del nord America e in un certo momento storico le visioni sciamaniche.


Questo movimento, relativamente recente, ha un โ€œmitoโ€ di fondazione le cui caratteristiche essenziali si rilevano comunque piuttosto ubiquitarie nei movimenti nativisti, movimenti che sono nati come risposta alla pressione della colonizzazione. Questo mito si sostanzia nella morte e successiva rinascita di un nuovo โ€œeroe culturaleโ€ che rifonderร  e riscatterร  dal presente la compagine umana che aderisce a questa prospettiva millenarista. La vicenda รจ questa. Nel corso di un persecuzione perpetrata dai โ€œbianchiโ€, contro un gruppo di Sioux, una giovane donna, per sfuggire a morte sicura, si gettรฒ nelle acque di un lago e se ne stette, immersa tra i giunchi e priva dโ€™ogni soccorso, perchรฉ i soldati della parte avversa sโ€™erano accampati nei pressi.  Accadde che la giovane, ormai allo stremo delle forze, fu raggiunta da una visione e una voce che era quella quella del โ€œGrande Misteriosoโ€, che le insegnรฒ le forme di una nuova forma dโ€™espressione religiosa, fondata sui contenuti imperscrutabili del sogno, che vengono comunicati plasticamente in una nuova โ€œdanzaโ€, che quindi assume la funzione di una vera e propria liturgia. Per questo tale rito fu chiamato Dream Dance e alla ragazza eletta fu, altresรฌ, ordinato di divulgare tale nuovo rito a tutte le tribรน indiane, in primis a quelle con cui i Sioux erano in rapporto di ancestrale rivalitร .

La protagonista di questa mito-storia รจ emblematica dello stato di unโ€™intera societร  posta sotto pressione da una intransigente acculturazione e quindi in indiretta e coattiva trasformazione, e giustifica il reattivo rifiuto repulsivo di ogni commistione con una cultura โ€œaltraโ€, come quella dei โ€œbianchiโ€, perchรฉ oggettivamente portatrice dellโ€™oppressione. Ad essa si trova modo di reagire proponendo un rinnovato mito di fondazione che statuisce nuovo rito, stavolta scevro da particolarismi tribali ma non etnici, un rito pan-indiano che ripercorre le stesse modalitร  proprie dellโ€™iniziazione. Se si segue la narrazione del mito la cosa appare ben evidente. La Sioux sโ€™immerge nel lago, quasi fonte battesimale, e affronta la estrema crisi della morte. Questa crisi individuale, superata dal diretto intervento divino, trova il suo preciso parallelo in quelle istanze di rinnovamento dellโ€™intera comunitร  nativa che, da tribale, si fa per cosรฌ dire, nazionale, superando il limite, ormai ristretto, dellโ€™etnia.  Al fine di โ€œesserciโ€ ancora deve morire il vecchio modo di โ€œessere nel mondoโ€. Quando la ragazza riemerge, dopo questo โ€œcataclismaโ€ individuale, non solo Ella รจ ben viva, ma รจ anche totalmente โ€œrinnovataโ€, tornata agli โ€œiniziโ€,  avendo assunto il compito di rifondare il mondo con il recupero dei contenuti propri delle origini, vissuti, stavolta, in una cornice di fratellanza panindiana sancita dalla condivisione del nuovo rito della dream dance espressione davvero precipua della creativitร  dello Spirito. 

La vecchia cultura, non certo morta di morte naturale, ma โ€œannegataโ€ a causa della sopraffazione degli occupanti e resa ormai inutilizzabile, lascia il posto a una nuova forma di espressione religiosa in cui la โ€œdanza del sognoโ€ occupa un posto centrale. Il โ€œmondoโ€ viene cosรฌ โ€œrisistematoโ€ secondo le nuove esigenze sorte dalla potente modificazione del contesto. Si annuncia cosรฌ una nuova possibilitร  di โ€œsalvezzaโ€ (la dream dance รจ intrinsecamente espressione di โ€œsalvezzaโ€) proposta da una religione che รจ del tutto autonoma e assolutamente non commista a quella proposta/imposta dallโ€™occupante, la cui soteriologia รจ vissuta localmente come del tutto estranea ai parametri etnici locali. In definitiva si sta parlando di un movimento che si propose di costruire, al di lร  del particolarismo tribale, una sorta di inedita forte identitร  nazionale, in contrapposizione ostile con il nuovo modo di vivere che viene imposto da estranei. Le vecchie rivalitร  con gli altri gruppi etnici nativi sono abolite in relazione a una nuova fratellanza pan-indiana, in cui il profetismo di alcuni suoi membri di spicco, annuncia unโ€™era di definitivo riscatto dal dominio straniero (e questo รจ un aspetto peculiare della โ€œsalvezzaโ€).       


Smohalla il profeta visionario (dreamer prophet)

Nato tra il 1815 e il 1820 nell’area Wallula dell’attuale stato di Washington, Smohalla apparteneva al gruppo tribale Shahaptian Wanapum (o Wanapam); Alla nascita fu chiamato Wak-wei o Kuk-kia , che significa “sorgere dalla polvere della madre terra”. Dopo aver raggiunto la ribalta come leader spirituale, divenne noto come Smohalla (o Smo-halla, Shmoqula, Smuxale, Smowalla, definito anche โ€œpredicatoreโ€. Ancora altri nomi associati a lui includono Yuyunipitqana, “la montagna urlante” e Waipshwa , “portatore di rocce”.

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Smohalla, insieme a Skolaskin, un altro potente veggente, รจ stato una delle diverse figure di sognatore-profeta carismatico, che caratterizzarono gli eventi religiosi della regione dell’altopiano della Colombia in un certo momento stoirico. Come ogni nativo egli si รจ sottoposto nell’adolescenza alla tradizionale โ€œricerca della visioneโ€, digiunando e meditando sulla sacra montagna, in un luogo particolarmente sacro, vicino alla localitร  di Wallula, concentrato alla ricerca del suo wot, o spirito guardiano. Giร  allora circolava la โ€œleggendaโ€ della sua predestinazione a capo e fondatore, infatti, secondo il racconto โ€“ mito degli eventi, egli morรฌ su quella montagna, ma al suo spirito fu rifiutato l’ingresso nella โ€œterra dei mortiโ€ e gli fu ordinato di tornare al suo popolo come sciamano, fungendo da intermediario tra il mondo tangibile e il mondo degli spiriti. 

Gli episodi di profetismo contraddistinsero la sua vita di sciamano, fino a che, in un incontro-scontro con un altro sciamano, di lui rivale, egli perse โ€œquasiโ€ la vita e, quando โ€œrisorseโ€ pressochรฉ miracolosamente, ritornรฒ con poteri nuovi e soprattutto con un forte messaggio identitario destinato alla sua gente che soffriva per lโ€™estraniamento culturale imposto dai nuovi venuti. In quel momento storico si palesava, infatti, la massima pressione coercitiva dei โ€œbianchiโ€, che dispiegarono la loro volontร  colonialista in tutti i  suoi aspetti, compresi quelli religiosi. Con la sua apparizione, davvero messianica per i nativi, si รจ potuto opporre allโ€™ingurgitamento culturale un orgoglioso ritorno alla piรน pura tradizione autoctona, respingendo ogni lusinga portata dai nuovi venuti. Anche per Smohalla si ripete quindi il medesimo schema morte-rinascita che si รจ visto in precedenza a proposito della ragazza Sioux, destinataria di un messaggio di rinnovamento, tutto perรฒ contenuto in una rielaborazione creativa della vecchia tradizione.

Nel corso di queste rivelazioni il profeta-sognatore apprese anchโ€™egli dallโ€™Essere Supremo quanto questi deplorasse lโ€™apostasia degli indiani dalla propria cultura e religione originarie e i nativi, avendo conosciuto la sua straordinaria vicenda, accettarono la sua predicazione a contenuto fortemente profetico-millenaristico, che era tesa a ricostituire la nazione indiana secondo le pure modalitร  originarie. Decise lui stesso nel 1850 di prendere il nome di Smohalla, da una parola della lingua locale con cui si indica il “sognatore” ed รจ di tutta evidenza, ancora una volta, come il sogno, presso queste popolazioni, non solo facesse parte integrale della realtร  ma, addirittura, ne fondasse la legittimitร  e quindi godesse di unโ€™elevatissima considerazione. Nello specifico ancora una volta รจ il sogno sciamanico ad essere considerato veicolo privilegiato di comunicazione tra Cielo e Terra, in quanto da esso discende il carattere rivelatorio che assumono i suoi contenuti e che รจ destinato a sancire la realtร  della comunicazione divina.

Il messaggio del profeta-sognatore consisteva in un sostanziale e reciso atteggiamento di rigetto delle cultura dei bianchi, che si potrebbe sostanziale nellโ€™espressione โ€œnativismo esasperatoโ€, locuzione giustificata dalla totale sconsiderazione con cui era giudicato ogni elemento estraneo proposto dagli intrusi. Rifiutando qualsiasi forma di sincretismo contaminante, fosse pur esso di facciata, come avviene nel peyotismo che si รจ poi affermato come religione di โ€œmassaโ€ dei nativi — e che pure รจ stato combattuto con ogni mezzo su sollecitazione, anzi istigazione delle autoritร  religiose sopravvenute sulle compiacenti autoritร  civili –, Smohalla, seppure in maniera pacifica, dacchรฉ ormai li guerre indiane si erano tragicamente perse in tutto il continente, mirรฒ a costituire delle enclavi native (come puรฒ ricordare il movimento degli Hamish) totalmente indipendenti e, per conseguenza, totalmente estranee alla cultura dei โ€œbianchiโ€. Questa sua religione era assolutamente centrata sui motivi propri del tradizionale nativismo, con particolare accento sulla sacralitร  della terra. Proprio la Terra, alla fine del ciclo, avrebbe restituito, in una forma di resurrezione etnica, i morti, tornati infine viventi. Essi sarebbero, quindi, rinati in un mondo finalmente purificato. Lโ€™atteso ritorno dei morti รจ un tratto caratteristico della maggior parte dei movimenti nativisti (se non di tutti) ma, in realtร , a ben guardare, non รจ a loro precipua, in quanto รจ un argomento che puรฒ inquadrasi nel tema generale della ripetizione periodica della cosmogonia che Mircea Eliade ha trattato nel suo libro Il mito dellโ€™eterno Ritorno e che sostanzia quellโ€™aspetto di abrogazione temporale o di disconoscimento temporale cui si รจ fatto cenno nel caso australiano. Esso  puรฒ trovare trova in una sorta di frase koan: โ€œnon ditemi che devo partire perchรฉ sto ancora arrivandoโ€. (3)

La componente religiosa che fa della terra โ€œmadreโ€ — o โ€œnonnaโ€ –, unโ€™entitร  a se stante, rispetto al celeste Essere Supremo รจ il punto di frattura essenziale tra il โ€œmessaggioโ€ portato dai bianchi e quello proprio degli indiani. Esattamente su questo punto Smohalla si รจ mostrato particolarmente sprezzante nei confronti degli sforzi prolungato dallโ€™occupante messi in atto per trasformare gli indiani in agricoltori, perchรฉ vedeva, in questa prospettata forzosa trasformazione, lโ€™aggiogamento a una cultura estranea e distruttiva dei valori autoctoni che hanno, nella componente โ€œfemminileโ€ e โ€œmaternaโ€ un indispensabile punto di riferimento. Sua รจ questa ben nota dichiarazione con la quale si conclude questo lavoro.

Mi chiedi di arare la terra! Devo prendere un coltello e strappare il seno di mia madre? Allora quando morirรฒ non mi porterร  al suo seno per riposare. Mi chiedi di scavare per la pietra! Devo scavare sotto la sua pelle per le sue ossa? Allora quando morirรฒ non posso entrare nel suo corpo per rinascere. Tu chiedimi di tagliare l’erba e fare il fieno e venderlo, ed essere ricco come i bianchi, ma come oso tagliare i capelli a mia madre?” …”Coloro che tagliano le terre o firmano documenti per le terre saranno defraudati dei loro diritti e saranno puniti dall’ira di Dio.”


Note:

[1] La menzione di Elkin nel testo non deve essere considerata un tributo acritico allโ€™autore che fu titolare della cattedra  di antropologia allโ€™universitร  di Sidney e quindi riconosciuta autoritร  in materia. Sicuramente nel suo testo ha scritto pagine empatiche sugli aborigeni, come per esempio si puรฒ leggere in questo stralcio: โ€œNon conosco spettacolo piรน suggestivo  di quello offerto da un gruppo di aborigeni seduti sul terreno segreto in contemplazione dei loro sacri simboli  e in atto di cantare le versioni musicali dei miti loro connessiโ€  (A. P. Elkin: 2018, pag 181). Ciรฒ non toglie che le suo modello antropologico dโ€™inclusione ebbe un esito nefasto per quelle popolazioni, come si puรฒ leggere nella scheda sottostante :

โ€œLa prima fase, di protezione e segregazione fu caratterizzata dall’ideologia che la cultura fosse in via di estinzione e che andasse protetta. La societร  classificรฒ gli indigeni come primitivi e li ritenne incapaci di evolversi passando attraverso gli stati prefissati dallo sviluppo della civiltร . Per questo motivo molte popolazioni vennero rinchiuse all’interno di insediamenti governativi (che assomigliavano piรน a dei campi di rifugiati) con strette leggi e regole, con l’obiettivo di introdurre i ritmi di vita europei. L’idea di assimilazione biologica divenne realtร  e semiufficiale nel 1937. Per far sรฌ che quest’idea avesse una base scientifica, vennero mobilitati degli antropologi che nei loro discorsi utilizzavano il concetto di “assimilazione culturale”. Adolphus Peter Elkin, un antropologo, nel 1939 lanciรฒ un New Deal for Aborigines e l’assimilazione diviene la politica ufficiale del governo. Per attuare l’assimilazione i bambini vennero allontanati dai genitori, nel tentativo di creare una generazione educata alla fedeltร  e ai valori culturali dell’Occidente. Leggi come l’Aborigines Protection Act e strutture ad esse correlate come l’Aborigines Protection Board furono all’origine di una vera e propria tragedia sociale riconosciuta oggi come un genocidio culturale scientificamente compiuto per strappare i bambini da quelle condizioni che loro ritenevano primitive. Questa politica serviva solamente a giustificare l’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie, questi in realtร  una volta allontanati venivano utilizzati come piccoli schiavi.โ€ 

[2] Il ogni creazione lโ€™avvenimento fondante รจ acustico e per sottolineare la natura ubiquitaria di tale concetto non ci resta che riprender un passaggio di M. Schneider ne: il Significato ella Musica:

โ€œLa frase biblica ยซallโ€™inizio fu la Parolaยป […] appartiene al patrimonio concettuale piรน arcaico dellโ€™umanitร .[…]Il concetto di ยซParolaยป rende perรฒ solo parzialmente il senso originario, perchรฉ qui si tratta di qualcosa che geneticamente precede qualsiasi parola determinata e ogni concetto logicamente fondato […] qualcosa di primario e di sopraconcettuale. […] Gli egizi chiamavano questo elemento primario ยซrisataยป o ยซgridoยป del dio Thot. La tradizione vedica parla di essere ancora immateriale che dalla quiete del non essere improvvisamente risuona, a poco a poco convertendosi in materia, e cosรฌ diventa mondo creato. […] Ci si avvicina forse di piรน alla concezione originaria se invece dellโ€™espressione […] ยซparolaยป si usano i concetti meno circoscritti, piรน geniali di ยซgridoยป, ยซsuonoยป, o ยซsillaba risuonanteยป, che contengono la sostanza musicale primaria. Solo nel corso della creazione […] i suoni acquistano un significato preciso e rappresentano, allineandosi lโ€™uno allโ€™altro, parole e frasi di contenuto chiaro e distinto, e infine, nel corso del loro concretamento, cose tangibili.

[3]

La creazione del mondo si riproduce quindi ogni anno. Questa eterna ripetizione dell’atto cosmogonico, che trasforma ogni anno nuovo in inaugurazione di un’era, permette il ritorno dei morti alla vita e mantiene la speranza dei credenti nella risurrezione della carne. Ritorneremo presto sulle relazioni tra le cerimonie dell’anno nuovo e il culto dei morti. Segnaliamo fin da ora che le credenze quasi universalmente diffuse, secondo cui i morti ritornano presso la loro famiglia (e ritornano spesso come ยซ morti-vivi ยป) nel periodo dell’anno nuovo (nei dodici giorni che separano il Natale dall’Epifania), denotano la speranza che l’abolizione del tempo รจ possibile in quel momento mitico in cui il mondo viene annullato e ricreato. Allora i morti  potranno  ritornare, poichรฉ tutte le barriere tra morti e vivi sono spezzate (viene riattualizzato il caos primordiale) e ritorneranno, poichรฉ in quell’istante paradossale il tempo sarร  sospeso e quindi essi potranno di nuovo essere contemporanei dei vivi. Dโ€™altronde, poichรฉ una nuova creazione รจ allora in preparazione, essi possono sperare in un ritorno alla vita, durevole e concretoโ€.

Mircea Eliade, Il mito dellโ€™eterno ritorno, pag 87, ed. Borla

[4] La emersione alla coscienza di una guida interiore รจ un fenomeno costante nel momento in cui si raggiungono stati โ€œaltriโ€ di coscienza  (o โ€œstati dimenticati della coscienzaโ€) che possono essere raggiunti con vari mezzi. Qui si presenta unโ€™esperienza insieme di  vita e di studio sul tema: 

โ€œNelle esperienze con lโ€™ayahuasca un altro fattore contribuisce a dare un senso compiuto a quanto precedentemente detto. Mi riferisco al fatto che nelle fasi piรน avanzate dellโ€™esperienza psichedelica capita di percepire accanto a noi la presenza di una guida a volte visibile, altre volte no. Ricordo che essa metteva a fuoco i miei conflitti e, con estrema calma e pazienza, mi indicava il modo per risolvere il loro impatto sulla mia psiche. E questo non una volta sola per ciascun problema, ma piรน e piรน volte di seguito e per tempi decisamente lunghi. Da un certo punto in poi delle sedute con lโ€™ayahuasca la presenza di questa guida per me invisibile รจ stata una costante. Tra noi due non avveniva alcuno scambio verbale, nessuna parola veniva detta. A me bastava pensare ad un concetto perchรฉ questo arrivasse alla guida. Io, invece, percepivo i suoi insegnamenti e consigli non sotto forma di parole, ma sotto forma di uno stranissimo linguaggio fatto da un intreccio di ricordi, di associazioni, di immagini e di intuizioni che miracolosamente si fondevano insieme per costituire un pensiero compiuto. A tutti gli effetti, ho vissuto questo dialogo muto con la mia guida come una reale seduta psicoterapeutica a vasto raggio in quanto toccava aspetti per me insoliti che avevano a che fare con i miei conflitti latenti, con la spiritualitร  o con nuove realtร  e dimensioni che non possiamo inquadrare altrimenti che nel contesto della psicologia transpersonale.

Bruno Severi, L’ayahuasca: alla ricerca di un senso, in ยซAltroveยป n. 18

Bibliografia:

Emmanuel Anati: Dalla roccia alla tela, Lโ€™arte contemporanea degli aborigeni australiani, Atelier 2016

Emmanuel Anati: Arte rupestre dell’Australia. Uno studio di antropologia concettuale, Atelier 2019

Stefano Beggiora (a cura di), Il cosmo sciamanico. Ontologie indigene fra Asia e Americhe, Franco Angeli, Milano 2019

Bruce Chatwin: La via dei canti, Adelphi, Milano 1988

Enrico Comba: Una foresta di persone: i mille volti dello sciamanesimo nativo americano, in AA. VV. Il cosmo sciamanico Ontologie indigene tra Asia e Americhe, Franco Angeli, Milano 2019

Mircea Eliade: Storia delle credenze e delle idee religiose, Sansoni, Milano 1967  

Mircea Eliade: Mito e realtร , Rusconi, Milano 1974

Mircea Eliade: Il mito dellโ€™eterno ritorno, Rusconi, Milano1975

Mircea Eliade: La nascita mistica, Morcelliana, Brescia 2020

Mircea Eliade: Lo sciamanismo e le tecniche dellโ€™estasi, Mediterranee, Roma 1974

Mircea Eliade: La creativitร  dello spirito, Jaca Book, Milano

Adolphus Peter Elkin: Sciamani dโ€™Australia, Raffaele Cortina editore, Milano 2002

Adolphus Peter Elkin: Gli aborigeni australiani. Seimila anni di civiltร  della pietra, Iduna, 2018

Roger Kalweit: Guaritori sciamani e stregoni, Ubaldini, Roma 1996 

Vittorio Lanternari: Movimenti religiosi di libertร  e salvezza, Editori Riuniti, Roma 2003 

Marcello Massenzio: Kurangara unโ€™apocalisse australiana, Bulzoni, Roma 1976 

Philip Sherrard: Uomo e Natura. Storia di uno stupro, Irfan Edizioni, San Demetrio Corone 2012  

Richard Evans Schultes, Albert Hoffman, Gregory Ratsch: Piante degli dรจi, Venexia, Roma 2021

Marius Schneider: La musica primitiva, Adelphi, Milano 1992

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