Categoria: Antropologia (pagina 7)
Sacralità, mito e divinità nella civiltà degli antichi Sardi
Terra d’elezione di una élite eroica e guerriera che viveva pervasa dalla dimensione del Sacro, la Sardegna può essere, a ragione, annoverata tra i più importanti centri spirituali dell’antichità: obiettivo di questo studio è ricostruire attraverso le lenti della storia, del mito e della tradizione lo sviluppo dell’ancestrale ethnos sardo e della sua cultura
Viaggio in Mongolia: le confessioni di Bolod il Buriato
Il nostro secondo reportage di viaggio, per gli amici de Il Cartello, sulla Mongolia: dai culti sciamanici all’Impero di Gengis Khan, dal Lamaismo buddhista alla dominazione sovietica
Cimmeri, Sciti e Sarmati: i popoli iranici dell’antica Eurasia
Viaggio alla scoperta delle antiche popolazioni indoeuropee di cavalieri guerrieri che occuparono, durante l’età del ferro, il vasto territorio compreso fra l’Est Europa, il Caucaso e le steppe dell’Asia centrale
Animali spirituali: tradizioni native del Canada subartico
La ‘spiritualizzazione’ degli animali e le loro rispettive funzioni archetipicali nella visione olistica dei nativi americani dell’estremo nord
René Guénon: “Sul significato delle feste carnevalesche”
L’insuperata analisi da parte dell’esoterista francese sul senso tradizionale del Carnevale, del «mondo alla rovescia» e delle mascherate
Le lontane origini del Carnevale sardo
Un avvincente viaggio alla scoperta del legame tra le festività carnevalesche, fiore all’occhiello del folklore della Sardegna, e i culti ancestrali che ne segnarono il passato
Vita da gher: il nomadismo in Mongolia
Il popolo Berbero: tra carovane, deserti e oasi
Gli Imazighen (ⵉⵎⴰⵣⵉⵖⴻⵏ, “gli uomini liberi”) sono probabilmente uno dei casi più autentici, longevi e interessanti di popolazione nomade che sia giunto fino ai nostri tempi. Meglio conosciuti come Berberi (poiché chiamati al-barbar dagli arabi), sono l’ultima popolazione nomade attualmente presente nella zona geografica del Sahara. Di essi si sa ben poco se non informazioni che giungono a noi dalle cronache degli imperi e regni (poi dissoltisi nel corso dei secoli) che hanno avuto a che fare con loro per vicinanza geografica e ragioni economiche (egizi e romani in primis).
Jack Fiddler, l’ultimo cacciatore di Wendigo
(articolo di Gian Mario Mollar, originariamente pubblicato su FarWest)
Il suo nome Ojibwa era Zhauwuno-Geezhigo-Gaubow, «Colui che si staglia contro il cielo del sud», e, nel dialetto Cree, Maisaninnine o Mesnawetheno, «Uomo di stile», ma gli uomini bianchi della Hudson Bay Company lo soprannominarono Jack Fiddler. Nato tra il 1830 e il 1840 nella terra selvaggia e rigogliosa a nord ovest del Lago Ontario, figlio di un rispettato e temuto sciamano, divenne a sua volta capo e sciamano della tribù dei Sucker di Sandy Lake. Ai tempi della sua infanzia, la regione era spoglia di animali e di uomini, in quanto la Hudson Bay Company, dedita al Commercio di pellicce, aveva ormai abbandonato l’avamposto dopo anni di caccia intensiva e indiscriminata che avevano impoverito il territorio. La tribù dei Sucker fu così costretta a spostarsi più a sud, al Big Trout Lake, per commerciare e il giovane Zhauwuno-Geezhigo-Gaubow lavorò per qualche tempo come battelliere, per trasportare le pellicce alla York Factory.
Mircea Eliade: “I miti del mondo moderno”
Nel primo capitolo del suo studio Miti, sogni e misteri (pubblicato nel 1957), lo storico delle religioni romeno Mircea Eliade tratta la questione della sopravvivenza del Mito, più o meno “mascherato”, nel mondo moderno. L’interrogativo da cui parte la sua analisi è il seguente: «Che cosa sono diventati i miti nelle società moderne? O meglio: che cosa ha occupato il posto essenziale che il mito aveva nelle società tradizionali?». Con queste premesse, Eliade indaga dunque la funzione del pensiero mitico nel Novecento, analizzando in primo luogo i diversi tipi di escatologia sottesa ai miti politici della nostra epoca: il “mito comunista” e quello “nazionalsocialista”.
Il simbolismo della Spirale: la Via Lattea, la conchiglia, la “rinascita”
di Marco Maculotti
Avendo analizzato nei mesi scorsi [cfr. Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia] una serie di riti, miti e deità connessi alla tematica della rinascita cosmica, vogliamo in questo appuntamento e nei prossimi concentrare la nostra attenzione su alcuni simboli, cui abbiamo già accennato, che l’uomo arcaico riconobbe come immagini in grado di elevarlo escatologicamente verso la comprensione di tale mistero.
Le religioni del mistero: soteriologia del culto mithraico e di Attis/Cibele
(immagine a lato: affresco rappresentante Mithra che uccide il toro, II sec. d.C., Marino, Italia)
Negli anni ’50 fanno il loro ingresso nel mondo accademico i documenti gnostici di Nag Hammadi, ritrovati nell’immediato dopoguerra in Egitto, e si poneva nel campo degli studi la necessità di una riflessione sul materiale a disposizione e un ripensamento delle categorie in cui ricadevano i cosiddetti culti misterici. Gli anni tra il ’30 e il ’40 avevano già apportato nuovi materiali e nuove ipotesi di ricerca: gli studi sul pattern o modello mitico-rituale inaugurati in Inghilterra, che ancora risentivano del comparativismo frazeriano, «ponevano ormai il tema delle religioni misteriche in una prospettiva più vasta per considerarle, una per una, nelle loro radici antiche di religioni nazionali ed etniche – Creta, Egitto, Anatolia e il resto dell’Asia anteriore, superando la limitazione ai culti mistici e soteriologici d’età ellenistico-romana e in particolare quelli relativi a divinità di origine orientale» come Mithra (Persia), Iside e Osiride (Egitto, Roma), Cibele e Attis (Anatolia), Afrodite/Astarte e Adonis (Fenicia, Grecia) [Da: U. Bianchi, Lo studio delle religioni del mistero, in La soteriologia dei culti orientali nell’Impero romano, Atti del Colloquio internazionale, Roma 24-28 sett. 1979].
Anna Perenna e la fonte dell’eterno ritorno
Sangue, Gens, Genius: riti familiari a Roma antica
di Marco Maculotti
(articolo originariamente pubblicato su L’ora d’Aria,
in data 13 febbraio 2017, e in questa sede rivisionato)
Patria artica o “Madre Africa”?
di Michele Ruzzai
copertina: Vsevolod Ivanov
Riassunto della conferenza svoltasi in data venerdì 24 febbraio 2017 presso Trieste.
Dopo il precedente incontro su “Le radici antiche degli Indoeuropei” del 27/1/2017 anche questo, svoltosi grazie all’organizzazione di Daniele Kirchmayer, è stato introdotto dalle utili ed interessanti note di Fabio Calabrese, che ha fornito un primo inquadramento dei temi in argomento, insistendo in particolare sul forte conformismo, ideologicamente orientato, dell’attuale ricerca preistorica. In effetti, come punto d’avvio della conferenza, si può senz’altro dire che oggi il mondo accademico, ed anche quello divulgativo rivolto ad un pubblico più vasto, sia fondato su due assunti che tendono a presentarsi come dei veri e propri “dogmi” di fede, in verità tutt’altro che dimostrati: l’evoluzionismo “ascendente” in una prospettiva biologica più generale, e l’afrocentrismo delle origini umane in quella più specificatamente riguardante la nostra specie, Homo Sapiens. Inizieremo esponendo alcuni punti di critica a questi due apriorismi concettuali e successivamente passeremo ad illustrare gli elementi più propriamente costruttivi del discorso.
Le radici antiche degli indoeuropei
Note sparse su origini e posizione della nostra famiglia etnolinguistica nel quadro della storia tradizionale. Riassunto della conferenza svoltasi in data venerdì 27 gennaio 2017 presso Trieste.
Lupercalia: le celebrazioni catartiche della Februa
di Ascanio Modena Altieri
originariamente pubblicato su L’Intellettuale Dissidente
I primi raggi della civiltà di Roma e del mito nazionale Italico iniziano la loro grandiosa opera tra le contrade della Terra. Il colle Palatino è dimora della Lupa, la nutrice, salvatrice della divina coppia di infanti dalle acque del Tevere e dal maligno re di Alba Longa Amulio. Alle pendici del futuro colle dei Principi, dalle alte querce e dai favolosi boschi, si trova il Lupercale, la mitica grotta, casa della fatale fiera, ove il sangue delle prede e il latte delle mammelle si mischiano in un binomio di colori che, fra qualche secolo, diverrà imperitura impronta rituale e celebrativa. Non potevano tardare però ausili del fausto destino: i pastori consanguinei, Faustolo e Plistino, trovarono i due nobili in fasce e, previo sacro consenso della femminea bestia, decisero di portare i due nella loro capanna sul colle, pronti un giorno, a raccontare quale dignitosissimo sangue è quello che sgorga nelle loro vene. In principio fu Acca Larenzia, moglie di Faustolo, a prendersi cura dei figli del Dio Marte e di Rea Silvia, nella casa sul Palatino, finché i due non si appropriarono, in modalità differenti, delle già segnate sorti.
Il substrato arcaico delle feste di fine anno: la valenza tradizionale dei 12 giorni fra Natale e l’Epifania
di Marco Maculotti
articolo originariamente pubblicato su Atrium in data 21/12/2016,
in questa sede rivisto e ampliato
Ci prefiggiamo in questa sede di approfondire le credenze folkloriche che hanno portato alla configurazione di due figure intimamente connesse al calendario liturgico-profano dell’Europa degli ultimi secoli. Le due figure che ci interessano sono quelle di Santa Claus (italianizzato in Babbo Natale) e della Befana, figure che—come avremo modo di vedere—devono la propria origine e il proprio simbolismo a un substrato arcaico, antropologicamente ravvisabile in tutte quelle pratiche e credenze (miti e riti) del volk europeo (o per meglio dire euroasiatico), che altrove abbiamo definito “culti cosmico-agrari” [cfr. Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia].
Da Pan al Diavolo: la ‘demonizzazione’ e la rimozione degli antichi culti europei
di Marco Maculotti
copertina: Arnold Böcklin, “Pan, the Syrinx-Blowing”, 1827
Abbiamo già avuto precedentemente modo di vedere che, nei primi secoli della nostra èra e persino durante l’epoca medievale il cd. «paganesimo rurale» mantenne inalterata la propria diffusione, soprattutto nelle zone più distanti dai grandi centri abitati. San Massimo ebbe modo di notare che “nel IV secolo (…) i primi missionari passavano di città in città e diffondevano rapidamente il Vangelo in un’area molto vasta, ma non sfioravano neppure la campagna circostante”, aggiungendo poi che “perfino nei secoli V e VI, quando la maggior parte di loro era stata convertita da un pezzo, in Gallia e in Spagna la Chiesa, come risulta dai ripetuti Canoni dei Concili del tempo, incontrava grande difficoltà nel sopprimere gli antichi riti con cui i contadini da tempo immemorabile scongiuravano le pestilenze e incrementavano la fertilità delle greggi e dei campi” [A.A. Barb, cit. in Centini, p.101].
Divinità del Mondo Infero, dell’Aldilà e dei Misteri
di Marco Maculotti
Continuiamo il discorso precedentemente sviluppato, riprendendolo dalla connessione che abbiamo visto sussistere, nelle tradizioni antiche, tra il periodo della «crisi solstiziale» e la credenza nel ritorno delle anime dei morti tra i vivi. La connessione con il mondo infero/sotterraneo e con il Regno dei Morti sembra, come abbiamo visto, ricorrente per queste divinità che abbiamo definito ‘del Sole Invernale’ [cfr. Cernunno, Odino e altre divinità del ‘Sole Invernale’], al tempo stesso numi della fecondità epperò anche legati al mondo infero e, quindi, ai trapassati.
Abbiamo già visto che il celtico Cernunno, oltre a essere dio della natura e del tempo, è anche considerato una divinità infera, in particolar modo per quanto riguarda la sua funzione psicopompa, di accompagnatore dei defunti nell’aldilà: un aspetto mercuriale che nella tradizione nordica si ritrova pure, come abbiamo avuto modo di vedere, in Odino/Wodan, da cui deriva infatti il giorno della settimana che latinamente spetta a Mercurio (wednesday=“Wodan’s day”). Ugualmente, in molteplici tradizioni di ogni parte del mondo si trovano figure numinose connesse sia con la fertilità che con il Mondo Infero e l’Oltretomba, a partire dal mediterraneo Signore dell’Ade Plutone, tra i cui simboli vi è la cornucopia (*krn), veicolante abbondanza, fecondità, ricchezza.