Nel panorama della narrativa fantastica e sovrannaturale italiana un posto di rilievo Γ¨ da riservare a Carlo H. De’ Medici, i cui racconti “neri”, scritti negli anni ’20 del Novecento, furono ispirati sia dall’orrore psicologico di Edgar Allan Poe e Auguste Villiers de lβIsle-Adam, sia dal filone decadentista francese. Analizziamo in questa sede i suoi racconti contenuti nell’antologia Β«I topi del cimiteroΒ», recentemente ristampati dai tipi di Cliquot Edizioni.
di Marco Maculotti
ORIGINARIAMENTE pubblicato su Limina
Copertina: Collier Twentyman Smithers, A Race with Mermaids and Tritons, 1895
E, nellβimmenso chiarore apparsomi, inatteso in tanta tenebra, ho visto la grande febbre dellβinquietudine: la superba follia dellβinquietudine, aleggiare sullβuniverso.
Carlo H. Deβ Medici, Guland
Non Γ¨ forse bello da dire, ma Γ¨ indubbio che il piΓΉ delle volte gli scrittori horror, anche i piΓΉ grandi, non hanno conosciuto che un briciolo dellβonore di cui il destino li avrebbe incoronati in seguito alla morte, il piΓΉ delle volte prematura: si pensi ad Edgar Allan Poe, probabilmente lo scrittore piΓΉ influente dellβera moderna, che morΓ¬ delirante per le strade di Baltimora, in stato confusionale, vittima forse di unβintossicazione alcolica, e il cui genio fu pienamente riconosciuto solo nei decenni seguenti.
Si pensi a H.P. Lovecraft,[1] che ne seguΓ¬ in parte le orme, traslando perΓ² il βsempliceβ orrore gotico in orrore cosmico, e che venne per lβappunto definito da Jacques Bergier[2] Β«un Poe cosmicoΒ»: anche il Sognatore di Providence fu durante la sua vita quasi del tutto ignorato, nessuna casa editrice gli pubblicΓ² mai una raccolta di racconti e, ridottosi a uno stato di povertΓ quasi assoluta, morΓ¬ neanche cinquantenne per problemi di salute dovuti alla denutrizione. Il destino di W.H. Hodgson,[3] scrittore britannico che a cavallo tra i due secoli seppe fondere alla perfezione il vecchio racconto dellβorrore con la novella fantascienza spaziale, fu ancora diverso, ma non per questo meno triste, avendo dato lβaddio a questo mondo poco piΓΉ che quarantenne, colpito da una granata sul fronte belga durante la Prima Guerra Mondiale.
Finora abbiamo nominato unicamente scrittori anglofoni, inglesi o statunitensi che dir si voglia; ma anche lβItalia ha avuto i suoi scrittori maledetti, misconosciuti in vita e che meritano di essere riscoperti adesso, non essendo stato possibile prima. Uno di questi Γ¨ Carlo H. Deβ Medici, che fu tra le altre cose giornalista, illustratore e studioso di scienze occulte, riguardo alle quali scrisse personalmente anche trattati di difficilissima reperibilitΓ . Lβinteresse per la cabala e le dottrine esoteriche si puΓ² spiegare in parte con le origine ebraiche del padre β Β«un ricco banchiere ebreo pariginoΒ», Β«che con regio decreto del 1889 fu autorizzato a chiamarsi Deβ Medici, con il diritto di estendere il cognome ai figliΒ»[4] β , ciΓ² accostandolo a un altro scrittore dellβocculto della stessa epoca, lβaustriaco Gustav Meyrink,[5] autore del romanzo Il Golem, ambientato nel ghetto ebraico di Praga, cosΓ¬ pregno di suggestioni cabalistiche ed occultistiche.

E se nel 1927 Meyrink scrisse Lβangelo della finestra dβoccidente, che alcuni considerano la summa della sua visione esoterica, lo stesso anno registrΓ² la pubblicazione riveduta dei Β«racconti crudeliΒ» di Carlo H. Deβ Medici editi in prima battuta tre anni prima col titolo I topi del cimitero, e in seguito riediti come CrudeltΓ . I tipi di Cliquot Edizioni adesso ci ripropongono lβopera con il titolo originale, ma includendo, oltre a tutti i racconti dellβedizione del β24, anche quelli precedentemente inediti pubblicati nellβedizione del β27 β e le splendide illustrazioni originali dellβautore. Fin dal duplice titolo, ad ogni modo, il lettore piΓΉ navigato potrΓ facilmente intuire le massime influenze letterarie per il Deβ Medici degli anni Venti: il giΓ menzionato Poe, il suo omologo europeo Auguste Villiers de lβIsle-Adam, e ancora i decadenti francesi par excellence, e cioΓ¨ Huysmans e Baudelaire. Influenze che emergono limpide dalle lettura di questi racconti, che pure denotano una prosa non priva di una certa originalitΓ , e un pregnante gusto, oltre che per il macabro, anche per lβIdeale e il Sublime.
Nel Brigantino grande, per esempio, Γ¨ lβanelito ad abbandonare lβinsopportabile spleen di queste Β«cittΓ agonizzanti, prone sotto al peso dβincubi secolari, dβantichi rimpianti, dβincancellabili rimorsi ataviciΒ»,[6] a condurre mentalmente il narratore verso mari lontani, sullβonda melodiosamente onirica del canto di una sirena, Β«nel tremolio abbacinante del sole, verso lβinfinito della solitudineΒ», per approdare infine Β«a certi porti che nessuno conosce [β¦] costruiti da maghi, al di lΓ delle tempeste passionali, dove si ergono i minareti superbi, nei chiari silenzi, nellβimmobile splendore delle cose eterneΒ».[7] Ma il prezzo da pagare per lasciare tutto e abbandonarsi ai flutti dellβoceano, Β«cantando le folli canzoni impossibiliΒ» e ascoltando il canto delle sirene Γ¨ la ragione stessa: Β«Son vostri i miei tesori che stanno nella lunaΒ», dirΓ al temerario marinaio una fata sovrannaturale.
In cambio mi darete la vostra mente inutile e fallace. Non valgo forse tanto? Chi mβama e vuole da me essere riamato, deve sacrificare tutti i suoi pensieri, tutte le sue rimembranze: deve smarrire, per me, la ragione.[8]

Il personaggio della donna sovrannaturale β sirena, fata o musa che sia β ritorna altre volte nellβopera del Deβ Medici; per esempio in Lβamica del poeta, Β«bella come sono belle le donne che amiamo in sogno [β¦] un volto dβangelo e un corpo di sirenaΒ», amante ideale che alla fine svanisce nel nulla, come la Melusina del folklore medievale, in seguito a una sorta di pecca da parte del suo sposo. Qui il tabΓΉ infranto ha a che vedere con la purezza dβanimo del Poeta, che Β«un dΓ¬ fatale vins[e] la grossa lotteria, e diven[tΓ²] riccoΒ»:
Da quel giorno, ella non venne piΓΉ, nΓ© mai piΓΉ lβincontrai. La cercai per giorni, per mesi, per anni interi. La chiamai perdutamente, urlando e gemendo, nel buio atroce della mia vita, il mio dolore immenso, il mio abbandono mortale e senza fine.[9]
O ancora possiamo nominareΒ La Taciturna, figura muta e perversamente sinistra che ricorda da molto vicino laΒ ToscaΒ delΒ Tarchetti, noto scapigliato piemontese del secolo precedente, ma anche la Olimpia dellβUomo della SabbiaΒ di E.T.A. Hoffmann[10]Β (Β«pareva una bambola: un automaΒ»).[11]Β Ma nei tratti inquietanti della Taciturna possiamo anche vederci la reincarnazione femminile delΒ Grande Dio PanΒ di Arthur Machen:[12]Β come la Helen dello scrittore gallese, Deβ Medici la presenta come Β«molto bella, ma nei lineamenti del suo viso pallido, qualche cosa dβinerte, di agonizzante affiorava, e procurava in chi la fissava con attenzione un indefinibile senso di disagio, quasi di terroreΒ».[13]

Fata o sirena, musa o strega, la donna nei racconti di Deβ Medici, cosΓ¬ come giΓ nelle poesie di Baudelaire e nei racconti macabri di Poe, viene idealizzata allβennesima potenza, mettendo in risalto come il piΓΉ delle volte Eros e Thanatos vadano di pari passo, e cosΓ¬ pure lβestasi amorosa e la follia piΓΉ debilitante.
Il protagonista di PerchΓ©, non potendo avere il corpo dellβamata in vita, lo ottiene nella morte, prendendosi cura della stessa nei suoi ultimi battiti di vita per poi poterla, dopo il decesso, conservare per sempre, per il suo solo sguardo venerante. Non dissimile Γ¨ lβintento del protagonista di Maddalena, che in seguito alla tragica morte dellβamata desidera eternizzarla in una statua di cera, il quanto piΓΉ possibile viva:
Io volevo possedere unβeffigie perfetta di linee e di tinte: volevo serbare il sembiante della mia Maddalena, rosato, tiepido, colorito di gioventΓΉ, di floridezza e di vita [14]
[…] la mia Maddalena di cera, vivificata dal sangue che io avevo trasfuso nella sua essenza.[15]

Le vette piΓΉ elevate della raccolta, tuttavia, devono individuarsi a nostro parere in altri due racconti, Guland e Dopo. Nel primo ritorna come protagonista un alter-ego del Deβ Medici piΓΉ decadentista, prostrato dallo spleen della grigia realtΓ β Β«morbo mio tenebroso, eppur dolcissimo!Β» β e perennemente in cerca della fiamma che lo faccia ardere con fulgore sempre maggiore: Β«Voglio che tutto sia inquieto, come lβanima mia. Voglio che tutto frema, mosso dalla bufera che rota nella mia testa!Β».[16] Qui il protagonista assurge quasi a eroe faustiano, di hybris luciferina, che spicca dardi in direzione del sole per sfidarne lβautoritΓ divina:
con un gesto diabolico e rapace β io conosco i misteri tenebrosi della vita universale β ho strappato al mondo il suo centro: il centro invisibile e assoluto intorno al quale gira, e si muove, e si equilibra tutto il segreto sistema delle sfere. Io lβho strappato, e me lo sono cacciato, a forza, nel cranio. [β¦] ho mosso allora a mio piacimento le grandi costellazioni del cielo; ho diretto a mio capriccio gli immensi astri migratori degli spazi senza limite; ho mutato i destini ai vecchi pianeti cancerosi e impazziti nelle metodiche, ossessionanti loro rivoluzioni. [β¦] Tutto ho sconcertato. Tutto ho scosso. Tutto ho scombussolato [β¦] col mio cervello folle dβorgoglio sovrumano.[17]
Lβapparizione di quattro dame sovrannaturali β Morgana, Β«la fata bianca dellβinnocenzaΒ»; Melosina, Β«la fata rosa dellβamoreΒ»; Urgele, Β«la fata azzurra del pentimentoΒ»; e Viviana, Β«la fata dorata del perdonoΒ» β sembrerebbe portare per un momento il folle di fronte allo specchio della sua pazzia, ma a questβultima egli non rinuncia: nellβattimo in cui, Β«stordito dalle loro paroleΒ» sta per cedere, vede Β«nellβimmensa confusione del cielo, tra le mille e mille stelle in fugaΒ» apparire Β«Guland, lβastro nero, lβastro invisibile ai mortali, lβastro di SatanaΒ» β la sua stella.
Strappatevi [β¦] le vostre pupille inutili! — grida alle quattro dame — per vedere al di lΓ della Terra! CosΓ¬ potrete scorgere il mio cuore, lassΓΉ, stretto nel cuore di Guland: il mio cuore che vibra, che freme, che palpita, che scintilla nel mondo: il mio cuore inquieto che domina lβuniversoβ¦.[18]

Dopo, dal canto suo, si distingue da tutti gli altri racconti della raccolta per la sua somiglianza a un dialogo platonico tra i due personaggi, ricco di suggestioni esoteriche che tradiscono studi ermetici,[19] sapientemente coniugate con le piΓΉ moderne scoperte della fisica novecentesca:
Nellβuniverso, tu lo sai, tutto Γ¨ simile. Dal macrocosmo al microcosmo, come ci attesta lβantica e dimenticata saggezza magica: dalle colossali sfere delle regioni inesplorate agli atomi impercettibili, che non sono altro, del resto, come afferma la piΓΉ recente teoria scientifica, che minuscoli sistemi planetari.[20]
LβeventualitΓ di una vita dopo la morte, con queste premesse, viene analizzata secondo le dottrine che giΓ furono di Platone e dei Pitagorici: al momento della sua nascita in questo mondo, lβuomo non Γ¨ che un semplice embrione, da cui potrΓ nascere Β«una nuova crisalide, piΓΉ perfetta, piΓΉ sviluppata, piΓΉ adatta alla missione cui Γ¨ destinataΒ»[21] β dal suo daimon, avrebbe detto Platone. E la nascita vera e propria, quella della Β«farfalla dorataΒ» dalla crisalide, si realizza soltanto alla fine di quella che noi molto ingenuamente chiamiamo vita, vale a dire al momento della morte su questo piano di esistenza.
Siamo gli innumerevoli, infiniti piccoli semi, nei quali lβessenza-vita, latente ovunque nellβuniverso, involve per svilupparsi. Siamo la materia passiva, nella quale questa essenza-vita germoglia, per evolvere e trasformarsi in spirito-vita: la materia vile, insomma, attraverso la quale si procreano gli atomi destinati a formare la molecola eterna nellβassoluto.[22]
CosΓ¬, in ultima analisi, sebbene nellβΒ«ora atroce della suprema angosciaΒ» la materia si annienti, i lacci che imprigionano lβio si schiantino e una vertigine spaventosa aleggi sopra ogni cosa, infine scopriremo che Β«il cordone astrale si Γ¨ spezzato. Lβuomo Γ¨ morto alla vita umana. Γ nato alla vita divinaΒ».[23]

Note:
[1] Sullβorrore cosmico lovecraftiano e la pregnante influenza dellβattivitΓ onirica sulla sua opera, vedi M. Maculotti, βOniriconβ: H.P. Lovecraft, il Sogno e lβAltrove, su AXISmundi, febbraio 2018
[2] J. Bergier, Elogio del Fantastico, Il Palindromo, Palermo 2018; a riguardo vedi M. Maculotti, Jacques Bergier e il βRealismo Magicoβ: un nuovo paradigma per lβera atomica, su AXISmundi, giugno 2019
[3] Su Hodgson, vedi M. Maculotti, Il viaggio al termine della notte di William Hope Hodgson, su AXISmundi, aprile 2020
[4] F. Cenci, βCarlo Hakim Deβ Medici: storia di una riscopertaβ, prefazione a C.H. Deβ Medici, I topi del cimitero, Cliquot, Roma 2019, p. 9
[5] A riguardo, vedi M. Maculotti, Gustav Meyrink alle frontiere dellβocculto, su AXISmundi, settembre 2018
[6] Deβ Medici, op. cit., p. 23
[7] Ivi, p. 24
[8] Ibidem (corsivo nostro)
[9] Ivi, p. 35
[10] Per unβanalisi di Der Sandmann, vedi M. Maculotti, Occhi, burattini e doppelgΓ€nger: il βperturbanteβ in βDer Sandmannβ di E.T.A. Hoffmann, su AXISmundi, novembre 2018
[11] Deβ Medici, op. cit., p. 29 (corsivo nostro)
[12] Sulla Helen del Pan di Machen, vedi M. Maculotti, Arthur Machen e il risveglio del Grande Dio Pan, su AXISmundi, ottobre 2018
[13] Deβ Medici, op. cit., p. 29
[14] Ivi, p. 97
[15] Ivi, p. 98 (corsivo nostro)
[16] Ivi, p. 66 (corsivo nostro)
[17] Ivi, pp. 66-67 (corsivo nostro)
[18] Ivi, p. 72 (corsivo nostro)
[19] Viene alla mente soprattutto il Corpus Hermeticum, trattato che la tradizione vuole scritto dal mitico Ermete Trismegisto, la cui redazione piΓΉ antica risale allβepoca imperiale (II-III secolo d.C.); tradotto in latino da Marsilio Ficino, divenne la massima fonte dβispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico rinascimentale; ma anche il Kybalion, scritto da Β«Tre IniziatiΒ» anonimi e pubblicato nel 1908, che del primo si presenta come una summa.
[20] Deβ Medici, op. cit., p. 103
[21] Ivi, p. 106
[22] Ivi, p. 112 (corsivo nostro)
[23] Ivi, p. 108 (corsivo nostro)

