H.P. Lovecraft & J.R.R. Tolkien: creatori di mondi nel secolo dell’Irrazionalismo

Howard Phillips Lovecraft e John Ronald Reuel Tolkien sono insieme sia figli che attivi protagonisti del XX secolo. È possibile leggere la loro opera ed attività come espressione delle aspirazioni, bisogni emotivi, ma anche delle paure e delle tensioni dell’uomo del Novecento, nonché stabilire, a ragione, delle connessioni fra esse e i movimenti dell’Irrazionalismo novecentesco che, a più livelli, caratterizzano la fuga dalla realtà del secolo scorso: dalle pseudoscienze all’antroposofia, dall’esoterismo al revival dei miti delle civiltà perdute e sommerse dal Mare, nei tempi di Atlantide e Lemuria.

Il “Gothic Revival” vittoriano e la nostalgia romantica per il Medioevo 

L’opera letteraria di William Morris è espressione del climax del suo tempo: il gothic revival d’età vittoriana teso a rievocare un Medioevo di fantasia, invenzione da contrapporre alla modernità. Così Morris rielabora e recupera simboli, temi e topoi dei romance e dei poemi d’età medievale: il viaggio ciclico, d’iniziazione, dell’eroe protagonista, le prove da superare rappresentate dalla “dama senza pietà” e dal bosco periglioso, la nostalgia romantica di tempi obliati, dei luoghi remoti appartenuti a un mitico passato. Tutti temi che Tolkien farà suoi e presenterà in una nuova luce, rinnovandoli, ne “Lo Hobbit” e ne “Il Signore degli Anelli”.

L’anima oscura dell’Elric di Melniboné di Michael Moorcock, l’«anti-Tolkien»

Divinità del Caos, antichi metauniversi alieni, incarnazioni avatariche destinate a reincarnarsi perennemente nelle ronde dell’eterno ritorno, grimori e magia nera: se cercate l’anima oscura del fantasy e quella fatalista dello sword&sorcery, avete buone probabilità di trovarla nell’«Erlic di Melniboné» di Michael Moorcock.

J.R.R. Tolkien, la vicenda umana di un hobbit del ventesimo secolo

Acuto conservatore ostile a qualsiasi forma di estremismo, sincero cattolico profondamente influenzato da numerosi altri apparati mitico-religiosi, tenace difensore degli alberi contro la società delle macchine: Tolkien è stato questo, e molto di più. Ripercorriamo la vita di uno dei maestri del fantastico contemporaneo nel giorno del suo anniversario.

“Oltre il Reale”, o della dignità letteraria del Fantastico

La letteratura fantastica viene ancora considerata da troppi a malapena paraletteratura; “Oltre il Reale”, il nuovo volume edito da GOG edizioni ci aiuta ad affermare il contrario, analizzando l’opera di cinque tra gli autori più importanti del genere dalla fine del XIX secolo ad oggi: Lovecraft, Machen, Meyrink, Tolkien e Ashton Smith. 

“Oltre il Reale”: per una Metafisica del Fantastico

Quella della narrazione nasce come pratica profondamente sacra: nel raccontar-si e nel raccontare il mondo, l’uomo lo ricrea e lo rifonda continuamente, poiché «non vive più in un universo soltanto fisico, ma in un universo simbolico. Il linguaggio, il mito, l’arte e la religione fanno parte di questo universo, sono i fili che costituiscono il tessuto simbolico, l’aggrovigliata trama dell’umana esperienza». La narrazione diventa così ben presto la chiave per le innumerevoli porte del Mistero, per un relazionarsi tra dimensioni diverse eppure autenticamente reali.

“Oltre il reale”

La dimensione del fantastico è sempre esistita. Nell’antichità, attraverso il ricorso a miti, saghe, leggende e cosmogonie, gli esseri umani hanno plasmato le proprie convinzioni e motivato le loro azioni. Oggi il fantastico continua a permeare la vita e l’inconscio collettivo dell’uomo, esprimendosi con mezzi certamente diversi ma sempre capaci di magnetizzare le nostre bussole interiori. Lovecraft, Machen, Meyrink, Smith e Tolkien sono cinque autori paradigmatici di questo genere, finalmente presentati in tutta la loro dignità letteraria e filosofica nel nuovo saggio edito da GOG edizioni.

Jacques Bergier e il “Realismo Magico”: un nuovo paradigma per l’era atomica

Recentemente tradotto in italiano dai tipi de Il Palindromo, “Elogio del Fantastico” dello scrittore e giornalista francese Jacques Bergier, noto soprattutto per aver scritto con Louis Pauwels “Il mattino dei maghi”, fornisce un’analisi dell’opera di alcuni “scrittori magici” al tempo sconosciuti al pubblico francofono (tra cui Tolkien, Machen e Stanislav Lem), volta a definire un nuovo paradigma per il XXI secolo che possa coniugare la scienza e la fantascienza con la categoria ontologica del “sacro”.