Allβinterno del vastissimo corpus mitico riguardante il simbolismo ofidico esistono alcuni mitologemi, ricorrenti in tutto il mondo, veicolanti certe conoscenze iniziatiche la cui universalitΓ oltrepassa i confini spaziali e cronologici, come quello della duplice serpe (Caduceo di Mercurio, Iga e Pingala), quello del serpente che stando al di sotto dei mondi o circondando la terra in forma di Ouroboros regge lβintera manifestazione cosmica, e quello del drago nella funzione di Β«Guardiano del tesoroΒ» che lβeroe deve sottomettere e sconfiggere per salvare la Β«PrincipessaΒ».
di Marco Maculotti
tratto da βIl serpente e il drago: morfologia del simbolismo ofidicoβ, ne LβEra del Serpente, Valusia #2, Italian Sword&Sorcery Books, Estate 2019
copertina: Marian Wawrzeniecki, βA Fairy Tale about the Princess and the Dragonβ, 1904-08
[β¦] altri punti di vista possono essere dedotti da questo mitologema universale fondato sulla dicotomia e sulla lotta fra un principio luminoso-uranico-maschile e uno selenico-tellurico-femminile, il piΓΉ delle volte rappresentato in forma ofidica. Questβultimo sta anche a rappresentare lβenergia potenziale da poter utilizzare nelle operazioni per cosΓ¬ dire βmagicheβ: a questo simbolismo si riallacciano il caduceo di Mercurio e la kundalini tantrica, energia femminile che in forma di serpente risale la colonna vertebrale dellβiniziato, per condurlo alla liberazione. La βsottomissioneβ di questa energia sacra β o, per meglio dire, la capacitΓ di βincanalarlaβ e di βmaneggiarlaβ a piacimento β costituirebbe il fine ultimo di ogni cammino iniziatico: in altri termini, il neofita deve βtramutarsiβ nel dio uranico per poter domare il Drago sotterraneo, vale a dire le energie inconsce, esistenti nella sua propria interioritΓ in uno stato caotico e indifferenziato, e quindi disporre liberamente di esse.
Nel caduceo di Mercurio la serpe Γ¨ rappresentata in forma duplice, secondo la massima che veleno e farmaco sono due facce della stessa medaglia; simbolismo che, a ben vedere, si ritrova anche nella tradizione indiana nel duplice aspetto di ida e pingala che, incrociandosi a spirale, fungono da vie laterali per il canale centrale, sushumna. In queste due βserpiβ, ovvero βcanali energeticiβ laterali, noi rintracciamo lo stesso simbolismo delle due serpi del caduceo di Mercurio, nonchΓ© le due colonne massoniche Jachin e Boaz e quelle dellβalbero sephirothico della tradizione cabalistica (il Β«pilastro della misericordiaΒ» e il Β«pilastro del rigoreΒ», e in mezzo ai due quello centrale, il Β«pilastro della coscienzaΒ»): tutti simboli delle cosiddette Β«Via della Mano DestraΒ» e Β«Via della Mano SinistraΒ», fra le quali, a differenza di quanto sostengono molti pareri troppo semplicistici, non va compiuta una βsceltaβ, con un conseguente βabbandonoβ della via βscartataβ, bensΓ¬ piuttosto Γ¨ da operarsi una coniuctio oppositorum mediante la quale lβiniziato possa integrare le scorie βdraconianeβ nel suo essere superno e βluminosoβ.

NΓ© si mancherΓ di notare, ad un livello di analisi completamente diverso, come tutte queste simbologie equivalenti siano singolarmente connesse con la struttura del DNA umano; dβaltronde, a questo proposito, chi mastichi un poβ di dottrine ermetiche non sarΓ sorpreso, ben conoscendo il primo principio della Tabula Smaragdina attribuita al mitico Ermete Trismegisto, nel cui nome peraltro ritorna sia lβHermes/Mercurio, dio-ierofante iniziatore ai Misteri sacri, che la triplice natura dellβenergia sacra, in quanto essa si ritiene canalizzata, come abbiamo visto, attraverso tre condotti differenti (o, meglio, attraverso i due laterali che, equilibrandosi, conducono al βrisveglioβ del terzo, quello centrale).
Γ per questo che nelle dottrine alchemiche si rappresenta lβenergia soggiacente allβintero complesso del reale nella forma dellβOuroboros, vale a dire del serpente che si morde la corda: ciΓ² rappresentando lβenergia sacra che sottende a tutta la Creazione, e che la sostiene perennemente, in una forma di Β«materia primordialeΒ», caotica, indifferenziata e germinale, da cui si ritiene il Mago possa attingere per realizzare le sue operazioni occulte.

Il Serpente al di sotto dei mondi
Forse Γ¨ anche per questo motivo che, nelle piΓΉ disparate cosmologie antiche, al di sotto del livello piΓΉ basso del reale si ritiene esista una creatura mitica in forma ofidica, che sulle sue spire regge lβintero destino del ciclo cosmico. Nei miti indiani unβenorme serpe si trova al di sotto di tutti i mondi esistenti, e cioΓ¨ dei sette mondi del regno sotterraneo di PΔtΔla: questo rettile mitico Γ¨ denominato Shesha (Β«residuo, rimanenteΒ»), e la sua funzione mitica Γ¨ quella di sorreggere il mondo (vale a dire: lβOpera della Creazione). Si ritiene che quando scuote una delle sue mille teste la terra trema e che alla fine di ogni kalpa (cioΓ¨ ogni 4.320.000.000 anni) Shesha si contorce in modo convulso e distrugge il mondo con il fuoco [1]. Inoltre, nel ciclo mitico riguardante il dio supremo ViΕnu (cioΓ¨ dire lβEssere supremo e assoluto), lo si rappresenta adagiato sulle spire di Ananta (Β«infinitoΒ»), altro gargantuesco rettile rappresentante la molteplicitΓ e la fluiditΓ dellaΒ manifestazione cosmica. CosΓ¬ scrive a riguardo lβorientalista tedesco Heinrich Zimmer [2]:
Β« Il dio giace nel sonno in una posizione aggraziata, rilassata, come assorto nel sogno dellβuniverso contenuto dentro di lui [β¦] Le spalle e la testa di ViΕnu sono circondate e protette da nove teste di serpenti con i cappucci allargati; il dio giace sulle spire possenti. Questo serpente dalle molte teste Γ¨ lβequivalente animale del dormiente antropomorfo. Viene chiamato Infinito (ananta) e anche Rimanente, Residuo (Εesa). Γ una figura che rappresenta il residuo che rimase dopo che la terra, le regioni superiori e quelle infernali, e tutti i loro esseri, furono modellati e tratti dalle acque cosmiche dellβabisso. Β»
Il mitologemaΒ si ritrova uguale nella tradizione norrena: qui si parla di NΓdhΓΆggr, enorme drago che vive al di sotto dei nove mondi, alle radici dellβYggdrasil, che mastica continuamente. Quando le radici dellβAlbero Cosmico saranno recise del tutto, giungerΓ il RagnarΓΆkkr, la fine del cosmo per come lo conosciamo: allora si verificherΓ la battaglia finale fra gli dΓ¨i di Asgard e le forze del caos. Ma, similmente alla tradizione induista, anche quella nordica riconosce un secondo serpente cosmico, vale a dire JΓΆrmungandr, il Serpente di Mitgard, che cinge il mondo in forma di Ouroboros e impedisce allβoceano cosmico di sollevarsi e di allagare il nostro mondo; ma, come detto, quando NΓdhΓΆggr avrΓ masticato le radici dellβYggdrasil, giungerΓ la catastrofe conclusiva del ciclo e lβoceano straborderΓ sopra Mitgard, decretando la morte di tutti i suoi abitanti [3]. Ritroviamo dunque nel mito norreno, cosΓ¬ come in quello indiano, la presenza dicotomica dei due serpenti cosmici, il cui labile equilibrio rende possibile lβesistenza del mondo della manifestazione.

Identico Γ¨ anche un mito che ci giunge dallβaltra parte del mondo,Β e precisamente dal PerΓΉ, dove si parla dellβimmenso serpente Amaru [4], dimorante nelle viscere della terra: Β«Amaru dorme, ma quando si agita produce il terremoto che segna la fine di un ciclo, allora il mondo torna alle tenebre primordiali e i giganti lo invadono per instaurare il regno dei morti viventi e i viventi passano nelle regioni dei morti, fino al sorgere del nuovo soleΒ» [5], con βSoleβ intendendosi tradizionalmente, nel lessico sacro precolombiano, un ciclo cosmico. Γ questo il momento che la tradizione andina denomina Pachakuti, letteralmente Β«una rivoluzione, una processione dello spazio e del tempoΒ», termine utilizzato per intendere anche gli eventi cataclismatici intercorrenti tra la fine di un ciclo e lβinizio del successivo, e quindi in questa accezione perfettamente equivalente al concetto della tradizione induista PrΔlΔya, in cui Γ¨ compresa anche lβidea di un ritorno del differenziato nellβindifferenziato, di un riassorbimento del cosmo manifestato nella matrice primordiale, ovvero lβΒ«utero cosmicoΒ». Il serpente superno della mitologia precolombiana Γ¨ ovviamente da rintracciarsi in Viracocha (Ande), QuetzΓ‘lcoatl (Aztechi) e Kukulkan (Maya), il celeberrimo Β«Serpente PiumatoΒ», dio supremo e creatore della stirpe umana attraverso le ere cosmiche.
Il serpente celeste e quello infero potrebbero dunque rappresentare, in ultima analisi, le due fibre che intrecciandosi eternamente fra loro costituiscono ciΓ² che noi chiamiamo realtΓ : il secondo potendosi relazionare alla realtΓ manifestata per mezzo dellβagglomerazione della materia e del divenire storico (Β«residuo, rimanenteΒ»), il primo a ciΓ² cui si deve il sostegno di questβultima (Β«infinitoΒ»), vale a dire a quellβenergia serpentiforme, invisibile ma non per questo non sperimentabile, che stando dietro ai veli del reale ne causa la βmessa in scenaβ nel continuum spazio-temporale: ciΓ² che gli antichi chiamavano Aion, con la duplice accezione di Β«eternitΓ , tempo infinitoΒ» e di Β«principio di energia psicofisicaΒ» (la definizione Γ¨ della von Franz [6]), eterno e apersonale, sebbene presente nei recessi umani con il nome di psyche, e in seguito denominato daimon (Onians [7] peraltro specifica esplicitamente la natura Β«serpentinaΒ» di tale principio animico Aion).

Il Drago, Β«guardiano del tesoroΒ»
Il lettore non mancherΓ di riconoscere lβevidenza che, a quanto si Γ¨ finora detto, puΓ² facilmente connettersi la simbologia di un altro ruolo esemplare ed emblematico del drago nelle tradizioni esoteriche, vale a dire la sua funzione di Β«guardiano del tesoroΒ». Si pensi solo, riagganciandoci alla tradizione ellenica, allβAlbero delle Mele dβOro nel Giardino delle Esperidi, custodito dal drago Ladone. Allo stesso modo, nella tradizione taoista cinese, il drago Γ¨ il guardiano di tesori favolosi nascosti in palazzi sul fondo del mare, o in caverne sprofondate nelle viscere della terra. Da lΓ , dalla sua ubicazione infera, esso sorveglia il tesoro piΓΉ grande di tutti: una perla miracolosa che contiene la saggezza e la conoscenza, pura come lβoro, simbolo di perfezione spirituale e di immortalitΓ [8].
Nella tradizione gnostica, il Β«FiglioΒ» (cioΓ¨ il Logos) viene inviato dal Β«PadreΒ» sulla terra per ritrovare la perla caduta dalla sua corona e smarrita: credenza che ricorda singolarmente la tradizione secondo la quale la conoscenza nacque dallo smeraldo caduto dalla corona di Lucifero, quando venne precipitato nel mondo sublunare. Ora, anche secondo gli gnostici questa perla Γ¨ in possesso di un temibile drago, e precisamente si trova in fondo a un pozzo profondissimo. Leggende di questo tipo si ritrovano in tutto il mondo antico, dalla Fenicia allβArmenia; gli esempi, ivi comprese anche le βrilettureβ (e le βriscrittureβ) del periodo cristiano-medievale, potrebbero estendersi allβinfinito.

Orbene, da quanto finora esposto tale funzione mitica adibita al drago Γ¨ perfettamente logica: esso si trova sempre ubicato in un luogo ipogeo, in una caverna che simbolizza il cuore nascosto della terra (e del cosmo) o, come abbiamo visto, al di sotto di tutti i mondi esistenti, simbolo al tempo stesso delle forze caotiche di carattere cosmico, ctonio-tellurico e finanche psichico (gli Β«oscuri regressi della psicheΒ» centrali nei Misteri Orfici secondo lβallievo jungiano James Hillman). Il βtesoroβ cui il drago fa la guardia rappresenta questa riserva di energia potenzialmente infinita, e quindi vista come βmagicaβ, grazie alla quale lβiniziato sarebbe in grado di dominare la propria esistenza plasmandola secondo i propri voleri, se solo fosse in grado di sconfiggere il drago e farla sua.
Β« Vincere il drago significa [β¦] non soltanto opporsi alle forze istintive, agli inconsci terrori, ma dominarli per ristabilire lβordine umano e celeste, in altre parole comprenderne la natura per fertilizzarne la vita. » [9]
Γ facile comprendere come qui il drago non rappresenti una potenza esterna, magari di tipo diabolico, ma semplicemente quel complesso inconscio, oscuro e caotico che ogni uomo porta nei recessi βinfernaliβ della propria individualitΓ : ciΓ² che Jung definΓ¬ Β«OmbraΒ» e gli Orfici Β«PanΒ». Solo lβintegrazione con la parte draconiana del sΓ© consente al SΓ© Superiore (il puer divino dei Misteri) di rivelarsi in tutto il suo splendore: si mediti ciΓ² in connessione con il simbolismo, esposto sopra, della congiunzione delle due vie laterali per giungere a quella centrale. Da questo punto di vista, il drago Γ¨ anche il simbolo delle forze materiali e plumbee, attiranti verso il basso, che si frappongono allβanelito dellβiniziato a rinascere su un piano ontologicamente superiore. La missione fondamentale riconosciuta dalle tradizioni antiche al drago Γ¨ quella di proteggere il tesoro, a costo di uccidere tutti coloro che lo bramano senza possedere Β«un cuore puroΒ», o, per meglio dire, senza essere totalmente integrati.
A questo proposito non Γ¨ secondario, soprattutto nelle versioni medievali delΒ mitologema, lβimportanza della figura femminile per salvare la quale lβeroe affronta il drago. Questβultima Γ¨ da mettersi in relazione con quel principio animico o parte femminile del SΓ© che, secondo Jung, il soggetto deve necessariamente integrare in sΓ© stesso per poter raggiungere il SΓ© Superiore. Nondimeno, essendo sia lβanima rappresentata dalla Β«principessa da salvareΒ» che il drago due aspetti dellβessere nel suo stato femminile β preformale-abissale ed acquatico-sotterraneo β, non sarΓ difficile comprendere come sia lβuna che lβaltro stiano a rappresentare esotericamente i due poli βestremiβ del principio animico che governa come un tiranno lβanimo umano nella sua dimensione piΓΉ inconscia, nei suoi aspetti piΓΉ benefici (la principessa) come in quelli piΓΉ malevoli (il drago). Principessa e drago, dunque, sono ancora una volta dicotomie esemplari da riportare al simbolismo, summenzionato, della duplice serpe sul caduceo ermetico, di Jachin e Boaz, di ida e pingala, della Β«Via della Mano DestraΒ» e Β«Via della Mano SinistraΒ», e via discorrendo.

Note:
[1] W. Kafton-Minkel, Mondi sotterranei. Il mito della terra cava, Mediterranee, Roma 2012, p. 63
[2] H. Zimmer, Miti e simboli dellβIndia, Adelphi, Milano 2012, pp. 62-63
[3] E. Albrile, Ermete e la stirpe dei draghi, Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2010, p. 11
[4] Γ curioso che in sumerico il termine amΔru equivalga a Β«Diluvio UniversaleΒ» o a Β«Drago del DiluvioΒ»
[5] M. Polia, Il sangue del condor. Sciamani delle Ande, Xenia, Milano 1997, p. 78
[6] M.L. Von Franz, Lβesperienza del tempo, TEADUE, Milano 1997, p. 12
[7] R.B. Onians, Le origini del pensiero europeo, Adelphi, Milano 2006
[8] D. Beresniak e M. Random, I simboli: il Drago, Mediterranee, Roma 1987, p. 17
[9]Β Ivi, p. 46
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