Il popolo Berbero: tra carovane, deserti e oasi

Gli Imazighen (ⵉⵎⴰⵣⵉⵖⴻⵏ, “gli uomini liberi”) sono probabilmente uno dei casi più autentici, longevi e interessanti di popolazione nomade che sia giunto fino ai nostri tempi. Meglio conosciuti come Berberi (poiché chiamati al-barbar dagli arabi), sono l’ultima popolazione nomade attualmente presente nella zona geografica del Sahara. Di essi si sa ben poco se non informazioni che giungono a noi dalle cronache degli imperi e regni (poi dissoltisi nel corso dei secoli) che hanno avuto a che fare con loro per vicinanza geografica e ragioni economiche (egizi e romani in primis).

Jack Fiddler, l’ultimo cacciatore di Wendigo

(articolo di Gian Mario Mollar, originariamente pubblicato su FarWest)

Il suo nome Ojibwa era Zhauwuno-Geezhigo-Gaubow, «Colui che si staglia contro il cielo del sud», e, nel dialetto Cree, Maisaninnine o Mesnawetheno, «Uomo di stile», ma gli uomini bianchi della Hudson Bay Company lo soprannominarono Jack Fiddler. Nato tra il 1830 e il 1840 nella terra selvaggia e rigogliosa a nord ovest del Lago Ontario, figlio di un rispettato e temuto sciamano, divenne a sua volta capo e sciamano della tribù dei Sucker di Sandy Lake. Ai tempi della sua infanzia, la regione era spoglia di animali e di uomini, in quanto la Hudson Bay Company, dedita al Commercio di pellicce, aveva ormai abbandonato l’avamposto dopo anni di caccia intensiva e indiscriminata che avevano impoverito il territorio. La tribù dei Sucker fu così costretta a spostarsi più a sud, al Big Trout Lake, per commerciare e il giovane Zhauwuno-Geezhigo-Gaubow lavorò per qualche tempo come battelliere, per trasportare le pellicce alla York Factory. 

Mircea Eliade: “I miti del mondo moderno”

Nel primo capitolo del suo studio Miti, sogni e misteri (pubblicato nel 1957), lo storico delle religioni romeno Mircea Eliade tratta la questione della sopravvivenza del Mito, più o meno “mascherato”, nel mondo moderno. L’interrogativo da cui parte la sua analisi è il seguente: «Che cosa sono diventati i miti nelle società moderne? O meglio: che cosa ha occupato il posto essenziale che il mito aveva nelle società tradizionali?». Con queste premesse, Eliade indaga dunque la funzione del pensiero mitico nel Novecento, analizzando in primo luogo i diversi tipi di escatologia sottesa ai miti politici della nostra epoca: il “mito comunista” e quello “nazionalsocialista”.

Il simbolismo della Spirale: la Via Lattea, la conchiglia, la “rinascita”

di Marco Maculotti

Avendo analizzato nei mesi scorsi [cfr. Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia] una serie di riti, miti e deità connessi alla tematica della rinascita cosmica, vogliamo in questo appuntamento e nei prossimi concentrare la nostra attenzione su alcuni simboli, cui abbiamo già accennato, che l’uomo arcaico riconobbe come immagini in grado di elevarlo escatologicamente verso la comprensione di tale mistero.

Le religioni del mistero: soteriologia del culto mithraico e di Attis/Cibele

(immagine a lato: affresco rappresentante Mithra che uccide il toro, II sec. d.C., Marino, Italia)

Negli anni ’50 fanno il loro ingresso nel mondo accademico i documenti gnostici di Nag Hammadi, ritrovati nell’immediato dopoguerra in Egitto, e si poneva nel campo degli studi la necessità di una riflessione sul materiale a disposizione e un ripensamento delle categorie in cui ricadevano i cosiddetti culti misterici. Gli anni tra il ’30 e il ’40 avevano già apportato nuovi materiali e nuove ipotesi di ricerca: gli studi sul pattern o modello mitico-rituale inaugurati in Inghilterra, che ancora risentivano del comparativismo frazeriano, «ponevano ormai il tema delle religioni misteriche in una prospettiva più vasta per considerarle, una per una, nelle loro radici antiche di religioni nazionali ed etniche – Creta, Egitto, Anatolia e il resto dell’Asia anteriore, superando la limitazione ai culti mistici e soteriologici d’età ellenistico-romana e in particolare quelli relativi a divinità di origine orientale» come Mithra (Persia), Iside e Osiride (Egitto, Roma), Cibele e Attis (Anatolia), Afrodite/Astarte e Adonis (Fenicia, Grecia) [Da: U. Bianchi, Lo studio delle religioni del mistero, in La soteriologia dei culti orientali nell’Impero romano, Atti del Colloquio internazionale, Roma 24-28 sett. 1979].

Anna Perenna e la fonte dell’eterno ritorno

di Ascanio Modena Altieri copertina: Ferdinand Keller, “A classical landscape”, 1902 originariamente pubblicato su L’Intellettuale Dissidente   Abbiamo già avuto modo di conoscere alcune festività del nostro antico calendario [cfr. Lupercalia: le…

Patria artica o “Madre Africa”?

di Michele Ruzzai
copertina: Vsevolod Ivanov

Riassunto della conferenza svoltasi in data venerdì 24 febbraio 2017 presso Trieste.

Dopo il precedente incontro su “Le radici antiche degli Indoeuropei” del 27/1/2017 anche questo, svoltosi grazie all’organizzazione di Daniele Kirchmayer, è stato introdotto dalle utili ed interessanti note di Fabio Calabrese, che ha fornito un primo inquadramento dei temi in argomento, insistendo in particolare sul forte conformismo, ideologicamente orientato, dell’attuale ricerca preistorica. In effetti, come punto d’avvio della conferenza, si può senz’altro dire che oggi il mondo accademico, ed anche quello divulgativo rivolto ad un pubblico più vasto, sia fondato su due assunti che tendono a presentarsi come dei veri e propri “dogmi” di fede, in verità tutt’altro che dimostrati: l’evoluzionismo “ascendente” in una prospettiva biologica più generale, e l’afrocentrismo delle origini umane in quella più specificatamente riguardante la nostra specie, Homo Sapiens. Inizieremo esponendo alcuni punti di critica a questi due apriorismi concettuali e successivamente passeremo ad illustrare gli elementi più propriamente costruttivi del discorso.

Lupercalia: le celebrazioni catartiche della Februa

di Ascanio Modena Altieri
originariamente pubblicato su L’Intellettuale Dissidente

 

I primi raggi della civiltà di Roma e del mito nazionale Italico iniziano la loro grandiosa opera tra le contrade della Terra. Il colle Palatino è dimora della Lupa, la nutrice, salvatrice della divina coppia di infanti dalle acque del Tevere e dal maligno re di Alba Longa Amulio. Alle pendici del futuro colle dei Principi, dalle alte querce e dai favolosi boschi, si trova il Lupercale, la mitica grotta, casa della fatale fiera, ove il sangue delle prede e il latte delle mammelle si mischiano in un binomio di colori che, fra qualche secolo, diverrà imperitura impronta rituale e celebrativa. Non potevano tardare però ausili del fausto destino: i pastori consanguinei, Faustolo e Plistino, trovarono i due nobili in fasce e, previo sacro consenso della femminea bestia, decisero di portare i due nella loro capanna sul colle, pronti un giorno, a raccontare quale dignitosissimo sangue è quello che sgorga nelle loro vene. In principio fu Acca Larenzia, moglie di Faustolo, a prendersi cura dei figli del Dio Marte e di Rea Silvia, nella casa sul Palatino, finché i due non si appropriarono, in modalità differenti, delle già segnate sorti.

Il substrato arcaico delle feste di fine anno: la valenza tradizionale dei 12 giorni fra Natale e l’Epifania

di Marco Maculotti
articolo originariamente pubblicato su Atrium in data 21/12/2016,
in questa sede rivisto e ampliato


Ci prefiggiamo in questa sede di approfondire le credenze folkloriche che hanno portato alla configurazione di due figure intimamente connesse al calendario liturgico-profano dell’Europa degli ultimi secoli. Le due figure che ci interessano sono quelle di Santa Claus (italianizzato in Babbo Natale) e della Befana, figure che—come avremo modo di vedere—devono la propria origine e il proprio simbolismo a un substrato arcaico, antropologicamente ravvisabile in tutte quelle pratiche e credenze (miti e riti) del volk europeo (o per meglio dire euroasiatico), che altrove abbiamo definito “culti cosmico-agrari” [cfr. Culti cosmico-agrari dell’antica Eurasia].

Da Pan al Diavolo: la ‘demonizzazione’ e la rimozione degli antichi culti europei

di Marco Maculotti
copertina: Arnold Böcklin, “Pan, the Syrinx-Blowing”, 1827

Abbiamo già avuto precedentemente modo di vedere che, nei primi secoli della nostra èra e persino durante l’epoca medievale il cd. «paganesimo rurale» mantenne inalterata la propria diffusione, soprattutto nelle zone più distanti dai grandi centri abitati. San Massimo ebbe modo di notare che “nel IV secolo (…) i primi missionari passavano di città in città e diffondevano rapidamente il Vangelo in un’area molto vasta, ma non sfioravano neppure la campagna circostante”, aggiungendo poi che “perfino nei secoli V e VI, quando la maggior parte di loro era stata convertita da un pezzo, in Gallia e in Spagna la Chiesa, come risulta dai ripetuti Canoni dei Concili del tempo, incontrava grande difficoltà nel sopprimere gli antichi riti con cui i contadini da tempo immemorabile scongiuravano le pestilenze e incrementavano la fertilità delle greggi e dei campi” [A.A. Barb, cit. in Centini, p.101].

Divinità del Mondo Infero, dell’Aldilà e dei Misteri

di Marco Maculotti


Continuiamo il discorso precedentemente sviluppato, riprendendolo dalla connessione che abbiamo visto sussistere, nelle tradizioni antiche, tra il periodo della «crisi solstiziale»  e la credenza nel ritorno delle anime dei morti tra i vivi. La connessione con il mondo infero/sotterraneo e con il Regno dei Morti sembra, come abbiamo visto, ricorrente per queste divinità che abbiamo definito ‘del Sole Invernale’ [cfr. Cernunno, Odino e altre divinità del ‘Sole Invernale’], al tempo stesso numi della fecondità epperò anche legati al mondo infero e, quindi, ai trapassati.

Abbiamo già visto che il celtico Cernunno, oltre a essere dio della natura e del tempo, è anche considerato una divinità infera, in particolar modo per quanto riguarda la sua funzione psicopompa, di accompagnatore dei defunti nell’aldilà: un aspetto mercuriale che nella tradizione nordica si ritrova pure, come abbiamo avuto modo di vedere, in Odino/Wodan, da cui deriva infatti il giorno della settimana che latinamente spetta a Mercurio (wednesday=“Wodan’s day”). Ugualmente, in molteplici tradizioni di ogni parte del mondo si trovano figure numinose connesse sia con la fertilità che con il Mondo Infero e l’Oltretomba, a partire dal mediterraneo Signore dell’Ade Plutone, tra i cui simboli vi è la cornucopia (*krn), veicolante abbondanza, fecondità, ricchezza.

Cernunno, Odino, Dioniso e altre divinità del ‘Sole invernale’

Sembrerebbe, invero, che tutte queste potenze numinose, oltre che a un certo aspetto ctonio-tellurico e caotico-selvaggio della natura, siano connesse simbolicamente anche al Sole Invernale, o per meglio dire al «Sole morente» nei giorni finali dell’Anno coincidenti con la «crisi solstiziale», durante la quale l’astro eliaco raggiunge il suo nadir annuale .

di Marco Maculotti
copertina: Hermann Hendrich, “Wotan”, 1913

[segue da: Cicli cosmici e rigenerazione del tempo: riti di immolazione del ‘Re dell’Anno Vecchio’].


Nella pubblicazione precedente abbiamo avuto modo di analizzare il complesso rituale, ravvisabile ovunque presso le antiche popolazioni indoeuropee, incentrato sull’immolazione (reale o simbolica) del «Re dell’Anno Vecchio» (ad es. Saturnali romani), come rappresentazione simbolica dell’«Anno Morente» che deve essere sacrificato per far sì che il Cosmo (=l’ordine delle cose), rinvigorito da tale azione cerimoniale, conceda la rigenerazione del Tempo e del ‘Mondo’ (nell’accezione pitagorica di Kosmos come unità interconnessa) nel nuovo anno a venire; anno che, in tal senso, assurge a micro-rappresentazione dell’Eone e, quindi, dell’intera ciclicità del Cosmo. Procediamo ora all’analisi di alcune divinità intimamente collegate con la «crisi solstiziale», al punto di assurgere a rappresentanti mitici del «Sole Invernale» e, per esteso, del «Re dell’Anno Calante»: Cernunno, il ‘dio cornuto’ per antonomasia, per quanto riguarda l’àmbito celtico; Odino e la ‘caccia selvaggia’ per quello scandinavo e Dioniso per quanto riguarda l’area mediterranea.

Cicli cosmici e rigenerazione del tempo: riti di immolazione del ‘Re dell’Anno Vecchio’

di Marco Maculotti


Mircea Eliade scrisse che “la differenza principale tra l’uomo delle società arcaiche e tradizionali e l’uomo delle società moderne, fortemente segnato dal giudeo-cristianesimo, consiste nel fatto che il primo si sente solidale con il cosmo e con i ritmi cosmici, mentre il secondo si considera solidale solamente con la storia” [Eliade (1), p.5
]. Questa «vita cosmica» è connessa al microcosmo da una “corrispondenza strutturale di piani disposti in ordine gerarchico” che “costituiscono nel loro insieme la legge universale armonica in cui è integrato l’uomo” [Sanjakdar, p.155].

L’uomo arcaico teneva nella massima considerazione soprattutto i solstizi e gli equinozi, nonché le date ad essi intermedi: si riteneva che in questi particolari giorni, che segnavano il passaggio da una fase del ciclo alla successiva della «ruota dell’anno», l’energia del cosmo fluisse più liberamente, e dunque scelsero tali date per operare i propri rituali. In questa sede ci interessano soprattutto determinate date comprese fra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, vale a dire la fase calendariale in cui il Sole sembra morire: la cosiddetta «crisi solstiziale» o «crisi invernale».