G. de Santillana: “La storia da riscrivere”. Riflessioni su “Fato antico” e “afflizione moderna”

(immagine: Gilbert Bayes, Ananke, scultura)

Estratto dal saggio di Giorgio de Santillana «La storia da riscrivere», scritto nel 1968 e pubblicato l’anno seguente dal Massachusetts Institute of Technology, in seguito (1985) tradotto e pubblicato in Italia da Adelphi nella raccolta di scritti intitolata «Fato antico e fato moderno».

Prefazione e note a cura di Marco Maculotti. Corsivi nostri.

Il simbolismo della Spirale: la Via Lattea, la conchiglia, la “rinascita”

di Marco Maculotti

Avendo analizzato nei mesi scorsi [cfr. Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia] una serie di riti, miti e deità connessi alla tematica della rinascita cosmica, vogliamo in questo appuntamento e nei prossimi concentrare la nostra attenzione su alcuni simboli, cui abbiamo già accennato, che l’uomo arcaico riconobbe come immagini in grado di elevarlo escatologicamente verso la comprensione di tale mistero.

Patria artica o “Madre Africa”?

di Michele Ruzzai
copertina: Vsevolod Ivanov

Riassunto della conferenza svoltasi in data venerdì 24 febbraio 2017 presso Trieste.

Dopo il precedente incontro su “Le radici antiche degli Indoeuropei” del 27/1/2017 anche questo, svoltosi grazie all’organizzazione di Daniele Kirchmayer, è stato introdotto dalle utili ed interessanti note di Fabio Calabrese, che ha fornito un primo inquadramento dei temi in argomento, insistendo in particolare sul forte conformismo, ideologicamente orientato, dell’attuale ricerca preistorica. In effetti, come punto d’avvio della conferenza, si può senz’altro dire che oggi il mondo accademico, ed anche quello divulgativo rivolto ad un pubblico più vasto, sia fondato su due assunti che tendono a presentarsi come dei veri e propri “dogmi” di fede, in verità tutt’altro che dimostrati: l’evoluzionismo “ascendente” in una prospettiva biologica più generale, e l’afrocentrismo delle origini umane in quella più specificatamente riguardante la nostra specie, Homo Sapiens. Inizieremo esponendo alcuni punti di critica a questi due apriorismi concettuali e successivamente passeremo ad illustrare gli elementi più propriamente costruttivi del discorso.

Una scienza a brandelli: sopravvivenze delle dottrine del tempo ciclico dal Timeo all’Apocalisse

di Andrea Casella
copertina: William Blake, illustrazione per la Divina Commedia di Dante Alighieri

Nel primo articolo di questo ciclo [cfr. Il tempo ciclico e il suo significato mitologico: la precessione degli equinozi e il tetramorfo], abbiamo detto che, a intervalli regolari, a causa della precessione, si verificano, nei quattro punti cardinali dell’anno, alcuni avvicendamenti di costellazioni. Questo è il motivo per cui i testi sacri parlano di certe “catastrofi” che determinano una qualche “sommersione” di una vecchia “terra” e il sorgere di una nuova (ciò almeno fino a un certo tempo della storia). Ogni età del mondo ha la sua “terra”, ossia il suo piano dell’eclittica, delimitato dagli equinozi e dai solstizi, che emerge dal “mare”, ossia dal piano di demarcazione dell’equatore celeste. Quando i punti dell’anno vengono determinati da altre costellazioni sorge sull’orizzonte una “terra” nuova, mentre quella vecchia sprofonda sotto il livello del mare.

Da Pan al Diavolo: la ‘demonizzazione’ e la rimozione degli antichi culti europei

di Marco Maculotti
copertina: Arnold Böcklin, “Pan, the Syrinx-Blowing”, 1827

Abbiamo già avuto precedentemente modo di vedere che, nei primi secoli della nostra èra e persino durante l’epoca medievale il cd. «paganesimo rurale» mantenne inalterata la propria diffusione, soprattutto nelle zone più distanti dai grandi centri abitati. San Massimo ebbe modo di notare che “nel IV secolo (…) i primi missionari passavano di città in città e diffondevano rapidamente il Vangelo in un’area molto vasta, ma non sfioravano neppure la campagna circostante”, aggiungendo poi che “perfino nei secoli V e VI, quando la maggior parte di loro era stata convertita da un pezzo, in Gallia e in Spagna la Chiesa, come risulta dai ripetuti Canoni dei Concili del tempo, incontrava grande difficoltà nel sopprimere gli antichi riti con cui i contadini da tempo immemorabile scongiuravano le pestilenze e incrementavano la fertilità delle greggi e dei campi” [A.A. Barb, cit. in Centini, p.101].

Divinità del Mondo Infero, dell’Aldilà e dei Misteri

di Marco Maculotti


Continuiamo il discorso precedentemente sviluppato, riprendendolo dalla connessione che abbiamo visto sussistere, nelle tradizioni antiche, tra il periodo della «crisi solstiziale»  e la credenza nel ritorno delle anime dei morti tra i vivi. La connessione con il mondo infero/sotterraneo e con il Regno dei Morti sembra, come abbiamo visto, ricorrente per queste divinità che abbiamo definito ‘del Sole Invernale’ [cfr. Cernunno, Odino e altre divinità del ‘Sole Invernale’], al tempo stesso numi della fecondità epperò anche legati al mondo infero e, quindi, ai trapassati.

Abbiamo già visto che il celtico Cernunno, oltre a essere dio della natura e del tempo, è anche considerato una divinità infera, in particolar modo per quanto riguarda la sua funzione psicopompa, di accompagnatore dei defunti nell’aldilà: un aspetto mercuriale che nella tradizione nordica si ritrova pure, come abbiamo avuto modo di vedere, in Odino/Wodan, da cui deriva infatti il giorno della settimana che latinamente spetta a Mercurio (wednesday=“Wodan’s day”). Ugualmente, in molteplici tradizioni di ogni parte del mondo si trovano figure numinose connesse sia con la fertilità che con il Mondo Infero e l’Oltretomba, a partire dal mediterraneo Signore dell’Ade Plutone, tra i cui simboli vi è la cornucopia (*krn), veicolante abbondanza, fecondità, ricchezza.

Cicli cosmici e rigenerazione del tempo: riti di immolazione del ‘Re dell’Anno Vecchio’

di Marco Maculotti


Mircea Eliade scrisse che “la differenza principale tra l’uomo delle società arcaiche e tradizionali e l’uomo delle società moderne, fortemente segnato dal giudeo-cristianesimo, consiste nel fatto che il primo si sente solidale con il cosmo e con i ritmi cosmici, mentre il secondo si considera solidale solamente con la storia” [Eliade (1), p.5
]. Questa «vita cosmica» è connessa al microcosmo da una “corrispondenza strutturale di piani disposti in ordine gerarchico” che “costituiscono nel loro insieme la legge universale armonica in cui è integrato l’uomo” [Sanjakdar, p.155].

L’uomo arcaico teneva nella massima considerazione soprattutto i solstizi e gli equinozi, nonché le date ad essi intermedi: si riteneva che in questi particolari giorni, che segnavano il passaggio da una fase del ciclo alla successiva della «ruota dell’anno», l’energia del cosmo fluisse più liberamente, e dunque scelsero tali date per operare i propri rituali. In questa sede ci interessano soprattutto determinate date comprese fra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, vale a dire la fase calendariale in cui il Sole sembra morire: la cosiddetta «crisi solstiziale» o «crisi invernale».

La dottrina dell’Eterno Ritorno dell’uguale: da Beroso ad Eliade

di Marco Maculotti

Come lo stesso Nietzsche ebbe a riconoscere in Ecce homo, la dottrina dell’Eterno Ritorno dell’uguale gli fu ispirata dalla lettura di alcuni filosofi della corrente stoica, in particolare modo Zenone di Cizio e Cleante di Asso. Tuttavia, spetta probabilmente al caldeo Beroso la prima enunciazione giuntaci in ambito occidentale della dottrina del «Grande Anno» e dell’Eterno Ritorno: l’universo vi è considerato come eterno, ma è annientato e ricostituito periodicamente ogni «Grande Anno» (il numero corrispondente di millenni varia da una scuola all’altra); quando i sette pianeti si riuniranno nel segno del cancro («Grande Inverno», solstizio invernale del «Grande Anno») avverrà un diluvio; quando essi si incontreranno nel segno del capricorno («Grande Estate», solstizio estivo del «Grande Anno») l’intero universo verrà consumato dal fuoco [Eliade 116-7].

La festività di Lughnasadh/Lammas e il dio celtico Lugh

Anticamente, presso le popolazioni celtiche, all’inizio del mese di agosto si celebrava Lughnasadh/Lammas, la festa del primo raccolto, istituita secondo il mito dal dio Lugh in persona. Un’analisi delle funzioni di quest’ultimo ci permetterà di metterne in risalto la notevole poliedricità e le corrispondenze con altre divinità delle tradizioni indoeuropee (come Apollo, Beleno e Odino) e addirittura con due potenze divine della tradizione giudaico-cristiana apparentemente opposte fra loro: Lucifero e l’arcangelo Michele.

Il fenomeno della paralisi nel sonno: interpretazioni folkloriche e ipotesi recenti

I miti e le cronache del folklore ci hanno trasmesso con estrema chiarezza il modo in cui gli antichi inquadravano questo fenomeno: sorprendentemente, tutte le cronache e le leggende dell’antichità sono concordi nell’affermare che responsabile di queste inquietanti esperienze è un certo tipo di entità astrali—talvolta etichettate dalla mentalità moderna come ‘spiriti’, altre volte come ‘demoni’, sovente anche come ‘fairies’ et similia—che conducono i propri attacchi unicamente durante la notte, spesso premendo sul corpo della vittima dormiente e talvolta intrattenendo con il soggetto un rapporto di tipo sessuale. Tali entità, nelle varie culture, sono state denominate in numerosi modi, i più noti dei quali a noi occidentali sono quelli di derivazione latina: ‘succubi’, ‘incubi’ e ‘larve’.

di Marco Maculotti
copertina: Johann Heinrich Füssli, Nightmare

La paralisi nel sonno, detta anche allucinazione ipnagogica, è un disturbo del sonno in cui, a cavallo tra il sonno e la veglia (quindi nel momento prima di addormentarsi o nell’istante precedente il risveglio) ci si trova improvvisamente impossibilitati a muoversi. Il più delle volte, da quanto afferma chi soffre di questo disturbo, la paralisi ha inizio con una sensazione di formicolio che attraversa il corpo, arrivando fino alla testa, al cui interno il soggetto avverte una specie di ronzio «come di uno sciame d’api» oppure un suono simile a quello di una lavatrice o ancora un «battere e stridere di oggetti metallici». Spesso la vittima di tale esperienza prova a gridare per chiedere aiuto, riuscendo tutt’al più a sussurrare debolmente, provando inoltre la sgradevole sensazione di sentire la propria voce soffocata da qualcosa di anomalo.

Sovente, se la vittima si trova a letto con qualcuno, quest’ultimo non può accorgersi di nulla, al punto che sovente nemmeno i fenomeni più disturbanti (suoni e rumori terrificanti, voci incomprensibili, talvolta persino strane luci innaturali proveniente dall’esterno) riescono a destare l’attenzione di chi non subisce l’episodio in prima persona. Può anche capitare che il succube (che, se un tempo era il nome per indicare la misteriosa entità causante il fenomeno, ora è invece il termine con cui la scienza medica si riferisce alla ‘vittima’) oda voci familiari—o, talvolta, persino ‘demoniache’—chiamarlo, o discutere tra di loro alle spalle del soggetto o, peggio ancora, sussurrargli vicino al collo, spesso da dietro le spalle, con voce inquietante.

La scienza ritiene che questo stato anomalo sia dovuto alla persistenza dello stato di atonia che i muscoli presentano durante il sonno ed è causato da una discordanza tra la mente e il corpo: con la conseguenza che, sebbene il cervello sia attivo e cosciente e il soggetto riesca spesso a vedere e percepire chiaramente ciò che lo circonda, nonostante ciò il corpo permane in uno stato di riposo assoluto, al punto che qualsiasi movimento gli è precluso per tutta la durata dell’esperienza. Naturalmente, la scienza nega la realtà delle esperienze provate durante questa misteriosa esperienza, riducendole a mere allucinazioni causate da altrettanto misteriose alterazioni dell’equilibrio cerebrale dei soggetti, che si verificherebbero nel momento esatto del passaggio tra la veglia e il sonno—e viceversa.