Voci notturne a ponte Sublicio

Trasmesso per la prima volta il 24 settembre 1995, lo sceneggiato televisivo scritto da Pupi Avati e diretto da Fabrizio Laurenti oggi compie ventisei anni. Andiamo a ripercorrerne, per l’occasione, gli elementi esoterici ed occultistici che emergono dalla visione dei cinque episodi che lo compongono.

L’esplorazione altaica di Nicholas Roerich alla ricerca di Belovodye, “la Terra degli Dèi Viventi”

Tra i luoghi visitati da Nicholas Roerich nel corso delle sue spedizioni asiatiche degli anni ’20, una menzione speciale va all’area dei Monti Altai, dove il pittore ed esploratore russo andò alla ricerca della mitica Belovodye, sotterranea “Terra degli Immortali” equivalente alla Shamballah himalayana, dove secondo la leggenda si occultò, in un passato antidiluviano, la misteriosa stirpe dei Chud, e da cui si ritiene giungerà, in un futuro prossimo, il santo Oirot Khan, ultimo discendente di Gengis Khan e “Salvatore del Mondo”.

H.P. Lovecraft, i “mondi perduti” e la Teosofia

Una delle cose che più colpiscono il lettore che abbia familiarità con i temi dell’esoterismo è la grande quantità di elementi tradizionali nei racconti di Lovecraft, il che è ben strano se si tiene conto che egli si definiva un assertore convinto del meccanicismo e del materialismo. Questi concetti, tra cui quello dei cosiddetti “continenti perduti”, non gli giunsero però attraverso fonti autenticamente tradizionali, bensì per mezzo delle cogitazioni e delle affabulazioni dei teosofi di fine Ottocento, che ispirarono anche alcuni colleghi del Sognatore di Providence, come Clark Ashton Smith e Robert E. Howard.

Video: HPL fu un “medium inconsapevole”? Due corti su Lovecraft

HPL fu forse un “medium inconsapevole” di potenze “aliene”? Sul nostro canale Youtube abbiamo iniziato a caricare alcuni brevi video, da noi opportunamente montati, per far luce sulla questione. Nel primo dei due partiamo dalle esperienze oniriche che gli occorsero fin dall’infanzia, mentre nel secondo analizziamo gli elementi “rivelazionali” della sua personalissima* mitopoiesi cosmica.

Roerich, Gurdjieff, Blavatsky: i segreti del deserto del Gobi

Durante la spedizione del 1927 in Asia centrale, il pittore ed esploratore russo Nicolas Roerich mosse verso il deserto del Gobi, in Mongolia, attraversando la palude salina di Qaidam (Tsaidam). Le tradizioni riportate da Madame Blavatsky e da Georges Ivanovič Gurdjieff, nonché i racconti del folklore locale, lo dicevano sede di un antico mare, all’interno del quale si tramandava si fossero sviluppate civiltà avanzate ora dimenticate e città leggendarie ora sepolte dalle sabbie.

Civiltà del mondo sotterraneo nella narrativa fantascientifica

Il topos delle civiltà sotterranee sembra ricorrente nella storia del pensiero umano, che si tratti di mito, folklore, conoscenze esoteriche, realtà alternativa o “semplice” fantascienza, al punto che talvolta si ha difficoltà a etichettare le varie versioni del topos in una categoria piuttosto che nell’altra. In questa sede ci occuperemo delle variazioni del topos nella letteratura fantascientifica tra XIX e XX secolo.

Mircea Eliade: «Pauwels, Bergier e il Pianeta dei maghi»

Dedicata a scienza e mistero, passato e futuro, archeologia e fantascienza, “Planète” fu una rivista poliedrica, edita da Louis Pauwels e Jacques Bergier, già autori del libro-culto del «realismo fantastico» “Il mattino dei maghi”, che attirò anche l’attenzione di Mircea Eliade, il quale ne parlò nella sua opera “Occultismo, stregoneria e mode culturali”, pubblicata nel 1976.

“Il Viaggiatore di Agartha”: il realismo magico di Abel Posse

Nel romanzo iniziatico dello scrittore e diplomatico argentino, pubblicato trent’anni fa e ambientato durante le ultime battute della Seconda Guerra Mondiale, convolano a nozze il «realismo magico» di Pauwels e Bergier, le dottrine esoteriche della Scuola Teosofica di fine Ottocento che poi influenzarono le società segrete mitteleuropee Thule e Vril e la leggenda orientale del regno sotterraneo degli Immortali. Sullo sfondo, un’Europa ormai allo stremo e un Tibet che da lì a pochi anni avrebbe conosciuto la tragedia indelebile dell’invasione cinese.

Da Stonehenge a Rapa Nui: Donald Wandrei e il ritorno dei Titani

Prendendo a piene mani dalla letteratura “Weird” di H.P. Lovecraft e Arthur Machen e unendo quanto ricavato con le ipotesi di Charles Fort e le dottrine teosofiche ed “atlantidee”, il romanzo del 1932 di Wandrei ha saputo anticipare se non addirittura plasmare gran parte delle correnti culturali ascrivibili alla cosiddetta “realtà alternativa” della seconda parte del XX secolo: dal “realismo magico” di Jacques Bergier alla “paleo-astronautica”, dall’incontro con civiltà extraterrestri fino ad alcune previsioni distopiche che oggi, a quasi un secolo di distanza, non sembrano affatto fantascientifiche.

Jacques Bergier e il “Realismo Magico”: un nuovo paradigma per l’era atomica

Recentemente tradotto in italiano dai tipi de Il Palindromo, “Elogio del Fantastico” dello scrittore e giornalista francese Jacques Bergier, noto soprattutto per aver scritto con Louis Pauwels “Il mattino dei maghi”, fornisce un’analisi dell’opera di alcuni “scrittori magici” al tempo sconosciuti al pubblico francofono (tra cui Tolkien, Machen e Stanislav Lem), volta a definire un nuovo paradigma per il XXI secolo che possa coniugare la scienza e la fantascienza con la categoria ontologica del “sacro”.


“I remember Lemuria!”: il Mistero Shaver, un mito per l’era atomica

Portato alla ribalta dal magazine pulp “Amazing Stories”, diretto da Ray Palmer, negli anni ’40 del secolo scorso, il “Mistero Shaver” viene ricordato ancora oggi come uno dei capitoli più controversi ed influenti del filone — a metà strada tra occultismo e fantascienza — della cosiddetta “Realtà Alternativa”.

Civiltà “sotterranee” nel mito, nell’occultismo e nella “realtà alternativa”

In contemporanea con la pubblicazione del nostro articolo sulle “Civiltà del mondo sotterraneo nella letteratura fantastica” apparso su Dimensione Cosmica, abbiamo qui redatto un breve excursus sul medesimo topos nelle tradizioni sacre, nell’ambito esoterico e nella «realtà alternativa» del Novecento

Gustav Meyrink: “Il volto verde”

«I fatti della vita di Meyrink sono meno problematici della sua opera… Monaco, Praga e Amburgo si divisero gli anni della sua giovinezza. Sappiamo che fu impiegato di banca e che aborrì quel lavoro. Sappiamo anche che tentò due rivincite o due forme di evasione: lo studio confuso delle confuse “scienze occulte” e la composizione di scritti satirici». Con queste parole, nel 1938, Borges presentava impavidamente ai lettori argentini Meyrink, autore onirico per eccellenza, in cui si realizza il fatale incontro tra l’occulto e il feuilleton. Ed è nel Volto verde che Meyrink raggiunge il vertice della sua arte di «romanziere chimerico» e del suo stile «mirabilmente visivo» – e il vertice del suo istrionismo, se con questa parola si intende una strepitosa capacità di insufflare vita narrativa nelle più ardue immagini esoteriche: in questo caso la leggenda del volto verde, ossia del volto evanescente di colui che detiene «le chiavi dei segreti della magia» e, immortale, è rimasto sulla terra per radunare gli eletti». [quarta di copertina edizione italiana Adelphi]

Il Regno Sotterraneo (F. Ossendowski, «Bestie, Uomini, Dèi»)

(Tratto da F.A. Ossendowski, «Bestie, Uomini, Dèi: il mistero del Re del Mondo», cap. XLVI)

La Mongolia, con le sue nude e terribili montagne, le sue sconfinate pianure disseminate di ossa disperse degli antenati, ha dato i natali al Mistero. La sua gente, spaventata dalle passioni tempestose della Natura o cullata dalle sue paci che somigliano alla morte, avverte il suo mistero. I suoi Lama «Rossi» e «Gialli» preservano e rendono poetico il suo mistero. I Pontefici di Lhasa e di Urga lo conoscono e lo posseggono. Conobbi il «Mistero dei Misteri» per la prima volta viaggiando per l’Asia centrale, e non saprei dargli altro nome. In un primo momento non gli concessi molta attenzione e non gli diedi l’importanza che successivamente realizzai meritasse, me ne resi conto soltanto dopo che ebbi analizzati e confrontati fra loro molti indizi sporadici, vaghi e non di rado contradditori. Gli anziani sulla riva del fiume Amyl mi raccontarono un’antica leggenda secondo la quale una certa tribù mongola nella propria fuga dalle pretese di Gengis Khan si era nascosta in un paese sotterraneo. In seguito un Soyot che veniva dai pressi del lago di Nogan Kul mi mostrò la porta fumante che funge da ingresso al «Regno di Agharti». Attraverso questa porta un cacciatore in passato era entrato nel Regno e, dopo il suo ritorno, cominciò a raccontare quello che vi aveva visto. I Lama gli tagliarono la lingua per impedirgli di raccontare il Mistero dei Misteri. Raggiunta la vecchiaia, tornò all’ingresso di questa grotta e scomparve nel regno sotterraneo, il cui ricordo aveva ornato e illuminato il suo cuore nomade. Ricevetti informazioni più realistiche riguardo a ciò dal Hutuktu Jelyb Djamsrap a Narabanchi Kure. Egli mi raccontò la storia dell’arrivo semi-realistico del potente Re del Mondo dal regno sotterraneo, del suo aspetto, dei suoi miracoli e delle sue profezie; e solo allora cominciai a comprendere che in quella leggenda, ipnosi o visione di massa, qualunque cosa essa fosse, si cela non solo del mistero ma una realistica e potente forza capace d’influenzare il corso della vita politica dell’Asia. Da quel momento ho cominciato a svolgere alcune indagini. Il Gelong Lama favorito del principe Chultun Beyli e il principe stesso mi diedero un resoconto del regno sotterraneo.